Quando abitavo a Bryn Shander sognavo continuamente di tenere un diario… Difficile avere qualcosa da scrivere quando non ti capita niente, difficile trovare qualcosa di interessante nei biechi (e bianchi, tutto era bianco) commerci che si compivano ad ogni angolo di quello snodo commerciale della Valle del Vento Gelido, difficile scrivere del poco pesce che aveva ricevuto quella settimana il vecchio Notch, o di come le acque ghiacciate del lago si erano prese la vita del vecchio Brett (possibile fossero tutti ‘’vecchi’’ in quella città?) mentre tentava di strappare le ossa a qualche trota da rivendere a Targos. Beh, in effetti non sarebbe stato così difficile, se perfino ora ne sto scrivendo, a distanza di quasi vent'anni.
Ma forse oggi ho qualcosa di maggiore importanza da scrivere su questo diario...
Chissà chi fu il primo contadino a capire che la terra avesse bisogno di essere rivoltata perchè potessero crescere rigogliosi i suoi preziosi doni. Beh, forse fu la Grande Madre stessa, ma a chi trasmise per prima le sue conoscenze? Non è mi dato saperlo, va da sè.
Il druido di Easthaven diceva che ognuno serve la Grande Madre a suo modo, che tra la fedi del Faerun è la più antica e la più individualistica che vi sia.
Non ho mai capito quel che significassero quelle parole. Sapevo che la Dea esistesse fin dai primordi del Toril, ma per il resto pensavo che il druido volesse solo difendere la sua posizione nei confronti della Chiesa organizzata, visto che spesso si trovavano in disaccordo su come amministrare le culture e le tempistiche della semina. Onestamente, non ci ho mai capito tanto. Ho imparato a conoscere tutti quei termini e tutte quelle tecniche di contadini ed agricoltori dal momento in cui ho giurato di fronte alla Dea di proteggerli. Solo allora, lavorando con loro nei campi, ho imparato il lato pratico e le difficoltà di quella vita.
Solo oggi capisco che cosa significassero le parole di quel druido. Sto tutt'ora cercando la mia fede, la mia individualità, il modo più giusto per servire e proteggere la magia della Natura e dei suoi doni. Chissà, forse il mio modo è sbagliato. Forse non ho davvero compreso cosa significhi servire la Dea, e sarò punita per questo. Ma non ho paura, non intendo fermarmi, non intendo sviare da quella che è la Mia strada per servire la Dea. Non intendo abbandonare l'intento di servire con tutta me stessa la Grande Madre. La mia Dea ha diversi nomi a seconda delle genti del Faerun che la pregano, e così anche tanti modi per servirla.
Baldur's Gate, la Città dei Duchi. Da diversi anni è anche la mia città. Sembra strano anche a me. Molti dei sacerdoti e druidi della Dea che ho conosciuto preferivano servire piccole comunità, piccoli villaggi, concentrandosi attorno alle zone rurali, ai campi. Nemmeno io pensavo sarei finita per diventare una cittadina, ma è quello che sono. In questa regione piove spesso, le coltivazioni sono rigogliose, e il sistema idraulico cittadino è abbastanza efficiente. Ma non abbastanza da evitare l'odore di muschio e di muffa in certi edifici. Le strade sono talmente scivolose che a volte è necessario buttare paglia e ghiaia per evitare che qualcuno si rompa la testa! Nei miei primi giorni da recluta ho fatto anche questo, e sembrava quasi di esser tornata nei campi! Ma ne parlerò più avanti...
Anche qui onorano la Dea in diversi modi. Molte aree cittadine sono adornate da splendidi fiori, e danno molta importanza ad alcune festività legate al raccolto e all'abbondanza.
Inutile dire che i campi coltivati e le zone più lontane dal caos urbano siano le mie favorite, ma è facile piantare un seme dove il terreno è pronto ad accoglierlo; molto più difficile farlo laddove il seme deve lottare duramente prima di poter nascere. E solo allora sarà forte e rigoglioso.
Alcuni membri del clero dicono che la Grande Madre abbia lasciato la Natura nelle sue forme più selvagge ai domini di Silvanus e che il suo amore per gli uomini la portò a fargli dono dell'agricoltura per permettergli di vivere in comunità organizzate. Altri dicono invece che tutto ciò causerà dei danni irreparabili alla Natura stessa e al suo ciclo. Non so nemmeno io cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, ma mi sento più vicina alla prima interpretazione.
La Grande Madre è per me esattamente ciò che dice il nome. La maternità, la femminilità, la fertilità. Questi sono gli aspetti che sento più vivi nel mio credo divino. E di questo ha soprattutto bisogno anche una grande metropoli come Baldur's Gate.
Evita il fuoco, dicono i Dogmi. La Dea mi perdonerà se mi sono unita al Pugno Fiammante. Mi rendo conto che non è esattamente il nome più adatto per una sua devota. Ma sentivo in qualche modo di dover fare qualcosa, di dover proteggere questa città, i suoi abitanti, non solo i suoi contadini ed i suoi agricoltori, non solo le sue piante, i suoi alberi ed i suoi campi. Questo sentimento di protezione e di maternità mi ha spinto più di tutto ad arruolarmi. Oltre, ovviamente, allo spirito d'avventura. La Grande Madre significa anche per me Vita, e mai mi sento così viva come quando posso partire all'avventura, finanche al servizio di un gruppo mercenario e di una grande città. So già che i miei giorni non saranno facili. Cerco sempre di piantare un seme non appena smonto dal turno, di donare qualcosa, di controllare che la Natura possa trovare spazio anche all'interno di una Città, e che sia rispettata. Da taluni sono viste come eterne opposte, ma io credo si possa trovare sempre un punto d'unione, di comunione, così come le comunità agricole si ritrovano a festeggiare per un raccolto abbondante. Anche una metropoli potrebbe imparare qualcosa dal rispetto della vita in questo senso.
Quest'oggi ho svolto servizio presso un'aula di tribunale. Anche all'interno di quelle sale di giustizia erano presenti dei vasi, dei fiori, delle piantine. Anche chiusa dentro la mia armatura, ad intimare silenzio agli imputati, potevo sentire come la Vita facesse il suo corso inevitabile, come la Grande Madre amministrasse il ciclo di rinascita e di rinnovamento. Quel che devo alla terra, agli animali, al bene, alle piante, lo sconterò soprattutto qui, in questa città, in questo esercito. Ma che ogni pena scontata sia un fiore che nasce, un cucciolo allattato, una piantina innaffiata, finanche dentro queste mura, finanche dentro il baule ai piedi della mia branda in caserma.
Ecco, forse quel piccolo vaso in fondo al baule sono proprio io. Al fiore che nasce nella palude, l'universo intero non può impedire di schiudersi.
E' ancora più ironico, per tornare all'inizio di questa pagina, pensare che tutto ciò sia il rifiuto per la Valle del Vento Gelido da cui me ne sono andata. A volte mi sembra ancora di avere il gelo nelle ossa. Ricordo la prima volta che vidi in che modo la natura potesse crescere quando non osteggiata ed oltraggiata dai venti ghiacciati e dai ghiacciai stessi. Ma ancor meglio ricordo l'oro dei campi e quella Via del Grano che sembrava non finire mai all'orizzonte; un monumento a ciò che la Dea aveva donato per far sì che venisse coltivato. Il senso di servirLa è oggi più che mai in questo mio percorso personale e individuale.