Faerûn's Legends

Raylene e il corvo

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view post Posted on 4/8/2018, 18:16
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"Bentornato, bello! Tieni!" disse Raylene sulla terrazza panoramica della torre dell'Ordine Vigile, mentre, accovacciata con atteggiamento innocuo, lanciava delicatamente dei semi di girasole ad un grosso corvo nero appena atterrato. Erano circa due settimane che ripeteva con pazienza quel rituale, da quando l'aveva visto per la prima volta mentre era salita a osservare il cielo ed aveva avuto una folgorazione. Diversi uccelli si fermavano spesso in quel luogo elevato, ma quel pennuto nero l'aveva colpita per motivi che non sapeva spiegare: forse ne percepiva una fierezza diversa rispetto ai suoi simili? O era l'impressione che fosse più intelligente e meno timoroso degli altri della sua specie? Fatto sta che aveva subito deciso, quel corvo sarebbe stato il suo famiglio. Del resto stava studiando da parecchio tempo il rituale necessario, affascinata da una lezione sull'argomento tenuta da uno dei maestri dell'Ordine. Recentemente era stata promossa ad Adepto e l'accesso alla sezione ristretta della biblioteca che ne conseguiva non poteva giungere più a proposito: con la consueta tenacia e pazienza aveva fatto le ore piccole tra scaffali e volumi per molti giorni ed aveva appreso tutto ciò che le serviva, dai dettagli dell'incanto alla lista dei reagenti necessari. Aveva poi chiesto a Venizhar, la persona dell'Ordine che l'aveva più seguita e incoraggiata dai suoi esordi, di assisterla nel rito quando sarebbe stato il momento e lui aveva accettato con un sorriso. Non le restava che ottenere un animale adatto, e quel corvo, continuava a pensare, era proprio perfetto. C'era ancora da sbrigare la questione dei reagenti, ma a quella avrebbe pensato una volta vinta la sempre più vacillante diffidenza del pennuto.

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view post Posted on 24/9/2018, 11:43
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Per diverse settimane Raylene aveva ripetuto la medesima routine, trascorrendo almeno un'ora al giorno sulla terrazza con quel corvo ed infine l'animale aveva iniziato a mostrare una certa fiducia nei suoi confronti. Si lasciava accarezzare, si posava sul suo braccio e prendeva i semi direttamente dalle sue mani. A quel punto, se avesse voluto, sarebbe senz'altro riuscita a metterlo in una gabbia e portarlo con sé. Ma Raylene non sopportava l'idea di rinchiuderlo, le sembrava di snaturarlo e quasi di tradire un rispetto duramente guadagnato, fosse anche stato per il poco tempo che mancava al rituale. Si era ripromessa di instaurare col suo futuro famiglio un rapporto di fiducia, ancor prima che il loro legame fosse rafforzato e suggellato dalla magia. Per questo non si accontentò di quel risultato, ma passò ancora giorni e giorni a insegnare al pennuto a posarsi sulla sua spalla e muoversi con lei, a seguirla anche in volo, con la tenacia e la testardaggine che le erano proprie, finché "Alastair" -così l'aveva battezzato- fu in grado di imparare a trovarla alla finestra della sua dimora esattamente come faceva alla torre, e gli approntò un trespolo nel suo studio sul quale talvolta si posava serenamente.

Era tempo di organizzare il rituale. Aveva appreso dalle sue ricerche che esistevano diversi modi di legare a sé un animale e renderlo un famiglio, ma quello che aveva trovato più interessante prevedeva l'impiego di un reagente dalle forti proprietà arcane che fosse appropriato alla natura della creatura scelta. Nella sezione ristretta aveva letto di una leggendaria piuma di Roc di Zakhara, una reliquia portata in Faerun nell'antichità da certi antenati del popolo Calishita e custodita in una specie di santuario; con pazienza e dedizione, proseguendo le ricerche presso Candlekeep, ne aveva più o meno tracciato la probabile posizione presso delle rovine non troppo lontano da Calimport. Speranzosa, aveva organizzato una spedizione, reclutando due compagni d'eccezione che le garantivano sicuramente un'ottima scorta: la Sentinella Venizhar Kralizec, colui che l'aveva accolta nell'Ordine Vigile e che sempre più vedeva come un mentore; e Bazel Doch, quel nano burbero ma sempre bendisposto a dare una mano che spesso si serviva al suo negozio e che già aveva accompagnato in alcune scorribande. Non restava che partire.

