Faerûn's Legends

Il cammino delle Hathran

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view post Posted on 10/11/2006, 21:27

Pifferaio Magico

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Il volto celato dietro la maschera, l'Hathran guardava attorno a sè. Il margine della foresta e l'alta catena montuosa a sud sembravano fare di quel posto il luogo ideale per l'accampamento che sarebbe stato la loro casa finchè la questione non avesse raggiunto il suo epilogo.

L'Hathran scrutò uno ad uno i guerrieri della loro scorta.

"Qui."

Disse solo. I guerrieri si fermarono, e con velocità e precisione iniziarono ad erigere le tende e a disporre le difese.

Spingersi così fuori dalla loro terra non era nei loro costumi. Ma gli spiriti avevano parlato chiaro. Era quello il cammino da seguire. E il loro compito era importante. Troppo importante.

Il bastone saldamente stretto in mano, la strega osservava i barbari svolgere con dedizione i loro compiti.

La parte più facile è terminata.

Un piccolo circolo si formò intorno a lei, senza bisogno che dicesse nulla.

"Inizieremo ora a muoverci per il Faerun. E' di fondamentale importanza trovare il più in fretta possibile ciò che ci serve ora. Andate, che ogni attimo è prezioso"

L'Hathran osservò la partenza, accingendosi lei stessa a partire.

Che Bhalla ci aiuti.
 
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Koreg Dunsen
view post Posted on 12/11/2006, 17:05




Le porte dell’Est hanno sentinelle

Era da un tempo lunghissimo che non tornava a Shadowdale, da prima della guerra tra gli uomini e gli orchi. Nonostante apprezzasse oltremodo il vecchio teschio e la sua ospitalità, l’ambiente ricco di persone provenienti da molti luoghi lo teneva sempre in tensione, odorava di guai. Troppe erano le leggende che circolavano su quel posto, compresa quella di una delle Sette Sorelle che come un fantasma vagava per il paese durante la notte, una cosa da rabbrividire. Jeremy però gli aveva chiesto il favore di vendere alcune pergamene di presunti tesori a qualche avventuriero che le avesse volute e quindi lui si era diretto verso quel luogo, sicuro che qualcuno le avrebbe comprate.

La pioggia batteva forte sul tetto, mentre tentava di scaldarsi di fronte al fuoco e la locanda semivuota preannunciava il fallimento della sua ridicola operazione commerciale, quando una voce che non sentiva da molto tempo lo colse impreparato. Namiir, un Rashemi che Koreg aveva incontrato l’ultima volta molto tempo prima, corse ad abbracciarlo festante.
Molto stupito anche lui di trovare Koreg in quel luogo, cominciò ad informarsi sul perché vi fosse arrivato ed il poeta comprese subito che non era interessato affatto alle mappe che teneva nello zaino, vista la sua allusione a venderle ad altri.
Fu allora il tempo dei convenevoli, quindi davanti ad un liquore ed un tè caldo i due cominciarono a colmare con le parole il tempo che li aveva visti divisi. Parlarono del Djemma del ragazzo, della storia di Shadowdale e di alcune caratteristiche della valle. Al termine di uno di questi racconti un uomo al bancone prese a ridere in maniera contagiosa.
Incuriosito dal perché stesse ridendo, il poeta venne a scoprire che ne era stato lui la causa. L’uomo aveva sentito fin troppe volte quella storia essendo del luogo e parlava di occasioni perse, di persone che se lo fossero venute a sapere sarebbero state scontente. Il poeta si preoccupò molto per molti motivi; l’aver raccontato una storia tanto male da far ridere una persona significava che il suo talento era in netta diminuzione e l’essersi procurato inconsapevolmente dei guai facendo questo, non faceva che rincarare la dose. Tutto questo a conferma delle sue supposizioni sulla pericolosità del posto.
Tymora non aveva ancora finito di giocare con il suo destino, perché come cadesse dal cielo una rivelazione, quell’uomo riconobbe il suo compagno di bevute. Il Signore sosteneva che Namiir fosse uno dei barbari arrivati poco prima in paese, accompagnati da una signora con la maschera. Da qui nacquero una serie di incomprensioni, che si risolsero con il rashemi che interrogava sia l’uomo che la ragazza al banco, su dove potessero essere quelle persone. Namiir era agitato come un fiume in piena e l’interlocutore era piuttosto allarmato, quindi Koreg tentò di calmare il primo e rassicurare il secondo in maniera alternata. Alla fine il discorso si risolse con l’indicazione che il ragazzone aspettava su dove potessero essere quegli stranieri.
Il poeta attendeva che il rashemi andasse verso il suo destino da solo, ma prima questi lo prese per il braccio, cosa alla quale Koreg riuscì a sottrarsi con la scusa di dare una mancia all’uomo che aveva fornito le informazioni e poi lo chiamò urlando da fuori. La sua mente continuava a ricordargli che aveva fatto un errore ad andare a Shadowdale.
Ogni volta che si recava lì un atroce sfortuna lo colpiva, come la prima volta quando dovette andare a salvare quel testone di Arkiell dalla sua folle impresa contro gli orchi.
Non potendo fare altrimenti, salutò, montò in sella a Grumo e raggiunse Namiir che cercava impronte nel fango.
Il ragazzo era piuttosto abile e Koreg lo seguì a piedi nel mezzo della foresta fino a raggiungere un accampamento di modeste dimensioni. All’interno di questo sostavano tre uomini armati ed una donna dalle vesti eleganti e recante un’enigmatica maschera. Mentre il ragazzone abbracciava i suoi compagni e si presentava, il senza meta non trovò cosa più intelligente da fare che acquattarsi dietro una siepe e togliersi mantello e gioielli. Stette ad ascoltare quanto avevano da comunicarsi gli uomini dell’Est quando purtroppo il suo compagno si ricordò di lui.
Lo condusse poi davanti alla Signora, che aveva scoperto essere una vera Hatran, una strega dell’Est in carne ed ossa.
Lei accettò la sua presenza e continuò a parlare con Namiir, mentre il poeta teneva il più silenzioso dei contegni, non sapendo che dire o come comportarsi in presenza di quella che nel suo paese era una delle massime autorità.
Molte cose vennero dette ed un onore grandissimo gli fu concesso, sia da parte del gruppo venuto dall’Est sia da quello che fino a poco prima era il suo compagno di bevute.
Quando rientrò nella sua stanza al Vecchio Teschio, Koreg si tolse gli abiti infangati e fradici e si mise subito sotto le coperte. Le stanze caratteristiche e particolari della locanda meritavano davvero la fama che avevano e lui doveva ancora provarle tutte per scegliere la sua preferita. Ora aveva tutto il tempo per farlo, avendo promesso a Namiir che sarebbe restato a Shadowdale fino a che non avesse chiesto il suo aiuto. Non poteva fare diversamente visti i fatti accaduti e quello che Namiir aveva rischiato garantendo per lui. Il suo stesso onore.

Prima di addormentarsi Koreg si domandò il perché Helm avesse voluto che aiutasse quel ragazzo per la seconda volta e se per farlo sarebbe stato di nuovo costretto ad esporsi. Poi si addormentò, sognando di essere seduto su una collina e di ascoltare la musica più bella che avesse mai udito… poco prima di morire pugnalato alla schiena.
 
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Adry_
view post Posted on 13/11/2006, 17:14




Alla notizia, Namiir si sentì investito da un’ondata di emozioni: felicità, paura, preoccupazione, curiosità….
”Sì, sì, ora che guardo bene, somigli proprio a quegli uomini che accompagnavano una donna mascherata…vi siete già spinti fino qui in centro?”
L’uomo non si rendeva conto di quello che aveva visto, non poteva saperlo, ma il giovane rashemi cominciò a capire: uomini robusti, una donna mascherata, tratti simili ai suoi…se davvero era così, doveva correre a cercarli.
Per fortuna la locandiera sosteneva di averli avvistati poco dopo l’alba nei pressi del santuario di Chauntea: ora il sole era alto in cielo, potevano essere ancora nei dintorni.

