Faerûn's Legends

Paure e Coscienza, Una scelta difficile

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Cloud83
view post Posted on 12/6/2007, 18:46




Il posto era davvero tranquillo, del resto nei pressi di un cimitero chi andrebbe a fare una passeggiata?
Alle loro spalle il mare si infrangeva contro la scogliera, e si poteva udire in lontananza, tra un'onda e l'altra, lo scricchiolio del legno e delle corde di una barca ormeggiata al largo.

Era da molto tempo che voleva parlare a Garret della sua fede, ma era sempre stata reticente a farlo. Pero' da quando pero' aveva saputo che il demone inconsciamente liberato nell'alveare, e che ora la stava cercando, era un demone antico contro cui aveva ben poche possibilita', si sentiva piu' in colpa per il segreto tenuto nei confronti di Garret. Se davvero fosse morta a causa di quella creatura, voleva non lasciare un ricordo fasullo di lei al mezzelfo, voleva che la ricordasse per cio' che era davvero... Sia che fosse in bene che in male.
L'averlo rivisto a Suzail per caso l'aveva resa felice in un primo momento, ma poi decise di trovare la forza per rifarlo. Come con Awenn, era stato difficile ma alla fine era riuscita a dirglielo...
La paura restava pero'... Paura che le cose sarebbero cambiate, paura per violare un dogma della chiesa, e paura per bisbigliare quel segreto seppure lontano da orecchie indiscrete.

La ragazza stacco' un rametto secco dal tronco su cui erano seduti, e con mano un po' tremante disegno' a terra due cerchi concentrici. Poi si slaccio' la cintura dal colore forse un po' troppo chiaro, ma sufficiente a rendere l'idea, e la dispose nel cerchio esterno. Poi prese dalla sacca la gonna in pelle di troll, la piego' alla meglio e la pose nel cerchio interno.


"Ti dice niente?"
Cerco' di non far tremare troppo la voce nel dirlo, continuava a guardare perterra quei panni disposti a formare il Suo simbolo. Sentiva che la sacedotessa di Shar stava commettendo un errore, ma sapeva che per Alisea era senz'altro la cosa piu' giusta da fare.


Edited by Cloud83 - 13/6/2007, 15:04
 
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Adry_
view post Posted on 13/6/2007, 13:49




Quella volta era stata davvero divertente.
I due, che si frequentavano da poco, stavano indagando sulla scomparsa di una ragazza a Nashkell, sulla Costa della Spada. Alisea era seduta su un masso e stava tenendo d’occhio la locanda del paese, mentre Garret curiosava attorno al dormitorio dei minatori. Furono sorpresi da un individuo, e in fretta i due improvvisati investigatori misero in scena una scusa; la ragazza si mise in posa sul sasso, e il mezz’elfo cominciò a ritrarla su un pezzo di carta. L’uomo arrivò addirittura ad elogiare le doti del bardo, anziché rimproverarlo per la troppa curiosità!



E la nottata sul tetto della locanda del Braccio Amico?
Il cielo era splendido, ma non quanto lei, lì, al suo fianco, col naso in su, a pensare a chissà cosa. Quanto avrebbe voluto baciarla, in quell’istante! Erano solo pochi giorni però che si conoscevano, anche se la complicità stava sempre più aumentando…



“Ricordo ancora quando la vidi per la prima volta; salii le scale del Castello di Carta, la biblioteca di Zhentil Keep, fradicio d’acqua per l’acquazzone che da tutto il giorno imperversava sulla Nera Città.
Avevo un paio di scritti sotto braccio, intendevo presentarli al vecchio, noioso, ingobbito bibliotecario di turno, per guadagnare qualche soldo. E lì, tra i libri, la vidi.
Le gambe, lisce e perfette, accavallate sotto il tavolo, erano contornate e accarezzate da una vellutata gonna nera; una folta chioma di neri capelli, con un'unica ciocca rossa, le ricadeva sul volto, impedendomi di vederlo; un vestito scuro ed elegante lasciava intuire un corpo delicato e snello, la pelle chiara.
Poi alzò lo sguardo, abbozzò un sorriso e, con voce bassa ma dal tono allegro, mi chiese
“Posso aiutarvi?”

Non ricordo se ascoltai davvero quella domanda, o se oramai ero introvabile e perso, in quei due grandi e profondi occhi scuri, neri come la notte e, allo stesso tempo, dai tanti e misteriosi riflessi.

Bè, non sapevo se fosse noioso o meno, ma di sicuro non era né vecchio, né ingobbito, quel bibliotecario…”




Il combattimento con il drago rosso con l’occhio di rubino poi! Quella volta Garret ebbe modo di ammirare i grandi poteri magici che la giovane ragazza poteva evocare, per non parlare delle sue doti combattive, alquanto sviluppate. Fu soprattutto grazie a lei che anche quella volta il bardo se la cavò con qualche graffio. Quelle sue capacità però, che il mezz’elfo notò altre volte, avevano una provenienza incerta, non ancora identificata.