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Edited by Lucipixx - 23/3/2019, 18:36

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Alastair nello studio di Raylene

 
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view post Posted on 24/3/2019, 12:38
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Raylene era stesa sul letto di casa, ancora dolorante. Aveva appena cambiato le fasciature al braccio e al fianco destro, che grazie agli unguenti di un cerusico ed ad incantesimi di guarigione stavano tornando alla normalità dopo delle brutte ustioni. Chiuse gli occhi, esausta, e sospirò. Li riaprì, si voltò lentamente, i muscoli del collo contratti e affaticati, e vide la piuma nera, lunga come un arto umano, sopra al mobile in Silverbark. D'istinto digrignò i denti, soddisfatta.

Non era stato uno scherzo trovare quella piuma. L'ottimismo iniziale circa la spedizione, quasi fosse solo una formalità rispetto a tutta la fatica fatta sino ad allora, si era presto scontrato con la realtà. Dapprima Raylene si era resa conto che l'area approssimativa delle rovine che cercava era ben più vasta di quel che a lei, decisamente poco esperta di cartografia, era sembrato; e nonostante l'aiuto datole da un conoscente abile in quell'arte, che aveva minuziosamente incrociato le indicazioni presenti nei diari da lei rinvenuti con riferimenti geografici di vari atlanti, non era riuscita a restringerla sufficientemente da rendere la ricerca praticabile. Poi il suo punto di riferimento all'Ordine, Venizhar, era dovuto improvvisamente partire, per un viaggio di cui nulla sapeva ma che non si preannunciava breve. Se non fosse stata così caparbia e risoluta nel perseguire fino in fondo i propri obiettivi, la ragazza avrebbe probabilmente abbandonato i suoi propositi e cercato un'alternativa più semplice. "Caparbia e risoluta", già. Quello era il genere di parole con cui le piaceva definirsi; qualcun altro avrebbe detto testarda, ostinata, ambiziosa, egocentrica! Ma a Raylene non importava mai troppo dell'opinione altrui e si sentiva costantemente in credito con l'universo, come se le sofferenze che aveva patito nei pochi anni della sua infanzia e adolescenza le garantissero il diritto alla realizzazione di ogni suo desiderio ed ambizione. No, non avrebbe rinunciato a quella reliquia: non era che una tessera di un mosaico più grande e pensava che si si fosse fatta scoraggiare così presto sul suo cammino non sarebbe arrivata lontano come voleva. Certo non era una sciocca o un'illusa e la sua perseveranza non era un capriccio che le faceva perdere di vista le sue reali possibilità. Le era ben chiaro che aveva bisogno di accompagnatori abili e forti, perché la sua padronanza della Trama -ancorché cresciuta enormemente da quando era giunta a Waterdeep- era ancora ben lontana dal suo pieno potenziale e la sua esperienza in battaglia era poco più che mediocre; ed era essenziale restringere quel cerchio rosso tracciato sulla mappa del Calimshan, o avrebbe passato anni, anziché qualche mese, a vagare per il continente.

