Attenzione temi forti e linguaggio scurrile
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Guardava le stelle mentre camminava verso il campo dove Victia gli aveva donato quei fiori.
Dentro di se sperava di incontrarla, ma sapeva benissimo che di notte ai campi non ci si lavora. Ma non gli importava, era a pezzi, e voleva conforto, anche la presenza di lei che ancora aleggiava nell'aria l'avrebbe perlomeno fatto sentire meno solo e miserabile.
Arrivato al campo il fragrante profumo dei fiori lo accolse, cristallizzando i suoi pensieri e calmando la sua anima.
Prese dalla borsa un libro, e fece la punta della matita a coltello. Scrivere un nuovo capitolo l'avrebbe calmato, e forse, vedersi in terza persona l'avrebbe aiutato a pensare.
Capitolo 45° - Ipocrisia e verità.
"Possano i miei amici vivere a lungo per vedere i miei progressi"
I passi di Doug quella notte l'avevano portato ai campi dove Victia coltivava i suoi fiori.
"Un Philip per Doug".
Probabilmente quello non era un Philip, e il ragazzo ne conosceva il nome, ma non importava.
Tanta dolcezza nella vita di Doug era un lusso, e l'unica cosa che poteva fare era esserne felice.
Forse Victia era capace di vedere oltre l'inchiostro, oltre le parole, oltre il porto.
Forse. O forse il racconto della gente avrebbe scritto da sola la storia di Doug, decidendo il contenuto dall'inchiostro sulla pelle.
E si sarebbe sentito ancora più puro e miserabile.
Già. Perchè Doug è sempre stato un libro aperto per chi desiderasse leggerlo.
Che gli piaci è chiaro. Che gli stai sul cazzo pure.
Doug il coglione.
Doug il violento.
Doug lo sboccato.
Doug che si merita un coltello nello stomaco.
Doug che dovrebbe provare a vedersi in piedi, ma con la testa che rotola per terra.
Eppure, non era Doug semplicemente sincero? Non era semplicemente un'amante della verità?
Alla gente piace giudicare, perchè non ha il coraggio di parlare ad alta voce. Adorano trovare un capro espiatorio, o vedere un poveraccio che si piscia addosso mentre sta appeso per il collo.
Sì, la gente normale, quella per bene, quella dei bei quartieri per Doug era proprio così.
Lanciano il sasso, e nascondono la mano. In fondo civiltà e buone manieri permettono questo.
Si sorridono a vicenda, per studiare come metterselo nel culo a vicenda al momento più opportuno.
Una vita difficile, questo Doug lo concedeva. Non poter dire ad un idiota di farsi i cazzi suoi, non poter rimettere a suo posto chi offende un amico o prende per il culo la donna.
Star zitti quando una bellezza sconvolgente provoca più di un turbamento nella zona delle parti basse. Certo, tanta ipocrisia deve farti mangiar il fegato se vivi col tuo codice borghese del cazzo.
Allora tanto vale che chi non stà nel coro venga linciato, il sangue di un'altro ecciti almeno un po' nel profondo questi ipocriti senz'arte ne parte.
D'altronde, se i suoi compari preferiti eran finiti per esser teppisti, nani e mezz'orchi un motivo sicuramente c'era: quella gente non guarda certo la tua buona educazione per decidere che puoi anche crepare.
E quel giorno per Doug era stata una piccola conferma.
Il suo amico più sincero era probabilmente quel tonto del suo allievo.
Sgrunt, il mezz'orco che sembra proprio un orco. Lo conobbe prossimo al linciaggio, e vive assieme a lui ed a gente che ancora vorrebbero linciarlo.
Sapeva bene il mezz'orco lo credeva un pazzo, e forse aveva ragione, ed ogni tanto, la sensazione che facesse di tutto per farlo desistere e salvarsi la vita era chiara anche ad una testa calda come lui.
Per questo gli faceva girare il cazzo ancora di più quando il solito coglione insultava il suo non proprio sveglio amico. Per Doug era chiaro che Sgrunt era fondamentalmente un buono, un puro.
Il suo essere allo stesso tempo bersaglio e il non voler provocare guai lo rendeva ottimo per le frustrazioni dei poveracci.