Sul balcone de L'Elmo e il Mantello, a Baldur’s Gate,il vagabondo aveva finalmente trovato il coraggio.
Garret riteneva che la vita andava apprezzata per gli istanti di cui ci fa dono, e quello, fu uno dei più belli in assoluto.
Le labbra accostate l’uno all’altra, finalmente i due trovarono sfogo a tutto quello che negli ultimi mesi era cresciuto, era nato. Amore sì, un forte amore.
Niente più importava al momento; quella ragazza era splendida, era tutto ciò che lui potesse mai desiderare: una compagna, un’amica, un’amante. In quell’ istante, poco prima dell’alba, un profondo rapporto stava saldando gli intrecci che già da tempo si erano insinuati tra i due.



Ed infine, quelle semplici parole contenenti un immenso significato, presero forma dalla sua bocca.
“Ti amo”

Era conscio di ciò che faceva, di ciò che diceva. Quella splendida creatura oramai aveva acquisito un importanza impareggiabile nella sua vita, niente avrebbe potuto distruggere ciò che era stato creato.



I due ormai parlavano liberamente di qualsiasi cosa, uno complice dell’altra, confidenti. Ma non di tutto.
Qualcosa ancora Garret non sapeva di lei, ed entrambi ne erano consci. Lei aveva promesso al bardo che un giorno avrebbe raccontato tutto, avrebbe conosciuto quella parte misteriosa e nascosta della ragazza. Aveva parlato di un luogo, un luogo in cui, una volta entrato, non è possibile fare ritorno.
Quella meravigliosa donna nascondeva davvero qualcosa, qualcosa di importante e pericoloso; non poteva essere altrimenti, la preoccupazione nei suoi occhi ormai Garret l’aveva decifrata da tempo.
In fondo la conosceva, seppur non del tutto; sapeva che era una ragazza forte, molto intelligente e saggia, e che a volte utilizzava mezzi non proprio ben visti dalla “gente comune”. Ma il mezz’elfo aveva detto lei più volte che non sarà un simbolo, una bandiera, un nome a cambiare l’idea che lui si fa delle persone.
La giovane disse che la persona che il bardo aveva conosciuto era lei, la vera Alisea; nessuna rivelazione avrebbe mai cambiato nulla nel suo modo di essere, di comportarsi, di amarlo; è e resterà ciò che lui aveva imparato a conoscere. Nessun pregiudizio avrebbe mai disturbato i rapporti di Garret, tanto meno nei confronti della donna che amava.



“Vedo una notte, una notte che nonostante tutto lascia sempre spazio al giorno;
Vedo l’alba tra le nuvole ed un vortice, un vortice in movimento.
Tu sei tutto, e non sei niente; possiedi però slancio e forza vitale, molta.
Il tuo futuro è incerto e nessuno è in grado di definirti bene; solo chi ha una buona vista potrà scorgere cosa sei.
Ma fa attenzione: sei tu stesso a voler sprofondare in quel vortice, e non lo risalirai più…”


Quella lettura delle carte da parte di una giovane girovaga, Elohim, non aveva lasciato Garret indifferente.



Sapeva che prima o poi, quel momento sarebbe arrivato. Lo attendeva, lo attendevano entrambi, e con dolore, perché sapevano che sarebbe stata una difficile prova da superare.



Alisea, seduta su un tronco caduto a pochi metri dalla costa che cingeva Suzail, tracciò con un bastoncino due cerchi concentrici. Depositò la sua cintura viola chiaro a terra, a riempire lo spazio esterno, ed una gonna nera, a colmare quello interno.

“Ti dice niente?”
 
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Adry_
view post Posted on 23/8/2007, 15:22




Quella rosa color della porpora era davvero bellissima, in quel tardo pomeriggio, a Suzail.
Lord Markhom Wyvernspurn, Mago della Guerra del Cormyr, raccontò a Garret di quel fiore, il Petalo Purpureo, bello quanto raro vegetale, capace di crescere solo in zone fredde e remote, lontano dalla civiltà. Il mezz’elfo rimase ancora qualche attimo rapito dalla bellezza di quella rosa, poi i due tornarono agli affari.
Lo scritto era infatti pronto: Garret aveva preparato, in triplice copia, un completo trattato sulla guerra contro gli orchi che vide impegnata buona parte delle Terre Centrali durante il 1376, arricchito con curiosità, ricordi, racconti e impressioni di chi partecipò a tale evento. La commissione era stata fatta dal Mago della Guerra, e ora il giovane scrittore era lì, nei giardini interni del castello di Suzail, ad ammirarne le bellezze.
Parte del pagamento, per il lavoro e per le spese necessarie per carta e inchiostri, era stato fatto all’inizio, appena i due si erano accordati; la restante parte però non avvenne in denaro, e il duca Wyvernspurn decise di fare un dono al mezz’elfo, piuttosto che dargli del denaro. All’interno di una custodia in pelle nera, giaceva un corno da guerra, composto in metallo e cuoio, con pochi ricami; lacci e piume colorate ne decoravano il corpo, e gli davano un aspetto abbastanza “selvaggio”. Il Mago raccontò che esso era un corno da guerra del Rashemen, una rarità e un pezzo d’antiquariato per molti bardi, utilizzato dai bardi della lontana terra dell’est per incitare i furiosi e possenti guerrieri.