Fu un caso fortuito ad aiutarla in quest'ultimo compito, allorché il nano, presentatosi all'incontro organizzato in una taverna della Splendente, si era per caso imbattuto in un certo Zeph Al Zarad, incantatore che Raylene aveva già incontrato una volta. Costui proveniva dal Calimshan e, consultato al riguardo, fornì maggiori dettagli circa la probabile ubicazione delle rovine, esaminando attentamente le carte e i diari. Il gruppo, nel frattempo, si era rinfoltito: Bazel aveva coinvolto un tale cavaliere chiamato Friedrich Von Kraus, mentre un sacerdote di Mystra aveva dato a Raylene la disponibilità ad accompagnarla: si chiamava Artyom Kulenov e lo aveva conosciuto al suo negozio mentre osservava le merci esposte. Come molti sacerdoti che aveva incontrato nella sua breve esistenza aveva la tendenza a predicare, cosa che la ragazza mal digeriva come qualsiasi minima forma di ingerenza nel suo libero arbitrio, per benintenzionata che fosse; ma era evidente che sarebbe stato un potente alleato e aveva dimostrato da subito una propensione ad aiutare e indirizzare chi aveva il dono di intrecciare la Trama della sua signora.

Il gruppo aveva viaggiato fino a Calimport, in parte con una carovana e infine con il teletrasporto, ed aveva preso alloggio in una locanda alle porte della città. L'indomani alle prime luci dell'alba, mentre il nano e il cavaliere ancora erano coricati, Raylene e Padre Kulenov erano usciti per le strade alla ricerca di un cartografo, infine trovato in un mercato locale, che -dietro un cospicuo compenso comprensivo della sua discrezione- aveva esaminato la mappa con gli appunti di Zeph ed aveva indicato loro con ragionevole sicurezza delle rovine seminterrate situate non molto a nord del deserto di Calim. Recuperati i due compagni erano partiti senza indugi e dopo un viaggio trascurabile, rispetto a quello concluso il giorno precedente, avevano localizzato l'ingresso.

La sfida che li attendeva all'interno non era delle più semplici: l'antro inizialmente angusto si allargava scendendo nel sottosuolo, snodandosi per interminabili cunicoli popolati da ogni sorta di immonde creature dal fetore putrescente e fungino. I suoi compagni, peraltro, li avevano via via annientati senza eccessive difficoltà, mentre la ragazza, dalle retrovie, li aiutava come poteva con incantesimi di protezione. I cunicoli, man mano che sprofondavano nelle viscere di Toril, avevano rivelato una struttura più antica dalle forme sempre meno vicine ad una grotta naturale e più ad una costruzione umana o metaumana.

Raylene aveva rischiato di mandare a monte l'intera spedizione quando, sempre meno speranzosa di rinvenire la reliquia che cercava, dopo più di un giorno che erano in quel luogo apparentemente infinito e necessitando di una sosta di riposo e meditazione per recuperare alcuni incantesimi, aveva quasi perso le staffe di fronte alla caparbietà di Padre Kulenov. Il sacerdote si era presto mostrato ansioso di guidare la squadra dispensando ordini ai compagni e, pur rimanendone segretamente indispettita -abituata com'era ad esercitare un discreto ascendente sul prossimo e sentendosi in parte messa in secondo piano, nella SUA spedizione!- aveva accettato la cosa, potendo solo trarre vantaggio dalla maggiore esperienza di lui. Ma quando la ragazza aveva chiesto a tutti di fermarsi per alcune ore montando dei turni di guardia aveva visto Kulenov respingere bruscamente l'istanza, letteralmente ordinando al gruppo di proseguire perché a sua detta il luogo non era sicuro. In quell'istante si era sentita come se qualcuno le avesse dato uno schiaffo, impressione che provava ogni volta che qualcuno minava la sua autorità: Raylene era stata nessuno per tanto tempo, era abituata a stare in secondo piano e sapeva bene quando recitare il ruolo di comparsa; ma ora che erano in quel buco fetente alla ricerca del SUO tesoro, non sopportava di non essere lei a condurre lo spettacolo, men che meno tollerava di perdere la credibilità che le sembrava di aver guadagnato agli occhi degli altri due. Era uno di quei rari momenti in cui le capitava che l'istinto avesse la meglio sul calcolo e la rabbia l'aveva quasi sopraffatta, facendole considerare di abbandonare tutto quanto. Fortunatamente, dopo un battibecco che il nano, in un inedito ruolo di paciere, aveva tentato di mitigare, il sacerdote aveva moderato la sua posizione, accettando la sosta purché si fosse allestita in un luogo più riparato e facile da tenere d'occhio, che gli sembrò di identificare in un anfratto diverse centinaia di metri oltre. In effetti, pensò poi a mente fredda Raylene, quello era un posto più sicuro ed adatto allo scopo. Ma quel giorno si sarebbe fatta tagliare la lingua piuttosto che ammetterlo.

