Faerûn's Legends

Ombre dalla foresta.

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Laraethiel Sarahil
view post Posted on 26/8/2007, 09:57




Un'altra notte. Un altro sonno agitato. Nuovi incubi. Quanto volte si era svegliata quella notte? Quattro? Cinque? O sei? Non lo ricordava più. Aveva la testa piena di pensieri, angosce, paure... Ogni volta che si svegliava, osservava la luna, viaggiando con la mente alla sua vecchia casa, al campo dei Corvi d'Argento. Come stavano in quel momento? A cosa pensavano? Erano preoccupati? Arrabbiati? O indifferenti? Poco importava in quel bosco ormai, nella sua solitudine. Però le mancavano già... la sicurezza di Alisea, il sorriso rassicurante di Alek, il faccione di Neroth, la gentilezza di Nomad, l'allegria di Ariel, l'aria misteriosa di Zeph... Ma aveva paura. Per lei. Per loro.
Si guardava intorno. Aveva sete. Si era spinta troppo in profondità nel bosco, lontana dal corso d'acqua. Meglio spostarsi quindi, trasferirsi non troppo lontana dal fiume. E per il cibo? Si era portata poche scorte dietro... radici e frutta forse sarebbero bastate. In caso si poteva sempre fare un salto in paese... No, meglio di no, meglio non farsi vedere dalla gente. Radici e frutta se le sarebbe fatte bastare. In fondo, non era nemmeno poi tanta la fame.
Eccola di nuovo li, seduta all'ombra di un nuovo albero, schiena appoggiata al tronco e rannicchiata, faccia semi-nascosta dalle gambe. Eccola li a vedere scivolar via una nuova giornata.

Edited by Laraethiel Sarahil - 26/8/2007, 17:18
 
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Laraethiel Sarahil
view post Posted on 27/8/2007, 08:38




Sentì degli strani rumori nella foresta... zoccoli forse... cavalli... passò poco tempo che la raggiunsero.. Alisea, Alek e Ariel... erano riusciti a trovarla. Ma come? Si erano ricordati forse che era quello il luogo in cui si rifugiava durante i suoi allenamenti solitari?
Non aveva il coraggio di guardarli, voleva solo restare sola. Scesero da cavallo. Alek si avvicinò deciso verso di lei, mentre Ariel e Alisea si disponevano al suo fianco. Fu un movimento rapido, forte e deciso. La mano del caporale si poggiò bruscamente sulla guancia di Lara, colpendola ed esprimendo con quel semplice gesto tutto il disappunto e la preoccupazione che aveva suscitato in loro.
Massaggiandosi la guancia stava zitta, occhi fissi per terra... quanto aveva pianto in tutto questo tempo? Stava per scoppiare ancora... le si avvicinò Alisea... fu anche lei un po' brusca, ma non nascondeva preoccupazione e nervosismo... fu un discorso semplice il suo, fatto di belle parole, speranza e ottimismo. Ma Lara doveva crederci e in quel momento non riusciva.
Le porse la mano...
"Vieni, torniamo a casa..."
[...]
Non erano arrabbiati con lei. Erano solo preoccupati. Già, la famiglia. Ricordava ancora le parole di Enrik, quando per la prima volta entrò al campo.
"I Corvi prima di tutto..."
E anche lei era un Corvo. Non sarebbe successo nulla, avevano promesso che tutto sarebbe tornato come prima e che per loro non era un problema quella situazione, che per loro Lara ed Alisea erano sempre le stesse.
I Corvi... facevano di tutto per tirarla su di morale... per farla reagire... però lei non ci riusciva. Era troppo depressa nonostante le dicessero di godersi la vita.
Dall'albero all'amaca. Si dondolava ad osservare il cielo. Era sempre buttata li, sia da sveglia, sia quando tentava di dormire. Se ne sarebbe stata così per tutto il tempo...
 