Congedatosi con lord Markhom, Garret tornò alla locanda, raggiungendo con tranquillità la sua stanza. Depose con cura l’oggetto e poi prese a sfogliare gli appunti e la copia originale dell’opera. Decise che avrebbe raggiunto altre città, per poter vendere altre copie di tale opera, e racimolare un buon gruzzolo; inoltre, una copia andava consegnata al più presto ad Horeness, che l’attendeva da tempo.

Anche quel lavoro infine era concluso, e per ora non aveva altre commissioni in sospeso. La sua mente, ora libera da tale impegno vagò libera, fino a giungere alle ultime rivelazioni che Alisea, la sua amata, gli aveva confidato.
Rievocò quegli istanti, in riva al mare, quando tutto parve cambiare, turbinare, tornare come prima e poi cambiare ancora, senza sosta. Si alzò dal letto, prese il suo flauto, e si avvicinò alla finestra, accovacciandosi sul balconcino. Prese a suonare qualche nota, mentre osservava la vita di città, fuori, dove persone ed eventi si susseguivano rapidamente, ed il tempo tiranno ne inghiottiva ogni passo, ogni parola, ogni istante.
Scosse il capo, scostando lo strumento dalle labbra; doveva andare a cercarla, doveva parlarle e chiarire tutto. Era troppo che non la vedeva, e gli ultimi incontri erano stati troppo distorti dalla confusione e insicurezza che il mezz’elfo provava, dopo le rivelazioni della ragazza. Gli mancava, gli mancava da morire, e doveva assolutamente vederla.

Sistemate le sue e cose, decisamente meno carico di libri, il giovane scrittore scese di sotto, pagò la stanza e si recò alle stalle. Mentre si faceva largo tra la folla della piazza del mercato, pensava a dove avrebbe potuto trovarla, e decise di recarsi in Sembia, al campo dei Corvi d’ Argento.

Era oramai sera quando lasciò Suzail a cavallo, ma questo non importava; l’impeto di trovarla aumentava sempre più il desiderio di rivederla, di riabbracciarla e perdersi nei suoi profondi occhi, per lasciarsi andare poi in un turbine di emozioni e carezze, fino a che il tempo glielo avrebbe permesso.
E nessuna dea glielo avrebbe impedito.
 
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Cloud83
view post Posted on 26/8/2007, 12:35




Lacrime... da quanto tempo non ne versava davanti a qualcuno? Da quanto non ne versava...?

Tra le braccia di Garret Alisea continuava a piangere e singhiozzare, come solo quando era bambina aveva fatto.
Improvvisamente tutti i problemi di cui voleva parlargli erano diventati ridicoli. Ridicoli rispetto a quello che stava vivendo. Sapeva bene che comunque fossero andate le cose per lei tutto quello che era successo rappresentava l'inizio della fine.

Era tanto che non provava cosi' tanta paura. Ora che aveva qualcuno di vicino sentiva che li avrebbe persi. Garret, i Corvi, i pochi amici che aveva... Sapeva che avrebbe perso tutto e tutti.
Era arrivata a desiderare di non essere la sacerdotessa che era, che come scritto in quel diario nove anni prima non fosse successo niente di niente. Sapeva che quei pensieri l'avrebbero condotta a un punto di non ritorno, ma di fronte al perdere tutto cio' che amava e di fronte alla fine di quel tutto, non riusciva a fare a meno di ascoltarli e renderli forti.
Ma ascoltarli sarebbe servito a qualcosa? Ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Racconto' tutto a Garret.
Lui ascolto', pianse con lei e cerco' di farle coraggio e rassicurarla per trovare una soluzione.

Alisea si sentiva bene li', tra le sue braccia, lontano da tutto e da tutti... Dopo aver pianto si sentiva un po' meglio... Avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quel momento, ma sapeva quanto era invece inclemente il suo scorrere.


Edited by Cloud83 - 26/8/2007, 13:53
 
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Adry_
view post Posted on 27/8/2007, 16:04




“Garret…tra poco tempo…morirò.”

Dopo giorni di lunghe cavalcate, era riuscito a trovarla , finalmente. Al campo dei Corvi d’Argento gli riferirono che era da poco partita verso ovest, in direzione di Waterdeep e fu lì, dopo un lungo viaggio, che la trovò.

Avrebbe voluto dirle che l’amava, che la desiderava più di ogni altra cosa per quello che era, per quello che è sempre stata; voleva che lei si sentisse sicura, si sentisse al riparo a fianco a lui; nessuna chiesa importava, nessuna fede, ma solo l’essenza di cui era fatta. Garret aveva conosciuto una ragazza meravigliosa, e ne era innamorato; pronto ad accettare qualunque cosa, voleva accettare anche quello, quell’importante rivelazione che finalmente Alisea aveva fatto al mezz’elfo. Niente e nessuno avrebbe potuto impedire tale amore, e questo doveva assolutamente dirglielo.

Non ne ebbe occasione però.
Quelle parole colpirono il giovane con una violenza tale che gli parve di sentirsi il cuore comprimere, sempre di più, fino ad implodere e lasciarlo senza fiato, impossibilitato a reagire in alcun modo. Non capiva, forse non voleva capire, o non voleva credere, a quelle inverosimili parole che lasciavano, con molta fatica, le labbra della sua amata, per colpirlo direttamente nell’animo, strappandone brandelli, sempre di più. Un pugnale infilzato dritto nel petto avrebbe fatto certamente meno male; quelle parole però, erano vere.

