La stanza è buia e silenziosa, solo una lieve cadenza di pioggia contro i balconi socchiusi mi ricorda l'esistenza di un mondo immenso che aspetta là fuori, caotico, indifferente e imprevedibile.
Mi rigiro nel letto tra le spesse coperte di velluto, tormento i cuscini e ne lancio un paio verso la porta sbuffando con un'insofferenza che non mi abbandona.
Mi rimetto a sedere e ascolto la pioggia, i suoi sussurri coprono i rumori di questa grande casa, il trambusto che sicuramente Ven sta facendo di sotto ma di cui io non so nulla. Mi chiedo se dormirei meglio fuori, nel fango, con i vestiti inzuppati e il terrore di divenire una preda.
No, la realtà è che nulla, nessuno e alcun luogo riescono a darmi un vero sollievo. Combatto contro demoni sconosciuti e fantasmi di cui non ho memoria. Soltanto i miei sogni riportano a galla frammenti di verità sepolte, ma quando riapro gli occhi rimango a fissare attonita un indistinta manciata di polvere tra le mani.
C'è qualcosa in quei sogni, ne sono sicura. Se solo potessi affrontarli con maggiore lucidità. Sono visioni al confine dell'incubo, nuclei oscuri di paure sopite, dettagli confusi di qualcosa che ho vissuto.
L'unica figura che riesco a ricordare con chiarezza, quando le luci dell'alba spazzano via le ombre delle mie notti inquete, è quella di un'anziana dal volto terribile e lo sguardo furente. I suoi occhi sono chiari e fuligginosi, intensi e colmi di potere.
Mi fissa e mi addita con rabbia, il suo odio nei miei confronti mi annienta e mi schiaccia in un angolo, preda delle mie paure, con i polsi e le caviglie legate, in gabbia.
Non ho idea di cosa posso averle fatto, nè del perchè io sia prigioniera. So solo che in quei sogni ho paura, una paura viscerale e paralizzante.
* * *
Tengo la sua mano e lo seguo silenziosa. Scendiamo le strette scale di pietra e siamo in un enorme scantinato freddo e buio, con porte chiuse verso altre ignote stanze.
L'aria è umida e densa, impregnata di strani odori che non corrispondono a nulla che il mio olfatto classifichi come naturale. Questo è il suo regno magico e alchemico, e a me la magia non interessa.
"Sono cambiato così tanto che non riesco ad esternare quello che provo in mezzo alle persone...
Sei certa di voler essere ancora la mia compagna?
Le cose cambiano le persone, irrimediabilmente. Io non sono come credi."
Lo osservo a lungo, quei tratti un po' spigolosi che mi sono così familiari, la vacuità dell'occhio vitreo, la freddezza della sua postura, e l'angoscia che uno scantinato rivestito di piombo in cui mi ha appena trascinata mi dovrebbe provocare.
Ma sono tranquilla.
La sua presenza mi calma, e ho una strana certezza che sia sempre stato così, anche se non riesco a ricordarlo davvero. La logicità della mia mente annaspa, ma l'istinto conosce a perfezione ciò che io ho dimenticato.
Sto imparando a conoscerlo di nuovo, ma è come se non ci fossimo mai perduti, e la stranezza dell'uomo che ho davanti mi spiazza soltanto nella misura in cui mi chiedo che persona devo essere stata per legarmi così tanto a qualcuno tanto pieno d'ombre e di misteri.
"Voglio che non ci siano segreti..."
E' così che inizia a raccontarmi chi eravamo, chi siamo stati, come ci siamo amati e distrutti per poi unirci di nuovo nonostante il dolore. Ascolto le sue parole ed è come vivere una storia d'altri, ma sento quella piccola inquietudine nel profondo, come una ferita allo stomaco che assomiglia agli artigli della Aurin che sono stata, che si piantano nelle mie viscere mentre lei cerca disperatamente di risalire.
"Tu sei sempre stata più di quel che si vedeva.
Talvolta sembravi frivola, altre determinata come un vero lupo, e altre volte eri così, proprio come adesso: non avevi bisogno di parole, solo di cose vere, di gesti semplici.
Compresi che eri come me, con un fuoco dentro, inquieta ed ambiziosa."
* * *
E' giorno di caccia. Indosso gli abiti comodi e allaccio la faretra contando le frecce una per una. E' una piacevole giornata primaverile e l'aria mite trascina con sè un'infinità di odori.
Raggiungo di corsa il fitto della foresta, dove posso muovermi con spietata sicurezza ed agilità. La natura è casa mia, e il gioco amorale di questo giardino selvaggio è la mia sfida alla vita.
Ogni angolo del bosco mi parla di odori e colori che conosco, e che posso seguire e sfruttare per stanare le mie prede.
Lui è con me, abbandona le maschere e si trasforma nella mia ombra che trotterella a quattro zampe ululando l'inno alla nostra caccia. Adesso capisco perchè è l'uomo che ho scelto una volta e che scelgo di nuovo, ancora e ancora, finchè qualcuno oserà distruggere la sintonia perfetta di due anime inquiete e sfrontate, che danzano insieme sul crinale della vita.
Seguo le orme nel sottobosco, la sete di sangue cresce e mi pulsa nelle vene come una bestia affamata, dissanguata quanto basta per renderla implacabile.
Ho bisogno di conquistare, di combattere, di uccidere.
Non mi curo del sangue che imbratta la mia pelle candida, non c'è nulla che possa fermare la frenesia che mi consuma con una violenza devastante. L'amore di Sune, il perdono, la benevolenza, il buon cuore, i sorrisi, i begli abiti ricamati...è tutto così distante.
Solo quando trionfo sul nemico, stanato e sconfitto, sento che ho recuperato una parte di me, della mia dignità, della libertà che mi era stata tolta.
Neanche il suo sguardo contrariato mi placa. La sete mi divora, questa è la mia battaglia.