Impetuoso come il vento invernale, il giovane guerriero lasciò rapido la locanda del Vecchio Teschio, portando con se Koreg.
Aveva trovato il goffo poeta intento a scaldarsi davanti al fuoco, e subito si erano ritrovati a chiacchierare come due vecchi amici, separati dalle mille trame del tempo. Il senza meta, come suo solito, trovò parole di incoraggiamento per un giovane ragazzo un po’ abbattuto, per gli ultimi eventi, e per la piega che il suo dajemma stava prendendo: Ledah era da tempo scomparsa ormai, e lui stava cominciando a fossilizzarsi nei dintorni di Shadowdale. Non voleva certo ridursi come alcuni giovani rashemi, che partono con buone intenzioni, ma vanno a perdersi nell’alcool e nella violenza. No, lui era un vero guerriero dell’Est, lui onorava le tradizioni che i suoi padri avevano tanto insegnato, lui avrebbe continuato il suo dajemma, a testa alta. Aveva solo bisogno dell’occasione per riscattarsi, per continuare; e di una persona da proteggere a costo della vita, onorare e servire.

Giunti al tempietto, l’istinto e il fiuto di Namiir si attivarono immediatamente: le tracce non erano facili da seguire, in mezzo al fango e al fogliame, ma di sicuro un Lupo non si faceva scoraggiare da così poco. In qualche minuto infatti, il giovane barbaro trovò la pista giusta, e la seguì assieme a Koreg.

Rimase senza fiato, il cuore pareva saltargli in gola: a qualche passo da lui, tra il fitto dei boschi di Shadowdale, un gruppo di persone era indaffarato attorno ad un piccolo accampamento.
Uomini robusti, dai tratti famigliari, parevano seguire gli ordini di una figura inequivocabile per il giovane rashemi: le lunghe vesti voluttuose, il bastone saldo in pungo, la maschera misteriosa che copriva il viso. Non c’era dubbio, quelli erano fratelli.

Namiir avanzò per presentarsi: passata la sorpresa iniziale, i guerrieri riconobbero il connazionale, e risposero al suo caloroso saluto, abbracciandolo a loro volta. Con riverenza poi, Namiir si voltò verso la Hatran, chinandosi davanti a lei e presentandosi:
”Namiir Iltazyara di Rashemen, della Loggia del Lupo.”
”Sapevo che Balla ci avrebbe portato aiuto. Namiir della Loggia del Lupo, incontrarti è per noi segno di speranza…"


Dei rashemi, dei fratelli, lì, a Shadowdale! Un intero gruppo di valorosi guerrieri e una Strega, proprio davanti a lui. Le Tre dovevano davvero averlo benedetto, per farli incontrare, così lontani da Casa, così lontani da Rashemen.
La felicità di incontrare volti famigliari dopo molto tempo però lasciò presto spazio alla preoccupazione: se una Hatran, accompagnata da un intero gruppo di uomini, erano fuori dai confini della loro Terra, significava che qualcosa non andava.

Le preoccupazioni del giovane guerriero vennero confermate: la donna annunciò che degli Spiriti le avevano parlato, avvertendola di un grande pericolo. Una minaccia incombeva sulle magiche lande della loro Terra, e a lei era stato affidato l’incarico di occuparsene.

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La tensione del barbaro aumentò quando capì che nella faccenda erano immischiate pure quelle maledette serpi rosse. Ma al guerriero non servì chiedere di poter aiutare, perché lo fece la Strega.
Il suo vagare durante il dajemma lo aveva portato a conoscere molti luoghi, questo era certo, e molte persone. Il suo aiuto poteva essere fondamentale e di sicuro un rashemi non si sarebbe mai tirato indietro di fronte a una cosa simile: la sua Terra era in pericolo, doveva agire.

Namiir promise sul suo onore che avrebbe combattuto per salvare la sua Terra e i suoi fratelli, in qualsiasi modo, a costo della morte. La donna affidò lui l’incarico di riunire un gruppo di persone fidate, di cui sua sarebbe stata la responsabilità, e di raggiungere poi nuovamente il gruppo di rashemi in un altro luogo. Congedatisi, Namiir e Koreg lasciarono il gruppo, che partì verso est.

Era la sua grande occasione, era il momento di far vedere chi era Namiir Iltazyara della Loggia del Lupo: un grande guerriero che avrebbe combattuto fino allo stremo pur di aiutare la sua gente, il suo popolo. Se davvero voleva diventare un uomo, entrare nella leggenda, non doveva esitare: il suo stesso cuore, il suo stesso spirito selvaggio lo chiamava, lo incitava. Sì, avrebbe difeso con tutte le sue forze la sua Terra.

Tornando verso la locanda, Koreg rincuorò il giovane ragazzo, dapprima confuso per il flusso di emozioni così rapido, poi convinto nella sua posizione.
”Le tue parole sembrano bende su piccole ferite dell’animo.”
”Il bello delle ferite è che si possono curare…”


Koreg, agli occhi di Namiir, era sicuramente un uomo giusto e saggio; un po’ impacciato magari, non un grande guerriero, ma pur sempre un brav’uomo.
”Lingua di poeta è lingua che sa dire belle cose; ma se lingua è unita a mente giusta e cuore sincero, allora parole sono sì belle, ma anche vere…”

Ora doveva solo riposare un po’, riflettere su ciò che era accaduto, e riunire un gruppo di persone affidate e amiche.
Una, ne era certo, l’aveva già trovata.

Edited by Adry_ - 15/11/2006, 14:39
 
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jeremy goviant
view post Posted on 14/11/2006, 12:14




Stavo rientrando dalla solita ispezione che il nuovo ruolo di guardacancelli della valle mi imponeva, passando sul secondo ponte del gate incrociai la guardia assegnata a quella posizione e che conoscevo bene avendo la casa proprio lì.

ciao j. tutto bene ?
certo amico, dai che tra poco ti finisce il turno.
jeremy, ho visto koreg che ti metteva qualcosa sotto la porta e poi galoppava via
grazie

pensieroso e stanco mi recai a casa, anche se avrei preferito la locanda per mangiare qualcosa di caldo, aperta la porta trovai il folgietto in terra :

ciccione, ti aspetto al vecchio teschio il prima possibile, serve il tuo aiuto

il prima possibile per me è subito, chiusi la porta e rimontai sul fedele bozo alla volta di shadowdale.
Arrivato al vecchio teschio, trovai koreg che mi attendeva ad un tavolo, inutile dire che era vestito in maniera tale che in un primo momento non lo riconobbi neppure, mi raccontò che proprio in quel luogo pochi giorni prima incontrò namiir e poi mi chiese di seguirlo in camera.
Raggiunta la stanza lo esortai a continuare, visto che l'ambiente ora era tranquillo, mi disse che c'era un problema grosso...molto grosso da risolvere, tanto che una hathran sembrava giunta nella valle proprio per quello e che più di questo non poteva dirmi ma chiedeva ugualmente il mio aiuto...e una sentinella non si tira mai indietro quando c'è da aiutare qualcuno.

ancora una volta era riuscito a tirarmi dentro una cosa sicuramente più grande di noi, ma non potevo lasciarlo solo, no.... la sentinella scende in campo!
 
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-Misty-
view post Posted on 15/11/2006, 11:02




Segui il sentiero del lupo...

E lei l'aveva fatto, aveva rispettato il consiglio del druido Corvo Nero ed era partita per la sua dajemma accompagnata da due grossi lupi. Solo nei pressi di Baldur's Gate si era resa conto di aver interpretato male quelle parole.
L'aveva visto... spirito della foresta e dalle zanne affilate, il telthior del suo lupo, morto per difendere il suo corpo inerme dagli attacchi di un gruppo di coboldi assetati di sangue.
L'aveva visto indicare il sole con il muso e sparire tra le fessure delle mura cittadine.