Dopo i primi istanti di confusione e incredulità, nei quali Garret davvero non capiva, cadde a terra, di fronte alla sua amata, fragile e debole come un bambino, e scoppiò in lacrime. Parole pronunciate in modo singhiozzante cercavano di nascondere la realtà ma, la sua mente, sapeva bene, ancor prima di formulare tali frasi, che non si poteva sfuggire, a tale realtà.
Il dolore lo straziava dal profondo, mentre Alisea, in lacrime, continuava con maggior fatica, il racconto. Garret continuava a ripetere le stesse cose, le solite frasi rassicuranti che lui aveva sempre odiato, soprattutto nel momento in cui sei consapevole della loro falsità, cercando forse di aggrapparsi a qualcosa, ad una speranza, a qualsiasi cosa.
Niente, quella era la realtà.

Passarono gli attimi, i due innamorati rimasero per molto abbracciati, senza un sussurro, senza un movimento. Le lacrime parevano non cessare mai, e niente, in quel momento, avrebbe potuto risvegliarli da quel torpore, che tanto avrebbero voluto potesse durare in eterno.

Il giovane mezz’elfo avrebbe donato l’anima al signore dei demoni più potente, alla più malvagia delle divinità, avrebbe lacerato il proprio corpo con le sue stesse mani, avrebbe voluto scambiare l’intera sorte di Alisea con la sua; qualsiasi cosa, qualunque cosa, pur di poterla salvare, pur di poter salvare una parte di se stesso.
D’improvviso, la paura forse più grande di Garret, stava palesandosi davanti ai suoi occhi: avrebbe perso il suo amore.
 
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Adry_
view post Posted on 10/10/2007, 15:01




L'improvvisa sensazione di essere solo, solo a dover combattere contro quella creatura, che si stava lentamente impadronendo del corpo della sua Alisea.
Quanto avrebbe dovuto attendere? E cosa sarebbe successo, al termine di questa “giusta guerra”?
Già, era così che la chiamava Alisea, o ciò che restava di lei: una giusta guerra, una battaglia che un antico spirito, per odio e per vendetta, voleva condurre, verso la Nera Città, riemergendo dall’oscurità che lo aveva maledetto, e alla quale la ragazza voleva assolutamente prendere parte.

Lei sarebbe potuta tornare in se, o morire durante lo scontro; o peggio, rimanere in tali condizioni, per sempre.
Si sentiva impotente, incapace, di fronte a tutto ciò; la persona che sempre lo aveva aiutato e gli era stato vicino, la sua parte di coscienza, ora era la persona da salvare, e Garret avrebbe dovuto trovare il modo.
I Corvi, naturalmente, erano assolutamente decisi a trovare una cura per le loro compagne, ancora di più quando esse cominciarono a dare sempre più forti segni che la loro mente era offuscata. Avrebbe potuto agire con loro, come fece inizialmente, setacciando una vasta zona in cerca di una cripta; fu a Zhentil Keep però che Garret trovò la maggior speranza.

Alisea gli aveva ancora parlato di Aelthas, ma mai approfonditamente. Sapeva che era un abile mago, un uomo rispettato nonché di potere nella Nera Città. Lo cercò, perché Alisea disse lui che Aelthas e Velkar offrirono lei un “aiuto”. Non capiva fino a che punto la mente della ragazza era lucida da poter riconoscere amici e nemici; fatto sta che, per il momento, era l’unica cosa a cui aggrapparsi…
Durante il loro incontro, assieme a due dei Corvi, Zeph e Ariel, il mezz’elfo capì che l’uomo era più invischiato nella faccenda di quanto inizialmente sembrasse.
Per questo decise di incontrarlo di nuovo qualche giorno più tardi, da solo, a Zhentil Keep.

“Le città possono dichiararsi guerra, gli spiriti riemergere dalle ombre e comandare i loro soldati, e i potenti tramare di nascosto per sottrarsi vicendevolmente il prestigio. Poco mi importa di tutto ciò, quando di mezzo c’è una persona a cui tieni molto. Forse per questo mi definisco un “egoista”.”

“Un tempo anche io ero molto legato ad una donna. Posso capire ciò che si prova.”

Le intenzioni dei due non parevano poi così diverse. Certo, di mezzo c’erano poi altre faccende e questioni di secondo piano, opportunità e occasioni da sfruttare all’interno di tutta la faccenda, ma a Garret non importava questo, per il momento. Voleva salvare Alisea e, in qualche modo, nutriva anche lo stesso desiderio per Alaric, e per Larathiel. L’ex governatore era un uomo che meritava davvero di camminare ancora tra i vivi e che, senza volerlo, aveva insegnato qualcosa al mezz’elfo, nelle rare occasioni in cui si sono incontrati. La giovane ragazza era una cara amica di Alisea, e sicuramente, se lei fosse stata in se, avrebbe tentato di salvarla.

“Non mi fido di voi, come voi non vi fidate di me, immagino. Pare però che qualcosa ci accomuni.”


“Molte volte avere degli alleati, seppur momentanei, può cambiare, anche completamente, l’esito di un evento.”


