Faerūn's Legends

Vita di un Thayan: un percorso in salita

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Belzac
view post Posted on 23/2/2019, 22:28 by: Belzac

Assassino di Briganti

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Chiesa ed esercito di Bane
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Si e' appena conclusa la seconda parte dei miei allenamenti con Himir e Glorin e mi concedo del riposo. Chiuso in una delle stanze de "L'Elmo e il Mantello", sono immerso in una grande tinozza davanti al caminetto.
L'acqua molto calda emette il classico vapore e presto la camera e' un concentrato di umidita' e calore.
Fissando la fiamma, la mia mente si libera e comincia a rivivere le memorie di un passato non molto lontano in una citta', a detta di molti, "irraggiungibile".
La gente crede che il Thay non sia altro che una regione governata dagli spietati Maghi Rossi, dove anche il piu' piccolo errore puo' essere pagato con la vita.
Tutto vero.
Pero', c'e' qualcosa che molti non sanno: un posto dove la magia viene riverita, ma non praticata. Un luogo dove le spade sostituiscono le bacchette e dove il rosso cremisi delle temute tuniche lascia posto al vermiglio del sangue.

*Eltabbar - Thay - Tre anni fa*

Sono ormai anni che, seguendo la volonta' di un padre opportunista ed autoritario, sono entrato a far parte dell'esercito.
La nostra gerarchia e' semplice: se sei un Cavaliere sei qualcuno, una Guardia lo sei quasi, un fante sei quasi nulla e poi c'e' la recluta.
Le reclute convivono tutte assieme. Non si fa distinzione di razza, origine, religione e, ovviamente, non mancano gli screzi tra Thayan e "volontari" stranieri, tra religiosi di questo e quel culto e tra schiavi e uomini liberi, almeno liberi di scegliere se arruolarsi o meno.
Solo i Thayan possono aspirare a diventare qualcuno, il resto viene assegnato a ruoli di fanteria leggera: una specie di seconda linea subito dietro la carne da macello quali goblin, orchi e gnoll, che vivono ammassati in un altro complesso ai margini del quartiere degli schiavi e trattati come la feccia che sono.
Non manca, inoltre, la formazione di piccole fazioni all'interno delle camerate, un po' come quando ci si trova in terra straniera e si cerca di formare un gruppo di persone che abbiano almeno qualcosa in comune, per farsi forza e sostenersi a vicenda.
Mantenere l'ordine non e' facile, ma il Comandante ha i suoi metodi efficienti e le liti, le risse ed il chaos sono momenti che si hanno solo quando si raggiunge il culmine della sopportazione e vengono riportati alla calma dalle guardie di turno a suon di bastonate, punizioni e giorni di isolamento.
Le bastonate sono le classiche, ma anche quelle dai risultati immediati. Infatti, non si usano randelli come lo si farebbe con un animale, no, i nostri protettori dell'ordine usano le aste delle loro lance, bardiche o alabarde.
E la randellata non e' altro che un avvertimento. Meglio non muoversi, ammesso ci si riesca dopo una ripassata, e meglio ancora non essere un rashemi perche', in quel caso, la cosa precipita presto in una gara a "lo ammazzo io".
Le punizioni sono date per dare l'esempio, per far capire al ribelle quale sia il suo posto e quanto egli sia vicino all'asta della guardia, quindi la si accetta con un secco Sissignore ed ecco che, il giorno dopo, durante pattugliamenti al di fuori della citta' per cercare volontari che possano servire la prima fila dei ranghi, ci possa scappare qualche goblin o schiavo morto.
Finita la missione, il ribelle del giorno prima arriva armato di pala e buona volonta' thayan, scavando fosse comuni da pomeriggio a sera inoltrata.
Un lavoro sfiancante, senz'altro, ma che ti rende senza accorgertene particolarmente robusto e forte, anche di stomaco.
Se ti va meglio, finisci a dare una mano al fabbro della caserma: un ex-veterano thayan che ormai non ha piu' cura di se', lo dimostrano la lunga barba e i lunghi capelli bianchi, e riversa la stessa cura sull'individuo che ha la fortuna di fargli da assistente. Sette lunghi giorni, dall'alba al tramonto a battere ferro in una fornace che sembra stata costruita sui bracieri di Kossuth stesso. Ovviamente, questa fortuna e' un'opzione che viene data per lo piu' in estate.