Quando riprese i sensi una giovane donna era china su di lei, una ragazza dal viso gentile e dai lunghi capelli biondi raccolti in una grossa treccia.
Fu solo dopo che l'ebbe portata nella locanda che le ombre si dissiparono...

Sai, il tuo modo di parlare mi ricorda quello di una persona incontrata molto tempo fa. Namiir mi pare fosse il suo nome...

Namiir...
Che fosse davvero un altro rashemi in terra straniera?
Namiir...
L'apparizione del telthior e quella strana coincidenza danzavano nella mente di Velchrarein, ricorrendosi l'un l'altra.
Quale che fosse il significato di tutto questo non poteva certo ignorare i segni, doveva andare avanti.

Accompagnata dal suo fedele lupo attraversò le Terre di Pietra, seguì stretti sentieri nella boscaglia ed arrivò alla città nota con il nome di Shadowdale. Aveva sentito parlare di questo piccolo paese durante gli anni di apprendimento presso le Sorelle, pur tuttavia non potè fare a meno di ammirare quella comunità contadina che viveva a stretto contatto con la natura e i suoi spiriti.
Scoprire che anche quegli uomini seguivano gli insegnamenti di Bhalla e della Nascosta non poteva che accrescere il suo senso di appartenenza a quel luogo. Le differenze erano tante in superficie, ma la spiritualità di Shadowdale era così simile a quella del suo paese che la tensione che l'accompagnava si sciolse del tutto. Entrò nel Vecchio Teschio.

Era seduta in un angolo della taverna quando sentì l'oste salutarlo con il suo nome e lui, Namiir, rispondere con una voce chiara e possente, una voce dall'evidente accento rashemi. Ciò che vide quando si voltò fu un ragazzo dalle spalle larghe coperte da una pelliccia, spalle che trasportavano una lunga spada a due mani.
Velchrarein parlò.
Avrebbe voluto correre dal suo compaesano, prendergli la mano e sorridergli di felicità. Dalla sua bianca maschera le parole uscirono asettiche, forse addirittura velate da una nota di rimprovero...

Namiir della Loggia del Lupo, credevo che uomini come te preferissero bere il jhuild.

Il piatto che portava cadde e s'infranse in mille acuminati pezzi che volarono dappertutto.
Così poco autocontrollo...
Quel ragazzo grande e grosso si affrettò ad inchinarsi dinanzi a lei.

Alzati guerriero, come avrai capito dalla mia maschera sono ancora un'Ethran
L'ho notato Signora, eppure resto in ginocchio al tuo cospetto.

Velchraein annuì, era evidente che questo Namiir era stato istruito secondo l'antica tradizione...

Qualche minuto dopo erano seduti ai margini del bosco e parlavano nella loro lingua natale.
Scoprì così che un gruppo di Rashemi erano stati lì pochi giorni prima, guidati da un'Hathran.

Segui il sentiero del lupo...
La sua dajemma era cominciata.

Edited by -Misty- - 15/11/2006, 11:27
 
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Adry_
view post Posted on 15/11/2006, 17:46




Nemmeno lo schianto del piatto a terra e le conseguenti grida di protesta di osti e avventori scostarono gli occhi di Namiir da quella figura.
Una donna, con vesti semplici dai colori naturali, un fisico minuto ma ben delineato, stava lì, in piedi, di fronte a lui. Un ampio manto verde l’avvolgeva, il cappuccio era calato su….
Una maschera, una bianca maschera, inespressiva, fredda, lo scrutava. L’accento della figura accantonò ogni dubbio: una rashemi, una Strega!

Subito il pensiero del giovane guerriero corse al giorno precedente, all’incontro che aveva fatto; probabilmente era una Hatran di quel gruppo, giunta in paese per prendere viveri o simili.
Namiir si avvicinò, e si inchinò davanti a lei. Con voce giovanile la ragazza comunicò di essere solamente una Ethran, ma per il barbaro questo non voleva certo voler dire che non era degna di rispetto.

Alla domanda del rashemi, l’ Ethran rispose di non essere legata a nessun gruppo di persone, ma parve interessarsi molto alla faccenda, e chiese a Namiir di parlargliene, in un posto meno affollato.

Com’era possibile? Davvero le Tre avevano benedetto quelle terre, non poteva essere altrimenti.
Due incontri con fratelli di patria, a distanza di un solo giorno? Prima, quel gruppo di guerrieri e la Hatran, ora questa Ethran solitaria; le emozioni si accumulavano nuovamente nel robusto corpo del barbaro, realizzando che davvero un’altra Wychlaran era lì, davanti a lui.
Gli spiriti stavano filando il suo destino.

I due raggiunsero le sponde occidentali dell’ Ashaba, dove due lupi se ne stavano tranquillamente seduti. Con disinvoltura la ragazza mascherata si avvicinò a essi, sedendosi tra di loro.
Il robusto ragazzo cercò di trattenere la propria emozione, ma non era facile, tanta era la felicità e la quantità di pensieri che affollavano ora la sua mente.
Poteva forse lei…?

”Raccontami dell’incontro, Namiir del Lupo.”
Obbedendo al comando della Strega, il guerriero sedette di fronte a lei, e raccontò ogni minimo dettaglio di quel incredibile quanto preoccupante incontro.
La ragazza ascoltò, senza far trasparire la minima emozione attraverso la gelida maschera; Namiir evitò di guardare oltre i due fori, per non incrociare il suo sguardo, non voleva certo mancarle di rispetto. Con freddezza e autorità tipica di ogni Wychlaran, la donna esortò più volte il ragazzo a continuare.

[…]

La faccenda pare preoccupare l’ Ethran, che stava cominciando a capire i segni che gli Spiriti avevano lei indicato: no, non era in quel luogo per caso, non aveva incontrato Namiir per caso.
Dovevano assolutamente agire, il rashemi raccontò lei di Koreg, e non parve apprezzare molto il fatto che li avrebbe aiutati un uomo incapace con la spada. Il poeta sarebbe giunto con un amico, li avrebbe condotti davanti alla Strega per verificarne le capacità e permettere loro di aiutarli.

Con calma e freddezza incredibile, la donna si alzò, allungando una mano verso Namiir, col palmo rivolto verso il basso.
Il giovane guerriero del Lupo riconobbe immediatamente quel gesto, e fece uno sforzo incredibile per trattenere le sue selvagge emozioni: fin da piccolo aveva imparato le tradizioni della sua gente, aspettava quel momento da una vita!

Rapido si chinò, posando un ginocchio a terra e la mano opposta aperta, in contatto con la Terra.
”Scegliendo te, Namiir della Loggia del Lupo, io ti affido la mia Protezione. Che Bhalla guidi la tua lama, che La Nascosta mi doni il suo potere, che Khelliara ci indichi la via.
Adesso il nostro legame ci accompagnerà per tutto il nostro dajemma, Namiir, finchè potremo tornare in patria e occupare il nostro posto, accanto ai nostri padri.
Da adesso in poi, noi siamo legati.”


Namiir giurò di sentire la Terra tremare sotto di lui, l’Aria sfrigolare attorno e l’Acqua del fiume incresparsi, mentre il rito si stava compiendo.
Ricacciando in gola tutta l’emozione che pervadeva il muscoloso corpo, deglutendo a fatica, Namiir recitò la sua parte del Giuramento.

”Io, Namiir Iltazyara della Loggia del Lupo, prometto sul mio onore di proteggerti, di onorarti, di dare la mia vita per la tua, Signora.”

“Che gli Spiriti tutti ci aiutino; prometto sui miei padri, sul mio onore e sulla nostra Terra, il Rashemen, che ti proteggerò.”


Il giovane chinò ancor di più il capo e chiuse gli occhi.
Le voci uscirono all’unisono, parvero quasi solo una.
”I nostri cammini ora sono uno solo.”
“I nostri cammini ora sono uno solo.”


