Faerūn's Legends

Vita di un Thayan: un percorso in salita

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view post Posted on 19/11/2018, 22:42

Assassino di Briganti

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*Zhentil Keep - Enclave Thayan - circa un paio di anni fa*



"Pare che da una montagna a est di Zhentil Keep sia franato un costone, liberando quella che dicono sia l'entrata di una caverna.
Il tuo compito sara' quello di individuare il luogo, fare una rapida esplorazione e tornare, facendomi poi rapporto.
"

Annuisco alle parole del Maestro Richard Ankhalab, congedandomi con un inchino rispettoso in segno di saluto.

"Krumorn" il mio nome uscito dalla bocca del Mago Rosso mi ferma sull'uscio dell'Enclave, facendomi voltare e, come suo solito, con espressione seria mi intima "Non fare il passo piu' lungo della gamba e soprattutto non deludermi."

"Non lo faro', Maestro." salutandolo con un altro inchino.


*Alcune settimante dopo*


Il mio viaggio si e' rivelato piu' lungo del previsto. Non essendo abituato a queste terre, faccio fatica ad orientarmi.
Ho perso il conto dei giorni, ma almeno sono riuscito a trovare il luogo che il Maestro aveva accennato. Ho anche una borsa piena di reagenti, pozioni e pergamene di non so che sorta; elementi di studio per un mago, spero vengano graditi.
Lascio il mio cavallo allo stalliere.
Mentre cammino verso l'Enclave, e' evidente che qualcosa sia successa, o stia accadendo in citta'. Non-morti pattugliano le strade cittadine, tra i vicoli della citta' che gli abitanti chiamano "La Nera" si respira un'aria piu' tetra del solito, lugubre, ma non mi e' dato sapere e di conseguenza non faccio domande.
Dopotutto, non e' la mia citta'.
Arrivo all'Enclave, saluto con un gesto militare le due guardie alla porta d'entrata.

"Ecco la recluta di ritorno, dopo il suo lungo viaggio" le parole, pronunciate con tono di scherno da uno dei due, testano non poco il mio gia' scarso autocontrollo.
Se non fosse stato un Thayan a dirle, probabilmente ora dovrei risponderne ad un superiore come successe in passato, o peggio ad un Mago oppure, peggio ancora, al Maestro Ankhalab.

Mi limito a guardare i compagni d'arme, dicendo in tono neutro di aver compiuto l'esplorazione assegnatami dal Mago Rosso.
I due si guardano, mi guardano.
Dopo quelli che sembrano interminabili secondi di silenzio, la stessa guardia assume un tono piu' severo.
"Il Mago Rosso Ankhalab e' morto, recluta. Per quanto non sia il mio compito, e' giusto tu debba esserne al corrente."
Un brivido mi percorre lungo la schiena, deglutisco appena, la mano che regge la borsa la fa cadere a terra, procurando un piccolo tonfo sordo, accompagnato da un ovattato rumore di ampolle infrante.
"Sei nuovo, si vede, sono cose che..."
"Cos'e' accaduto?" interrompo la sua morale sul nascere, non mi serve. Quello che mi serve, sono i fatti.
Mi guarda, vedo che esercita il mio stesso autocontrollo di poco fa.
"Sono voci giunte qui da poco. Visto che il tutto e' avvenuto a Baldur's Gate, non si sa molto sulla faccenda e non credo... ehi, dove vai?" vedendomi girare e far ritorno verso le stalle.
"Baldur's Gate" rispondo con tono secco, senza voltarmi.


*Mare della Luna - Giorni dopo*

Viaggio con il minimo indispensabile, il resto l'ho lasciato a Zhentil Keep.
Il galoppo del mio destriero e' veloce, sono cosi preso a guardare il sentiero davanti a me che succede tutto all'improvviso.
La freccia si pianta alla base del collo del cavallo, che rallenta di colpo per poi impennarsi.
Sono colto alla sprovvista, cerco invano di mantenere il controllo, ma l'equilibrio ormai e' spezzato. Complice anche il peso del mio corpo, reso ancora piu' pensate dall'armatura, cado di schiena.
L'impatto e' piuttosto brusco, tanto che mi fa uscire una buona parte d'aria dai polmoni, dalla bocca esce un suono gutturale, secco, non voluto, come un riflesso involontario.
Non ho tempo per lamentarmi del dolore, che devo girarmi su me stesso per evitare che il cavallo mi atterri sopra. Evito l'animale che stramazza al suolo a pochi centimetri, esalando l'ultimo respiro.
Ancora un po' stordito dalla caduta cerco di rialzarmi, ma vengo letteralmente inchiodato al suolo.
La lancia mi trapassa la spalla sinistra per poi piantarsi nel terreno. Sento il ferro freddo mordermi le ossa, cerco invano di contrarre i muscoli del braccio per resistere al dolore, la sensibilita' dal gomito in giu' sparisce.
Mi trovo faccia a terra, l'unica cosa che vedo sono un paio di stivali sporchi di fango, alzo lo sguardo appena in tempo per vedere la mazza che viene abbassata violentemente sul mio viso.

Il buio.


*Tre giorni dopo l'evento*

Apro gli occhi, riprendendo pian piano conoscenza.
Chiudendo quello sinistro, noto che il campo visivo dell' occhio destro e' ostacolato e in aggiunta, la vista e' sfuocata.
Sono completamente disteso all'interno di un carro dalla lenta andatura.
Le mie narici vengono assalite da un forte odore di spezie.
Guardandomi attorno, vedo alcune casse di legno chiuse e legate in modo da non scivolare qua e la' nel cassone.
Mossa previdente, dato che le ruote incontrano buche e sassi di continuo, una in particolare mi fa sobbalzare inerme, ricordandomi che la schiena ancora risente della caduta, ma soprattutto riesumando un dolore che avevo dimenticato.

