Faerûn's Legends

Il Canto dell'Odio

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Aurin
view post Posted on 5/10/2019, 17:32 by: Aurin
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Predatore di Coboldi

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liuto_3
♪♫♬musica♬♫♪



heart_smoke_Sile


Le piazze affollate, le musiche già sentite, la gente che si urta per strada, le pagine accartocciate, l’inchiostro sprecato.
I pensieri, le preoccupazioni, i sotterfugi, gli stratagemmi, i complotti, i rischi, i guai.

- … È mancanza? …È vuoto? -

I sussurri al veleno, le parole di zucchero, l’aria stantia dell’abitudine.

- …Forse è nostalgia. Si può avere nostalgia di qualcosa che non si è mai realmente avuto?… -

I silenzi, le vesti logore, i lividi, il corridoio sempre troppo breve per contare la fatica di questi passi verso la porta che separa dal mondo.
Ombre che attendono, che non chiedono, non rispondono.

Le strade lastricate di pietre nere sono rassicuranti come prigioni labirintiche dotate di un’incrollabile geometria. Un disegno perfetto, un equilibrio antico.

Le teste che si inchinano, le ginocchia che si prostrano, la neve che traccia tragitti tra cielo e terra. Sono traiettorie perfette, rette ineluttabili.

Una linea tesa tra due punti, tra infiniti punti. Il filo sospeso dell’equilibrista: un mestiere sobrio, rude, scoraggiante. Nessuna svolta che non sia una caduta. Una prigione invisibile che guida verso una sola direzione, e tutto intorno lo spazio del rischio, acrobazie necessarie.

Ci battiamo contro gli elementi, ostinati nella nostra follia di vincere i segreti di una linea.
Ci scontriamo con la morte, quella che ci precede, che volteggia intorno a noi ogni volta che danziamo.

Sola sulla fune, piena di un’audacia invisibile, pallida come il cadavere che diverrò. Malgrado i lustrini ed i veli colorati, esangue, l’anima livida.
Ma dotata di una precisione perfetta, senza alcun legame con il suolo, l’aria, la corda, la vita. Lacrime d’acciaio che al contatto con l’aria perdono consistenza.

Cosa posso io? Nell’attesa di una prigione di parole che sibilano nel vento corrodendo le fondamenta incrollabili.

Cosa posso io? Dove scappare, salire? Verticali che attraversano il cielo, monoliti perenni di arrogante sopraffazione, filo d’inchiostro che sbatte sui fogli come il vento sulle finestre di notte.

L’abilità della danza, questo mi serve. Trasformarmi in equilibrista sporca di grazia, una fune sottile nel cielo immobile, il vento a sorreggermi, ballare con furia abbracciando la follia che mantengo a distanza.
Questo vorrei: perdere la lucidità che posseggo, ingoiare e sputare la mente, oberare il cielo di nuvole tra me e voi. Tutti voi.

Il vociare della taverna non riesce a cancellare nella mia testa la voce dell’ennesima persona che se ne andrà.

Ci fosse un solo motivo per vacillare, forse allora scavalcherei il burrone. Con passo leggero, con le ali che non possiedo.

Mani fredde mi spingono. C’è un’unica direzione.

“Non opporti.”

La magia è un battito di ciglia che scatena bufere inarrestabili.


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stones


Rocce simili a monoliti, e lastre di pietra forate da parte a parte in molteplici fessure adibite a spiragli per la voce del vento. Melodie confuse, echi imprecisi, la quiete al centro della bufera.
Un luogo misterioso al centro del Faerun. Quattro portali, infinite possibilità. Tutte assolutamente casuali.

“Venti di altri luoghi che si mischiano, aria di mare e di montagna. La senti la salsedine?”


È una radura circolare, e io continuo a vedere quella retta. La fune.
Magari vado avanti ancora un po’, mi spingo passo dopo passo, senza vacillare. La vita alle spalle è un muro, un cammino abbandonato, un tarlo nel legno che non lascia altro che il vuoto. È uno spazio cieco, tagliato fuori, invano riempito.