Fu così che, il bardo e il mago, trovarono un accordo. Garret raccontò ad Aelthas ciò che sapeva, comprese le informazioni del libro, come e dove trovarlo, e della visione sull’ Ashaba di pochi giorni prima.
L’uomo spiegò al mezz’elfo cose di cui era all’oscuro, nuovi dubbi e alcuni chiarimenti, parti di quella storia che non conosceva, ed i due integrarono le informazioni dell’uno e dell’altro, traendo alcune supposizioni e probabilità.

“Posso fare altro per voi?”
“Salvate Alisea. Credo che ora partirò per andare verso ovest. Mi potrete trovare all’emporio, ma nel caso dovessi cercarvi io? Non so di dove siete, dove posso trovarvi?”

Garret sorrise.
“Vi cercherò io.”
“Comunicherò con voi in codice allora.”

I due si accordarono, e infine, dopo una lunga conversazione, si salutarono, ognuno, per il momento, seguendo la sua via.

Quel giorno, cosa più importante, Aelthas fornì a Garret un’ ultima, pericolosa, speranza.


***************************


Infine giunse il momento.
Il lungo viaggio verso Waterdeep aveva stancato entrambi, e questo era un bene, per quello che Garret aveva in mente.
Dopo un giro della città, per sbrigare alcune commissioni, i due presero una stanza all’ Eccellente Maelstrom, dove decisero di riposare.

Lei era pallida, come da troppo tempo oramai, e fredda, non solo al tocco. Il mezz’elfo sapeva che stava per avvicinarsi quel momento, e fece fatica a rimanere calmo e rilassato. Sapeva che quello che stava per fare avrebbe potuto cambiare tutto.

Le strade di sotto erano quasi deserte; il sole era calato da tempo oramai, e pochi si aggiravano per le vie principali della Splendente. Una quiete permeava l’intera stanza; un silenzio che ben presto era destinato a rompersi.
Garret si avvicinò ad Alisea, sul bordo del letto, e sedette a fianco a lei; delicatamente la fece stendere sul suo grembo, accarezzandole dolcemente il viso ed i capelli. Nemmeno in quel frangente, in quei momenti così difficili, riuscì a fare a meno di notare la sua bellezza.
Per qualche istante rimase lì, a guardarla, mentre le carezzava piano il volto; pareva quasi attendesse qualcosa, un’ ultima possibilità, o che forse quel incubo terminasse.

“Sei stanca?”

Alisea annuì.

“Ho qualcosa, per te…”

Garret estrasse una boccetta, contenente un liquido rosso scuro, e l’offrì alla sua innamorata.

“Sai che non devi farti del male per me.”

“Sai che farei di tutto per te.”

Un lieve sorriso, e Alisea trangugiò la boccetta.

Il cuore di Garret prese a battere più forte, quando raggiunse con la mano, l’altra boccetta.
Sapeva che quel che stava per fare era orribile; sapeva che stava ingannando il suo amore, che stava approfittando della sua fiducia. Ma sapeva che non poteva fare altro.

“Ne ho ancora se vuoi..."

Il giovane stappò la fiala, Alisea socchiuse gli occhi.

“Ti amo…”

Avvicinò lentamente la fiala alla sua bocca, qualche lacrima già si affrettava ad uscire, dai suoi grandi occhi.

“…perdonami.”
 
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Adry_
view post Posted on 15/10/2007, 19:13




“Aaaaaaaaahhhh!!!”
Il pugno colpì con violenza la parete, provocando del dolore al mezz’elfo.
Lo avrebbe sentito?
Troppe lacrime solcavano il suo volto, stanco e provato, disperato.
Quanto aveva pianto? Quanto era rimasto lì, a terra? Troppo. O troppo poco. I denti serrati, gli occhi chiusi, i vestiti sporchi di vomito; qualche secondo ancora lì, alla parete, poi crollò di nuovo, in lacrime.

Si lasciò cadere sul pavimento, al primo piano di quella stramaledetta locanda di Waterdeep.
Rivedeva ancora quelle immagini, quegli istanti, ora difficili da collocare, da capire.
Il liquido nella sua gola, lei che vomita, che lo allontana. Un tentativo di avvicinarsi, due, la paura di perderla per sempre, la rabbia, l’odio, l’incredulità, la disperazione, delle urla strazianti.
Il suo volto.

***************

Probabilmente l’avrebbe voluto uccidere…perché non l’ha fatto? Sarebbe stato tutto così…semplice, rapido. Sarebbe tutto finito.
Le immagini presero a crollare; le immagini di lui, di lei, incastrate a perfezione, come tanti tasselli che formano un immensa cupola con, al centro, uno spazio da colmare. Caddero su di lui, si frantumarono, lo ferirono, lo tagliarono; il pavimento sotto di lui perse consistenza, collassò; immagini che precipitano, taglienti frammenti di qualcosa che era stato costruito, a fatica.

Una lunga caduta, il vuoto, il buio pareva attenderlo, aspettarlo, assieme a tutti quei pezzi che in pochi istanti si erano sgretolati. Le acque dell’Ashaba, così invitanti.
L’oblio.

