Suzail, 04 Kythorn 1387 "E sulla vesti, Sirior?" Chiese il suo mentore, interrogandolo come usava fare per farlo crescere. Se mai esistesse un luogo simbolo dello sfarzo del cormyreani, questo sarebbe sicuramente il Lungomare di Suzail, nel giorno della Festa della Spada. Esso viene percorso da sfilate a cavallo, con i cavalieri che sfoggiano la miglior armatura prodotta da quel o quell'altro negozio, lanciandosi in corse a perdifiato per la città, tra applausi e grida di giubilo. "E' una corsa disperata, per carpire centralità, attenzione, apprezzamento" rispose il giovane sacerdote, nel suo saio color cenere che era l'unica veste che era solito usare. Intorno a loro la moda della grande città si mostrava in tutto il suo splendore: i nobili si distinguevano con mezzi mantelli, camicie o corpetti a maniche lunghe, sottili gioielli e maschere decorate, mentre altri erano agghindati come baldanzosi avventurieri, pur non avendo mai brandito una spada in vita loro. "Negli abiti si cerca di affermare chi si è, o chi si vorrebbe essere - aggiunse - come un secondo guscio, un secondo corpo che però si può definire in maniera più precisa, seppur illusoria. Solo l'anima permane." finì il giovane chierico, con la mani dietro la schiena. Al suo fianco passò un uomo, con un saio simile al suo ma perfettamente pulito e profumato, e una finta mazza da combattimento, a fingere di essere un sacerdote da battaglia austero e determinato. "Domandati allora chi vuoi essere, e chi sei, figliolo." chiosò il suo mentore, con tono quasi affettuoso. "Sia lode a Kelemvor." rispose il Sirior. "Sia lode a Kelemvor." rispose l'anziano sacerdote.
Santuario di Kelemvor a Baldur's Gate, oggi
Come ogni mattino, all'aurora, il giovane sacerdote si alzò. Il sonno se n'era andato senza scossoni, docilmente, e la prima luce dell'alba entrava calda dalla finestra. Il suo fascio cadeva esattamente sul baule delle vesti sacerdotali, che lui stesso aveva messo in ordine poco dopo il suo arrivo nella città dei Duchi. "Prendi pure tutto ciò che ti abbisogna" gli aveva detto Padre Martin, con la sua voce accogliente ma fugace, di chi ha milioni di immagini e milioni ricordi che scorrono di fronte ai suoi occhi. Sirior prese il suo saio di lana, umile ma intatto, uguale a tutti gli altri sai, che aveva tinto color cenere e ripeté tra se le parole del suo mentore. "Domandati chi vuoi essere" disse a se stesso, sottovoce. Anche quell'umile veste, a quel punto, gli sembrò sfarzosa. Gli sembrò qualcosa di troppo vivo, per quel che sentiva. Lo accompagnava da un tempo determinato, il tempo della sua vita. La sua anima, invece, si stava estendendo, sempre più verso uno spazio senza il tempo, senza la materia, eterno. Sapeva bene che quel momento sarebbe arrivato, quando Kelemvor lo avesse deciso. Aprì dunque il baule e ne tirò fuori una vecchia casula, senza colore, sfilacciata, dalla forma totalmente indefinita. La indossò con calma, per la serietà e il pudore che si conviene ad un Chierico di Kelemvor. Prese i poveri calzari, usurati ma ancora utilizzabili, e tornò giù, nella strada verso il porto, a cercar qualcuno bisognoso di accompagnamento verso il Sentiero Finale. "Domandati chi sei." ripeté a se stesso, sottovoce. Edited by Deathshine - 22/6/2021, 21:18
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