La spalla mi fa ringhiare, d'istinto la cerco con la mano destra.
Tocco una fasciatura.
Levando la mano, noto che e' un lavoro ben fatto, bende pulite, una chiazza scura al centro.
Mi sento debole, le labbra sono cosi secche che se per caso dovessi sorridere, si aprirebbero dei tagli. Il palato e la gola sono aridi, tanto che mandare giu' saliva assomiglia piu' a deglutire dei vetri rotti.
La coperta stesa sul mio corpo e' di una lana scadente, il lieve ondeggiare del carro la fa strofinare sul mio petto, almeno ho la fortuna di avere ancora i pantaloni.
Non ho freddo, questo e' sicuramente un bene.
Il carro si ferma.
Sento il rumore di stivali che atterrano giu' dal carro dopo un salto.
Piego la testa in avanti, in modo da vedere fuori dal cassone.
Non capisco se il rosso del cielo sia l'alba o il tramonto.
La vista dell'occhio destro m'infastidisce, per convenienza lo chiudo.
Una sagoma si ferma davanti, salendo fa scricchiolare alcune assi.
E' un uomo sulla cinquantina, parecchi i chili di troppo. Con lui entra anche un miscuglio di odori che credo lo accompagnino da giorni: sudore, fango, alcol, tabacco.
Toglie una pipa dalla bocca, mettendola in un taschino a ridosso del petto della giacca malconcia.
Ha una barba nera, lunga, folta e arruffata. I capelli sono celati da un cappello di paglia.
"Ben svegliato" la voce rimbomba nel cassone, mentre incrocia le braccia pelose al petto, mostrando un sorriso di circostanza.
"Dove mi trovo?" chiedo con tono diretto, serio nel volto.
"Dove? Nel mio carro! La domanda giusta sarebbe stata "Quando". Dal momento in cui ti abbiamo raccattato gia' promesso a Kelemvor, sei rimasto incosciente per tre gioni di fila! Abbiamo passato pure mezza giornata in una tempesta degna di Talos, ma tu nulla!" concludendo con un'irritante, fragorosa risata.
Si gira un attimo verso l'uscita allungando un braccio e parlando con qualcuno, poi torna su di me allungandomi una borraccia.
"Mi dicono tu possa avere.." la afferro con uno scatto del braccio destro, il dolore al sinistro e' nulla ora, in confronto alla sensazione di arsura in bocca. Ne bevo praticamente tre quarti con un lungo sorso e mi verso il resto in faccia, mettendomi di nuovo disteso, sfinito e dolorante. Tossisco, rigurgitando un po' dell'acqua.
"..sete" conclude con tono quasi sorpreso.
Allungo il braccio con la borraccia in mano, guardando il soffitto.
"Un'altra..."
Prende la borraccia, accompagnando il gesto con un'altra risata.
"Ehi! Wilhelm! Il morto non e' morto! Ha ancora sete!"
"Smettila di urlare, prima che mezzo bosco ci piombi addosso! Scendi dal carro ora e bada alla cena, in tre non ci stiamo la' dentro"
Il chiassoso scende dal cassone con la stessa grazia della sua voce, lasciando spazio ad un'altra figura, che si avvicina andando a sedersi su una cassa alla mia destra. Capelli di un biondo scuro, raccolti in un codino che ricade su una spalla, baffi lunghi, l'aspetto e' sicuramente piu' curato dell'altro.
Regge una borsa di pelle a tracolla, che appoggia su una piccola cassa alla sua destra.
"Devi perdonare il mio socio" dice guardando la mia spalla "non gli piace perdere" facendo un sorrisetto, allungandomi una seconda borraccia.
Bevo un'altra sorsata, questa volta piu' controllata.
"Perdere?" lo guardo con l'occhio sano, tenendo un'espressione seria.
"Beh, eri ridotto veramente male e ha detto che saresti crepato da li a poco anche con le mie cure, cosi abbiamo scommesso... da quando ti abbiamo soccorso, una moneta d'argento per ogni giorno fino al tuo risveglio, quindi ora Gilbert mi deve tre monete d'argento." Il tono e' quasi felice per aver vinto una scommessa sulla mia vita, cosa che credo abbia compreso essere stupida da dire in mia presenza, quando vede l'occhiata che gli sto mollando, spegnendo il sorriso sornione.
"Ehm... pessimo inizio per rompere il ghiaccio, vero?" grattandosi il capo in maniera imbarazzata.
"Veniamo alle cose serie: il tuo stato"
Ora ha la mia attenzione.
"Tre cose: la prima. Gran bella botta sulla schiena. Ti dara' fastidio per un altro po' di giorni, ma non e' grave. Seconda: il tuo occhio destro. Ci vedi bene?"
"La vista e' sfuocata" faccio una breve pausa "ed ostacolata da qualcosa."
"L'ostacolo e' il tuo zigomo, e' gonfio come una mela. A mio avviso direi si tratti di una mazzata" detto cio' apre la borsa, tirando fuori una piccola boccetta, mostrandomi come contenuto una poltiglia scura "questo e' un unguento di mia produzione, l'odore non e' dei migliori, ma l'effetto e' efficace. Voglio dire, il gonfiore e' calato notevolmente. Se non ti spiace..." portando il dito unto dell'unguento vicino alla guancia, che gli porgo girandomi appena, tornando a guardare il soffitto del carro.
"Sei un cerusico?" chiedo con tono neutro, fissando in alto.
"No, ma cresciuto da uno per anni. Me la cavo, anche se a dire il vero, sei il mio primo... paziente, se mi passi il termine" finendo di applicare l'unguento.
Per effetto di qualche erba balsamica, l'occhio comincia a lacrimare.
"Che mi dici della spalla?" mantenendo lo stesso tono.
"Sei stato fortunato, se cosi si puo' dire. L'arma che ti ha trafitto non ha leso nessuna vena o arteria principale e non ha rotto nessun osso. La tua spalla era slogata, ho approfittato del tuo stato di incoscienza per rimetterla a posto.
L'importante ora e' tenere le bende pulite e cambiarle spesso, anzi, sono tre giorni che le hai addosso, per cui se non ti spiace sederti...
" prendendo delle bende assieme ad un'altra ampolla.
Poso la boraccia.
Mi giro sul fianco destro. Appoggiando l'avambraccio sulle assi, faccio forza spingendomi in posizione semi-seduta.
Faccio una pausa.
Il dolore torna puntuale, cominciando a farmi sudare la schiena. Stringo i denti e appoggiando la mano destra, riesco a mettermi seduto.
Sento i battiti del cuore pulsare direttamente sulla ferita.
Wilhelm comincia a sciogliere il bendaggio, appena la ferita rimane scoperta l'uomo accende una lanterna, avvicinandola alla spalla per studiarne le condizioni.
"Rimarra' una bella cicatrice" studiandola ancora un po' "ma guarirai" riponendo la lanterna su una cassa piu' grande alla mia sinistra.
"Questo aiutera' a tenere la ferita pulita" mostrandomi la seconda ampolla.
"E' un ottimo disinfettante, brucera' un po'..."
"Quanto dovro' stare in queste condizioni?" chiedo a denti stretti per effetto dell'unguento che brucia un po', mentre Wilhelm procede con bende nuove a rifare la stessa faciatura.
"Non ho mai visto una ferita del genere, ma direi due/tre settimane prima che tu possa pensare di usare il braccio."
"Non ho tutto questo tempo" dico seccato.
"Non preoccuparti, te lo abbiamo trovato noi" interrompe Gilbert appoggiato sull'uscio del carro, mentre si accende la pipa.
"Il viaggio e' ancora lungo, avrai tutto il tempo per rimetterti" facendo uscire del fumo dalla bocca.
"Non capisco" dico guardando Gilbert, strisciando indietro, posando la schiena alla parete del carro.
Bevo un altro sorso d'acqua.
"Non gliel'hai ancora detto?" l'omone ora ha entrambi i gomiti posati sul cassone, regge la pipa fumante con la mano destra, guardando il suo compare.
"Ci stavo arrivando, ma qualcuno ci ha interrotti..." risponde stizzito il biondo "dovresti impararare a..."
"Arrivate al punto" dico infastidito.
Wilhelm fa cenno al compagno di parlare, mentre rimette a posto le sue cose nella borsa.
"Quando ti abbiamo trovato mezzo morto, curato e sistemato sul carro, prima di andartene per tre giorni hai delirato parole sconnesse ed incomprensibili. Le uniche che abbiamo potuto capire sono state Maestro e Baldur's Gate" fa una pausa, prendendo una boccata dalla pipa, premurandosi di riversare il fumo all'interno del carro, con evidente fastidio mio e di Wilhelm.
"Indovina dove siamo diretti?" domanda poi iniziando una delle sue risate, soffocata questa volta da due colpi energici di tosse.
"Quanto tempo impiegheremo?" chiedo quasi rassegnato, sconfortato dal ricordo dell'andatura del carro.
"Mesi, senza dubbio" annuendo tra se'. "Il tragitto era gia' lungo di suo, ma caricandoti abbiamo deciso di allungarlo ulteriormente."
"Non capisco il perche'" confuso da quella teoria senza senso.
Wilhelm scende dal carro, offrendosi di finire la preparazione della cena. Gilbert annuisce per poi tornare sul discorso, prendendo una mappa da una tasca interna della giacca, sale sul cassone aprendola ed appoggiandola alla parete vicino alla lanterna.
Sposto lo sguardo sulla carta. Gilbert usa il beccuccio della pipa come indicatore.
"Vedi questa citta'? E' Zhentil Keep, siamo partiti da li. Questa e' Shadowdale" spostando la pipa "noi ti abbiamo trovato all'incirca qui, tra Le Valli e Il Mare della Luna" facendo dei piccoli movimenti circolari su un luogo non precisato."Ora, avremmo tranquillamente evitato Shadowdale, meno Valligiani vedo e meglio sto, ma sospetto avremmo dei problemi qui, alla Baronia delle Terre di Pietra" picchiettando il beccuccio sulla carta.
"Perche', che succede li?" domando senza spostare lo sguardo dalla mappa.
"C'e' un forte presieduto dai Draghi Purpurei" risponde con fare nervoso.
"Sono mostri pericolosi?" chiedo, non avendo mai sentito nominare nulla del genere. La domanda, dettata dalla mia ignoranza in materia, genera una risata cosi forte che porta Wilhelm a lanciare qualcosa verso il rumoroso compagno, colpendolo alla spalla.
Si ricompone a fatica.
"Bella battuta, davvero!" esclama con un filo di voce.
Mi limito a guardarlo.
"E' il nome dei soldati del Cormyr, ma non chiedermi il perche'. Vai a sapere dove li trovano certi titoli" spostando nuovamente lo sguardo sulla mappa, indicando nuovamente il punto dove risiede il forte.
"Gia' il fatto di essere onesti cittadini della Nera, gli farebbe storcere il naso. Ma non sarebbe che l'inizio delle possibili rogne. Comincerebbero a fare domande sul perche' trasportiamo un Thayan ferito sul nostro carro e magari dovremmo seguirli per accertamenti e forse arriverebbero al sequestro della merce o del carro stesso. No grazie, abbiamo gia' i nostri problemi economici."
E' la prima cosa seria che dice, non indago, d'istinto gli credo sulla parola.
Ma un'ovvia domanda sorge spontanea.
"E quindi quale sarebbe il nuovo percorso?"
"Qui" indicando in modo fermo una gola tra due catene montuose, un posto che mi dice qualcosa anche se i ricordi sono confusi.
"La Via Nera" conclude, ripiegando la mappa senza andare oltre con la spiegazione.
"Che nome rassicurante" commento in maniera ironica.
Alza le spalle, riponendo la carta nella tasca interna.
"Il luogo che la Via percorre non lo e' affatto, ma abbiamo sentito che, tenendosi sul sentiero, i rischi sono minimi. Dopotutto, anche se poco praticata, e' pur sempre una tratta commerciale. Ho sentito dire che Zhethil Keep ha avuto una certa influenza sul tenere quella strada sicura, c'e' anche un fortino li. Non dico che quando passeremo di li ci verra' steso il tappeto rosso, ma almeno allungando un paio di monete, le guardie chiuderanno un occhio sul perche'.. se capisci quel che intendo. C'e' una vostra enclave a Zenthil Keep e ne avete una a Baldur's Gate, dico bene?"
Annuisco.
"Bene, la cena e' quasi pronta. Wilhelm sara' qui con un piatto di zuppa anche per te" raccogliendo quel che sembra un patata lanciatagli poco fa, Gilbert scende dal carro, lasciandomi ai miei pensieri.
Di li a poco, il primo pasto dopo tre giorni.