Se non la si vede solo come una punizione, questa mansione aumenta le capacita' di resistenza, senza contare che s'imparano le basi della forgiatura.
I giorni di isolamento, di solito, sono una conseguenza della randellata: se e' stata cosi brutale da incapacitarti a riprendere le tue mansioni giornaliere, vieni sbattuto in una cella dalle dimensioni di due metri quadri, cosi buia da farti perdere il conteggio delle ore, maleodorante come le fogne.
Il pasto, dato due volte al giorno, viene consumato al buio e dato il sapore, credo sia meglio cosi. In quindici giorni si ha la possibilita' di riprendersi dalle botte e ripensare ai propri errori, cosa da non fare ad alta voce, perche' la prima punizione e' sempre alle porte, fuori dalla cella.
Meglio starsene zitti e far parlare solo i pensieri; in fin dei conti due settimane passano in fretta, dicono.
Dopo nove anni passati qui, comincio a credere che il mio futuro non sara' come avevo previsto, sopratutto ora che mi trovo a tu per tu con il Comandante, a rapporto nel suo ufficio.
Sorander Kren, piu' che un uomo, e' un concentrato di odio. Voci dicono sia nato da una nobile famiglia di Maghi Rossi e che sia stato il primo del suo casato a non passare il famoso controllo in eta' infantile, di conseguenza fu ripudiato dai propri genitori e dato in affido a chissa' quale diavolo, ma quello fu solo l'inizio.
Fattosi strada nell'arena come gladiatore, ha scalato la gerarchia cosi in fretta da meritarsi il titolo di Cavaliere Thayan a poco piu' di vent'anni.
Dopo aver servito lo stesso Mago per quindici anni, e' stato congedato a causa delle ferite che lo hanno menomato in maniera permanente.
Come premio gli e' stata affidata la direzione della caserma, un modo gentile per dire "Ora sei inutile, non mi servi piu'".
Da quel giorno, il suo carattare e' peggiorato, diventando sempre piu' lunatico ed irascibile.
Lui ha sempre odiato il suo premio, odia questo posto e, di conseguenza, ci odia.
Tutti.
Lo guardo mentre sta leggendo in rigoroso silenzio una specie di diario spesso circa tre dita.
Il tempo scorre lento in quell'attimo, tanto da farmi sentire la mancanza della cella d'isolamento.
Rimane seduto composto, busto eretto, diario aperto sulla scrivania consunta, sfogliando le pagine con la mano destra, l'unica che ancora ha, vestito con una mezza armatura di un materiale che mi sembra argento, lucidata cosi a specchio che la luce del candelabro, posto a lato della scrivania, viene amplificata dal riflesso sulle piastre metalliche.
Ci sono due leggende su di lui: la prima dice che, privato della sua arma, abbia affrontato un demone a mani nude pur di difendere il Mago Rosso. La seconda vuole che fosse un drago.
Nessuno sa la verita'. Quello che so e' che certi sfregi sul cranio, che hanno rovinato il suo aspetto e la simmetria del suo tatuaggio costituito da complesse rune di varie forme geometriche e che gli hanno portato via mezzo orecchio e occhio destro, di sicuro non te li fa il cane del vicino.
Nonostante tutto, rimane impeccabile: quarantacinque anni, anno piu' anno meno, capelli sempre rasati, una grigia barba corta ai lati, che termina a punta sul mento.
"Krumorn Ficksdotter.." pronunciato con una strana calma, mentre richiude il diario e lo solleva mostrandomelo "..sai cos'e' questo?"
Se ora gli rispondessi "un diario", ho come l'impressione che mi arriverebbe dritto sul volto, per cui resto sul generico:"Un... rapporto?"
"Questo..." sbattendolo sul tavolo e facendo sobbalzare il calamaio, che riversa una parte d'inchiostro nero subito inghiottito dal legno della scrivania "...sei tu!" segue un altro momento di silenzio, mentre si stropiccia l'occhio sano.
"Sono dieci anni che gestisco questo posto e mai, mai mi e' capitato di firmare cosi tante punizioni" riaprendo la mia storia e sfogliando le pagine dall'inizio.