Namiir e Velchrarein.
Ancora stentava a credere a ciò che stava accadendo, che era accaduto, la magia parve rimanere per qualche istante attorno a loro.
Namiir ora aveva la sua Strega, e insieme avrebbero aiutato la Sorella e, con lei, la loro Terra.
 
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Koreg Dunsen
view post Posted on 17/11/2006, 22:48




Il luogo delle sfortune

Koreg stava attraversando i giardini ben curati della casa dell’abbondanza e dietro di lui un assistente della Grande Raccoglitrice lo seguiva lento continuando a parlare del luogo. Gli sembrava impossibile che soltanto in quel piccolo posto potessero essere successe così tante cose, ma la valle aveva più ombre che nel suo nome. Ascoltando il suo cicerone si fermò ad odorare il profumo di fiori cresciuti con amore ed ad ammirare siepi tanto leggiadre al sollecito del vento, da non aver nulla da invidiare alle nuvole. L’assistente gli aveva raccontato che molto tempo prima il tempio non era altro che il granaio di Beregon Hillstar, prima di spostarsi qui, su quello che tutti chiamavano l’acquitrino. Quando lo stupore del suo volto divenne evidente, l’uomo continuò la spiegazione raccontando che addirittura il Signore degli Zentharim Jyordhan volle che una fortezza fosse costruita proprio lì e vi restò fino al tempo in cui Castello Krag cadde. Fu allora che il poeta si sedette finalmente arrivato vicino al santuario, ma senza avere fretta di incontrare la persona a cui era venuto a chiedere consiglio guardò l’uomo che era con lui incitandolo a proseguire con lo sguardo. Imparò che dopo due soli anni le fondamenta della fortezza sparirono nella palude ed i credenti, con l’aiuto di un gruppo di druidi chiamato “Il circolo”, riuscirono a bonificarle per far nascere e crescere quei giardini.
Il basso tempio circondato da colonne che aveva di fronte era l’ultimo sforzo da loro fatto per costruire un confortevole anfiteatro all’aperto dove celebrare le funzioni. Da quello che poteva vedere i credenti erano molti, forse data anche l’attitudine agricola della zona e tutti molto rispettosi verso la signora che si stava avvicinando loro.
La donna aveva gli occhi calmi come i laghi montani e la voce era calda ed amichevole
- Sono la Grande Raccoglitrice Glamerie Windbough, mi avete fatta cercare?
Koreg si alzò e fece un profondo inchino, formale come se stesse di fronte ad un alto dignitario
- Mi chiamo Koreg Dunsen Mia Signora e vengo in cerca di conforto, poiché ho perduto un amico.
- Spero che non mi chiediate di resuscitarlo, perché il ciclo dell’esistenza è tale che le morti sono soltanto l’inizio per nuove vite.
Lui si sedette lento sui gradini dell’anfiteatro, nella stessa posizione da cui si era alzato, ma con gli occhi umidi di pianto. Intanto l’assistente lasciava il suo fianco per dare alla Grande Raccoglitrice l’intimità con il suo ospite.
- Vi chiedo soltanto di ascoltare la sua storia Mia Signora, perché ho intenzione di chiedere una funzione in sua memoria. Grumo è stato per molti soltanto un mulo, ma nessuno lo conosceva come me. Insieme abbiamo visto l’alba sorgere dalle vette delle montagne del tuono ed il volo del Grande Dragone Vermithrax nel deserto…
Passò la mattina e dimentichi dell’approssimarsi del pomeriggio i due continuarono a discutere. Una donna ed un ragazzo, si sarebbe immaginato fossero la zia ed il nipote, non fosse stato per l’aspetto veramente dissimile.
Quando tutto fu detto, la donna abbracciò il ragazzo e sorridendo placida, si allontanò verso il giardino lasciandolo lì a riflettere. Non passò molto tempo che anche lui si alzò e camminò verso l’uscita del giardino, questa volta solo, con l’intento di raggiungere il vecchio teschio.
Anche se un albero muore la foresta continuerà a crescere e forse per farlo si nutrirà di lui.

Mentre tornava al vecchio teschio si guardò intorno. Tutto era l’ombra della verità a Shadowdale. Vedeva avventurieri aggirarsi per le strade ed entrare chi nella locanda, chi da Bronn Sengard il fabbro, chi in altri luoghi a lui più congeniali.
Contadini dall’aria mite avevano ai suoi occhi esperti segni inconfondibili. Ne vide uno poggiato al muro mentre riparava un secchio e notò subito il braccio destro più grande del sinistro. Questo era segno di chi è stato avvezzo all’uso di un arma per lungo tempo, come le gambe tozze sui polpacci lo erano di chi utilizzava spesso una corazza che lasciasse libertà di movimento. Questi erano i cittadini della valle delle ombre?
Preso dall’interrogativo si avvicinò ad un ragazzino e gli sorrise con fare amichevole e nel cuore il pensiero di ave lasciato per sempre un caro amico. Scoprì che si chiamava Typyas Hammerhand ed era il figlio del carpentiere della città.
Non era un tipo di molte parole, ma riuscì a catturare la sua attenzione perché gli diede la sicurezza che gli autoctoni fossero davvero gente in gamba. Il ragazzetto sosteneva che avrei dovuto visitare la Casa di appuntamenti di madre Tara se avessi avuto bisogno di svago nel paese, ma di non farmi notare mentre entravo, altrimenti tutti avrebbero parlato male di me in giro già dal giorno successivo. A Koreg venne da ridere per la prima volta dopo la perdita del suo mulo, perché gli sembrava di essere tornato ad Auvandell.
A Baldur’s Gate, dove non tutti conoscevano tutti, erano certo molto meno sentite questioni morali come questa e quasi le stava dimenticando.
Il sorriso gli fece ricordare di una promessa e del fatto che bisognava ricominciare prima o poi, il Toril non attendeva.

Il vecchio teschio

La porta del vecchio teschio filò liscia sui cardini e lui la richiuse dietro di se facendo il minor rumore possibile.
Erano giorni che soggiornava nella “Casa degli Elfi” al primo piano di quella locanda che era piena di avventurieri quanto di messaggi appesi alla sua bacheca. Dora Leen lo salutò allegra
- Va un po’ meglio vedo, ne sono felice, non spuntava un sorriso su quella faccia da due giorni!
Il poeta rispose dandole distrattamente una pacca sul sedere e facendola ridere
- Ho parlato con una persona che sa aprire gli occhi degli sciocchi, anche se lo sono tanto come me