Edited by Belzac - 11/29/2018, 02:34 PM
 
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view post Posted on 29/11/2018, 15:01

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*Tre giorni dopo*


Le soste sono regolari, l'andatura e' lenta come il mio recupero.
Puntuale, Wilhelm ha finito da poco il rituale delle bende. Mi dice di avere pazienza; se mi conoscesse, capirebbe che non e' la mia dote migliore.
Il cibo offerto non e' di sicuro un lusso, ma paragonato a certi pasti avuti in caserma ad Eltabbar, non ho di che lamentarmi.
In confronto a quando mi sono svegliato, sento che almeno le forze stanno ritornando.
Devo dire che l'unguento applicato sullo zigomo sta facendo effetto: il gonfiore si e' ridotto e la vista sta tornando ad essere normale.
I dolori alla schiena sono svaniti.
Sono steso in quello che ormai ho capito sara' il mio posto per i mesi a venire; Wilhelm ha detto che per ora mi serve riposo, il che non risulta molto difficile, dato il lento, ritmico, ondeggiare del carro.

Mi assopisco nel primo pomeriggio.


*Piu' tardi, verso l'imbrunire*

Il riposo e' disturbato da un continuo ed animato vociare. Non so da quanto stia andando avanti la cosa, fatto sta che il carro e' fermo e i due alla guida stanno avendo quella che sembra un'accesa discussione.
Ancora intontito dal sonno, non riesco a capire quello che dicono. Continuano a parlarsi l'uno sull'altro fino a che Gilbert tuona un ordine:

"SMETTILA DI PIAGNUCOLARE E SCOCCA QUACHE DARDO, PROTEGGI I MULI!"

Il trambusto continua.

La mia attenzione ora, pero', si sposta sul soffitto: un rumore di piccoli, veloci passi che vanno da sopra la mia testa fino all'entrata del cassone.
Seguo il rumore con lo sguardo, fino a sollevare appena la testa.
Un'ombra salta giu' per poi arrampicarsi veloce e fermarsi sulla soglia.
Nonostante sia il tramonto, sono pur sempre controluce e l'unica cosa che riesco a vedere e' un umanoide di piccole dimensioni.
Non capisco se stia controllando l'interno o se stia guardando me, probabilmente entrambe le cose.
Rigira qualcosa sulla mano destra, un breve luccichio segnala quello che potrebbe essere un pugnale.
Il mio battito accelera ripercuotendosi sulla spalla menomata: dolore e rabbia mi pervadono mentre quell'essere si avvicina lentamente annusando l'aria, qualche cassa e la mia coperta.
Come un cane curioso, il suo naso la tocca risalendo fino al petto per poi fermarsi, sollevando lo sguardo ed incrociando il mio.
Quello che ora riesco a distinguere come un coboldo, mi guarda cambiando espressione, digrigna i denti e solleva la mano destra per pugnalarmi.
Con lo stesso scatto che mi ha fatto afferrare la borraccia dalla mano di Gilbert tre giorni fa, afferro con una discreta forza la gola del mostriciattolo, che comincia a dimenarsi graffiandomi il braccio con la mano libera e agitando l'altra nel tentativo di portare a segno un colpo, il tutto condito da brevi, veloci rantoli folli.
Sposto lo sguardo su una cassa alla mia sinistra e, prima che lui possa pensare di usare l'arma sul mio unico braccio sano, ce lo sbatto con violenza contro.
Il primo impatto lo calma per bene e gli fa perdere il coltello, il secondo gli fa sbattere la nuca contro uno spigolo, uccidendolo sul colpo.
Guardando la scia di sangue sulle assi di legno, lascio che il cadavere scivoli adagiandosi in posizione seduta, osservando per un istante la sua espressione macabra, con gli occhi spalancati e la lingua penzolante.

Nel mentre, i rumori all'esterno non cessano.

Spinto dall'adrenalina, mi alzo aggrappandomi con la mano destra alla corda della cassa insanguinata, che si sposta appena facendomi udire quello che sembra un rumore metallico.
Guardo oltre il contenitore, la sempre piu' debole luce non mi aiuta, decido quindi di tagliare la corda utilizzando il coltello del mio aggressore.
Notando la buona lama, lo infilo nella tasca posteriore dei pantaloni.
Spostata la cassa, scorgo quello che potrebbe assomigliare ad un'elsa, solo impugnandola scopro essere una spada lunga.

Un lieve sorriso mi si dipinge in volto.

Mi siedo sulla soglia e salto giu' dal carro, camminando in direzione dei rumori. La sensazione a piedi nudi sul terreno dissestato non e' piacevole, ma nulla in paragone a quello che vedo.
La scena che mi si presenta davanti agli occhi ha un che di grottesco: vedo Gilbert preso ai fianchi da due coboldi tenuti sotto scacco dal suo dimenare violentemente una torcia accesa, sbraitando ingiurie degne dei bassifondi di Zhentil Keep.
Abbasso lo sguardo vedendo i piedi di Wilhelm ad un paio di metri da me, una balestra a terra al suo fianco, sdraiato supino con un coboldo seduto sul suo petto.
L'uomo, in totale silenzio e concitazione, tenta di proteggersi dal mostro che sta per avere la meglio.
Il ringhio rabbioso diventa un guaito, quando la lama della spada lo infilza alla schiena fuoriuscendo dall'addome.
Il gemito acuto dura pochi attimi, quanto basta per attirare l'attenzione degli altri due.
L'adrenalina continua il suo lavoro affievolendo il dolore, il cuore galoppa, mentre rivolgo ai coboldi uno sguardo sprezzante, estraendo con un gesto naturale la spada dal loro compagno come se fosse dal fodero.

Seguono pochi istanti di silenzio.

Grazie alla torcia dell'ora immobile Gilbert, vedo i coboldi che caricano in fila mentre li attendo con fare stoico.
Il primo compie un balzo verso di me evitando Wilhelm e piantandosi la spada, prontamente alzata, in pieno petto.
L'impatto mi sbilancia facendomi girare il busto di tre quarti sulla destra, costringendomi a posare il ginocchio destro a terra e lasciare la presa sull'elsa.
Il secondo arriva in salto sul mio fianco scoperto e d'istinto alzo il braccio sinistro, utilizzandolo come scudo.
La fitta alla spalla e' cosi intensa da farmi ricordare il ferro della lancia nella mia carne, il mio avambraccio azzannato e strattonato dal coboldo mi fa salire una tale rabbia, che estraggo il coltello dalla tasca e lo pugnalo con diversi colpi al costato fino a quando la sua presa viene meno.
L'ultimo colpo lo sbalza via, facendolo atterrare alla destra di Wilhelm.
Stringo il coltello nella destra, entrambi colmi di sangue, mentre mi guardo attorno per cercare altri pericoli.
La luce della torcia si avvicina assieme ai passi pesanti di Gilbert, che si ferma davanti a me.
"Tutto intero Wilhelm?" illuminando e dando un calcio al cadavere per liberare il compagno, che alzandosi a fatica esclama con tono sommesso "C'e' mancato poco.."
La torcia si sposta verso di me "Stai bene ragazzo?" chiede con fare serio e aggiunge "Sanguini che e' una bellezza."
Le bende sulla spalla sono fradicie, sento alcuni rigoli di sangue scorrere fuori dalla fasciatura fino alla punta del gomito, cominciando a gocciolare sul terreno.
L'adrenalina viene meno ed il dolore torna puntuale.
Guardo Gilbert recuperare la spada dal corpo esanime del coboldo e girarsi verso Wilhelm "Voi due dietro."
"Che vuoi fare?" risponde con fare preoccupato.
"Nulla, non possiamo proseguire, ormai il sole e' calato e non sappiamo se ce ne siano altri. Non possiamo rimanere qui per lo stesso motivo. Torneremo indietro verso la radura che abbiamo visto oggi pomeriggio."


*Poco piu' tardi*

Seduti all'entrata del cassone, Wilhelm ed io restiamo a guardare la buia strada illuminata debolmente dalla luna.
Alle solite bende e' stato aggiunto una specie di grande fazzoletto che sostiene l'avambraccio ed e' legato con un nodo sulla spalla destra, vicino al collo.
Mi ha detto che questo mi ricordera' di non usare il braccio e che dovrebbe aiutare con il dolore.
Il carro svolta a sinistra uscendo dal sentiero battuto, fermandosi poco dopo...