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Darkivaron
view post Posted on 27/8/2007, 12:49




Le notizie che Anthonius aveva riportato a rischio della propria vita, e anima, erano tutt'altro che buone.
Il numero delle pedine e degli Araldi tornava a salire...Prima Alaric, e ora, Alisea.
Le Ombre sulla Scacchiera sembravano diventare più fitte.

Ma persino queste Ombre, potevano essere spazzate via da qualcosa.
Nera, come le anime dei dannati, come i loro cuori contorti dal male, aveva fatto la sua comparsa nei Reami da poco.

E aveva rivelato un'altra debolezza del Valente...una debolezza che non avrebbero tardato nello sfruttare.
Forse avevano un'Arma concreta finalmente.
Forse dopotutto, Qualcuno li stava aiutando.
Anche loro erano pedine, si... anche Loro erano Araldi.
Ma se una Mano li muoveva, certo non era quella di Clatus.

[...............................................]

Blasfemie, Bestemmie, insulti contro l'Eletto.
Questo aveva dovuto sopportare, mentre parlava solo con l'Araldo che aveva l'aspetto di Alaric Ganondorf.
"Voi siete un uomo degno...ci sono uomini degni a Zhentil, uomini che non aspettano altro che purificare il marcio che la tormenta.", disse.

Degni.

"Si, Sono uomini degni. Degni di Morire....Non c'è marcio a Zhentil, a meno che uno non lo porti dentro se stesso..."

I due guerrieri si guardarono.
Quando il tempo della Battaglia fosse arrivato, entrambi sapevano, che li avrebbe visti da Lati opposti.
Come centinaia di anni prima, una Guerra Fratricida era alle porte...

Edited by Darkivaron - 27/8/2007, 15:42
 
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Aelthas Selur
view post Posted on 28/8/2007, 06:47




[[Aelthas]]


Infine, Alaric era andato a cercarlo..

Se lo aspettava.

Ma era davvero lui? O era soltanto un simulacro coi suoi ricordi? Le domande erano molte, e le risposte tardavano a giungere.

Avrebbe potuto provare se quel liquido funzionasse, ma di quello ne era quasi certo vista la ripugnanza che l'ex governatore della città provò quando prese in mano la boccetta. Quella sera, continuarono a parlare, a lungo.

[....]

Pochi giorni dopo, alcuni corvi d'argento giunsero a Zhentil Keep; insieme a loro vi era Garret. Da una parte avrebbe dovuto aspettarselo, dopo aver offerto il suo aiuto ad Alisea, una delle poche persone a cui teneva. Non sapeva perchè il mezzelfo volesse aiutarla, ma poco gli importava, forse anche lui era invischiato coi corvi, o chissà cos'altro. Da una parte, il mago aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno che non fosse della città, e dall'altra aveva l'opportunità di strappare importanti informazioni usando un pò d'astuzia. I quattro, un calimshita, un'affascinante donna, il mezzelfo ed il mago si avviarono verso il bosco a nord est di Zhentill Keep, in modo da poter parlare tranquillamente.

Aelthas illustrò, tralasciando appositamente alcune cose, la situazione ai tre. Gli disse del liquido e delle possibilità che avevano al momento.. o meglio della possibilità; ma ad un certo punto, il mezzelfo tirò fuori un'altro argomento interessante..
Parlò della cripta, aggiungendo alcuni importanti dettagli che il mago ignorava. Fu allora che, l'improbabile gruppo, decise di esplorare parte del territorio, in vano. Dopo la cerca, i quattro si divisero, due andarono a Zhentill, gli altri due tornarono presumibilmente in patria.
Ora non restava che informare gli altri delle novità.

Come al solito, l'uomo si trovava a dover trattare con due mari diversi: uno fatto d'acqua, l'altro fatto di intrighi.
 