Una voce di secco rimprovero dietro di lui lo fece sobbalzare
- Ti ho detto di non tastare le cameriere o ti schiaffo fuori di qui fuscello.
- Dai Durman, stavo giocando lo sai. Non voglio mettermi nei guai con te, chiedo scusa.
Il buttafuori gli sorrise ammiccando mentre il poeta si sedeva sullo sgabello di fronte a Jhaele. Quella si che era una donna; Jhaele Silverman. Aveva mantenuto da sola una locanda ed una nidiata di figli da formare un esercito. Questi come ringraziamento erano andati tutti a cercar fortuna fuori dal paese, tranne il vecchio Durgo, che tira avanti la fattoria di famiglia.
- Pensi che io sia sciocca come te Ky, che non lo capisca. Io ne ho viste tante qui dentro che se non li capissi dall’odore quelli come te, sarai stecchita o povera già da un pezzo.
Koreg sorrise con calore alla donna, che rapida come un fulmine tirò un pugnale con appeso il conto direttamente sulla porta della locanda. L’avventore che tentava di uscire alla chetichella si inchiodò e letto quanto scritto diede le monete direttamente a Sasha. Era stata proprio Sasha a raccontargli quelle cose su Jhaele, era una ragazza in gamba, perché non era facile fare la cameriera in un posto come quello.
Rimasto affascinato dai racconti sul tempio e da quello che scopriva sui cittadini del luogo, il poeta domando alla locandiera se anche il vecchio teschio poteva vantare una storia altrettanto strana e non si stupì quando Jhaele ridendo come una matta gli rispose di si. Ci vollero diverse birre per ascoltare tutto il racconto della donna, interrotto ogni poco dalle molte faccende che la occupavano, ma ne valse totalmente la pena.
Il vecchio teschio era stato costruito 90 anni prima da Bulbo Silverman, suo padre. Prima di allora sorgeva sullo stesso posto un luogo chiamato “La locanda della torre contorta”, ma tutti ne avevano un pessimo ricordo anche se rimase attiva per più di 100 anni. Il nome della nuova locanda deriva invece dal promontorio di granito chiamato il vecchio teschio che si affaccia sul lato nord della città. Il promontorio sembra quasi un teschio che spunta tra il paese ed il fiume Ashaba, data la caratteristica pietra bianca e la sua forma arrotondata.
Prima che l’ubriacatura lo pervadesse completamente, Koreg ascoltò anche storie sul vecchio teschio e di come ci fosse seppellito tramite incantesimi l’ostinato signore del territorio di cento anni prima Jhoadath. Senti altre immancabili storie sulla collina degli arpisti, sui Cavalieri di Mith Drannor e perse i sensi quando qualcuno gli stava narrando le gesta di Sylune contro il Grande Dragone rosso.

Oleandro ed il messaggio

Si era svegliato con un mal di testa che simulava nel suo cranio i terribili effetti di dirompenti incantesimi. Era andato barcollando da Bardag, lo stalliere della locanda, ed aveva comprato per poche monete un ronzino lasciato da chissà che mercante squattrinato. Fermò la stanza al vecchio teschio prima di partire e galoppò a spron battuto fino al Gate. Il viaggio fu lungo e la strada era per lui qualcosa di più che conosciuto, ma non per questo il senzameta non provò nuove scorciatoie. Si accorse di aver perso una preziosa collana e dei soldi, probabilmente rubati durante il suo sonno sul bancone, ma nulla a che vedere con la ricchezza che aveva accumulato per mezzo dei racconti che aveva udito.
Fece tutto molto in fretta a finché Namiir lo potesse trovare nella locanda in caso di bisogno o non avesse dovuto attendere molti giorni il suo ritorno. Vendette il ronzino e ritirò dalle stalle l’ultimo dei suoi amici, Oleandro.
Lo stallone era fiero e muscoloso, per via del fatto che Koreg aveva chiesto alla stalliera di fargli fare movimento sempre bardato ed almeno una volta ogni due giorni.
Si fermò in città soltanto fino a sera quando, conoscendo le abitudini di Jeremy, lasciò sotto la sua porta una pergamena.
Il Ciccione era abitudinario da perderci la ragione e Koreg avrebbe scommesso una sua stessa gamba che sarebbe rientrato a casa di li a breve.
Tanta sicurezza bastò a farlo di nuovo partire tranquillo per la valle delle ombre, attendendo che qualcosa altro di brutto cadesse sulla sua testa. Cominciava davvero a temerlo quel paese ed al contempo ne era affascinato.

Due di tre

I vecchi vestiti erano stati lavati e Koreg li aveva trovati in camera, come le altre cose che aveva lasciato. La sicurezza della Locanda non era soltanto una diceria. Decise comunque di cambiarsi, mettendo abiti nuovi per scacciare la malevolenza di Tymora ed il suo nuovo cappello portafortuna. Il vecchio cappello da pirata era andato perduto ed ancora ricordava con poco piacere quell’occasione, però il nuovo cappello era arrivato a lui dopo poco tempo e aveva saputo riconoscerlo subito. Si trattava di un vecchio e logoro cappello da mago, che aveva fatto in seguito ricucire e pulire tanto da dargli una parvenza dignitosa.
Così conciato di fresco accolse l’inaspettato ingresso del suo amico in locanda, mentre si dondolava su una delle sedie con un bel tè bollente in mano.
- Hei spostati dalla parete con le finestre che con quel culone togli la luce!
Con aria serafica ed un frusciare del mantello rosso, Jeremy si voltò verso chi lo aveva preso in giro. Dopo un attimo di esitazione disse con la solita aria seria di chi è poco coinvolto
- Ma come diavolo ti sei vestito, lo sai che quasi non ti riconoscevo?
- E’ l’ultima moda tra i maghi del Calisham, si chiama scomposizione sartoriale.
- Tu sei malato lo sai?

I due continuarono a scherzare e bere per un po’, raccontandosi alcune novità ed alla fine vennero al motivo per cui la Sentinella era stata chiamata in aiuto. Da troppo tempo i due lavoravano in squadra ed impostarono un discorso generalista sulla scorsa di quello che Koreg diceva come filone principale, intervallato dal suo compagno che teneva il gioco. Il poeta utilizzo la sua arte oratoria per sottolineare il fatto che quegli stranieri con la tipa in maschera se ne erano andati dai confini cittadini, certo che la voce si sarebbe presto sparsa per il paese come a loro era arrivata quella che fossero giunti. Poi si fece accompagnare su a fare ordine nella stanza dal suo amico, sicuro che se i rossi fossero venuti a cercare informazioni sarebbero stati deviati da chiacchiere poco coerenti e sicuramente non veritiere.
La porta si chiuse alle loro spalle ed i due si sedettero ognuno su di un letto della “casa degli elfi”.

- Cosa c’è di così importante da farmi precipitare qui e che non mi potevi dire nella sala?
- C’è un problema grosso, molto grosso che potrebbe affliggere tutto l’Est. Una persona che ha rischiato il suo onore per me mi ha chiesto di aiutarlo ed io non posso rifiutare. Conosci Namiir?
- Quel coso gigantesco che non sa contare?
- Proprio quello lì, ma credo che abbia imparato, mi sembra sveglio.
- E che problema ha grosso, molto grosso?
- Ecco questo è un altro problema, io non dovrei dirti nulla ma…
- Ma cosa? Se non devi parlare non ce ne è bisogno. Tu mi hai chiamato e sono qui, manca soltanto di presentarmi all’orso capellone.
- Grazie amico, grazie davvero. Sei arrivato tanto presto che mi hai stupito quando sei entrato e... ma che fai, lascia stare il mio zaino!
- Non è che hai delle ciambelle? Il viaggio mi ha messo un appetito.

Fortunatamente il fornaio aveva delle ottime ciambelle ed i due discussero nella loro camera per quasi tutta la notte prima di addormentarsi come sassi. L’ultimo argomento erano state le congetture su cosa il Bue stesse facendo nelle Marche, perché averlo con loro sarebbe stato davvero il massimo.
 
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Cloud83
view post Posted on 20/11/2006, 10:56