...il fuoco del falo' e' piacevole.
Dopo quasi una settimana passata con una coperta scrausa nel carro, sento la fiamma scaldarmi e rinvigorirmi il corpo.
Mi godo quell'attimo ringraziando in silenzio il Signore delle Fiamme per il dono concessoci.
Gilbert arriva con una maglia ed un paio di stivali in mano.
"Dovrebbero andarti bene."
Ditolgo lo sguardo dal fuoco, guardo i vestiti, ma sono restio ad accettare.
"Sono puliti" aggiunge, in tono quasi risentito. Li prendo, ma non li indosso, per ora voglio solo sentire il calore del fuoco sulla pelle.
La cena e' la solita, fatta eccezione per un pezzo di carne secca.
Dopo il pasto, Gilbert accende la sua inseparabile pipa mettendosi a pulire la lama della spada con uno straccio.
Non sono certo un amante della conversazione, ma il pensiero che gran parte delle mie giornate passeranono dentro ad un carro in solitaria, mi porta ad intavolarne una.
"E' una buona lama" dico gettando un pezzo di legno per alimentare il falo'.
Annuisce piano un paio di volte "Lo e'" gettando lo straccio nel fuoco.
"Eri un soldato?" lo guardo mentre rigira la lama, posandola a terra e facendo uscire una boccata di fumo.
"Qualcosa del genere" facendo un sorriso.
"Era un assassino" interviene il suo compare.
"Non cominciare con le adulazioni, Wilhelm" con tono quasi divertito.
"Ma quali adulazioni? E dilla, la verita'!" si volta verso di me dandogli le spalle ed indicandolo con il pollice "Devi sapere che il tizio qui, circa trent'anni e quanti? Cinquanta chili fa?" domanda in tono sarcastico "Almeno!" risponde Gilbert con una lieve risata.
"Era al servizio di"
"ZhentilKeep" intervenendo sulla risposta, rendendo evidente il non voler entrare nei dettagli.
"E hai mollato tutto per diventare un mercante?"
"E' una storia un po' piu' complicata" fa una breve pausa "tu, piuttosto, hai un nome o devo continuare a chiamarti ragazzo?" mi guarda portando la pipa alla bocca "o preferisci Thayan?" continuando a boccheggiare fumo.
"Krumorn."
"Krumorn" ribadisce annuendo tra se' "Credo tu sappia gia' i nostri nomi" dice in maniera retorica.
"Non fate che abbaiarveli contro ogni giorno" guardandolo un attimo, ricevendo un sorriso bonario di rimando "Facci l'abitudine" svuotando poi il contenuto della pipa nel fuoco.
"Sei tu che ci hai fatto l'abitudine, sempre con quei modi rozzi e quella risata irritante. Sei un disturbo ambulante della quiete" il tono ironico di Wilhelm fa alzare Gilbert, il quale elargisce in modo teatrale un inchino cosi scomposto da apparire ridicolo "Perdonate i miei modi, altezza" mantendendo l'inchino e facendo uscire un rumore disgustoso di sicura natura intestinale, facendoci storcere il naso, per poi guardarci con aria soddisfatta.
Non che in caserma fossi circondato da nobili o gente elegante, ma credo che certi atteggiamenti ci distinguino dall'essere considerati alla stregua di orchi o feccia simile.
Guardando Gilbert, mi rendo conto che questi pensieri nemmeno lo sfiorino.
"Guarda che anche tu hai i tuoi difetti, principino" indicando Wilhelm con il beccuccio della pipa, guardando poi me, indicando il carro.
"Lo vedi il nostro nobile carro trainato da quei possenti destrieri? Opera sua" tornando a puntare il compare "Ricordati Krumorn, se lasci fare certe cose ad un sembiano risparmierai monete, ma ci saranno conseguenze."
"Ingrato" esclama Wilhelm, incrociando le braccia al petto.
"Non e' colpa mia, e' nella mia natura, come e' nella vostra essere avidi" osservando, divertito, la faccia del socio diventare paonazza.
Nel frattempo, lasciandoli al loro teatrino, rigiro nella mano destra il coltello preso dal coboldo.
"E quello?"
"L'ho usato per tagliare una corda dentro il carro, la spada era dietro a una cassa" dico cercando invano di ripulirlo dal sangue ormai coaugulato, strofinandolo sull'erba.
"Ah! Ecco dov'era!" dandosi una pacca sulla fronte.
"La solita organizzazione alla Gilbert" commenta Wilhelm.
"Risparmiami la predica" andando verso il carro "ho una corda di scorta".
Metto alcuni legnetti per ravvivare la fiamma.
"Un assassino..." mormoro. Wilhelm annuisce piano "molti anni fa. E' cambiato molto da allora. I suoi modi sono diventati grezzi, la sua educazione scarsa quanto la sua igiene, in compenso a volte sa mettermi di buon umore. Lui fa vedere il suo lato di orgoglioso Zhent, ma in fondo ha un cuore d'oro."

"EHI, MA CHE CA...?" il coboldo morto vola fuori dal carro "PREGA IL TUO DIO CHE NON CI SIA IL SANGUE DENTRO QUELLA CASSA, O SPARGERO' SANGUE THAYAN STANOTTE!"

Devo ammetterlo: quella minaccia mi ha strappato un sorriso.

Edited by Belzac - 11/29/2018, 03:31 PM
 
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view post Posted on 10/12/2018, 21:06

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*Alcuni giorni dopo*


La spalla comincia a migliorare. Non posso ancora muovere il braccio, ma almeno il dolore e' diminuito.
Onde evitare spiacevoli sanguinamenti da riapertura, Wilhelm continua a lasciare il fazzoletto come sostegno.
La vista e' tornata normale.

Il peasaggio, da prima boschivo, ed il tempo atmosferico, instabile e per lo piu' piovoso, sono andati via via cambiando.
Oltrepassata la gola tra le montagne, il cambiamento e' stato radicale: una distesa infinita di sabbia ci accoglie sotto un sole cocente.
Siamo giunti a quella che Gilbert ha chiamato "Via Nera".
Scesi dal carro, osserviamo il mare sabbioso che si staglia davanti a noi e l'unica cosa che ci indica la via: un sentiero piu' spianato, che alterna crepe rocciose a piccoli cumuli di sabbia.
"Benvenuti nell'Anauroch" interviene Gilbert, continuando a guardare l'orizzonte.

"Anauroch".

Ora i ricordi si fanno piu' nitidi.

Rammento le parole pronunciate da Lord Zeross Nerv, il giorno in cui mi disse di accompagnarlo e verificare la mia abilita' in combattimento.
Senza il suo aiuto, ora il mio cadavere sarebbe gia' marcito sotto la sabbia.
"Senza di me, queste creature ti potrebbero uccidere con una facilita' tale che nemmeno immagini."
L'assenza di qualcuno dotato di capacita' sovrannaturali come Lord Nerv, mi fa scorrere un brivido sul collo.

"Sei nervoso, Krumorn?" chiede Gilbert, facendomi ritornare al presente.
"Questo posto brulica di pericoli" dico, nel mio solito modo.
Gilbert annuisce, poi risponde "L'importante e' non perdere di vista il sentiero."
Wilhelm rimane in silenzio, limitandosi a portare la borraccia alla bocca per un sorso d'acqua.
"E ricordatevi che l'acqua e' razionata, deve bastare sia per noi che per i muli."
"Sicuro che bastera' per tutta la durata del viaggio?" chiedo con non poca diffidenza.
Anche se e' stato previdente, non sappiamo quanto impiegheremo ad attraversare il deserto.
"Ne abbiamo per qualche giorno. Non sei in compagnia di gente sprovveduta, ti basti sapere questo."
Il tono in cui lo dice mi pare rassicurante, non domando oltre.
Il viaggio riprende, cosi come i miei pensieri, mentre guardo la catena montuosa allontanarsi a poco a poco.
Rimango seduto con la schiena appoggiata ad una delle casse in quello che sta diventando un forno su quattro ruote.
Guardo i due barili di acqua riempiti il giorno prima e messi vicini all'entrata assieme ad altre due casse che ho dovuto riempire di legnetti.
Abbiamo due borracce ciascuno e dobbiamo berne al massimo una al giorno, per cui le sorsate devono essere limitate e solo se necessarie.
Spero solo che Gilbert sia previdente come affermato poco fa.

*Svariati giorni piu' tardi*



Il lento viaggio continua.
Le montagne alle spalle non sono altro che una linea indefinita all'orizzonte, distorta dall'effetto del calore.
Le scorte d'acqua hanno raggiunto un quarto di ciascun barile, la preoccupazione di rimanere senza si fa incombente, cosi come il malumore.
Di giorno sembra di vagare all'interno di un immenso calderone, la notte e' fredda e pungente.
Di tanto in tanto, alcune raffiche fanno alzare la sabbia, investendo il carro e facendo anche alzare le imprecazioni di Gilbert, che si mischiano agli ululati del vento.
Ciononostante, per ora, l'andatura e' costante e sembra che il percorso sia sicuro anche se, e questo credo sia dovuto al silenzio tipico di un deserto, rimaniamo in costante stato di allerta.
Il carro ora si ferma.
Non odo rumori particolari, dopo alcuni istanti sento il brusio della voce di Gilbert che parla con qualcuno, ma non sento alcuna risposta.
Dopo una breve pausa, Gilbert riprende a discutere.
L'alternarsi continua per qualche attimo, fino a sentire gli stivali di Gilbert atterrare con la sua solita grazia sul suolo sabbioso.
Ora e' davanti al cassone e sale in assoluto silenzio.
Cominciando a slegare una cassetta di legno chiaro e levigato, mi rivolge alcune parole in tono serio e perentorio, ma con un volume piu' contenuto del solito.
"Non fare domande, rispondi alle loro e non ribattere, o il deserto sara' l'ultima delle nostre preoccupazioni."
Scende poi dal carro con la cassa sottobraccio.
Non fa ora ad avviarsi, che viene raggiunto da una figura avvolta in un mantello.
Da' uno sguardo all'interno.
Il naso e la bocca sono coperti da quella che sembra una bandana di colore grigio chiaro.
Il tempo sembra fermarsi in quegli attimi, mentre osserva il contenuto del carro.
"Chi e' il Thayan?" domanda senza rivolgere lo sguardo a Gilbert, continuando a muovere il capo incappucciato con sguardo vigile.
"La nostra scorta" risponde Gilbert con tono affabile, porgendogli la cassa, che prende guardando prima lo Zhent e poi me.
"Una scorta ferita a quanto pare." dice, guardando il braccio immobilizzato dalla fasciatura.
"Abbiamo avuto un paio di grane durante il viaggio" spiega Gilbert con voce calma.
"C'e' un sovrapprezzo da pagare?" chiede poi, con lo stesso tono.
Il suo sguardo si sposta su Gilbert.
"Hai altre domande retoriche?" gli domanda con tono fermo.
Il mercante prende un piccolo sacchetto, portandolo sulla la cassa e lasciandocelo cadere sopra, provocando il classico tintinnio di monete.
Il suo interlocutore non controlla il contenuto.
"Buon viaggio" conclude il tizio, con tono di sufficienza.