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Laraethiel Sarahil
view post Posted on 28/8/2007, 10:55




Alisea aveva una pista. Ponte nord. Waterdeep. Sembrava avesse informazioni sulla cripta di Clatus, sembrava avesse trovato una soluzione ai loro problemi. Per ore vagarono i Corvi assieme a Garret nel territorio delle Marche d'Argento... una ricerca vana... una ricerca che in fin dei conti, man mano si addentravano nella foresta per raggiungere la prateria, Lara non voleva continuare. Nemmeno Alisea era più intenzionata a trovare nuove informazioni. Già... era strano... fino a poco tempo prima avrebbero voluto sapere, trovare una risposta ed una soluzione a quanto era accaduto... ora no.
Alek le guardava stranito, farfugliando qualcosa sul loro insolito modo di comportarsi. Girò il cavallo abbandonandole, seguendo Neroth ed il resto dei Corvi nelle loro ricerche...

"Dovremmo fermarli, Alisea...?"
"Penso sia inutile."
"Cosa faremo...?"
"Cercheremo Alaric... ma forse è meglio trovare un posto dove stare."
"Già... lontane dalla città..."

Era triste. In cuor suo sapeva che per un po' non avrebbe visto casa e già le mancava. Trovarono una grotta, buia e piena di ossa, che producevano uno scricchiolio ai loro piedi da far venire i brividi. Sempre meglio della foresta, in effetti, come constatò Alisea.

"Stai bene Lara?"
"Si... sto bene... mi manca solo... casa..."
"Puoi tornare se vuoi."
"No... non voglio lasciarti sola... starò con te..."
"Sono abituata ad essere da sola, non preoccuparti per me."
"No... non voglio lasciarti sola... starò con te..."
"Grazie."
"Alisea...?"
"Si?"
"Nemmeno tu non lasciarmi sola..."
"Non sarai sola, ci sarò io qui con te, riposati pure tranquilla."

Con queste ultime parole le due si prepararono ad affrontare una nuova notte nel buio di quella loro momentanea nuova dimora.
 
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Cloud83
view post Posted on 30/8/2007, 00:24




Il gioco era rischioso ma poteva valerne la pena.

Accompagnata da Nomad e Horeness Alisea si reco' al punto d'incontro stabilito. Come sospettava Velkar stava tentando di ingannarla di nuovo. Ci aveva gia' provato con quella pozione calmante, pozione che aveva riconosciuto e evitato di bere anche se ai due Zhent davanti a lei fece credere il contrario per ottenere cio' che voleva.
Avuta quell'ampolla nelle mani invece che berla la mise da parte con le altre pozioni e chiamo' allarmata i suoi due compagni nonostante Velkar e Darkivaron non l'avessero aggredita, di modo che si sbarazzassero dei due Zhent e lei potesse utilizzare quel liquido come doveva.
Il combattimento non si risolse come sperava pero'. I colpi della spada dello Zhentilar la ferirono gravemente, tanto da farla cadere a terra priva di sensi.
Quando si risveglio' Alisea vide Clatus. Era intervenuto anche lui dunque?
Di li' a poco comparve tuttavia una figura ammantata di blu e mascherata. Clatus sembrava temerla... Alisea riprese la spada con le poche forze che aveva e segui' il discorso tra i due. Discorso fatto di frasi per lei prive di senso. La figura ammantata fischio' aiutata da uno stele d'erba... Un fischio forte e insopportabile, un fischio cosi' acuto che tutte le pozioni che aveva con se' andarono in mille pezzi di vetro... Anche quella che con tanta fatica era riuscita ad ottenere da Velkar.
Clatus indietreggio' e spari' nella nebbia.
Una rapida occhiata e Velkar non era li', sarebbe tornato con i rinforzi? Non era il caso di scoprirlo. Alisea si avvio' stancamente lungo la strada aiutandosi con la spada.
Arrivata al ponte si fermo' e inizio' a medicare le sue ferite aiutata da Nomad. Cerco' di far ricadere tutta la colpa su Velkar, ma non sapeva quanto poteva reggere quella storia ormai.
Infine si allontano', un corvo continuava a seguirla fino a che inizio' a parlare. Ne scaturi' un lungo discorso... Alisea era confusa dalle parole dall'animale magico, ma sapeva di stare facendo cio' che era giusto.


"Fai sempre i tuoi interessi"

Disse il corvo con quella sua voce raschiante.