Le difficoltà, dopo quel riposo, erano state crescenti, tra mostri sempre più pericolosi e trappole ingegnose e potenzialmente letali. A causa di una di queste aveva rischiato di lasciare la pelle laggiù, investita parzialmente da una meteora di fuoco sparata da un bassorilievo nel muro. Fortunatamente Padre Kulenov l'aveva prontamente soccorsa con le sue salmodie di guarigione (il che aveva decisamente messo in secondo piano l'irritazione causata dall'ennesima paternale del sacerdote nei confronti suoi e del nano, rei a suo dire di non aver correttamente seguito le sue indicazioni) ed erano riusciti a giungere verso il termine del percorso. Lì era toccato loro affrontare un'ulteriore orda di esseri simili a funghi, alcuni dei quali capaci di incanti di Abiurazione ed Evocazione. Esausta e ferita, con grossa fatica e pena per le bruciature, non più mortali ma ancora presenti, Raylene aveva dato agli altri il supporto che poteva, lanciando palle di fuoco su indicazioni del chierico e usando fino all'ultimo incantesimo rimastole per difendersi.

Concluso lo scontro, mentre gli altri saccheggiavano tutto ciò che riuscivano a trovare, la ragazza era tornata un po' indietro ad un'anticamera piena di bauli che avevano deciso di esaminare una volta che il luogo fosse ritenuto sicuro e si era messa a rovistare affannosamente ovunque, incurante della pelle abbrustolita e degli spasmi che la attraversavano. Non era passata che mezz'ora -infinita per l'agitazione e il dolore, brevissima in confronto all'eternità che avevano trascorso là sotto- che aveva udito la propria voce lanciare un grido di trionfo, come se l'avesse emesso qualcun altro, allorchè da una nicchia un po' coperta da delle casse sovrastate da polvere e ragnatele aveva estratto una teca in vetro infranta che conteneva quella che era inequivocabilmente un'enorme piuma, in condizioni impeccabili a parte la sporcizia. Era tutto quel che cercava; il platino che avrebbe ricavato dalla sua quota dei tesori raccolti lungo la discesa sarebbe stato un gradito supplemento. Perso ogni interesse in quel luogo raggiunse velocemente il gruppo e li esortò a tornare; Kulenov li portò fuori di là, direttamente a Waterdeep, dove l'avventura era iniziata, salmodiando un incanto. Avevano velocemente spartito il ricavato ed erano andati a riprendere le forze dopo quell'impresa. Raylene era corsa a casa, aveva riempito l'enorme mastello del lavatoio di acqua calda e vi si era adagiata per un po', si era ripulita e fasciata e si era gettata stravolta sul letto.

Era tempo di riposare e di mettere in pausa i pensieri e i progetti che affollavano la sua mente. L'indomani avrebbe proseguito il suo piano e proceduto a organizzare il rituale. Guardò ancora una volta la piuma, spense la candela sul comodino, chiuse gli occhi e si addormentò.

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Edited by Lucipixx - 25/3/2019, 14:41
 
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view post Posted on 11/4/2019, 19:26
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"Quando volete, io sono pronta", disse Raylene. Di fronte a lei c'era l'Adepto Ixia Inxis, al quale aveva chiesto, su consiglio del Guardiano Firenweer, di prendere il posto di Venizhar ed assisterla nel rituale. Fino ad allora l'aveva conosciuto superficialmente e non l'avrebbe detto, ma ora aveva scoperto che c'era qualcosa in quell'uomo che la incuriosiva e la affascinava. Aveva solo pochi anni più di lei eppure le sembrava estremamente sicuro ed abile nel maneggiare la Trama; e a volte le sembrava di coglierne un anelito di potere non dissimile dal suo o comunque una sorta di fierezza, di senso di superiorità, derivante dalla condizione di innato.