Come nulla fosse accaduto, riprendiamo a muoverci.

Con il passare del tempo, un altro giorno comincia a volgere al termine.
Il sole inizia ad avere il tipico colore del tramonto, la sabbia e le dune gialle si mischiano al rosso, facendo assumere al deserto una tinta arancione scuro.
Ammiro il paesaggio mentre usciamo appena dal sentiero, prossimi ad accamparci...


...La fredda sera e' riscaldata dal fuoco del falo', ma rimaniamo comunque avvolti nelle nostre coperte mentre consumiano un pasto a base di patate e fagioli.
Nessuno dei due sembra voler parlare del dazio pagato nel pomeriggio.
Sono conscio del fatto che, anzhe se domandassi informazioni riguardo a chi ci ha fermati, otterrei risposte vaghe o Gilbert taglierebbe sul discorso come ha gia' fatto in precedenza con il suo passato.
"Quindi ora abbiamo un passaggio sicuro?" chiedo, prima di portare il cucchiaio alla bocca.
"Sicuro e' una parola grossa, ma almeno sappiamo dove trovare acqua durante il tragitto" risponde Gilbert, inserendo un paio di prese di tabacco nella pipa, che poi accende utilizzando un piccolo legnetto ardente, rigettandolo subito dopo nel fuoco e cominciando a boccheggiare creando una sorta di nebbia attorno al suo viso.
"Hai avuto informazioni sul tempo che impiegheremo per la traversata?"
"Sono stati vaghi, piu' che altro parole di scherno, visti il carro e i muli" guardando con occhi assottigliati Wilhelm, boccheggiando in modo piu' frenetico, come a
riprendere ancora l'amico sulla scelta di risparmio, il quale non risponde a tono, rimanendo serio e fissando il fuoco.
Alla reazione immobile di Wilhelm, Gilbert mi guarda facendo un cenno con la testa verso il suo compare, chiudendo appena gli occhi per un istante ed alzando le spalle.
Sono entrambi piu' taciturni e, ad essere sincero, la cosa non mi da' fastidio.
Si addormentano poco dopo, complici anche le giornate passate sotto il sole con acqua razionata e sabbia in faccia.
Io rimango a fissare il piccolo falo' ascoltando il silenzio circostante, interrotto solo dal crepitio della legna sul fuoco, che va via via a diminuire col calare della fiamma, infondendomi calma e conciliando il mio riposo.

*Il giorno seguente*


L'acqua e' terminata.
Riempite le borracce, il resto e' stato bevuto dai muli, che sono diventati il secondo problema, piu' magri ed affaticati.
Il silenzio regna sovrano, nemmeno il vento e la sabbia hanno la forza di far inveire Gilbert contro gli dei.
Nel primo pomeriggio fa cosi caldo che mi immagino i muli accasciarsi a terra da un momento all'altro.
Appena questo pensiero mi sfiora, il carro si ferma.
Il silenzio quasi angosciante, che mi fa temere di dover attraversare a piedi quello che rimane di questo ormai dannato deserto, viene spezzato da un urlo.
Questa volta gridano entrambi all'unisono.
Scendo con la spada impugnata dirigendomi davanti, quando vedo in distanza il motivo di tanta concitazione:"OASIIIIII!!! OASIIIIIII!!!" continuano a ripetere a voce cosi alta da farmi rimpiangere gli ululati del vento.
Ammetto di essere sollevato, ma la ragione mi suggerisce di far ritornare un certo contegno, colpendo il carro con la lama di piatto e richiamando i due all'ordine...

...Ci fermiamo vicini all'oasi, mi guardo attorno per accertarmi che non ci sia nulla di strano o spiacevole, mentre Wilhelm slega le redini dei muli portandoli con se' verso la fonte d'acqua. Gilbert precede tutti correndo e ricominciando ad esultare come un matto, arrivando alla prima sponda utile e tuffandosi vestito, cappello compreso.
"Almeno e' l'occasione per vederlo farsi un bagno" commenta divertito Wilhelm.
"In effetti, era diventato un fastidio stargli controvento" dico serio, mentre Wilhelm annuisce ridendo.
Inginocchiatomi sulla sponda per darmi una rinfrescata al viso, il riflesso dell'acqua mi fa notare la ricrescita di barba e capelli. Prendo quindi il coltello e comincio il mio solito rituale, radendomi viso e testa come meglio posso.
Mi libero poi delle bende, deciso ad imitare Gilbert per levarmi di dosso sudore, sabbia e fatica. Le taglio con il coltello, osservando poi lo stato della ferita.
Il coagulo di sangue si e' ridotto, la pelle attorno e' ancora di un colore violaceo.
Provo qualche lento movimento, portando l'avambraccio verso il petto e cercando di far ruotare la spalla. Il dolore ora assomiglia piu' a quello di una seria contusione.
Ripeto la roteazione un altro paio di volte, non senza qualche smorfia, per poi immergermi nell'acqua.
Decidiamo di spendere il resto della giornata qui, godendo di un po' di meritato riposo e permettendo ai muli di bere a piacimento e brucare gli arbusti attorno all'oasi.
Gilbert si avvicina, tenendosi poi ad una certa distanza:"Domattina il viaggio riprende, riempiremo i barili stasera, cosi eviteremo di farlo sotto il sole."
Idea piu' che sensata, annuisco tenendo gli occhi chiusi.
I pensieri su quello che potra' accadere nell'immediato futuro, per ora, sono svaniti.

*La traversata continua*


Nei giorni a seguire accompagnati dall'incessante caldo, ci sono state altre due soste in due oasi.
Meno accoglienti della prima, ma pur sempre fonte di ristoro.
Wilhelm, fiero del suo lavoro, mi ha dichiarato guarito.
Ci sono volute piu' delle due/tre settimane che aveva pronosticato, ma la sua previsione riguardo alla cicatrice si e' rivelata esatta.
Una cosa e' chiara per tutti i soldati: se l'errore non ti uccide, impari da esso.
Da ora in poi, questo monito rimarra' inciso sulla mia pelle.
Durante il viaggio ci siamo imbattuti nel cadavere di uno sprovveduto, morto di stenti.
La sua armatura in ferro ed il suo scudo di legno erano ancora in perfette condizioni.
All'inizio ero riluttante, ma dovevo pur ricominciare da qualche parte.


Il carro si ferma, interrompendo i miei pensieri.
Il silenzio regna, anche il vento sembra essersi fermato.
Esco dal carro, stavolta armato di spada, armatura e scudo, ma quello che mi si para davanti spiega il silenzio dei due: montagne.
Rimaniamo a guardare i picchi all'orizzonte per qualche istante, forse increduli per un'impresa che sembrava persa in partenza, forse consapevoli di averla compiuta, o forse sperando che non sia solo un miraggio.
Piu' probabile, tutte e tre le ipotesi messe assieme.
Gilbert e' il primo ad aprire bocca:"Krumorn, controlla quanta acqua ci rimane."
"Un barile pieno a tre quarti."
"Ce lo faremo bastare."

Le scorte d'acqua sono finite poco prima di attraversare le montagne, usciti da quel mare di sabbia.
 
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view post Posted on 13/12/2018, 22:17

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*Costa della Spada*


I giorni si sono fatte settimane, le settimane sono diventate mesi.
Oltrepassato il deserto, il viaggio e' diventato senza dubbio piu' scorrevole ed il paesaggio e' tornato ad essere pianeggiante e boschivo.
Al mio risveglio, dopo una notte all'addiaccio in un bosco della Costa della Spada, vengo accolto da una visione che mi lascia sorpreso: il sudicio Gilbert mi si presenta davanti, mettendo le mani ai fianchi e guardandomi col cuo solito sorriso affabile.
"Levati quello sguardo dalla faccia, non stai sognando!" esclama, facendo una delle sue risate.
I pantaloni e la giacca nuovi, di un colore blu notte, risaltano sulla camicia di un bianco candido, mentre gli stivali eleganti di colore marrone, sono stati lucidati con estrema cura.
Il suo volto riflette il risultato di un recente bagno: la barba, scompigliata fin dal primo giorno che lo vidi, ora e' intrecciata e tenuta alla fine da un elastico bianco.
Il cappello di paglia e' scomparso, lasciando il posto ad uno in cotone dello stesso colore degli stivali.
"Beh?! Nulla da dire?" chiede con il tono di chi si aspetta un complimento.
"Si e' svegliato all'alba per ottenere un risultato simile" commenta Wilhelm, legando i muli al carro.
"Notevole" commento con tono neutro, facendo una breve pausa studiandolo appena "ora non ti resta che migliorare i modi."
Il mio complimento lo fa ridere nella sua solita maniera fastidiosa "Sei proprio un tipo a cui chiedere un giudizio, eh!"
"Scommetto che un tipo sporco e puzzolente non e' di buon auspicio per condurre gli affari."
"Basta con i complimenti ora!" facendo cenno di salire sul carro.

