Faerûn's Legends

Il Canto dell'Odio

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Aurin
view post Posted on 15/8/2019, 16:03 by: Aurin
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Predatore di Coboldi

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Zhentil Keep - 1383 CV - Anno delle lame elfiche

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Fa freddo tra le cupe mura di Zhentil Keep. Persino nelle antiche case nobiliari, costellate di lussuosi camini in cui costantemente ardono focolari ravvivati dalla servitù, è impossibile non soffrire la morsa del gelo nelle notti d’inverno.
Fa ancora più freddo nelle case popolari, dove gli infissi sono pieni di spifferi e i vetri incrostati da accumuli di neve. Ci si scalda dormendo vicini, ammucchiando le pesanti coperte rattoppate, tremando un po’, finché non sopraggiunge il sonno.

Silerah ha dodici anni, e ormai è una degli “ospiti” più grandi a casa della Signora Marybel. Nonostante il padre paghi ancora per la sua permanenza in quella dimora per orfani, la vecchia padrona di casa esige da lei che curi la casa e i bambini più vivaci. In cambio le permette di passare un intero giorno a settimana in biblioteca, dove la mezzelfa sembra aver trovato l’unico limbo di pace nella sua inquieta esistenza volta soltanto ad attendere le visite sempre più sporadiche del padre. Quell’uomo che ha idealizzato al punto di vederlo come unica ragione di vita.

Fa terribilmente freddo quando la mezzelfa raggiunge il suo letto quella sera. Gli orfani sono tutti coricati, anche due o tre nello stesso letto, per trovar maggior tepore nel contatto dei corpi. Silerah si è conquistata il giaciglio solitario vicino alla finestra e ne va maledettamente fiera. Sta crescendo solitaria e introversa: il chiasso dei bambini la infastidisce, e altrettanto la loro vicinanza.

Quando cala la sera e i piccoli si addormentano, arriva il momento che maggiormente agogna. Scende il silenzio nell’ampio salone, e nella luce tremolante della candela può sfogliare il proprio quaderno dei disegni, arricchendolo ogni giorno di qualche dettaglio in più.

Talvolta è costretta a rannicchiarsi in posizioni scomode, pur di sfuggire agli sguardi invadenti di Jacob, uno degli orfani suoi coetanei. Non riesce proprio a sopportare il semplice brusio che sembra provenire dai suoi pensieri, che lei considera certamente indegni e gretti. Una volta, per sbaglio, gli ha fatto cadere addosso una teiera da una mensola, solo guardandola per un attimo e sussurrando qualcosa. Da allora è convinta che lui stia meditando una qualche vendetta.

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Una mattina come tante altre, la mezzelfa si sveglia in preda agli spasmi per il freddo opprimente. Mentre strofina le mani sulle braccia per scaldarsi, si avvia verso l’angolo della toletta puntando lo sguardo ancora assonnato sul proprio riflesso nello specchio.
Un urlo agghiacciante percorre il dormitorio, provocando il pianto di alcuni dei più piccoli svegliatisi di soprassalto. A sovrastare i piagnistei c’è però un’altra voce: una risata maschile, sadica e beffarda.
Jacob si avvicina alle spalle di Silerah puntandole il dito contro e canzonandola con la crudeltà genuina tipica dei bambini.

“Meticcia! Meticcia! Sangue sporco! Orecchie lunghe!”

Il riflesso nello specchio mostra il bel volto della giovane mezzelfa senza più l’ornamento grazioso dei suoi capelli. Alcuni corti ciuffi rimangono sul suo capo, tagliati in maniera rozza mentre lei dormiva, e le lunghe orecchie di retaggio materno sembrano ancora più grandi in quell’assenza di cornice.

Lo sguardo di Silerah rimane attonito per qualche lungo istante, inchiodato a quello specchio che riflette uno dei suoi peggiori incubi. Un secondo urlo segue il primo, ma stavolta è colmo di rabbia e ferocia. Un’esplosione troppo a lungo rimandata di una profonda frustrazione e solitudine, solitamente celata dietro un apparente distacco dal mondo.
Al secondo urlo si accompagna una repentina scossa gelida che dalle mani della mezzelfa si schianta contro lo specchio, mandandolo in frantumi. Persino lei trasale, ancora incapace di comprendere ciò che sprigiona il proprio corpo.

“Strega! Strega!! L’ho sempre detto che sei una strega, ora la sentirai la signora Marybel!”

Le risate di scherno di Jacob, e di alcuni altri bimbi più impertinenti unitisi al coro, si placano in un istante al sopraggiungere della padrona di casa. La giovane mezzelfa è ancora immobile di fronte allo specchio in frantumi, concentrata nell’immane sforzo di stipare nuovamente tutto quanto dentro di sé. L’ira, la rabbia, la sofferenza, il rancore. Lentamente, ma alla rinfusa, ognuno di quei sentimenti insopportabili torna a chiudersi nel corpo esile e irrigidito in uno spasmo di disperato autocontrollo.
Una sola lacrima bollente solca il volto di Silerah, mentre viene trascinata a forza dalla vecchia Marybel a subire l’inevitabile punizione.

≑≑≑≑≑

E’ un giorno come mille altri a Zhentil Keep, quando una ragazzina magra ed imbronciata attraversa la piazza del patibolo con un grosso sacco sulle spalle per completare le commissioni extra che le sono state impartite. Un cappuccio di lana sfilacciata le copre in parte le lunghe orecchie, e qualche corto ciuffo biondo le adorna la fronte.

Mentre cammina addossata alle pareti per non essere travolta dal flusso dei viandanti, la città pulsa di vita malsana e angosciante tutto intorno. Qualche mugugno strozzato proviene dai patiboli, il vociare dei mercanti è sommesso, i passi dei cittadini sono veloci quanto basta per sbrigare i propri affari senza incorrere in qualche brutta faccenda.

E’ una città che respira cenere e nevischio, una roccaforte di soprusi, angherie e infamie, in cui il destino sembra una veste cucita addosso che lentamente finisce in stracci.

Eppure Silerah sopravvive. E cresce, così come i suoi splendidi capelli.


sil_grown


liuto_3
♪♫♬musica♬♫♪


[ ...continua... ]

 
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