| "Sarà amara Alisea" disse Velkar.
"Non ho mai preso una medicina che non lo fosse" fu la risposta della pallida donna, che si copriva il volto come infastidita dalla luce del sole.
Darkivaron rivolse un sorriso, un sorriso stentato, alla donna. "Sono felice, che, nonostante la situazione, voi non abbiate perso il senso dell'umorismo".Poi, le porse la fiala, colma di liquido nero. Ma, il compotamento di quest'ultima fu inaspettato. Invece di berla, la ripose insieme ad altre fiale che portava nella cintura. E urlò, impugnando la sua arma.
Darkivaron, stupefatto, balzo all'indietrò. Dai boschi vicini, dove evidentemente erano nascosti, sbucarono due cavalieri armati di spadoni, che li circondarono. Una trappola. Una dannata, lurida, trappola. Non Clatus, come si aspettavano...ma pur sempre una trappola.
Il Maestro D'armi riuscì appena in tempo a riprendersi dallo shock per essere stato gabbato in quel modo, quando Alisea e uno dei due a cavallo lo caricarono senza la minima pietà. Non vide Velkar, che si allontanò in fretta col terzo uomo alle calcagna.
I colpi dei due si susseguirono impietosi. Non poteva fuggire. Poteva solo combattere fino alla fine. In quei pochi secondi, lo stupore, la rabbia, e la paura di essere sconfitto lo abbandonarono. Fu il guerriero, il freddo calcolatore senz'anima che era in lui, a guidare la sua lama. Prima, Alisea. Sconfiggerla fu facile...ma solo molto più tardi, Velkar gli avrebbe fatto notare della stranezza del fatto che non avesse usato i suoi poteri clericali contro di lui...se lo avesse fatto, lo avrebbe potuto incenerire con un gesto. Ma non fu così. Restarono lui, e il potente combattente a cavallo. Gravemente ferito, stava per cadere. Poi, con abile colpo di taglio ,colpì il suo avversario, in posizione di poco sopraelevata rispetto a lui, proprio sui polsi con i quali impugnava l'arma, allentandone la presa, e agganciando con la sua lama la "Guardia" dell'altra spada, facendola cadere a terra. La sua Opportunità. Non poteva sprecarla. In pochi attimi, la situazione di ribaltò completamente, cambiando a suo favore. Se fosse caduto, con molta probabilità sarebbe diventato come Alaric: un Araldo, un Non morto, nemico di Bane, un'ombra di ciò che era, al servizio di Clatus. Colpì il guerrierò con tutte le sue forze, che disarmato, tentò di colpirlo a mani nude: sapeva che nelle condizioni in cui era, pochi colpi sarebbero bastati. Ma una luce nera, per pochi secondi, avvolse lo Zhentilar, come proteggendolo, rendendolo insensibile a quei colpi. Alla fine, Darkivaron Salas era sanguinante, ridotto ai minimi termini, ma in piedi, in mezzo ai due corpi. Ansimante, guardò Alisea. Non aveva ancora finito. La donna respirava. Si avvicinò zoppicando, intenzionato a fare quel che doveva essere fatto... Intenzionato a fare quello per cui era lì, e che gli aveva dato la forza per non soccombere. Salvarla. E con lei, Alaric e Zhentil. Prese la boccetta..e le tolse il tappo. La avvicinò alle labbra della pallida donna, intenzionato a fargliela mandare giù a tutti i costi.
Ma non ne ebbe il tempo. Qualcosa arrivò alle sue spalle, a gran velocità: il secondo cavaliere. Non era destino che Alisea In'Gia si salvasse, quel giorno.
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Quando riprese i sensi e aprì gli occhi, la situazione che aveva davanti era surreale. Intorno a lui, gente ferita e svenuta, di cui distingueva solo vagamente i volti...tra i quali il barbaro Aiwaz, che giunto li per caso, aveva sicuramente tentato di salvarlo ed era caduto a sua volta.
Ma qualcosa risaltava. Clatus. E il Necromante. Solo vedendoli insieme che parlavano, capì di aver commesso un grosso errore. Aveva sbagliato tutto. In qualche maniera, era debitore della sua anima al misterioso mago. Il Valente, si ritirò. E ancora una volta, dimostrò qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato da un essere come lui. Paura. Emettendo un suono acuto, il necromante ridusse in frantumi tutti gli oggetti di vetro...inclusa la tanto agognata pozione, che andò perduta. Alisea si allontanò,stremata, inseguita dai suoi due compagni, i due cavalieri che li avevano attaccati.
Soccorso dall'adepto di Zeross, Malfurion, che aveva spiato la scena nascosto dalla sua magia, Salas fece il suo ritorno a Zhentil, dove scoprì, che Velkar era salvo.
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L'ombra dominava la cupa atmosfera della caserma. Malfurion e Aiwaz erano appena usciti dalla Sala delle Riunioni, dove avevano aiutato a ricostruire l'accaduto.... Ora nella stanza rimaneva solo Darkivaron e Velkar.
"E ora che siamo soli..." iniziò il mago con aria seria" dimmi, sei attratto da Alisea?" Una domanda che di certo non si aspettava. Socchiuse gli occhi, cercando una risposta.
"Perchè mi fate una domanda del genere, Signore?" rispose perplesso.
" Diversi atteggiamenti... E il fatto che ora non mi hai risposto: No" sentenziò.
"Non nego che Lady In'Gia è affascinante come poche donne, ma non ho mai messo, e mai metterò, nulla, davanti al mio dovere, ne tantomeno, "attrazione per una donna", signore." "Non è un'accusa. Come uomo, non ti biasimo."commentò con calma Velkar.
Il Maestro d'armi di fermò a riflettere per un secondo. "Diversi atteggiamenti, dite?"
"Si. Per esempio, quando lei ha urlato e sguainato la spada...tu..."
Lo Zhentilar riportando la mente a quel momento, si meravigliò di se stesso. La donna aveva urlato. Aveva sguainato la spada contro di loro, in chiaro atteggiamento offensivo. Quanto aveva atteso lui prima di sguainare l'arma a sua volta? Quanto tempo la aveva fissata come un babbeo? Quanto aveva atteso prima di reagire? Quanti secondi?Quattro? Cinque? Sei? Troppi. Aveva esitato. Se si fosse trattato di una sconosciuta, si sarebbe trovata una lama infilzata nel torace prima di rendersi conto di cosa accadeva. Ma con Alisea non era successo. Il motivo era palese. Amicizia?Amore? Gli veniva il voltastomaco. Quando tempo prima, l'uomo di nome Rayhel aveva fatto insinuazioni in quel senso, aveva respinto l'idea come se fosse ridicola. Ma anche la corazza fatta di dovere, fede, odio e rabbia aveva un varco dove i nemici potevano colpire, a quanto pareva. Si era dimostrato un debole. E peggio ancora, senza rendersene conto, finchè non glielo aveva fatto notare il mago.
Reclamò una punizione, conscio del proprio errore. Il suo senso di colpa, e la sua rabbia verso se stesso e verso la donna, erano grandi.
Gli occhi calmi e astuti di Velkar lo guardarono attentamente. " Nessuna punizione può essere peggio della consapevolezza di essere stati traditi dalle persone in cui si riponeva la propria Fiducia..."
Edited by Darkivaron - 24/10/2007, 13:00
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