Aveva studiato quel rituale alla perfezione. L'aveva trovato in un manoscritto in pessime condizioni di quasi duecento anni prima (riportava la dicitura "Anno dell'Averla", che aveva poi appreso essere il 1196 del Calendario delle Valli) custodito nella biblioteca di Suzail. Aveva ottenuto da Ralas Milner il permesso di studiarlo in loco e di compilare un nuovo volume a partire da esso, volume che poi aveva trascritto in diverse copie, una delle quali aveva donato allo stesso Ixia perché si preparasse anche lui. L'autore era un tale "Tetheslar di Lyrabar", uno stregone come lei, vissuto in un regno chiamato Impiltur del quale non sapeva molto.

Era scesa nella grande sala della torre; come da istruzioni, aveva tracciato al suolo un largo cerchio con polvere di onice e cenere vulcanica miscelate, lungo il quale aveva disposto, equidistanti, cinque fuochi alimentati con legno di Phandar. Sopra ad essi cinque ciotole in acciaio piene di acqua piovana ed altri ingredienti specifici. Si era poi messa al centro del cerchio, con un grosso braciere ed un piedistallo in legno sul quale aveva fatto accomodare con delicatezza il suo corvo. Ixia, rimasto fuori dal cerchio, aveva acceso i fuochi al suo segnale, mentre lei faceva ardere anche il braciere centrale. Per diversi minuti, nell'attesa che l'acqua delle ciotole bollisse, Ixia aveva ripetuto la prima delle formule previste dal rituale mentre Raylene nutriva il corvo con il suo cibo preferito, dei pezzetti di frutti rossi essiccati.

Al bollire dell'acqua, Raylene si era silenziosamente avvicinata ad una delle cinque ciotole, di fronte alla quale l'attendeva Ixia; questi, con un mestolo in legno di Phandar, ne aveva prelevato dell'acqua bollente e l'aveva versata nel palmo sinistro, chiuso a cucchiaio, della ragazza, che aveva atteso che raggiungesse la temperatura ambiente sopportandone il forte calore e poi l'aveva travasato in una coppa di vetro che recava nell'altra mano. Avevano poi ripetuto questa operazione per ciascuna delle altre quattro ciotole, prima che lei tornasse al centro del cerchio e lui si ponesse di fronte ad esso.

Raylene aveva poi preso l'antica piuma di Roc che tanto aveva faticato per trovare e l'aveva leggermente bagnata nella coppa, prima di berne parte del contenuto e farne bere con delicatezza un po' anche all'animale; quindi aveva tracciato cinque cerchi nell'aria intorno ad esso, recitando una seconda formula presente nel manoscritto. Infine aveva fatto posare l'animale sul suo braccio destro e bruciato la piuma nel braciere, recitando la terza ed ultima formula.

Improvvisamente dai resti della piuma si era sprigionata una grande luce che aveva avvolto lei ed il corvo per alcuni istanti; al suo svanire il corvo era finalmente legato a lei, indissolubilmente, con un vincolo magico. Parlò quasi subito e Raylene avrebbe voluto passare immediatamente delle ore con lui, ora che erano in grado di comunicare anche verbalmente, anziché nei modi più primitivi con cui solitamente si rapportano animali ed umani; ma Ixia, finito il rituale, le propose un duello magico, dacché si trovavano nella sala ad essi adibita. Così lo congedò, a malincuore, ma da un lato non osava essere scortese con colui che l'aveva appena aiutata e dall'altro voleva vedere coi suoi occhi la portata del suo potere. Come immaginava, Ixia la batté molto in fretta, ma andava bene così, per quel giorno. Lo ringraziò, lo salutò, e salì sulla torre, dove tutto era cominciato, a disperdere nel vento le ceneri rimaste. Pensava al futuro ed era certa che un giorno non troppo lontano nessuno avrebbe avuto la meglio su di lei.

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