Saltare, o arrendersi.

“È da quando sei bambina che ti dicono in cosa credere, come comportarti. Qui nulla di tutto ciò ha senso. Esisti tu, il fuoco che hai dentro. E quando qualcuno cerca di spegnerlo devi semplicemente incenerirlo. E alla somma di tutto, è l’unica cosa su cui potrai sempre contare.”

È tutto maledettamente lontano ora. Potremmo non tornare mai più, potremmo morire oggi. Sparire così, senza esser mai riuscita a capire nemmeno chi sono.
Non è così per lui, che se il vento lasciasse dei calli sulla pelle glieli potrei contare uno ad uno.

Penso che quando è con me sono la regina del mondo.

Vado in giro con una sicurezza che nessuno può compromettere. Sono una vincente, sono imbattibile, posso fare qualsiasi cosa. Chiudere gli occhi e puntare il dito, verso l’ignoto e la follia.

Quando è con me mi crolla tutto addosso.

Sono consapevole del divario, dei miei limiti, di essere solo una ragazzina. Nella sua presenza scorgo l’assenza che c’è stata e che ci sarà. Il mondo sta per finire e questo freddo è la mia punizione.

“Sì, ho scelto quello. Sì, sono sicura.”

Sorrido, e mi dico che la vita si ascolta così: come un soffio di vento.
La brezza cresce, spazza via le nubi, cambia le cose. Poi, tutto torna come prima...ma non è più la stessa cosa.



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giganti


Il fianco delle alte cime innevate offre una salita ripida e difficoltosa. Lupi famelici ci ostacolano di tanto in tanto, facendo risuonare i loro ululati nel silenzio cristallino del gelo che ci circonda.

Mi volto indietro ed osservo la scia delle nostre orme sulla candida neve: una traccia netta che sparisce all'orizzonte inghiottito da una fitta bruma. Siamo molto in alto, e il freddo inizia a farsi pungente. Sopravvivere contro gli abitanti di questi luoghi è un gioco a dadi col destino.

Quel destino che qui assomiglia a una tempesta di neve che muta incessantemente la direzione del percorso.
Per evitare la tormenta cambi l’andatura, ma ti accorgi che il vento cambia con te, per seguirti meglio.
Tu allora ti giri di nuovo, e subito il vento cambia per adattarsi al tuo passo.

Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba.
Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, è qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu.
Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto e danzando con lui.

Anche quando la neve lascia spazio alla lava, e le cascate di fuoco ti entrano negli occhi risvegliando quei demoni che vorresti combattere.

“Questa tua paura ti tiene qui, bloccata. Le paure fanno parte di noi quando le affrontiamo, altrimenti è solo roba utile al clero. Arriva un momento in cui dobbiamo fare pace con i nostri demoni, per quanto grandi siano.”


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Le vie lastricate di marmo bianco si aprono dinnanzi al mio sguardo con una magnificenza e un’opulenza che sento straniere.
È stato un viaggio lungo, è stata un’avventura folle. E ora è tutto finito, anche se lui è ancora qui a fianco a me.

“Sai dove trovarmi e io so dove trovare te. Ma devi pur sempre sceglierli i portali, altrimenti non troverai nessuno, anche se sai perfettamente dove andare.”

Posso risalire sulla mia retta, domare i demoni, affrontarli, e riportarli esattamente dove tutto è iniziato. A casa mia. Dove mi attende il vuoto di coloro che ho già perso, e coloro che perderò.
Un fuoco che arde lasciando soltanto cenere.

“Non ti sto dicendo di scappare. Segui la tua via. Ma non perché hai paura di andartene. Il Faerun ti appartiene, che sia bianco o nero il marmo su cui cammini.”

Vorrei un cuore artificiale, nessun suono, se non questo pianoforte pieno di violini. Un meccanismo perfetto, spietato e infallibile, distante il necessario dall’amore straziato dal lirismo, dalla bellezza, dalla dolcezza, dal dolore.