Ed il pomeriggio precedente era stato la dimostrazione del teorema, gli assiomi il mezz'orco e un ometto coroaggioso in locanda.
Doug lo chiese alla bella Dilwen. Fammi un vestito per questo qui, uno che venga presa sul serio.
Sarà destino, sarà che Doug vestiva la sua giacca della Vendetta a propiziare l'arrivo del solito coraggioso.
"Pensi dovrebbe mettere addosso un sacco di merda?"
Eccolo, aveva pensato Doug in quel momento. Un bell'ipocrita nella sua mantellina da checca becca al solito Sgrunt.
"Porta rispetto al mio allievo, e poi vedi che razza di manto da fighetta che porti?"
"Che c'è hai problemi?"
Bella. Certo che uno ha problemi se chiede a Doug se ha problemi. Un po' di pugni non hanno mai fatto male all'educazione di nessuno. Bisognava pure sensibilizzare la gente sul problema orchesco.
Gli insulti di rito continuavano secondo copione, per qualche motivo che Doug non capiva il grosso e coraggioso omino voleva desistere dal prendersi una ripassata, ma forse credendosi ben parato da amici e guardie andava ragliando minacce di morte.
Ma sì, che vuoi che sia, per due pugni più della ramanzina e qualche notte al massimo non becco.
L'invito di rito ad andarci piano con le parole di Doug andò clamorosamente a vuoto, restava quindi una sola possibilità.
Dritto alla mascella, montante allo stomaco. Quel che seguì, fu per Doug molto strano.
Un bel taglio all'addome quasi gli aveva fatto uscire le budella li belle sparse per la pubblica piazza,
da li al solito, il nostro Doug fece quel che ogni persona, pure sana di mento avrebbe fatto: una incazzatissima raffica di cazzotti finchè il signore con lo spadone non cadde orizzontale.
Si calmo, guardando il proprio sangue sul ciottolato, se non era sventrato aveva comunque lasciato parecchie schizzate rosse qua e la.
La cosa incredibile, per Doug. Furono i presenti. Il povero coglione a terra era un poveretto pestato dall'amico dell'orco, peggio dell'orco di cui l'onore aveva difeso.
Al porto qualcuno gli avrebbe detto "Quello ti voleva far secco con quella! Dai ammazzalo!"
Ma li no. Se ne stava nel mezzo mentre fortunatamente la ferita si richiudeva grazie ad un ninnolo magico, mentre il sant'uomo a terra era un povero disgraziato che, miei Dei, era stato steso da quell'incivile e maleducato poco di buono.
Era chiaro, fosse morto, magari in maniera schifosa ed orribile, raccapricciante quanto era brutto ai loro occhi, ne avrebbero parlato con gioia in locanda nei mesi a venire.
Il senso di schifo e repulsione era più forte del dolore nell'animo di Doug. Non riusciva quasi a vedere qualcuno attorno, in quel momento, che non gli stesse terribilmente sul cazzo.
Solo più tardi, la predica di Kathoram in qualche modo l'aveva risollevato, ma dovette mettersi in strada a camminar da solo per trovare un po' di pace.
Nelle vie affollate vedeva gente e si chiedeva: chissà se quello ballerebbe felice sulla mia carcassa spaccata di botte.
Gli rimbombavano le parole di Gael in testa:
"Guarda che il tuo posto è qui, la non ti vogliono."
Già. Forse "la", con quelli bene, con la gente apposto, con il culo al caldo, non la volevano un anomalia. Qualcuno che non abbassa la cresta e dice le cose come stanno.
In fondo, da quando s'era preso per quella ragazza, Victia, da allora era tutto un "lei non è per te", "falla soffrire e te ne capitano di brutte".
"Ehy Doug, sei una merda, non dovresti sporcare una cosina bella come lei. Yeah".
Sorrise sicuro e solo, crogiolandosi mentre respirava la sua miseria.
Probabilmente Doug non si sarebbe mai arreso, probabilmente avrebbe continuato al costo di essere un presuntuoso e molesto schizzetto di merda sulla bianca facciata della città bene.
Probabilmente, ma quella notte, immerso nel profumo dei fiori, non ne era poi così sicuro.