*Due giorni piu' tardi*

Nel primo pomeriggio, il carro si ferma lungo il sentiero battuto. Gilbert arriva all'entrata del cassone, dicendomi di scendere.
Arrivati davanti al carro, indica davanti a se' con il braccio.
"La vedi? Quella e' Baldur's Gate" dice con tono sereno, per poi aggiungere senza guardarmi "Qui le nostre strade si dividono, ragazzo."
Lo guardo, come a chiedergli una spiegazione che arriva subito dopo "La gente di queste parti e' strana. Vederci arrivare con un Thayan sul carro non sarebbe una buona pubblicita' per i nostri affari."
Lo guardo serio, ma non ribatto.
"Senza offesa, nulla contro di te o la tua gente, ma devi sapere che"
"Capisco" mi limito a dire, interrompendolo. Non mi servono spiegazioni, quel che m'importa ora e' sapere che la mia meta e' li, ad un paio di giorni di cammino.
Annuisce senza aggiunere altro.
Allunga poi un sacchetto "Come dissi nel deserto, sei la nostra scorta. Non aspettarti chissa' che somma, ma per iniziare credo sia sufficiente."
Prendo le monete con un cenno del capo in segno di ringraziamento, porgendogli poi la sua spada.
"Quella non mi serve. Abbine cura" conclude.
"Buona fortuna" mi dice Wilhelm, seduto aspettando il compare.
"Grazie" rispondo annuendo.
"In bocca al lupo, Krumorn" dice Gilbert alla guida del carro, che riparte con la sua lenta andatura.
Li guardo allontanarsi, udendo per l'ultima volta l'eco di una risata di cui non sentiro' la mancanza.


*Baldur's Gate*


Arrivo a Baldur's Gate dopo due giorni di cammino.
Ero gia' stato in questa citta', una volta, su richiesta del Maestro Aoth Sideiros.
Non mi ricordo granche' dell'ubicazione degli edifici, per cui passo buona parte del tempo in perlustrazione, cercando di orientarmi come meglio posso.
Chiedo indicazioni verso l'Enclave Thayan a due passanti, uno dei due mi risponde in maniera vaga facendo un cenno di disprezzo con la mano.
Devo riabituarmi ai modi dell'ovest, per cui soffoco l'istinto di mettergli le mani attorno al collo e giro i tacchi.
Camminando per le strade, mi domando quanto tempo possa trascorrere prima che qualcuno faccia traboccare la goccia dal vaso.
"Quante le offese? Quanti i volti schifati, solo per il fatto di dover rivolgerci la parola? Soprattutto, quanto tempo aspettare, prima che qualcuno offenda la persona sbagliata? Aspetto con ansia il giorno in cui un Mago Rosso verra' fatto adirare a tal punto da imporre un'invasione.
Che sublime visione: l'esercito di Thay marciare compatto con gli stendardi recanti il vessillo dei Maghi Rossi ed i popolani costretti ad abbracciare la sola, unica e dura legge Thayan, riportando ordine e disciplina ai cittadini e morte o, peggio, schiavitu' ai ribelli.
"
Accompagnato da questi pensieri, giungo davanti all'Enclave.
La guardia alla porta mi da' un'occhiata, rispondo con un saluto militare, che viene ricambiato con un lieve cenno del capo.
Guardo l'ingresso, che non varco nel momento in cui una frase del Maestro Ankhalab riaffiora nella mia mente:

"Il Thay deve dimostrare potenza."

Saluto di nuovo la guardia prima di allontanarmi.
Devo trovare un alloggio, ho bisogno di pensare in pace.
Trovo una locanda chiamata "Il Canto dell'Elfa".
La locandiera e' una mezzelfa, che mi guarda con aria di sdegno e mi consegna la chiave della mia stanza.
Immerso in una tinozza d'acqua calda davanti al caminetto acceso, fisso la fiamma facendo mente locale.

"Sarebbe saggio chiedere informazioni sul Maestro, all'Enclave? L'unica fonte sicura sarebbe quella del Khazark o di un Mago Rosso, ma che figura ci farei domandando di un uomo che mi era stato incaricato di seguire? Sono sicuro che, anche dicendo la verita' sul fatto che fossi all'oscuro della sua partenza, la cosa non verrebbe digerita nel migliore dei modi, magari screditandomi ancora prima di iniziare.
E che tipo di aiuto potrei dare all'Enclave? Sono fuori allenamento ed il mio equipaggiamento non e' paragonabile a quello di prima, quanto durerei?
"

Il secchio vuoto, usato per l'ultimo risciacquo, vola nel camino a causa di un gesto di stizza che ho nei miei confronti per essere in queste condizioni pietose e gli unici motivi non sono altri che me stesso e la mia disattenzione.
Mentre la fiamma si fa piu' violenta, mi avvolgo in un asciugamano, sedendomi poi davanti allo specchio dove rado la ricrescita di barba e capelli.
"Dimostrare potenza", cosa che non mi riuscirebbe di sicuro, ora come ora.
Ricominciare gli allenamenti e avere un equipaggiamento degno di essere chiamato tale sono i due requisiti primari, prima che possa varcare quella soglia.
Scendo le scale, ordino un pasto caldo e pago il tutto, riconsegnando la chiave.
Ricevute le monete, la mezzelfa ora si sente in dovere di liberarsi di un peso, guardandomi e sputando per terra.
La guardo per un istante, pensando a cosa ne sarebbe di lei ad Eltabbar: venduta come schiava ad un Mago Rosso, tenuta incatenata ed in bella mostra per offrire un divertente spettacolo ad amici e conoscenti durante l'ora di cena.
Le mostro un sorriso sarcastisco poco prima di abbandonare la locanda.


*Due settimane dopo*


Ho conosciuto una persona che risponde al nome di Himir. L'ho incontrato per caso, appena fuori dai boschi a Nord di Baldur's Gate e mi ha proposto di lavorare per la sua compagnia: l'Aquila di Sangue.
Ho accettato, facendo chiaro il punto che lo faccio per le monete e che sara' solo una cosa temporanea. Mi sembra non abbia avuto nulla in contrario.
Himir, di certo una persona socievole ed un abile combattente, si e' premurato di darmi un paio di armature ed una nuova arma.
Finalmente, posso riprendere i miei allenamenti con il falchion.
Lo devo ricambiare con il lavoro, un compromesso che non fa una piega.
Nonostante sia un tipo affabile e cordiale, non riesco ad inquadrarlo del tutto. Vuole portare in alto il nome della sua compagnia e sembra voglia avere le mani in pasta un po' dappertutto, ammesso che gia' non le abbia o le abbia avute.
Inoltre, chi si puo' permettere di parlare di Lord Nerv come fosse un amico di vecchia data, rifiutandone tra l'altro l'invito a fargli da guardia, non e' una persona da sottovalutare anzi, credo sia quella adatta dalla quale apprendere per perfezionare le mie abilita' combattive.
Sembra sapere molte cose, puo' essere probabile che abbia le informazioni che cerco, ma non voglio affrettare il passo.

C'e' poi quella ragazza che si fa chiamare "Ash": sono convinto che le sue domande sul mio stato di salute dovute al fatto di avere la testa glabra, siano solo il frutto di noncuranza delle tradizioni altrui. Sembra la classica persona irriverente, che da' troppa confidenza a chi non conosce.
Pare abbia pure doti magiche; che siano frutto di studio o di talento innato non m'interessa poi molto, di sicuro meno evidenti di quello che ho potuto vedere in passato.
Per ora rimangono seconde, se paragonate al suo sguardo intimidatorio.

Il resto dei membri, a quanto pare, lo conoscero' a breve.
Almeno loro mi hanno accettato, vediamo che ne saltera' fuori.

Edited by Belzac - 12/13/2018, 10:54 PM
 
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view post Posted on 1/2/2019, 15:14

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Glorin, quello che Himir indica sempre come il suo socio, e' un nano burbero dai modi irritanti e dalla lingua tagliente.
Il nostro primo incontro non e' stato dei migliori, in quanto le sue continue provocazioni hanno avuto come unico effetto quello di volerlo affogare in un barile di birra.
Sarebbe stato l'unico punto che avrebbe reso felici entrambi.
Se non ci fosse stato Himir, sarebbe finito tutto in un bagno di sangue e, mi secca ammetterlo, sarebbe stato il mio.Vederlo in combattimento mi ha sorpreso: preciso, potente e la sua guardia non ha punti ciechi.
Sono passati diversi giorni da quando mi sono unito alla loro compagnia e sto imparando, piano piano, a sopportarlo.
Come tutti i nani, dimostra un'innata avidita' per il denaro, l'amore verso qualsivolgia tipo di alcolico e la passione per la forgia, un punto che vorrei approfondire per migliorare anche sotto quell'aspetto.
Tuttavia, sembra restio ad avere collaboratori o ad insegnare la materia, ma credo che, con le giuste parole, qualcosa possa saltare fuori. Nella sua ironica magnanimita', mi ha detto che forgera' un'armatura nuova per me e ha accettato la mia richiesta di assistere al lavoro. Nulla di che, ma osservare e' il primo passo di qualsiasi apprendista.
E' spesso propenso alla violenza, una nota molto interessante, e ho provato non poca soddisfazione vedere i suoi occhi illuminarsi quando ho cercato di proporre il taglio della mano del bardo per i soldi rubati alla compagnia.
Il nano sa ascoltare, credo trovera' le risoluzioni Thayan altrettanto allettanti e di certo gliele faro' presente, qualora si dovesse presentare la situazione adatta.
In fin dei conti, la fonte d'ispirazione non manca...