- Taria -

Decisi ad aiutare la strega del Rashemen e il suo guerriero, lasciammo Shadowdale in molti diretti diverso verso il Calimshan. Horeness diceva che questo Baelros di cui ci aveva parlato la strega era una antica divinita' di quelle terre, quindi era il posto migliore per trovare informazioni.
Horeness e Cassiel andarono avanti con la magia di ritiro del sacerdote, e da li' a poco divennero l'avanguardia che seguiva una carovana sospetta proprio sulla strada che dovevamo fare anche noi. Tenendoci aggiornati con i falchi di Cassiel riuscimmo a radunarci a Calimport, dove era arrivato anche il gruppo che sembrava averci preceduti.
Rendemmo invisibili i loro cavalli sperando di rallentarli un po', e ci dirigemmo verso le stalle per evitare che avessero la nostra stessa idea per i nostri. Mentre discutevamo su come dividerci per la ricerca pero' il gruppo di Zhent usci' dalle mura. Scambiammo qualche parola per poi guardarli andare via, probabilmente avevano trovato qualche risposta.
Eravamo divisi tra chi voleva mettersi a seguirli, e chi voleva cercare informazioni in citta', ma la strega decise di mettersi all'inseguimento dell'altro gruppo.
Guidati dai ranger percorremmo un tratto della strada verso Halaraah, per poi lasciarla e avvicinarci alle montagne. Dopo qualche scontro giungemmo di fronte ad un passaggio nella montagna, decidemmo di provare a esplorarlo e ci ritrovammo in un labirinto di pietra abitato da alcuni dijnni. Dopo esserci fatti strada nel labirinto e in una stanza piena di trappole magiche, riuscimmo a giungere nella stanza centrale risolvendo un enigma su quattro colonne. Quattro Dijnni sembravano fare da guardia al tesoro li' contenuto, e dall'altra parte della stanza, da un'altra porta, erano arrivati anche gli Zhent.
Il loro mago da invisibile provo' ad avvicinarsi all'oggetto, ma per fortuna l'effetto dell'incantesimo per vedere l'invisibilita' era ancora attivo e riuscii a bloccarlo. Un altro Dijnni apparve, sancendo che il simulacro andava agli Zhent perche' per primi avevano messo piede nella stanza. Iniziare a combattere li' voleva dire farsi male davvero, i Dijnni non avrebbero gradito, quindi optammo per uscire alla svelta e cercare il passaggio da cui erano entrati anche loro. I primi a uscire fummo io, Horeness, Felmeryel e la strega. Con i miei due amici elfi ci balzammo in sella e spronammo i cavalli, Fel pero' doveva essere rimasta indietro. Quando trovammo gli Zhent eravamo soltanto io e il prete.
Di loro pero' ce ne erano solo tre, come era facile da immaginare il loro mago s'era teletrasportato insieme a un altro con il simulacro, ma ingaggiammo comunque battaglia per prenderli come prigionieri da scambiare con l'oggetto, seppure probaiblmente erano considerati pedine sacrificabili dai loro superiori. I tre guerrieri si diedero alla fuga, uno riusci' a scappare, uno venne disarcionato vicino a un ponte, e il terzo continuo' a combattere e ritirarsi per un lungo tratto di strada. Persi il prete di vista, ma quando lo ritrovai assieme a tutti gli altri il corpo dell'ultimo guerriero giaceva morto ai suoi piedi.
Horeness provo' a riportarlo in vita, ma l'anima dello Zhent non accetto' il suo aiuto. Non c'era piu' niente da fare per quello, mentre controllavo se per caso non avesse il simulacro, Horeness e Cassiel andarono a cercare il corpo dell'altro sperando che fosse ancora vivo.
Raccattai qualche pozione e le monete, che senz'altro non gli servivano piu'. Nel mentre Horeness e Cassiel tornarono con l'altro Zhent, ancora vivo per fortuna. Di un prigioniero ci facevamo veramente poco, pero' un po' di fortuna l'avevamo avuta: l'uomo portava con se' un simbolo consacrato a Bane, forse potevamo usarlo per ricattare un po' Zhentil Keep.
Lo lasciammo andare con un messaggio da recapitare ai suoi capi, e ce ne tornammo verso nord, abbastanza abbattuti.
Namiir aveva ragione: la vittoria di quella piccola scaramuccia non bastava a colmare la rabbia per aver perso il primo dei poteri.
Non riuscii a dormire tanto la notte in cui giungemmo al Braccio Amico, anche se ero stremata restai a guardare la luna dalla finestra della mia stanza ripensando a tutto quello che era successo durante quel viaggio, ai compagni con cui l'avevo intrapreso e ai nemici che ci eravamo trovati ad affrontare. Dovevamo darci da fare per i prossimi, la partita era appena iniziata e potevamo ancora vincerla.
 
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Elianto Dae
view post Posted on 20/11/2006, 12:00




Una disfatta.
Poteva ripeterselo anche cento volte che c'erano ancora molte prove da affrontare, ma la prima l'avevano fallita, questo contava.
Cercava di vivere la situazione con il distacco tipico della sua razza, la giovane Felmeryel, eppure il fallimento le bruciava, tanto.

Per un soffio avevano perso, per un soffio.
Distesa con le braccia dietro le nuca, osservava il cielo del Sud di Faerun, il caldo umido della foresta riempiva l'aria di tante piccole goccioline d'acqua sospese.
C'era una quiete surreale, Felmeryel sapeva benissimo che come lei, anche i suoi amici stavano ripensando a quanto era accaduto.

Fece un lungo respiro, meditando sulle sue azioni future. Sollevò il braccio osservando il suo tatuaggio e annuì tra sè.
Sarebbe divenuta predatrice.
 
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Haytram
view post Posted on 20/11/2006, 13:04




Non sarebbe stata l'ultimo incontro con quei dannati elfi, apprese Imoden all'interno del palazzo dalle mura scure e spioventi.
Tutto era andato secondo i piani degli zhentarim, eccetto qualche imprevisto. In pochi si aspettavano di incontrare un gruppetto assoldato dalle streghe del Rashemen anche loro a caccia di quello strano artefatto.

Le offese che avevano ricevuto da quel gruppo di straccioni e vagabondi sarebbero state lavate nel sangue, prima o dopo la faccenda. Avevano attaccato e steso un sacerdote e uno zhentilar, pensando di poterli usare come merce di scambio.

Ma forse non avevano capito bene di che pasta è fatto un uomo di Zhentil Keep...
 
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Darkivaron
view post Posted on 20/11/2006, 13:11




Entrarono in cinque nella strana costruzione incassata dentro la montagna, ma ne uscirono in tre.
Lord Velkar e Imoden se ne erano andati facendo uso della magia, e portando con loro il misterioso oggetto donatogli da delle misteriose creature che dicevano di servire "Bhaelros".
Darkivaron, Ian, e Shyral sarebbero dovuti tornare con i loro mezzi, probabilmente subendo una imboscata da parte di quel gruppo di elfi e meticci che sembrava avere il loro stesso obiettivo.
E infatti, accadde proprio questo.
Appena usciti, trovarono ad attenderli la mezzelfa irriverente e fastidiosa che sembrava esserne il portavoce, e un guerriero protetto da una pesante armatura.
Fingendo indifferenza, quasi ritenessero un attacco improbabile, gli Zhent si avvicinarono a dei cavalli.
"Andiamocene"sussurrò Ian.
"Siete proprio sicuri che ve ne "andrete"?"disse a voce alta la mezzelfa, con tono pesantemente ironico.
I tre si guardarono attorno nervosamente. Erano solo in due a minacciarli, ma sarebbe stato da sciocchi pensare che i loro compagni non fossero nascosti da qualche parte nella boscaglia. Gli Zhent erano in minoranza numerica.
Darkivaron, sicuro che non sarebbero stati attaccati non avendo loro l'oggetto, guardò la mezzelfa con aria di sufficienza,e le voltò deliberatamente le spalle mentra saliva a cavallo, rivolgendole parole sprezzanti...
"Potete anche attaccarci, ma noi non abbiamo ciò che cercate, quindi mettetevi l'anima in pace..."
"Vorrà dire che lo baratteremo con le vostre vite"rispose la mezzelfa sicura di sè.

