Faerûn's Legends

Il Canto dell'Odio

« Older   Newer »
  Share  
Aurin
view post Posted on 30/8/2019, 13:00 by: Aurin
Avatar

Predatore di Coboldi

Group:
Member
Posts:
97

Status:


liuto_3
♪♫♬musica♬♫♪


ink


Di sera passeggio dentro di me, avanti e indietro sui solchi dell’abitudine, alla ricerca di un punto di equilibrio tra la bellezza del giorno che muore e la quiete del sonno, tra un cielo di vaghi colori e la dura terra dove vivo.

“Ora e sempre, Signore.”

Non ho altro con me che il fluido chiamato fantasia. Con esso mi staglio in tramonti vermigli e mi affaccio in brezze immaginarie su spiagge lontane che non ho mai visitato.
Tra le righe di un libro catturo l’anima di qualsiasi sogno che non m’appartiene e ne bevo fino all’ultima goccia.
Ma rimane sul fondo il residuo della vita, come l’unico sogno che in quel fluido è insolubile.

“La seconda regola è che te ne devi fregare.”

È una sera indolente questa, in cui la stanchezza tarda a raggiungermi per strapparmi da me stessa.
Il sommesso brusio lungo le strade ingarbuglia i pensieri, annebbia la vista, sottende significati.
C’è un punto morto nella notte, dove fa più freddo e il tempo è più nero, dove il mondo ha dimenticato la sera e l’alba non è ancora una promessa.
Un tempo in cui è troppo presto per alzarsi, troppo tardi per andare a dormire.
Un’anticamera onirica, annegata nel vino, da riempire di sussurri e di storie che avremmo dovuto tacere.

“Lode al Tiranno, lode alla Nera!”

Mi perdo come una vagabonda in questa sera che non porterà pace. Cercando l’ispirazione che colmi il vuoto, la scintilla che ravvivi la fiamma.
Osservo la gente, i loro gesti scontati, i volti piegati in mille caricature con così poco significato. Incrocio i loro sguardi, li rasento appena.
Lascio che si rompano su di me come gocce di pioggia sporca.

“Ho l’impressione che non debba essere facile per te…”

Mi fermo a osservare una prostituta nei vicoli che scendono verso il porto, impregnato dell’odore della morte che si mischia al fetore del pesce.
Lei mi sfoggia un sorriso contagioso, quello di chi ha sofferto tanto. È dannatamente bella, vestita dei suoi sbagli.

“Bane ti osserva, figliola.”

Risalgo verso il quartiere popolare. Una bambina apre l’uscio di casa al padre stanco che ritorna da una giornata di lavoro. La luce dall’interno della stanza si riversa sulla strada buia. Il riso cristallino di quella creatura innocente mi buca lo stomaco.

“Ogni germe di queste mura sembra dirti trattieniti, stai alle regole…”

E’ bizzarro come a volte si realizzi qualcosa di tremendamente importante nella spietatezza di un attimo banale, e quasi insignificante, se inserito nel complessivo scorrere del tempo.
Come quando da piccola capisci che la neve è una poesia candida in grado di uccidere col suo gelo, o che un uccello caduto dal nido non potrà più volare.
O come quando cresci, e comprendi che l’innocenza si infrange col passare del tempo, che siamo diversi dietro gli occhi degli altri, e crescerà a dismisura il bisogno di nasconderlo.

“Forse sono quei momenti in cui perdi il controllo quelli in cui sei davvero te stessa.”

Richiudo la porta di quella che a quanto pare sarà la mia stanza. Il silenzio piomba tra le anguste pareti di pietra scura. Con avide fauci inghiotte ogni suono, ogni rumore, ogni brandello di vita.
Per un istante desidero ardentemente sentire ancora qualcosa bruciare, solo per non perderlo, solo per non perdersi.

Sulle labbra permane quel sapore amaro ed intenso, erbe aromatiche cresciute in un sole che splende solo oltre oceano, in un mondo fantastico rappresentato nei libri con una miriade di colori.
Anche i miei capelli ne sono impregnati. Li raccolgo con cura per intrecciarli prima di coricarmi, mentre passeggio intorno cercando qualche dettaglio a cui aggrapparmi. Linee d’ombra su muri grigi, una stanza spoglia come tante altre. Anonima.

“Ciò che perdiamo ci rende chi siamo.”

Le mie dita sono ancora sporche, un lieve alone scuro di cenere.
Non sono prigioniera se non di me stessa. Ma non sono nemmeno libera.

Non dovremmo guardare le cose, né le persone. Soltanto gli specchi riflettono oscuramente chi siamo in realtà. Una sconsolata distesa di maschere lasciate ad asciugare al sole torrido di un’estate spietata.

Eppure ripenso a quegli occhi. A tutto ciò che hanno visto, ai racconti sconclusionati, alle risposte a metà, alle domande mirate. Al controllo. Al perderlo.

Sentirsi vivi, quando tutto intorno odora di morte e terrore. Quando il gelo è nel vento, negli sguardi, nelle parole, nelle distanze.

Fuoco? È questo che c’è dietro i “Signore”?”

Memorie incastonate in gemme d’ambra, trofei solitari troneggianti nel mezzo di desolati deserti. Drammi mai resi alla fonte della collera che esige vendetta.
Passioni strangolate da mani livide di sangue, veleno e rancore.

Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire.


sleep

 
Top
20 replies since 25/7/2019, 17:46   919 views
  Share