Faerûn's Legends

Il Canto dell'Odio

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Aurin
view post Posted on 17/8/2019, 15:25 by: Aurin
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Predatore di Coboldi

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♪♫♬musica♬♫♪



Zhentil Keep - 1387 CV

death

Scorrevano placidi i mesi a Zhentil Keep, monotoni e ripetitivi. Silerah era cresciuta tra le faccende domestiche, l’accudire gli orfani insieme a lady Marybel, e le preziose fughe in biblioteca.

Il soldato Maliwane si era fatto vedere sempre meno, impegnato com’era a farsi spedire in missione lontano dalla città. A volte si era chiesta se suo padre non desiderasse in fin dei conti morire. Coraggiosamente, servendo La Mano Nera.
Mentre lei ancora sognava il giorno del suo ritiro dall’esercito, per vecchiaia. Allora avrebbero potuto finalmente prendere una casetta soltanto per loro, come una famiglia vera: religiosa, rispettosa, onorevole.

Ma anche questi pensieri intrisi di timida speranza non avevano troppo spazio nella mente di Silerah. Lentamente diventava sempre più solitaria e chiusa in sé stessa. Obbediva, svolgeva le proprie faccende con scrupolo, si lasciava vivere imparando a farsi scivolare addosso ogni presenza esterna.

Nonostante questo, la sua mente cresceva avida, curiosa, affamata. Un giorno decise di essere abbastanza grande da potersi cercare un lavoro tutto suo, finalmente lontano da quella casa di bambini urlanti.
Così rispose a un annuncio affisso sulla bacheca del teatro cittadino. Non che aspirasse a recitare o a mettersi in mostra: se mai avesse scoperto di avere una bella voce o saper suonare degnamente, per nulla al mondo avrebbe concesso tale dono al prossimo. Il suo unico obiettivo era racimolare un guadagno tutto suo.

Il gestore del teatro cercava una figura che si occupasse di fare ordine, assistere dietro le quinte durante gli spettacoli, e poi svolgere le pulizie. Tutte cose che lei poteva fare tranquillamente: la sua pazienza inattaccabile era proverbiale.
Come l’immobilità di una montagna antica mentre attorno infuria la bufera e nelle viscere la corrode la lava.

La presero dopo il primo colloquio, forse anche grazie al suo bell’aspetto. Del resto è risaputo che gli artisti cedono con facilità all’edonismo ed amano circondarsi di cose belle.

Furono mesi decisivi per la vita della mezzelfa. Iniziò a conoscere un mondo diverso, per quanto circoscritto quanto quello dell’orfanotrofio. Nella musica e nel teatro scoprì l’esistenza di milioni di storie, paesi, volti, avventure.

In quell’ambiente trovò anche sé stessa, scoprendo il suo essere donna. Nel rapportarsi con artisti, attori e musicisti, iniziò a sviluppare la parte più estroversa del suo carattere. Giorno dopo giorno accettò la consapevolezza di essere graziosa e attraente, e a sfruttarla a proprio vantaggio.

Per la prima volta nella sua breve esistenza si dovette confrontare con nuovi desideri, che si distanziavano dalla sua ossessione per il padre e la famiglia.
Fu al teatro della Nera che un giorno conobbe Erik. Un menestrello tutto fare, affascinante e dalla parlantina spigliata. Silerah si prese per lui una sorta di cotta adolescenziale, che la rendeva cieca a sufficienza da non accorgersi che l’uomo si intratteneva con più donne di quanti fossero gli spettacoli in cui si esibiva.

Quell’infatuazione le costò la scelta più azzardata della sua vita: partire con lui e la sua compagnia errante, in un lungo viaggio verso la Costa della Spada.

Trascorse con loro quasi due anni.

Due anni sono lunghi, se misurati con la pigra clessidra di una vita monotona nel grigiore di Zhentil Keep. Ma quei due anni furono incredibilmente brevi per la mezzelfa, che li passò a girare il mondo e ad infilarsi di continuo in nuove avventure.

Il confronto con realtà diverse le aprì gli occhi su molte cose: smise di reprimere il suo dono magico, volenterosa anzi di coltivarlo. Ma non riuscì mai a liberarsi dell’altro suo fardello, nascosto sotto soffici boccoli acconciati alla moda della Costa.

La cotta per il bardo le passò in fretta. Tutta la sua curiosità era volta ad apprendere, studiare, leggere libri, parlare con persone che avessero storie interessanti da raccontare. Era assetata del mondo, e non aveva alcuna intenzione di fermarsi a scegliere il proprio futuro, non ancora.

Regolarmente scriveva lettere al padre per tranquillizzarlo e raccontargli sprazzi di quella sua vita avventurosa. Lui non rispondeva mai, ma come avrebbe potuto? Era una girovaga senza fissa dimora.

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Dopo il secondo inverno passato lontano dal Mare della Luna arrivò la nostalgia. Le attanagliò il collo con una presa delicata ma inesorabile.

Un’ubriacatura durata per mesi, e poi un bel giorno la lucidità nell’affrontare i postumi.

Si rese conto che non avrebbe potuto continuare a lungo con quella vita senza futuro. Suo padre le mancava, e per qualche perverso motivo le mancava anche la sua città.
Era come se Zhentil Keep avesse seminato qualcosa dentro di lei, molto tempo addietro. Un seme nero, che aveva continuato a crescere espandendo terminazioni rampicanti in ogni meandro del suo corpo.

Ed il ricordo di ogni sopruso, ogni sofferenza, di tutte le angherie subite, si ergeva come un’ombra silenziosa che ovunque andasse la seguiva alle spalle.
Talvolta persino lei aveva il terrore di girarsi e trovarsela lì, sempre un po’ più grande, sempre un po’ più buia.

Negli ultimi giorni di primavera comprò il biglietto per la carovana diretta ad est.
Sarebbe stato un lungo viaggio, e stavolta lo avrebbe fatto da sola.

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*dal vecchio e sgualcito taccuino di Silerah*

pensieri_sile

[ ...continua... ]

 
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