Il tentativo di aggrapparsi a qualcosa, a uno di quei frammenti, ad una speranza. La presa fortuita, la mano sanguinante stretta a qualcosa, sul ciglio di quella caduta interrotta.
Una mano che lo aiuta a salire, a fatica; un uomo elegante, dai capelli rossi. Non pare ostile.
Un passo, un solo passo e la caduta sarebbe ripresa per poi, finalmente, terminare per sempre. Ma quell’uomo aveva qualcosa per lui.

Di nuovo? E’ possibile che avrebbe trovato la forza e il coraggio per aggrapparsi così all’ennesima falsa, tentatrice, inutile, speranza? Sarebbe stato così sciocco, così ingenuo da cadere di nuovo in quella trappola da lui stesso preparata?
Sì.
 
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Adry_
view post Posted on 19/10/2007, 12:45




La città fremeva come non mai.
Dalla finestra di una stanza del Cadavere Ardente, Garret osservava le guardie prepararsi per l’imminente scontro, ed arruolare chiunque si aggirasse per le strade di Zhentil Keep.
Come gli aveva detto Velkar, l’esercito era in arrivo; una tremenda orda di non morti si sarebbe abbattuta sulla Nera Città, con creature di ogni sorta, perfidi artigli ossei avrebbero strappato la vita a molti uomini quel giorno.
E la in mezzo, da qualche parte, c’era anche Alisea.

La tensione nell’aria era evidente, la notte era giunta da tempo oramai, e la pioggia aveva preso a battere sulle nere armature.
Abilmente camuffato e reso invisibile da una magia minore, Garret rimase per qualche tempo nei pressi delle mura, osservando i plotoni di Zhentil che ivi si radunavano. Abili comandanti gridavano i loro ordini, centinaia tra soldati e volontari erano pronti a dare la vita per la Nera Città.
Riconobbe alcune persone, tra la folla, di Zhentil Keep e non, ma rimanere lì sarebbe stato troppo pericoloso: doveva continuamente evitare di essere percepito o sentito, correre il rischio di essere arruolato, e tra poco si sarebbe trovato tra due fuochi. Abbandonò la Città, incamminandosi verso nord, percorrendo la fangosa strada che costeggiava le montagne. Zhentil Keep avrebbe dovuto superare una difficile prova, quel giorno.



La voce era fredda, autoritaria, non pareva umana.
“Voltati!”

Garret si voltò lentamente, e fece appello ad ogni sua forza per rimanere in piedi: Clatus era davanti a lui, un oscura figura ammantata armata di falce, l’incarnazione della morte e della paura; tre figure erano dietro di lui: Alaric, Lara ed Alisea.
“Tu conosci il mio potere, e non è casuale che tu sia qui. Non giocare con me, non ne ho il tempo; hai già tentato di contrastarmi una volta, io leggo in te come in un libro aperto!”

Garret abbassò lo sguardo. Tremava di terrore, sapeva che sarebbe morto; la voce di quella creatura trasmetteva orrore ad ogni sillaba. Avrebbe voluto gridargli la sua rabbia, il suo odio, il disprezzo che provava verso quella creatura. Quel mostro che aveva portato via il suo amore.
“A pochi ho dato questo privilegio e questa scelta: spiegami perché sei qui, o muori per mano di…tu sai di chi.”

“Sto lasciando la Nera Città…io…mi sono travestito e reso invisibile per andarmene…”
Deglutì vistosamente.

“E sia. Hai scelto la fuga rinunciando a tutto; sarai accontentato.”

Clatus tornò a cavalcare verso Zhentil Keep, seguito dai tre.
“Egli è solo un pezzo di passato oramai perso per sempre.”


Il mezz’elfo si rannicchiò tra le rocce, poco distante da quell’incontro, ancora impaurito e incredulo, per essere ancora vivo. Si sentiva un verme, un codardo, una creatura patetica; poteva però ancora camminare tra i vivi.
Più tardi i rumori della battaglia esplosero, li poteva sentire da quel suo nascondiglio, ma non poteva vedere. Chissà quali orrori si stavano ora abbattendo sulle mura…chissà quanti soldati stavano cadendo, quali magie e incanti erano in atto, in quello scontro che verrà ricordato per molto tempo. Vide passare orde di non morti, vide un uomo morire poco più in là; si arrampicò un po’ verso una sporgenza rocciosa, al sicuro.
La sua mente gli diceva di andare via, di fuggire; era già stato graziato, gli sarebbe bastato rimettersi in cammino per andarsene da quel luogo di morte.
Tornare indietro sarebbe stato solo da sciocchi.


Lasciato quello stupido travestimento, resosi nuovamente invisibile, Garret tornò sui suoi passi.
Riuscì a sgattaiolare in mezzo ad alcune creature non morte appena fuori dalla città, ai margini dei boschi, e raggiunse la strada proprio di fronte ai cancelli. Lì vide Alisea, Nomad, Alek e Ariel.
La sacerdotessa era palesemente ferita, si teneva in piedi a fatica, sorretta dalla sua spada; gli altri tre corvi erano provati, e non sembrava avessero di certo un atteggiamento amichevole nei suoi confronti.
Alle loro spalle, Zhentil era colma di corpi e grida, sangue e morte; colonne di fumo si alzavano qua e la, la città era in subbuglio.