...Raz, il bardo, ovvero l'elemento di disturbo, indisciplinato e svogliato perdigiorno.
Finora, la sua magia consiste solo in trucchi illusori e da intrattenitore.
La risolutezza adottata in combattimento con parole d'ispirazione per il gruppo e una discreta abilita' nell'uso dello stocco, non compensa il suo essere lavativo, opportunista e ladro.
Se le monete che ha preso per mantenere i suoi vizi fossero state le mie, in questo momento avrebbe dovuto imparare a suonare il suo mandolino e formulare i suoi incantesimi con i piedi.
Il suo comportamento e' il classico della persona che vuole attenzioni ed e' riuscito ad ottenerle; resta da vedere se ha capito che sei occhi ed un'ascia puntati contro, non sono proprio quei riguardi che ti portano vantaggi.

L'altro nano, Grynmir, e' piu' taciturno e parla solo quando viene interpellato, un pregio non da poco. Per il resto puo' stringere la mano a Glorin: denaro e birra e' la lingua che li accomuna.
Un fulgido esempio di come i piu' taciturni possano essere infidi. Infatti, si e' accaparrato la stanza piu' grande e bella della vecchia sede.
Non che abbia da lamentarmi, in fondo chi prima arriva meglio alloggia, mi secca solo non avere il caminetto.
Almeno non devo piu' dividere la stanza con qualcuno, ho un mio spazio e so gia' come allestirlo.

Non perdo comunque di vista il mio obiettivo, in fondo, seppur prolungata, la mia permaneza e' solo temporanea.
 
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view post Posted on 23/2/2019, 22:28

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Si e' appena conclusa la seconda parte dei miei allenamenti con Himir e Glorin e mi concedo del riposo. Chiuso in una delle stanze de "L'Elmo e il Mantello", sono immerso in una grande tinozza davanti al caminetto.
L'acqua molto calda emette il classico vapore e presto la camera e' un concentrato di umidita' e calore.
Fissando la fiamma, la mia mente si libera e comincia a rivivere le memorie di un passato non molto lontano in una citta', a detta di molti, "irraggiungibile".
La gente crede che il Thay non sia altro che una regione governata dagli spietati Maghi Rossi, dove anche il piu' piccolo errore puo' essere pagato con la vita.
Tutto vero.
Pero', c'e' qualcosa che molti non sanno: un posto dove la magia viene riverita, ma non praticata. Un luogo dove le spade sostituiscono le bacchette e dove il rosso cremisi delle temute tuniche lascia posto al vermiglio del sangue.