Non speranza, non la rabbia, non la delicata voglia delle braccia che ti tengono per sempre, nessun suono, non cadere per l’affanno di trovare della luce laggiù in fondo, nessun suono, non questo pianoforte pieno di violini.

Vorrei un cuore artificiale, ferro duro sotto il petto, guerriera che non soffre nella lotta, questa tregua, questa anestesia insopportabile, questa corsa in mezzo al sangue senza lacrime, sempre altrove, sempre forte, invulnerabile.

Prova a ferirmi, io non sento, non ci sono, sempre altrove, sempre forte. Prova a ferirmi, colpisci con potenza, fammi fuori, urlami qualcosa di terribile, sbranami. Io non sento, non ci sono, sempre altrove.

Ho questo cuore, questo cuore difettoso, questo cuore mostruoso, questo cuore spaventato, questo cuore che chiede, questo cuore che cerca la vittoria. Lui mi vuole presente, lui vuole vincere, lui vuole me stessa.

Rumori e fantasmi si muovono nelle mie stanze di notte, allora mi sveglio, provo a scriverti, voce che si trasforma in inchiostro per non sentirmi, per ascoltare altre voci che stanno arrivando.

Solo nel buio io vedo le parole, solo negli atroci silenzi, solo quando il dolore viene a trovarmi. Il dolore ha occhi che non finiscono, cosa ne sanno loro, quelli che giudicano, gli sciacalli fuori dalle finestre?

Enorme e straordinaria bellezza deforme, punizione divina per il prescelto con la testa reclina verso un concluso tramonto. Cosa capiscono le piccole bestie con il buio dovunque? Sotto la terra, da sotto la terra sporgono gli occhi.

Un giorno avrò membra di ferro, un cuore d’acciaio, diventerò una fessura nell’aria.


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ey


Manca poco all’alba. La locanda è silenziosa, avvolta nell’ultimo abbraccio del buio. Lascio scivolare una pagina strappata dal mio quaderno sotto la porta accanto, silenziosa come un ladro che rifugge l’arrivo della luce.

Magari lo calpesterà senza neanche vederlo, oppure lo noterà, strofinandosi gli occhi ancora appesantiti dalla stanchezza. Non è importante l’esito. Sono solo portali casuali, possibilità infinite. Nessuna è migliore di un’altra. Nessuna di esse mi salverà.

*un semplice messaggio su un foglio strappato da un quaderno, nessuna firma*

"E’ qualcosa da cui non puoi mai scappare, il vento.

Il vento incanta, uccide, commuove, spaventa. Fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da sussurro, oppure costruisce tempeste. Non da risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile.

Ma soprattutto…il vento chiama. Non fa altro che questo: chiama.

Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole.

Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti.

Questo vento che senti e quel vento che invece non sentirai quando chiuderai le imposte e cercherai di fuggire, ma che ci sarà, sempre, in agguato, paziente, un passo oltre la tua vita.

Instancabilmente, lo sentirai chiamare.

Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un vento che ti chiamerà.
E un portale magico che ti aspetterà.
E una direzione precisa da seguire per ritrovare qualcuno che rimarrà ad aspettarti, al centro del ciclone."


Percorro le strade ancora semideserte e chiedo indicazioni ad un soldato circa l’ubicazione delle carovane.

- … È mancanza? …È vuoto? -

È una bella città, infondo. Come dargli torto?
Gli uccelli cinguettano salutando l’alba, e l’erba su cui cammino brilla di rugiada. Non fa nemmeno così freddo, qui.

Mi volto un’ultima volta verso le mura splendenti, con un gesto che appare il più semplice del mondo scosto i miei capelli dietro le orecchie appuntite, in una carezza che ha senso soltanto per me.
Non ho più motivo di nascondere chi sono.

“La prima carovana verso il Mare della Luna?”


Mani fredde mi spingono. C’è un’unica direzione.
 
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