La risposta non fu di gradimento dello Zhentilar: la cosa che lo irritò di più fu la spavalderia con cui furono pronunciate.
Una donna...una mezzosangue, per giunta, osava parlare così davanti a degli Zhentilar, e ad un sacerdote di Bane!
Probabilmente Zhentil non avrebbe ceduto al ricatto di quella feccia elfica...ma cadere nelle loro mani sarebbe stata un'onta troppo grande, come non riuscire a proteggere il sacerdote.
Darkivaron stava pensando a cosa ribattere, un modo per uscirne senza scontri, ma noto con la coda nell'occhio il "guerriero" che mormorava delle parole...parole magiche, o una preghiera a qualche dio.
Si stava preparando ad attaccarli, non avrebbero atteso di udire la loro replica.
Gli Zhent urlarono all'unisono "VIA!" e spronarono i cavalli al galoppo.
I Nemici, quasi sapessero che era un sacerdote, si gettarono all'inseguimento di Shyral, fuggito verso sud.
Ian e Darkivaron fuggivano verso nord, guadagnando terreno...quando il secondo, notando l'assenza del sacerdote, senza dire una parola tornò indietro.
Lo trovò alle prese con il guerriero misterioso...o meglio, fuggendo da lui.
Giunto ad un ponte, Shyral subì l'imboscata da pare di un gruppo di manigoldi, forse in combutta con gli elfi.
Salas lo vide cadere privo di sensi a terra, e subito si gettò nella mischia, per recuperarlo e trarlo in salvo prima dell'arrivo del guerriero e dei suoi compagni.
Uccise la teppaglia con facilità, ma purtroppo ciò non prima di essere raggiunto dai suoi inseguitori.
Erano solo il guerriero e la mezz'elfa, che lo tempestava di frecce con il suo arco.
Strinse i denti imprecando in cuor suo contro la malasorte.
Combattuto tra il dovere di salvare Shyral, cosa che ormai sembrava impossibile, e una voce interiore fredda e razionale che gli diceva di darsela a gambe il più velocemente possibile, decise di tentare una manovra diversiva, tesa a dividere il duo nemico, una tattica a metà strada tra il senso del dovere e il buon senso.
Spronò il cavallo, intervallando la ritirata con brevi scontri isolati con ambedue gli inseguitori, ma senza riuscire a trarre il benchè minimo vantaggio dalla cosa.
Uscì particolarmente malandato da uno scontro con il guerriero, che lo raggiunse per finirlo...
"Mi arrendo!" urlò, nella speranza di avere un attimo di tregua e di ingurgitare una pozione di invisibilità per riuscire a salvarsi.
Non venne ascoltato, e il suo mondo sprofondò nel buio.
Solo oscurità, e freddo.
Si trovò a vagare per quel panorama omogeneo e immutabile, senza sapere dove andare, come se aspettasse che Qualcuno venisse a reclamarlo.

Sentì una voce, ma non era quella che si aspettava.
Era una voce piena di saggezza, ma non era quella che avrebbe voluto sentire: era odiosa per lui, era distante dalla sua anima.
Gli offriva salvezza...gli offriva la vita...
In cambio di cosa? Pur confuso, ricordò le parole della mezzelfa...
"Vorrà dire che lo baratteremo con le vostre vite"

Ignorò la voce, scostandosi con disprezzo da quella presenza che gli offriva "aiuto".
Quasi in risposta, qualcosa si mosse con violenza nell'oscurità, come un onda pronta a travolgere tutto al suo passaggio, scacciando la presenza indesiderata.
Qualcosa talmente tenebroso da risultare evidente nelle stesse tenebre.
Era una Mano...

(................)

Darkivaron se lo sarebbe ricordato anche a distanza di molti anni...avrebbe ricordato la Paura e il Dolore che aveva provato quando quella Mano si era avvicinata e lo aveva preso, senza delicatezza, come un oggetto...

Edited by Darkivaron - 20/11/2006, 14:23
 
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Koreg Dunsen
view post Posted on 20/11/2006, 14:47




La prima sconfitta

Era tornato da diverse ore alla locanda del vecchio teschio e l’altro letto della stanza era vuoto dato che il ciccione si era fermato a dormire al Braccio amico. Lui era sdraiato seminudo, con gli occhi aperti e le braccia dietro al collo, mentre il buio avvolgeva lui ed i suoi pensieri. Era certo che il sonno non sarebbe arrivato, perché le domande e gli interrogativi senza risposta continuavano a torturarlo senza sosta. L’unico evidente dato oggettivo era che il primo di quei “cosi” era stato perduto. La nota positiva di questo è che sapevano chi era stato a prenderlo e questo lasciava un margine di recupero. C’era da considerare un altro aspetto positivo, quello relativo al fatto che gli avversari avevano perduto un uomo e gioco forza questo veniva a loro vantaggio.
Erano partiti da Shadowdale in grande numero ed a quanto aveva avuto modo di osservare molti dei suoi compagni erano davvero in gamba. Taria la conosceva bene, mentre aveva avuto modo di studiare la maestria di un certo Cassiel ed il fatto che Namiir aveva ancora troppa poca tecnica per sostenere uno scontro per lungo tempo nonostante fosse molto migliorato. Si sentiva un po’ in colpa per il ragazzone, avrebbe potuto facilmente coprirgli le spalle durante il combattimento con quella cosa enorme e nera, ma non avrebbe avuto modo di osservare i singoli e la tecnica di combattimento in gruppo. Fortunatamente sapeva di poter far conto su Jeremy nel caso l’azzardo fosse stato troppo; come difatti accadde.
Erano più del nemico, ma meno coordinati. In combattimento tutti lavoravano come singoli,non come un plotone, con il vantaggio però che le menti erano già in sintonia. Nei momenti di riposo e di dialogo ognuno aveva voce e questa era ascoltata. Fu facile quindi superare l’indovinello che permetteva, premendo delle colonne, di entrare nella stanza dove era contenuto l’oggetto desiderato. Meno facile fu il labirinto che veniva prima di questo e le trappole magiche successive, che rallentarono il gruppo non poco. Horeness era stata un'altra rivelazione, il poeta lo aveva sempre sottovalutato, ma ora era ben consapevole che le voci raccolte su di lui erano fin troppo veritiere.
Valutando il proprio apporto personale non lo considerò affatto rilevante, era riuscito a tenersi in disparte con le eccezioni dovute alle discussioni e l’indovinello, però nonostante questo aveva fatto un fondamentale errore. Nell’ultima stanza, dove un essere di nebbia troneggiava e rifletteva su chi avesse avuto il merito di guadagnarsi l’oggetto ricercato, aveva indossato la sua armatura. Nulla di che, un’abbozzata corazza d’acciaio non perfettamente assemblata, ma l’imminente battaglia che credeva ci sarebbe stata avrebbe messo in pericolo l’Hatran ed alcuni del gruppo. Lui non poteva rischiare tanto per le sue speculazioni, era lì per proteggerla e mantenere una promessa. Era maledettamente difficile da proteggere quella donna, spesso si spostava in prima fila e non aveva remore ad entrare in luoghi pericolosi, seguirla in maniera vigile non era stato semplice. In ultimo aveva anche preferito accamparsi da sola nel bosco allontanando anche Namiir.
Non soltanto la battaglia non ci fu, ma l’oggetto venne destinato alla fazione rivale, che sembrò successivamente essere una delegazione della Città Nera.
Questa era una nota negativa, le risorse del nemico sarebbero state maggiori di quelle a disposizione del gruppo, per quanto il gruppo sembrasse solido.
Prima della partenza tra i seguaci della strega dell’Est e quelli che si definivano protettori del Cormanthor c’era una frattura derivata dalla sfiducia dell’uno verso l’altro gruppo, quasi dovessero forzatamente collaborare. Alla fine invece, data l’esattezza delle rivelazioni fatte da quelli che loro definivano spiriti elfici, c’era stato il disgelo dei rapporti e l’unione del gruppo ne era uscita rafforzata. Forse la prima battaglia perduta aveva avuto il vantaggio di far crescere l’insieme per non perdere le battaglie future e vincere la guerra?
Soltanto Helm può sapere la risposta a questa domanda, ma per altre Koreg era sicuro di poter provvedere da solo.
Serviranno tutti gli elementi per rompere l’antico sigillo?
In quel caso ne basterebbe uno soltanto per impedire agli altri di manomettere il futuro del Toril, ma nel caso fosse il contrario e servissero tutti per mantenere quieta la minaccia, sarebbe un pessimo rovescio della medaglia. In gioco non sembravano esserci dei buoni spiriti Rashemi, ma delle creature imparziali che in seguito al giudizio personale potevano dare un vantaggio sia all’una che all’altra parte. Dove erano quindi gli spiriti di chi si sacrificò per celare i sigilli?
La frustrazione del fallimento lo logorava, mentre altre domande lo prendevano a bersaglio.