"Insubordinazione, risse, sette aggressioni" il suo volto pare ironicamente sorpreso "tra l'altro l'ultima... in sala mensa?" alzando lo sguardo e fissandomi per un istante, prima di tornare a leggere "dicono tu abbia aggredito un... bah! Un rashemi... e da allora ha dei problemi ad esprimersi..." rialza il suo sguardo "Sono curioso, Ficksdotter. Cosa mai avra' fatto un cane rashemi per colpirlo con un guanto d'arme ed incasinargli la mandibola?"
"Ha espresso giudizi poco gradevoli sui Maghi Rossi" dico con tono serio.
"Piu' nello specifico?" piegandosi appena in avanti, come se volesse che mi confidassi "Dimmi, che ha detto?"
"Li ha paragonati alla..."
"Alla...?" abbozzando un sorriso, che viene spento sul nascere.
"No, non lo diro', Comandante" il mio tono e' lo stesso, ma comincio a sentire una certa ansia.
"Alla merda?" assottigliando anche l'occhio privo di vita.
"Esatto" rispondo, con una certa liberazione per il fatto che lo abbia detto lui.
"E secondo te, e' l'unico nel Faerun che lo pensa?" chiede, alzando di un tono la voce.
"No, Comandante, ma io l'ho sentito."
"Ma tu l'hai sentito..." il tono torna tranquillo, tanto da rendermi nervoso "...quindi ti sei eretto a giudice e l'hai punito, dico bene? Devo forse ricordarti che finche' siete qui, non contate niente alla stessa maniera?" assumendo un'aria piu' greve.
A questo punto distoglie lo sguardo, da' qualche occhiata alla stanza, pensando a voce alta "'Piu' li punisci e piu' ti rispetteranno' mi dissero. Evidentemente, qualcuno e' l'eccezione che conferma la regola e piu' infliggi loro punizioni, piu' questi se ne fregano e diventano recidivi. Facendo cosi, pero', compromettono la fama della caserma" fa una pausa "il che non e' una cosa a cui darei molto peso, se non fosse per il fatto che la comando io". Quell'io detto con tono sommesso e roco non suona per niente promettente. "Se i miei metodi non funzionano, le voci cominceranno a girare e ci farei pure la figura di uno che si e' ammorbidito col tempo, alcuni arriverebbero a darmi dell'ingenuo e se qualche Mago lo venisse a scoprire, passerei addirittura per stupido" fa una breve pausa, prima di posare lo sguardo su di me e cogliermi di sorpresa con una domanda "Tu cosa vedi, Ficksdotter?"
La domanda e' cosi semplice, ma allo stesso tempo ho il dubbio che rispondergli potrebbe risultare stupido.
"Non capisco, Signore" dico, come uno stupido.
"Guardami e dimmi cosa vedi" fissandomi serio, esigendo una risposta.
"Vedo Voi, Comand.." alla seconda prova di stupidita', la sua mano afferra il lato sinistro della scrivania, che viene scaraventata con violenza alla sua destra, andandosi a schiantare su un armadio, rimanendo poi in posizione obliqua. D'istinto, il mio sguardo si sposta sul tavolo e sui fogli volanti, che nemmeno mi accordo che ora lui e' li, ad un passo da me.
"Piantala con le stronzate reverenziali e dammi una risposta" lo dice a denti stretti, come se si trattenesse dal mordermi al collo.
"Un Caval..." la mia voce viene strozzata dalla sua mano che scatta come un serpente e mi afferra la gola. Subito dopo, cambia braccio. Ora ho il suo avambraccio sinistro a premermi sulla porta, bloccandomi il respiro. Nonostante sia monco, la sua pressione riesce comunque a constrigermi in punta di piedi. Il suo sguardo e' feroce, il pugnale che mi mostra, prima di portare all'altezza della pancia, ha una lama lucente come la sua armatura e sembra cosi affilata che sbudellarmi gli verrebbe semplice come spalmare del burro su una fetta di pane caldo.
"Non azzardarti nemmeno a pensare quello che stavi per dire. Ora concentrati e dimmi" fa una pausa per assicurarsi lo stia guardando nell'occhio sano.
"Tu-Cosa-Vedi?" scandendo ogni parola.
Non so se sia lo sforzo che sto facendo per provare a respirare, ma gli occhi cominciano a lacrimare, non so nemmeno se sia dovuto alla posizione in punta di piedi, ma le gambe mi tremano.
So solo una cosa: per la prima volta da quando sono qui, ho paura.
Provo a parlare, ma sento che non accenna ad allentare la pressione, ho poco tempo ed in quell'attimo comprendo che vuole una sola cosa: verita'.
"Un... Un'om...bra." sussurro a forza, prima di sentirmi svenire.
A quel punto mi ritrovo in ginocchio, emetto strani versi dalla bocca mentre respiro a pieni polmoni tutta l'aria che posso trovare.
"Alzati" con voce ferma, ancora li, davanti a me. Mi ricompongo, non senza qualche sforzo.
