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“Kossuth mi osserva, non sono solo! Presto sarà orgoglioso di me!”
Questo pensiero è ora il perno attorno a cui Bazel vuole costruire le proprie azioni. Ma forse, è meglio partire da qualche mese prima.
Bazel si trovava al Gate, per cercare di piazzare alcune armi che aveva prodotto, e che nel Cormyr non era riuscito a vendere. Fu così che parlando con quel giovane gambelunghe, Eylan Amblequalcosa, aveva ricordato una leggenda che girava nelle locande delle Marche d’Argento decenni prima, durante una delle ultime rappresaglie contro i Grigi: la Bestia Nera. Un’immonda creatura che dormiva nel ventre della Montagna più alta delle Marche, vicina alla Cittadella, in grado di prosciugare l’energia vitale a chiunque osasse avvicinarsi troppo a lei ed al suo immenso tesoro. Una leggenda, nessuno ci faceva caso, ce n’erano tante di questo genere. Eppure ora, dopo più di cinquant’anni, un giovane gambelunghe, uno di quelli sfrontati ed irriverenti, che però aveva dimostrato di saperne, raccontava proprio a lui, a Bazel, che quella non era una leggenda, e che la Bestia Nera era un Dragone d’ombra, uno di quei dannati sputafuoco alati, assetati di potere e oro. Gli aveva anche spiegato che, con l’opportuna scorta, avrebbe potuto pensare di batterlo, e prendere così l’onore che gli spettava, oltre a fregiarsi del titolo di “Uccisore della Bestia Nera”. L’idea lo aveva allettato, anche perché Bazel conosceva la seconda parte di quella leggenda, che Eylan non sembrava conoscere: si narrava che chi fosse riuscito a sconfiggere la Bestia e ne avesse mangiato il cuore, avrebbe ottenuto poteri fuori dalla norma, e avrebbe rotto ogni sortilegio che gravava su di lui. Uccidere quel Dragone avrebbe significato quindi ottenere fama e gloria, oro e platino, ogni nana di Adbar gli sarebbe stata concessa in sposa…e forse, se anche la seconda parte era vera, avrebbe potuto dar nuova linfa al Clan, ormai quasi del tutto estinto, nuovi Doch a giro per il Faerun…sarebbe stato il capostipite di una nuova generazione, più ricca, potente e famosa di quanto i Doch fossero mai stati.
Mentre rimuginava su questa possibilità aveva avuto modo di incontrare un Drago Rosso, e di uscire vivo da quell’incontro. Se non avesse avuto fede in Kossuth, avrebbe ritenuto quell’incontro solo un caso, e avrebbe ringraziato Tymora per essere sopravvissuto; ma lui sapeva che il fato non c’entrava. Quell’incontro gli aveva dato un assaggio, piccolo e parziale, di quanto fossero terribili e potenti quei maledetti Sputafuoco, quanto potere era racchiuso in loro, e quanto si sarebbe dovuto addestrare prima di poter pensare di affrontarne uno a viso aperto.
Ma il suo destino aveva anche altro in programma per lui: solo un paio di settimane fa stava esplorando una miniera abbandonata, o forse una cava (o al diavolo, chi se ne importa), che lo aveva attirato. Sentiva che qualcosa si celava lì dentro, e una sorta di irresistibile forza lo aveva portato ad andare avanti, inoltrandosi nei bui ed umidi cunicoli che si snodavano nelle viscere dei Picchi delle Nuvole. Pensava di aver a che fare solo con un nido di Chitine, quando si era trovato davanti ben altro: un uomo, ormai mezzo morto, avvolto nella bava di quegli orrendi esseri. L’aveva salvato, e aveva avuto la rivelazione dell’attenzione di Kossuth su di lui: quell’uomo era un sacerdote del Dio delle Fiamme, un Braciere in carne ed ossa, come non ne aveva mai visti prima. Ay, un Gambelunghe che si era dimostrato indisponente e ben poco piacevole, ma potente, e illuminato dal Fuoco di Kossuth: era lì per liberare un altro sacerdote come lui, e Bazel l’aveva aiutato in quell’impresa. O forse era meglio dire che era stato usato per portarla a termine? Bah, ad ogni modo vi era riuscito, anche se aveva rischiato di soccombere sotto i colpi di un folle seguace di Malar e delle bestie che lo proteggevano. Aveva liberato l’altro sacerdote ed assistito ad una spiacevole scena di sottomissione…se i sacerdoti di Kossuth pensavano che la sua ascia si sarebbe mai sottomessa in quel modo si sbagliavano di grosso, anche a costo di ucciderli uno ad uno!! Ma non era questo l’importante, la cosa che, per la seconda volta, gli aveva dato forza, e soprattutto un obiettivo, era il commiato del Braciere, parole dure, di fuoco: “Se davvero vuoi rompere la maledizione, vai nel luogo dove tutto è iniziato. Corrompi, menti, uccidi se necessario, ma mai per il solo piacere di farlo, ma sempre in nome di Kossuth e del potere che vai cercando. Se riuscirai nella tua impresa torna qui, e riceverai ciò che cerchi.”
E così Bazel, ormai convinto appieno sul da farsi, aveva elaborato un suo personale piano: doveva tornare ad Adbar, ed informarsi sulla maledizione dei Doch e sulla leggenda della Bestia Nera. Avrebbe parlato con chiunque avesse potuto dargli informazioni, e, se necessario, si sarebbe finto un buon Figlio del Padre…sapeva quanto bigotti e intransigenti potevano essere i seguaci di Moradin, e alla Cittadella erano loro a comandare. Dopo aver ottenuto ciò che gli serviva, avrebbe pianificato la missione nel ventre della montagna, per uccidere quel mostro e prendere ciò che era suo. Sarebbe tornato con il cuore del Drago al santuario di Kossuth, e lo avrebbe sacrificato in suo nome. Era sicuro che questo gli avrebbe ridonato il Fuoco nei lombi, e i Doch sarebbero tornati più potenti che mai.
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