Faerûn's Legends

Ombre dalla foresta.

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Hextar
view post Posted on 27/6/2007, 14:33 by: Hextar




Tornando verso Zhentil attraversò la baronia delle Terre di Pietra, le attraversò in silenzio e a denti stretti, ancora ferito dal duello, riflettendo sulle parole di Clatus.
Prima che lui stesso facesse erigere quelle mura, ora in mano al Cormyr, quanti grandi uomini camminarono per quelle stesse strade?
Da ancor prima del 1100 si immaginava studiosi, teologi e sacerdoti, seduti intorno a un tavolo, domandarsi come potevano uomini mortali ormai scomparsi piegare il destino dell'Abel-Toril sotto il loro volere, come fosse un sottile filo di acciaio.
Cosa avevano in comune i condottieri di ogni luogo e di ogni tempo?
Anche quando ormai aveva superato la baronia poteva quasi udire, appena percettibile, il mormorio concitato di quegli spettri del passato seduti attorno al tavolo. La fede, il coraggio, la determinazione, i giusti valori, questo era l'eterno pozzo da cui avevano attinto i grandi uomini.
Poi vide uno di quegli spettri alzarsi, aveva il macabro aspetto autoritario di Clatus, tutti gli altri in silenzio si limitarono a fissarlo.

"L'odio" disse.

Alaric annuì, era l'odio, l'odio insegnava a rialzarsi dopo ogni sconfitta, a vendicarsi, insegnava come riprendere a respirare, la vendetta alimentava la rabbia e la rabbia diventava forza.
L'odio dava il vigore di guidare eserciti, di infiammare animi.
Un uomo che parla con odio è sicuro di parlare ad ogni anima, poichè non tutte le anime hanno fede, hanno coraggio o virtù, ma sin dalla nascita del Toril tutte le anime sanno odiare.
Ed ecco che sembrava tutto ricollegarsi, sconfitto ancora una volta dal potere di Torm provava odio con tutto se stesso. Ogni boccata d'aria era più amara della precedente, ma quel sapore sempre più aspro lo istigava a proseguire, in quel momento, si accorse di essere ancora più simile a Ser Clatus di quanto immaginasse. Si accorse che per due secoli il cavaliere non morto aveva respirato la stessa aria, in cerca di un araldo.

E così, avevano fatto un patto, un patto alla quale dama Nei aveva avuto la sfortuna, o la fortuna, di assistere, ed ora ne restava legata, con un pugnale a mezz'aria che le avrebbe minacciato il petto per i successivi giorni a venire.
Un patto macabro, il cui solo pensiero avrebbe fatto rabbrividire molti uomini.
Portava con se il pegno maledetto di quest'alleanza, un fardello che lo identificava come araldo.

Tornò a Zhentil da solo, aveva troppi pensiero, e pregò Bane di concedergli un sonno senza sogni, il riposo più ambito dai guerrieri. Ma così non fu.

Quando chiuse gli occhi si riconobbe sopra il bastione delle terre di pietra, dal quale svettavano neri vessilli.
Osservava i volti presenti, sembravano volti di uomini vissuti troppi anni fa per averli conosciuti, ma vestivano come zhentilar.
"Generale, mio generale"
Fu uno di loro a parlare, Alaric si voltò appena per fissarlo.
"Zhentil ha deciso di inviarci rinforzi, un esercito nero sta arrivando per rinfoltire le nostre armate."
In quello stesso sogno si riconobbe smarrito, passato e futuro sembravano mischiarsi senza che gli dei gli concedessero un filo logico.
Decise di avvicinarsi alle mura del bastione, per osservare in lontananza neri vessilli che si avvicinavano, guidati da due figure a cavallo.
"Siamo pronti per omaggiare il Cormyr come i guerrieri che siamo."
Le parole uscirono quasi spontaneamente dalla bocca del guerriero, ma senza vigore alcuno, come se l'esito di quella battaglia si trascinasse incerto da troppo tempo, poi proseguì.
"Chi comanda i rinforzi?"
"Il capitano Imoden, mio generale."
"Vi sono sacerdoti?"
"Si mio signore, capeggiati da dama Alyssa Elmwood."

In quel momento il sogno volle che l'esercito apparisse piu' vicino di quanto avrebbe mai potuto percorrere in pochi secondi, in prima fila riconobbe le figure al comando. I capelli del rosso capitano, molto simili a quelli della sacerdotessa, che attendeva al suo fianco.
Si svegliò di soprassalto, nel sogno come nella realtà si ritrovo come per istinto con l'elsa stretta nella mano destra.

Avrebbe atteso vigile fino all'alba, pensando a chi sarebbero stati i nemici fuori dalla città nera.
 
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