Nomad e Ariel tornarono verso la città a cercare Lara, mentre Alisea e Alek si fronteggiavano, armi alla mano, pronti a combattere. Parlarono per un po’, lei non pareva minimamente intenzionata ad arrendersi; le parole del suo amico erano inutili, come lo era stato tutto.

“Sono stata tradita da tutti quelli che mi vogliono bene, incluso Garret!”
La ragazza desiderava continuare a combattere, continuare ad assalire Zhentil Keep. Era il suo compito, il compito affidatogli da Clatus.
“Questa non è la tua guerra, Alisea!”

Con la forza Alek riuscì a sottrarre il simbolo sacro alla ragazza; prontamente Garret si mise alle sue spalle e, dopo averlo assicurato della sua presenza, si fece passare l’oggetto, mettendolo al sicuro.
Il Corvo poco dopo la colpì con forza, facendola svenire. Nel frattempo Nomad e Ariel fecero ritorno, Alek si caricò Alisea e partirono verso nord. Alcune creature non morte erano ancora presenti sulla strada; Garret tornò visibile e prese Alisea, priva di sensi, in braccio, permettendo così ad Alek di combattere a fianco dei compagni. Stremati, si stavano allontanando da quella città, da quella guerra, avanzando in quella strada fangosa, sotto la pioggia. Non importava dove, bastava andare via.
Qualcosa però sarebbe dovuto accadere, altrimenti Alisea avrebbe ripreso i sensi, e tutto sarebbe ricominciato, ancora una volta. Quell’incubo però, stava per giungere alla sua fine.

Clatus comparve all’improvviso, in una nube, sbarrando loro la strada. Lo scrittore non fece in tempo a rendersi conto delle cose che accadevano attorno a lui che un uomo, dai lunghi capelli biondi, armato di una nera mazza, si scagliò contro la terribile creatura non morta.
Lo scontro era incredibile, lì, poco a nord delle mura di Zhentil Keep.
Il gruppo si allontanò dai due combattenti, portandosi al sicuro qualche passo più in là.
Dopo una battaglia durissima, con potenti scontri d’armi e di magia, Clatus infine scomparve. L’uomo, che si rivelò essere Fzoul Chembryl, si avvicinò a loro. Si poteva percepire il suo potere.
Alisea, che piano stava riprendendo conoscenza, estrasse un kryss, che però le cadde a terra. Era davvero sfinita.

“Non tornerà per un bel po’ di tempo. Mettila giù.”

Garret guardò Alisea, poi i compagni.

“METTILA GIU’, SE VUOI SALVARLA!”

Garret posò la sua amata a terra.

Fzoul evocò il potere del suo dio, del Tiranno, stringendo la testa di Alisea tra le mani. Alcune lacrime iniziarono a riempire i grandi occhi di Garret, mentre rimaneva lì, al suo fianco.

“Ringrazia Bane, ragazza.”
L’Eletto si rialzò e, assieme a Ariel e Alek, tornarono in città, per cercare Lara.

“Perdonami…”
Furono le prime parole pronunciate da Alisea, che stava riprendendo colore a vista d’occhio. Stremata, ferita, era lì, sotto la pioggia, sostenuta da Garret; pareva che piano comprendesse ciò che era accaduto. Sapeva che la ragazza, in quel momento, stava soffrendo come non mai; non poteva biasimarla, aveva spezzato molte vite senza pensarci troppo, aveva fatto del male alle persone che le volevano bene e che l’amavano. E che ancora l’amano.

“Forse non ci sono parole per descrivere l’amore, è un concetto fine a se stesso; amare significa amare e non c’è modo più bello o più completo di spiegarlo…”
Il bardo non sapeva perché aveva recitato quelle parole, l’ultima frase di un libro scritto tempo addietro da Alisea, che lui non avrebbe mai dimenticato. Ma non importava.
Trovò la forza di sorridere, l’abbracciò, ed entrambi scoppiarono in un pianto liberatorio.

Fece ritorno anche Lara, curata anch’ella dal potere di Fzoul e tutti si incamminarono per abbandonare quella città.
Ancora sembrava non crederci, ancora pareva tutto così strano e confuso…quanto tempo era passato, quante speranze erano rimaste? Credeva d’averla perduta per sempre, credeva che non l’avrebbe mai più rivista, mai più abbracciata. Non avrebbe mai dimenticato ciò che era accaduto, quanto aveva sofferto, ciò che aveva visto.


“Perdonami per quello che ho fatto…”


“Ti amo.”
 
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Cloud83
view post Posted on 20/10/2007, 11:52




Il tempo era infine tornato ad avere un significato, e quei giorni le sembravano non finire mai.
Dal giorno della battaglia a Zhentil Keep, Alisea era rimasta nei pressi delle Valli in compagnia di Garret. Si era allontanata solo per andare a parlare e scusarsi con Velkar e Darkivaron, erano entrambi sopravvissuti anche se dal tono del guerriero poteva evincere che quella dei giorni precedenti non era stata completamente una vittoria per loro.
Tanti dubbi prendevano forma nella testa di Alisea. Non era stata capace di proteggere Lara, ne' i Corvi da se' stessa. Ed in tutto cio' la Dea non aveva smesso di favorirla, non riusciva a spiegarsi il perche'.