*Eltabbar - Thay - Tre anni fa*

Sono ormai anni che, seguendo la volonta' di un padre opportunista ed autoritario, sono entrato a far parte dell'esercito.
La nostra gerarchia e' semplice: se sei un Cavaliere sei qualcuno, una Guardia lo sei quasi, un fante sei quasi nulla e poi c'e' la recluta.
Le reclute convivono tutte assieme. Non si fa distinzione di razza, origine, religione e, ovviamente, non mancano gli screzi tra Thayan e "volontari" stranieri, tra religiosi di questo e quel culto e tra schiavi e uomini liberi, almeno liberi di scegliere se arruolarsi o meno.
Solo i Thayan possono aspirare a diventare qualcuno, il resto viene assegnato a ruoli di fanteria leggera: una specie di seconda linea subito dietro la carne da macello quali goblin, orchi e gnoll, che vivono ammassati in un altro complesso ai margini del quartiere degli schiavi e trattati come la feccia che sono.
Non manca, inoltre, la formazione di piccole fazioni all'interno delle camerate, un po' come quando ci si trova in terra straniera e si cerca di formare un gruppo di persone che abbiano almeno qualcosa in comune, per farsi forza e sostenersi a vicenda.
Mantenere l'ordine non e' facile, ma il Comandante ha i suoi metodi efficienti e le liti, le risse ed il chaos sono momenti che si hanno solo quando si raggiunge il culmine della sopportazione e vengono riportati alla calma dalle guardie di turno a suon di bastonate, punizioni e giorni di isolamento.
Le bastonate sono le classiche, ma anche quelle dai risultati immediati. Infatti, non si usano randelli come lo si farebbe con un animale, no, i nostri protettori dell'ordine usano le aste delle loro lance, bardiche o alabarde.
E la randellata non e' altro che un avvertimento. Meglio non muoversi, ammesso ci si riesca dopo una ripassata, e meglio ancora non essere un rashemi perche', in quel caso, la cosa precipita presto in una gara a "lo ammazzo io".
Le punizioni sono date per dare l'esempio, per far capire al ribelle quale sia il suo posto e quanto egli sia vicino all'asta della guardia, quindi la si accetta con un secco Sissignore ed ecco che, il giorno dopo, durante pattugliamenti al di fuori della citta' per cercare volontari che possano servire la prima fila dei ranghi, ci possa scappare qualche goblin o schiavo morto.
Finita la missione, il ribelle del giorno prima arriva armato di pala e buona volonta' thayan, scavando fosse comuni da pomeriggio a sera inoltrata.
Un lavoro sfiancante, senz'altro, ma che ti rende senza accorgertene particolarmente robusto e forte, anche di stomaco.
Se ti va meglio, finisci a dare una mano al fabbro della caserma: un ex-veterano thayan che ormai non ha piu' cura di se', lo dimostrano la lunga barba e i lunghi capelli bianchi, e riversa la stessa cura sull'individuo che ha la fortuna di fargli da assistente. Sette lunghi giorni, dall'alba al tramonto a battere ferro in una fornace che sembra stata costruita sui bracieri di Kossuth stesso. Ovviamente, questa fortuna e' un'opzione che viene data per lo piu' in estate.
Se non la si vede solo come una punizione, questa mansione aumenta le capacita' di resistenza, senza contare che s'imparano le basi della forgiatura.
I giorni di isolamento, di solito, sono una conseguenza della randellata: se e' stata cosi brutale da incapacitarti a riprendere le tue mansioni giornaliere, vieni sbattuto in una cella dalle dimensioni di due metri quadri, cosi buia da farti perdere il conteggio delle ore, maleodorante come le fogne.
Il pasto, dato due volte al giorno, viene consumato al buio e dato il sapore, credo sia meglio cosi. In quindici giorni si ha la possibilita' di riprendersi dalle botte e ripensare ai propri errori, cosa da non fare ad alta voce, perche' la prima punizione e' sempre alle porte, fuori dalla cella.
Meglio starsene zitti e far parlare solo i pensieri; in fin dei conti due settimane passano in fretta, dicono.
Dopo nove anni passati qui, comincio a credere che il mio futuro non sara' come avevo previsto, sopratutto ora che mi trovo a tu per tu con il Comandante, a rapporto nel suo ufficio.
Sorander Kren, piu' che un uomo, e' un concentrato di odio. Voci dicono sia nato da una nobile famiglia di Maghi Rossi e che sia stato il primo del suo casato a non passare il famoso controllo in eta' infantile, di conseguenza fu ripudiato dai propri genitori e dato in affido a chissa' quale diavolo, ma quello fu solo l'inizio.
Fattosi strada nell'arena come gladiatore, ha scalato la gerarchia cosi in fretta da meritarsi il titolo di Cavaliere Thayan a poco piu' di vent'anni.
Dopo aver servito lo stesso Mago per quindici anni, e' stato congedato a causa delle ferite che lo hanno menomato in maniera permanente.
Come premio gli e' stata affidata la direzione della caserma, un modo gentile per dire "Ora sei inutile, non mi servi piu'".
Da quel giorno, il suo carattare e' peggiorato, diventando sempre piu' lunatico ed irascibile.
Lui ha sempre odiato il suo premio, odia questo posto e, di conseguenza, ci odia.
Tutti.
Lo guardo mentre sta leggendo in rigoroso silenzio una specie di diario spesso circa tre dita.
Il tempo scorre lento in quell'attimo, tanto da farmi sentire la mancanza della cella d'isolamento.
Rimane seduto composto, busto eretto, diario aperto sulla scrivania consunta, sfogliando le pagine con la mano destra, l'unica che ancora ha, vestito con una mezza armatura di un materiale che mi sembra argento, lucidata cosi a specchio che la luce del candelabro, posto a lato della scrivania, viene amplificata dal riflesso sulle piastre metalliche.
Ci sono due leggende su di lui: la prima dice che, privato della sua arma, abbia affrontato un demone a mani nude pur di difendere il Mago Rosso. La seconda vuole che fosse un drago.
Nessuno sa la verita'. Quello che so e' che certi sfregi sul cranio, che hanno rovinato il suo aspetto e la simmetria del suo tatuaggio costituito da complesse rune di varie forme geometriche e che gli hanno portato via mezzo orecchio e occhio destro, di sicuro non te li fa il cane del vicino.
Nonostante tutto, rimane impeccabile: quarantacinque anni, anno piu' anno meno, capelli sempre rasati, una grigia barba corta ai lati, che termina a punta sul mento.
"Krumorn Ficksdotter.." pronunciato con una strana calma, mentre richiude il diario e lo solleva mostrandomelo "..sai cos'e' questo?"
Se ora gli rispondessi "un diario", ho come l'impressione che mi arriverebbe dritto sul volto, per cui resto sul generico:"Un... rapporto?"
"Questo..." sbattendolo sul tavolo e facendo sobbalzare il calamaio, che riversa una parte d'inchiostro nero subito inghiottito dal legno della scrivania "...sei tu!" segue un altro momento di silenzio, mentre si stropiccia l'occhio sano.
"Sono dieci anni che gestisco questo posto e mai, mai mi e' capitato di firmare cosi tante punizioni" riaprendo la mia storia e sfogliando le pagine dall'inizio.
"Insubordinazione, risse, sette aggressioni" il suo volto pare ironicamente sorpreso "tra l'altro l'ultima... in sala mensa?" alzando lo sguardo e fissandomi per un istante, prima di tornare a leggere "dicono tu abbia aggredito un... bah! Un rashemi... e da allora ha dei problemi ad esprimersi..." rialza il suo sguardo "Sono curioso, Ficksdotter. Cosa mai avra' fatto un cane rashemi per colpirlo con un guanto d'arme ed incasinargli la mandibola?"
"Ha espresso giudizi poco gradevoli sui Maghi Rossi" dico con tono serio.
"Piu' nello specifico?" piegandosi appena in avanti, come se volesse che mi confidassi "Dimmi, che ha detto?"
"Li ha paragonati alla..."
"Alla...?" abbozzando un sorriso, che viene spento sul nascere.
"No, non lo diro', Comandante" il mio tono e' lo stesso, ma comincio a sentire una certa ansia.
"Alla merda?" assottigliando anche l'occhio privo di vita.
"Esatto" rispondo, con una certa liberazione per il fatto che lo abbia detto lui.
"E secondo te, e' l'unico nel Faerun che lo pensa?" chiede, alzando di un tono la voce.
"No, Comandante, ma io l'ho sentito."
"Ma tu l'hai sentito..." il tono torna tranquillo, tanto da rendermi nervoso "...quindi ti sei eretto a giudice e l'hai punito, dico bene? Devo forse ricordarti che finche' siete qui, non contate niente alla stessa maniera?" assumendo un'aria piu' greve.
A questo punto distoglie lo sguardo, da' qualche occhiata alla stanza, pensando a voce alta "'Piu' li punisci e piu' ti rispetteranno' mi dissero. Evidentemente, qualcuno e' l'eccezione che conferma la regola e piu' infliggi loro punizioni, piu' questi se ne fregano e diventano recidivi. Facendo cosi, pero', compromettono la fama della caserma" fa una pausa "il che non e' una cosa a cui darei molto peso, se non fosse per il fatto che la comando io". Quell'io detto con tono sommesso e roco non suona per niente promettente. "Se i miei metodi non funzionano, le voci cominceranno a girare e ci farei pure la figura di uno che si e' ammorbidito col tempo, alcuni arriverebbero a darmi dell'ingenuo e se qualche Mago lo venisse a scoprire, passerei addirittura per stupido" fa una breve pausa, prima di posare lo sguardo su di me e cogliermi di sorpresa con una domanda "Tu cosa vedi, Ficksdotter?"
La domanda e' cosi semplice, ma allo stesso tempo ho il dubbio che rispondergli potrebbe risultare stupido.
"Non capisco, Signore" dico, come uno stupido.
"Guardami e dimmi cosa vedi" fissandomi serio, esigendo una risposta.
"Vedo Voi, Comand.." alla seconda prova di stupidita', la sua mano afferra il lato sinistro della scrivania, che viene scaraventata con violenza alla sua destra, andandosi a schiantare su un armadio, rimanendo poi in posizione obliqua. D'istinto, il mio sguardo si sposta sul tavolo e sui fogli volanti, che nemmeno mi accordo che ora lui e' li, ad un passo da me.
"Piantala con le stronzate reverenziali e dammi una risposta" lo dice a denti stretti, come se si trattenesse dal mordermi al collo.
"Un Caval..." la mia voce viene strozzata dalla sua mano che scatta come un serpente e mi afferra la gola. Subito dopo, cambia braccio. Ora ho il suo avambraccio sinistro a premermi sulla porta, bloccandomi il respiro. Nonostante sia monco, la sua pressione riesce comunque a constrigermi in punta di piedi. Il suo sguardo e' feroce, il pugnale che mi mostra, prima di portare all'altezza della pancia, ha una lama lucente come la sua armatura e sembra cosi affilata che sbudellarmi gli verrebbe semplice come spalmare del burro su una fetta di pane caldo.
"Non azzardarti nemmeno a pensare quello che stavi per dire. Ora concentrati e dimmi" fa una pausa per assicurarsi lo stia guardando nell'occhio sano.
"Tu-Cosa-Vedi?" scandendo ogni parola.
Non so se sia lo sforzo che sto facendo per provare a respirare, ma gli occhi cominciano a lacrimare, non so nemmeno se sia dovuto alla posizione in punta di piedi, ma le gambe mi tremano.
So solo una cosa: per la prima volta da quando sono qui, ho paura.
Provo a parlare, ma sento che non accenna ad allentare la pressione, ho poco tempo ed in quell'attimo comprendo che vuole una sola cosa: verita'.
"Un... Un'om...bra." sussurro a forza, prima di sentirmi svenire.
A quel punto mi ritrovo in ginocchio, emetto strani versi dalla bocca mentre respiro a pieni polmoni tutta l'aria che posso trovare.
"Alzati" con voce ferma, ancora li, davanti a me. Mi ricompongo, non senza qualche sforzo.
"Se mi fosse concesso di tornare quello che ero prima e il prezzo da pagare fosse quello di uccidervi tutti, lo farei. Dal primo all'ultimo in questa caserma, farei un bagno nel vostro sangue. Sai perche' non lo faccio?" mi domanda, tenendo il pugnale stretto nel pugno.
Mi limito a scuotere il capo in risposta.
"Perche' te l'ho appena detto, idiota! Perche' non mi e' permesso" la sua voce rimbomba come un tuono, poco prima di sferrare una pugnalata alla porta, all'altezza del mio orecchio sinistro, al quale si avvicina sussurrandomi "Capisci, ora, il concetto di obbedienza?"
Si volta, tornando alla scrivania e rimettendola a posto con un gesto secco, provocando un tonfo e procedendo a raccogliere qualche foglio.
"Una volta non dovevo avere paura della morte" fa una pausa, accartocciando i fogli in mano in un pugno cosi serrato, che le nocche gli diventano bianche "Ora, invece, non devo temere di morire sotterrato da un mucchio di... SCARTOFFIE!" cosi dicendo, colpisce il tavolino al centro, spezzando le assi e facendolo assomigliare ad un libro semiaperto. Ora fa profondi e lenti respiri, ritornando nella sua postura marziale, sembra che lo sfogo lo abbia calmato.
"Da quanto tempo sei qui, Ficksdotter?" mi domanda, senza voltarsi.
"Nove anni."
"E non siamo riuscirti a darti una raddrizzata" poi si volta "ma nemmeno a spezzarti" portando il pugno al mento con fare accigliato, ma pensieroso.
"Questo non e' piu' il tuo posto" mi dice serio.
Mi sarei aspettato qualsiasi punizione, ma l'essere cacciato non l'avevo previsto.
Le gambe non mi sostengono e mi accascio a terra con sguardo vuoto.
Il comandante mi guarda, non muove un muscolo.
"Prendi la tua roba, unisciti alla prima carovana o vacci a piedi, non m'importa, e trasferisciti all'Enclave di Baldur's Gate. Presentati al Khazark o a chi ne fa le veci. Il vero addestramento comincera' da li."
Mi ci vuole un momento per assimilare l'ordine:"Quindi Voi non mi state..."
"Alzati, deficiente" mettendomisi di nuovo davanti.
Mi alzo, tornando nella mia postura marziale.
"Nove anni e, nonostante tutte quelle punizioni, non hai fatto una piega. Notevole, se non si considera la tua condotta. Con Loro sara' diverso" ora ha un sorrisetto soddisfatto, che muore come il precedente "Obbedienza, sincerita' e paura" guardandomi serio, ma allo stesso tempo come qualcuno che stia dando dei preziosi consigli.
"Ma avete detto che non bisogna aver paura." dico confuso.
"Non la paura di morire, ma quella di fallire. Deluderli porta a conseguenze ben peggiori della morte stessa, credo di non doverti dare ulteriori spiegazioni a riguardo."
"No, Signore."
"Ora vattene e non osare ripresentarti a me senza essere qualcuno" mi ordina estraendo lentamente il pugnale dalla porta, che emette uno stridio simile ad un gemito.
"Sissignore."
Si va a sedere di nuovo, contemplando gli effetti del suo sfogo. Mentre apro la porta, il mio nome mi ferma sull'uscio.
"Krumorn Ficksdotter" alzando appena la voce "Diventa qualcuno, o muori nel tentativo."
"Sissignore."
"E prima di andartene, recupera un falegname e fallo venire qui."

Riapro gli occhi. L'acqua e' tiepida, la fiamma debole, ma ancora viva. I ricordi sono stati cosi intensi e vividi, che la fronte e' imperlata di sudore.
Prendo un secchio di acqua fredda e me lo verso addosso, prima di uscire dalla tinozza.
Avvolto in un asciugamani, mi stendo supino sul letto, con le braccia incrociate dietro la testa.
Curioso come questa cosa sia riaffiorata dopo il suggerimento di Himir sulla paura. Devo ammettere di aver riflettuto in maniera superficiale sul suo concetto. Pensavo si riferisse alla paura di morire, ma mi rendo conto che e' una cosa soggettiva ed ora, a mente fredda, riesco a coglierne l'essenza.
"Accoglierla, dominarla, ma mai sopprimerla" non vuol dire "vivere nella paura", ma dev'essere uno stimolo sempre presente e pronto a spingerti al miglioramento, alla ricerca della perfezione.
Per un guerriero thayan, la morte e' solo la conseguenza.
Il vero terrore e' il fallimento.

Edited by Belzac - 2/24/2019, 03:42 PM
 
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