Faerûn's Legends

Il Canto dell'Odio

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Aurin
view post Posted on 19/8/2019, 11:38 by: Aurin
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Predatore di Coboldi

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♪♫♬musica♬♫♪



zhentil

~ Zhentil Keep, 1389 cv ~


La città nera l'accolse con la freddezza di una madre degenere. Ebbe l'impressione che nulla fosse cambiato in quei due anni, mentre attraversava il quartiere povero guardandosi intorno.
Passò davanti alla casa di dama Marybel e stranamente non sentì urla o schiamazzi provenire dell'interno. Scoprì qualche giorno dopo che la donna era morta l'inverno precedente, di crepacuore. Jacob, il suo prediletto, era stato giustiziato proprio in quella casa dal clero banita per aver cospirato con il Sole Nero. La vecchia non aveva retto il colpo, e la stessa notte si era lasciata morire per il dispiacere.
Una vita passata ad accudire giovani promesse e giovani furfanti, pochissimi dei quali finivano per avere davvero un futuro.

La caserma era esattamente come la ricordava. Un colosso scuro di pietra, inespugnabile, dietro il quale immaginava brulicare decine di uomini uguali a suo padre. Forgiati, temprati... Soli.
Si avvicinò ad un soldato di guardia chiedendo gentilmente informazioni sul soldato Konel Maliwane, del quinto reggimento dell’esercito Zhent.

<< Bah, ragazza. Sono nel quinto reggimento da un anno e non l'ho mai sentito. Sarà morto da qualche parte. Oppure è scappato. >>

Il cinismo agghiacciante del soldato la colpì come uno schiaffo in pieno viso. Cercò di non scomporsi, e si congedò con un cenno senza aggiungere altro.
''Bentornata a casa'' - pensò tra sé.

La successiva meta erano gli uffici dei militari, dove contava di trovare qualcuno più abituato al rapporto col pubblico.
Un impiegato ai registri le indicò alcuni archivi in cui era possibile consultare i nomi dei caduti o dei dispersi, per annata.
Silerah indugiò qualche minuto, ripetendo a sé stessa che forse era meglio prima cercare qualche vecchio collega del padre, che avrebbe certo potuto dirle in che zona fosse in missione attualmente.

Tuttavia i registri erano lì davanti a lei, e non ci sarebbe voluto che un attimo.
Aprì quello riportante la data dell'anno precedente, e poi l’anno prima ancora. I nomi erano in ordine alfabetico.

Madowin... Maelne... Maglaron… Mal…

Maliwane.


Il fiato le si fermò in gola. Serrò gli occhi così forte che nel buio delle palpebre le sembrò di scorgere le vene esplodere in tante stelle rosse. Quando li riaprì il suo dito era puntato sulla pagina, all'altezza di quel cognome.
Fece un bel respiro e lo lasciò scorrere verso destra.

...Konel.

Non riuscì a reagire. Nulla di nulla. Fissò la pagina fitta di nomi e continuò a leggere.

Maliwane, Konel. Caduto in missione nel Thar, nel mese di Kythorn 1387 cv.

Suo padre era morto, pochi mesi dopo la sua partenza con la compagnia teatrale. Forse non aveva mai letto neanche una delle sue lettere.
Era caduto laggiù da qualche parte a est, combattendo nel nome del Tiranno, versando il suo sangue per lei, per quel segretario dietro la scrivania, per il soldato che poco prima non aveva avuto pietà nel gufare il suo destino.
Era morto coraggiosamente, ma pur sempre morto.

Non ci sarebbe mai stata una casa tranquilla sulla collina, con una sedia a dondolo davanti al fuoco per un vecchio con decine di storie di guerra da raccontare.
Non ci sarebbe mai più stato nemmeno un abbraccio, una parola di conforto.

<< Fai la brava Silerah, obbedisci alla signora Marybel e prega Bane ogni sera. >>

D'ora in poi avrebbe potuto soltanto continuare a crescere per esaudire i desideri di un fantasma. Diventare forte, potente, devota. La figlia ideale di un padre scomparso.

''Bentornata a casa'' - sembrò dirle il vento gelido, che si infilava tra gli infissi ululando, e tra i suoi capelli scompigliandoli.

''Non c'è niente per te qui, a meno che tu sia pronta ad accogliere l'odio nel tuo cuore. Bentornata a Zhentil Keep.''


≑≑≑≑≑


Si risvegliò bruscamente sollevando la testa dal tavolo sul quale si era appisolata. Con uno scatto nervoso del braccio aveva rovesciato la boccetta di inchiostro ed ora il nero stava macchiando tutto il tavolo, alcuni fogli degli appunti, e due dita della mano mummificata oggetto del suo studio.

Trasalì e si guardò rapidamente intorno: l'aula era vuota. Si era trattenuta all'Accademia per studiare troppo a lungo, cedendo alla stanchezza.
Pulì come meglio le fu possibile il tavolo, poi dipinse il resto della mano non-morta con l'inchiostro nero. In fin dei conti la trovava più bella così.

Quando scese per le strade era già notte fonda. Una pallida luna disegnava i contorni dei palazzi e illuminava i volti dei passanti incappucciati creando affascinanti penombre.
Respirò a fondo l'aria pungente, fermandosi nella zona del porto a contemplare i lavori incessanti dei non morti adibiti alla ricostruzione.
Aveva partecipato anche lei a quei preparativi, aveva avuto idee utili, si era sentita ''nel posto giusto'' senza tuttavia trarne sollievo.

Strinse il bastone che le aveva donato il suo Maestro, e dovette respirare a fondo qualche minuto per ricacciare nell'abisso dei propri tormenti i germogli di risentimento che tentavano di affiorarle dalle labbra come veleno più volte digerito.

Le avevano detto che le avrebbero insegnato a diventare una brava Zhent. Come se si potesse davvero scegliere di esserlo o diventarlo.
Come se non fosse una condanna antica, radicata nel sangue con il primo vagito alla nascita, plasmata sulla pelle ad ogni violenza subita, coltivata nel cuore con ogni lacrima mai versata. Perché uno Zhent non può dimostrarsi debole. Perché uno Zhent vive nella perenne inquietudine di essere prevaricato, sottomesso, annientato.
Perché ogni respiro è paura, e ogni speranza si nutre di vendetta.

I sussurri nella notte, le grida delle vittime, i lamenti al patibolo, i bisbigli dei furfanti, le preghiere di misericordia, gli inni al tiranno…sono voci isolate che incessantemente confluiscono in un unico coro inquietante e ossessivo.
Un canto dell'odio.


Sile

 
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