"Se mi fosse concesso di tornare quello che ero prima e il prezzo da pagare fosse quello di uccidervi tutti, lo farei. Dal primo all'ultimo in questa caserma, farei un bagno nel vostro sangue. Sai perche' non lo faccio?" mi domanda, tenendo il pugnale stretto nel pugno.
Mi limito a scuotere il capo in risposta.
"Perche' te l'ho appena detto, idiota! Perche' non mi e' permesso" la sua voce rimbomba come un tuono, poco prima di sferrare una pugnalata alla porta, all'altezza del mio orecchio sinistro, al quale si avvicina sussurrandomi "Capisci, ora, il concetto di obbedienza?"
Si volta, tornando alla scrivania e rimettendola a posto con un gesto secco, provocando un tonfo e procedendo a raccogliere qualche foglio.
"Una volta non dovevo avere paura della morte" fa una pausa, accartocciando i fogli in mano in un pugno cosi serrato, che le nocche gli diventano bianche "Ora, invece, non devo temere di morire sotterrato da un mucchio di... SCARTOFFIE!" cosi dicendo, colpisce il tavolino al centro, spezzando le assi e facendolo assomigliare ad un libro semiaperto. Ora fa profondi e lenti respiri, ritornando nella sua postura marziale, sembra che lo sfogo lo abbia calmato.
"Da quanto tempo sei qui, Ficksdotter?" mi domanda, senza voltarsi.
"Nove anni."
"E non siamo riuscirti a darti una raddrizzata" poi si volta "ma nemmeno a spezzarti" portando il pugno al mento con fare accigliato, ma pensieroso.
"Questo non e' piu' il tuo posto" mi dice serio.
Mi sarei aspettato qualsiasi punizione, ma l'essere cacciato non l'avevo previsto.
Le gambe non mi sostengono e mi accascio a terra con sguardo vuoto.
Il comandante mi guarda, non muove un muscolo.
"Prendi la tua roba, unisciti alla prima carovana o vacci a piedi, non m'importa, e trasferisciti all'Enclave di Baldur's Gate. Presentati al Khazark o a chi ne fa le veci. Il vero addestramento comincera' da li."
Mi ci vuole un momento per assimilare l'ordine:"Quindi Voi non mi state..."
"Alzati, deficiente" mettendomisi di nuovo davanti.
Mi alzo, tornando nella mia postura marziale.
"Nove anni e, nonostante tutte quelle punizioni, non hai fatto una piega. Notevole, se non si considera la tua condotta. Con Loro sara' diverso" ora ha un sorrisetto soddisfatto, che muore come il precedente "Obbedienza, sincerita' e paura" guardandomi serio, ma allo stesso tempo come qualcuno che stia dando dei preziosi consigli.
"Ma avete detto che non bisogna aver paura." dico confuso.
"Non la paura di morire, ma quella di fallire. Deluderli porta a conseguenze ben peggiori della morte stessa, credo di non doverti dare ulteriori spiegazioni a riguardo."
"No, Signore."
"Ora vattene e non osare ripresentarti a me senza essere qualcuno" mi ordina estraendo lentamente il pugnale dalla porta, che emette uno stridio simile ad un gemito.
"Sissignore."
Si va a sedere di nuovo, contemplando gli effetti del suo sfogo. Mentre apro la porta, il mio nome mi ferma sull'uscio.
"Krumorn Ficksdotter" alzando appena la voce "Diventa qualcuno, o muori nel tentativo."
"Sissignore."
"E prima di andartene, recupera un falegname e fallo venire qui."

Riapro gli occhi. L'acqua e' tiepida, la fiamma debole, ma ancora viva. I ricordi sono stati cosi intensi e vividi, che la fronte e' imperlata di sudore.
Prendo un secchio di acqua fredda e me lo verso addosso, prima di uscire dalla tinozza.
Avvolto in un asciugamani, mi stendo supino sul letto, con le braccia incrociate dietro la testa.
Curioso come questa cosa sia riaffiorata dopo il suggerimento di Himir sulla paura. Devo ammettere di aver riflettuto in maniera superficiale sul suo concetto. Pensavo si riferisse alla paura di morire, ma mi rendo conto che e' una cosa soggettiva ed ora, a mente fredda, riesco a coglierne l'essenza.
"Accoglierla, dominarla, ma mai sopprimerla" non vuol dire "vivere nella paura", ma dev'essere uno stimolo sempre presente e pronto a spingerti al miglioramento, alla ricerca della perfezione.
Per un guerriero thayan, la morte e' solo la conseguenza.
Il vero terrore e' il fallimento.

Edited by Belzac - 2/24/2019, 03:42 PM
 
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