"Quella non eri tu"

Era vero, quella che aveva combattuto a Zhentil Keep non era lei, ma era altresi' innegabile che era una parte di lei. La parte piu' violenta, rancorosa e malvagia che Clatus era riuscito ad esaltare mettendo a tacere tutto cio' che normalmente la limitava.

"Cosa faremmo senza la nostra Alisea?"

Il futuro era incerto. Alisea aveva appreso da Darkivaron la punizione inflitta dall'Eletto di Bane ad Alaric, e sapeva che anche a lei sarebbe presto toccato qualcosa di simile. Il clero non avrebbe accettato l'accaduto come l'avevano fatto i suoi compagni dei Corvi, di questo era ben conscia.

Decise di limitarsi a vivere quei giorni in quella felicita' che i mesi scorsi non era stata in grado di provare, senza essere di peso a nessuno di coloro che le stavano vicino.

Una pergamena rimaneva stesa sulla scrivania della stanza della locanda, sempre bianca e immacolata. Voleva scrivere ad Awenn, ma le parole non riuscivano a prendere forma sulla carta. Forse era anche la cosa migliore per entrambe.
 
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Cloud83
view post Posted on 23/10/2007, 23:28




Un diario... guardandolo Alisea ricordava un po' quando aveva smesso di tenere l'ultimo, un anno prima. Sembrava passato cosi' tanto tempo, e tante cose erano cambiate. Era cambiata anche lei, soprattutto in quei due mesi. Non sapeva bene in cosa, ma si sentiva diversa. Forse, come aveva detto Garret, solo il tempo avrebbe riportato tutto alla normalita', anche se era difficile capire se era quello che lei volesse realmente.

Ora Alisea si trovava di fronte a una scelta obbligata, e per la prima volta non le dispiaceva poi cosi' tanto. Quello che la preoccupava erano i retroscena di quegli ordini, le possibili trappole annidate dietro ad essi ed il modo d'agire di Vineliah... Le nascondeva qualcosa, come era ovvio immaginare. Era stato tutto troppo facile...

Si mise in viaggio verso Shadowdale dopo l'incontro con l'alta sacerdotessa che un tempo era stata il suo punto di riferimento. Li' trovo' Alaric e riusci' a parlare un po' con lui ed esprimergli la volonta' di stargli vicino per aiutarlo.

Poi scese Elohim e le venne vicino. Parlarono a lungo, Alisea ancora non era certa di potersi fidare di lei ma di certo era quella con cui poteva discorrere piu' liberamente.
Resto' un altro po' a guardare il fuoco quand la cartomante sali', ripensando all'incontro con Vineliah e cercando significati nascosti nelle sue parole e messaggi celati nelle sue espressioni. Non riusci' a scovarne, alla fine decise di riposare un po' e non pensarci troppo, ora poteva davvero tornare a vivere anche se avrebbe dovuto mantenere la guardia ben piu' alta di prima.
 
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Cloud83
view post Posted on 25/10/2007, 10:05




Anche la terza punizione era arrivata, e per il momento era quella forse piu' pesante da sopportare. Voleva ribattere a Nomad quando gliela comunico', voleva dirglielo che se avessero combattuto anche loro sarebbero diventati tutti cio' che era diventata lei... Voleva dirgli che non avrebbe potuto, ne' soprattutto voluto, sottrarsi a quell'incontro. Ma si era ripromessa di accettare tacitamente qualunque decisione senza opporsi. La cosa che le faceva piu' male era la consapevolezza che sarebbe successo ancora, loro non potevano combattere sempre al suo fianco...
Alisea si lascio' alle spalle il campo dei Corvi diretta non sapeva nemmeno bene dove. Dentro di se' sapeva cosa cercava, ma non voleva ammetterlo.

Giunse a Waterdeep, e inizio' a girare per le locande cercando un lavoro o qualsiasi cosa che le permettesse di far esplodere il suo potere. Sapeva che non era realmente cio' che stava cercando, ma pensava l'avrebbe aiutata a sentirsi un po' meglio.
Un uomo le si presento' davanti a lei come accompagnatore, nel caso in cui si fosse sentita sola. Il suo biglietto riportava il nome Mardian.
Senti' di nuovo quell'odio con cui aveva convissuto nei due mesi precedenti, senti' di nuovo quella parte di lei emergere a forza... Quella parte che l'aveva condotta a combattere contro i suoi stessi amici.
Rispose in malo modo a quell'uomo, torno' indietro... lo minaccio' di denuncia, lo sfido' a duello...


"Cosa sto facendo?"

Una mezzelfa che era con lui inizio' a cercare di convincerla a lasciar correre, Alisea le rispose sommariamente cercando al tempo stesso di annegare tutto quell'odio che sentiva dentro di se', e quando torno' attenta sul discorso la ragazza stava chiamando Mardian affinche' porgesse le sue scuse. Alisea non aveva ascoltato appieno il discorso di poco prima e stava solo sentendo le scuse dell'uomo. Non aveva neanche intenzione di capire se fossero sincere o una presa in giro, non aveva importanza... In quel momento tutto cio' che desiderava era restare sola, non avrebbe mai dovuto entrare in citta'.

Riprese il cammino per le Valli, si sarebbe fermata li' per un po'.
 
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10 replies since 12/6/2007, 18:46   434 views
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