L’alba lo trovò ancora così quando sorse ed il giorno lo vide scendere a far colazione con la barba di due giorni ed un cappello da mago messo di sbilenco sulla testa.
L’aspetto era davvero pessimo, ma gli occhi trasmettevano la fermezza di chi è ottimista ed il sorriso non tradiva alcun tipo di cedimento.
 
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Lucas Leonheart
view post Posted on 20/11/2006, 15:36




Aveva seguito il gruppo di zenthilar perchè era il suo dovere, lo aveva difeso aiutato, a superare le creature che proteggevano qualcosa che il capo della spedizione rappresentante del suo governo voleva per se. Già dal passaggio a shadowdale aveva intuito che quegli elfi e quei mezzosangue c' entravano qualcosa era stato tra di loro per diversi anni e non si riunivano mai in gruppi così numerosi senza un motivo serio.
Li rincontrò fuori calimport e dovette forzare molto la propria volontà per non buttarsi su di loro e sgozzarne il più possibile quando osarono offendere il suo capitano!
Come si permettevano quei selvaggi!
Li rincontrò in quella stanza e finalmente ottenne una piccola soddisfazione non sapeva cosa fosse quell oggetto ne tantomeno questo Bhaelros che i djinni dicevano di servire ma aver dimostrato ancora una volta la superiorità di zenthil lo riempì di orgoglio.L artefatto era loro!
All' uscita a differenza di darkivaron sapeva già che gli avrebbero teso una trappola conosceva quelle genti e il loro scarsissimo senso dell onore. così quando all uscita li vide non fu affatto sorpreso e appena recuperato il cavallo gridò a shyral e darkivaron di scappare. Lì vide allontanarsi e spronò anche lui il suo fidato kuma.
Sperava che quei maledetti seguissero lui ma non fu così.
Shyral era scappato verso nord non pensando che proprio da lì proveniva quell ammasso di feccia elfica.
Per un attimo pensò di tornare indietro ma sarebbe stato inutile 10 contro 3? non avrebbe avuto speranza!
Cavalcò verso halrua sperando di incontrarvi darkivaron ma così non fu.
Tornò a zenthilkeep nella testa un solo pensiero "aveva abbandonato un sacerdote del suo oscuro signore se non si salverà o non riuscirò a vendicarlo sarò io stesso a togliermi la vita!" pensava con la disperazione di aver tradito il suo signore nel cuore il giovane Ian
 
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Adry_
view post Posted on 20/11/2006, 16:43




”Un vero guerriero impara sempre qualcosa dalle battaglie, anche da quelle perse…”
Continuava a ripeterselo, Namiir del Lupo, mentre cavalcava solitario ai margini di un bosco, a sud di Baldur’s Gate.
Il viaggio di ritorno dal Calimshan era stato duro e stancante, ma non era quello il peso che gravava sul suo spirito.
Sconfitti, battuti, preceduti…qual era il termine esatto aveva ben poca importanza per il giovane barbaro, ma il significato dell’accaduto era una lancia che trafiggeva il suo cuore.
Koreg aveva di certo trovato parole di conforto, ricordando al ragazzo che ancora molti erano i poteri da raggiungere e custodire, ma il vedersi sottrarre l’oggetto proprio davanti gli occhi era un’immagine dolorosa.
Un passo verso la sconfitta, un passo verso la caduta di Rashemen.
Era la sua Terra quella in pericolo, era la sua gente quella ignara della grave minaccia che, come gli spiriti avevano previsto, sarebbe giunta se loro non avrebbero agito in tempo.
Non parevano Maghi Rossi quelli che come loro cercavano i poteri, e questo un po’ alleviava le sofferenze e la preoccupazione del rashemi, ma abitanti di Zhentil Keep, la Nera Città. Quali erano i loro scopi non era chiaro, ma di sicuro erano lungi dai loro. Probabilmente volevano utilizzare i poteri per scopi personali, stando alla fama della loro città, e questo non faceva altro che accrescere la rabbia all’interno di Namiir.

[…]

Aveva cercato di proteggere Velchrarein, e in quello era riuscito, frapponendosi tra lei e delle oscure e minacciose creature melmose; la lotta fu temibile, e il tempo successivo ad essa, quando le creature ebbero la meglio su di lui, pareva infinito, vagando per quella enorme distesa di foreste e montagne nebbiose, quasi inconsistenti. La sua testa era pesante, il nome della sua protetta era un eco infinito all’interno di essa, la disperazione aumentava, temendo di non poter tornare a salvare lei, e il suo popolo.
Poi, un guanto d’arme che lo scrutava vigile, lo prese al contempo con delicatezza e decisione, aiutandolo ad alzarsi.

[…]

Si sistemò in locanda, a Baldur’s Gate: non fu semplice prendere sonno.
La spalla ancora gli formicolava per l’impatto col suolo, cadendo da cavallo, e le ferite causate da quelle creaure parevano tanti piccoli falò sul suo corpo.
Ma era nell’animo che Namiir era più ferito, ed era nell’animo che aveva bisogno di guarire, in fretta.
 
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Chaos Scorpion
view post Posted on 20/11/2006, 19:55




Quando incontrarono gli autori del simpatico scherzetto ai cavalli, Velkar si maledisse, erano molto lontani dal mare della luna e perciò aveva evitato di nascondere il volto, ma ormai l avevano riconosciuto...avrebbe rimediato.

[...]

Tornati a Zhentil Velkar discusse con Imoden il da farsi, dopo un po le urla del soldato in prova Ian giunse con notizie disastrose, almeno per Imoden...Darkivaron e Shyral non erano riusciti a fuggire con la nave volante e probabilmente erano stati catturati come merce di scambio. Imoden e Ian erano piuttosto scossi, Velkar cercava di simulare sconforto, ma mettendo bene in chiaro che dei veri zhent non si sarebbero fatti catturare vivi e perciò era inutile sperarci molto.

[...]

Dopo qualche giorno tornò in città Shyral, esausto dal lungo viaggio. Era stato fatto prigioniero, ma rilasciato per portare un messaggio.Se non fosse che aveva un sacerdote di Bane davanti sarebbe scoppiato a ridere...
Congedato Shyral tornò a casa, bisognava rispondere a tono e prese una pergamena.

CITAZIONE
A milady Taria e i suoi amici,
sono davvero lusingato per il vostro interessamento, ma mi duole informarvi di non poter esaudire le vostre richieste in quanto esulano dalle mie possibilità. Se volete una ricompensa per qualcosa di caro a Bane potete fare richiesta a chi governa Zhentil o se preferite alla chiesa stessa, d'altronde non vedo cosa possa importarne a me.
Per la seconda richiesta, ahimè credo che finchè continuerete a fare i burattini delle streghe del Rashemen sarò costretto a impedirvi di continuare con i vostri propositi per la salvezza dell'intero Faerun, seppure ritengo che l'assistere al tradimento delle streghe dopo che gli avreste consegnato gli oggetti sarebbe stato uno spettacolo abbastanza interessante, purtroppo cio che ne conseguirebbe sarebbe però catastrofico.
Lieto di esservi stato utile quanto possibile, distinti saluti.

Velkar
*sigillo personale raffigurante una fiamma in una sfera di cristallo*

Ps. Il ragazzo della consegna è incaricato di aspettare la risposta, nel caso abbiate bisogno di altri prigionieri, non fatevi scrupoli.

La rilesse un ultima volta mentre faceva asciugare l'inchiostro, poi chiamò un uomo e lo incaricò di consegnarla a Taria di Elventree ordinandogli di aspettare la risposta.
 
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33 replies since 10/11/2006, 21:27   1266 views
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