"Non ho mai smesso di farli"

Fu la risposta della sacerdotessa, una risposta spontenea che le usci' dalle labbra senza pensarci.
Ma era davvero cosi'?
Nella sua mente quella domanda si formulo' per poco tempo, senza attendere risposta riprese il suo cammino...
 
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Adry_
view post Posted on 31/8/2007, 16:27




L'improvvisa sensazione di essere solo, solo a dover combattere contro quella creatura, che si stava lentamente impadronendo del corpo della sua Alisea.
Quanto avrebbe dovuto attendere? E cosa sarebbe successo, al termine di questa “giusta guerra”?
Già, era così che la chiamava Alisea, o ciò che restava di lei: una giusta guerra, una battaglia che un antico spirito, per odio e per vendetta, voleva condurre, verso la Nera Città, riemergendo dall’oscurità che lo aveva maledetto, e alla quale la ragazza voleva assolutamente prendere parte.

Lei sarebbe potuta tornare in se, o morire durante lo scontro; o peggio, rimanere in tali condizioni, per sempre.
Si sentiva impotente, incapace, di fronte a tutto ciò; la persona che sempre lo aveva aiutato e gli era stato vicino, la sua parte di coscienza, ora era la persona da salvare, e Garret avrebbe dovuto trovare il modo.
I Corvi, naturalmente, erano assolutamente decisi a trovare una cura per le loro compagne, ancora di più quando esse cominciarono a dare sempre più forti segni che la loro mente era offuscata. Avrebbe potuto agire con loro, come fece inizialmente, setacciando una vasta zona in cerca di una cripta; fu a Zhentil Keep però che Garret trovò la maggior speranza.

Alisea gli aveva ancora parlato di Aelthas, ma mai approfonditamente. Sapeva che era un abile mago, un uomo rispettato nonché di potere nella Nera Città. Lo cercò, perché Alisea disse lui che Aelthas e Velkar offrirono lei un “aiuto”. Non capiva fino a che punto la mente della ragazza era lucida da poter riconoscere amici e nemici; fatto sta che, per il momento, era l’unica cosa a cui aggrapparsi…
Durante il loro incontro, assieme a due dei Corvi, Zeph e Ariel, il mezz’elfo capì che l’uomo era più invischiato nella faccenda di quanto inizialmente sembrasse.
Per questo decise di incontrarlo di nuovo qualche giorno più tardi, da solo, a Zhentil Keep.

“Le città possono dichiararsi guerra, gli spiriti riemergere dalle ombre e comandare i loro soldati, e i potenti tramare di nascosto per sottrarsi vicendevolmente il prestigio. Poco mi importa di tutto ciò, quando di mezzo c’è una persona a cui tieni molto. Forse per questo mi definisco un “egoista”.”


“Un tempo anche io ero molto legato ad una donna. Posso capire ciò che si prova.”

Le intenzioni dei due non parevano poi così diverse. Certo, di mezzo c’erano poi altre faccende e questioni di secondo piano, opportunità e occasioni da sfruttare all’interno di tutta la faccenda, ma a Garret non importava questo, per il momento. Voleva salvare Alisea e, in qualche modo, nutriva anche lo stesso desiderio per Alaric, e per Larathiel. L’ex governatore era un uomo che meritava davvero di camminare ancora tra i vivi e che, senza volerlo, aveva insegnato qualcosa al mezz’elfo, nelle rare occasioni in cui si sono incontrati. La giovane ragazza era una cara amica di Alisea, e sicuramente, se lei fosse stata in se, avrebbe tentato di salvarla.

“Non mi fido di voi, come voi non vi fidate di me, immagino. Pare però che qualcosa ci accomuni.”

“Molte volte avere degli alleati, seppur momentanei, può cambiare, anche completamente, l’esito di un evento.”


Fu così che, il bardo e il mago, trovarono un accordo. Garret raccontò ad Aelthas ciò che sapeva, comprese le informazioni del libro, come e dove trovarlo, e della visione sull’ Ashaba di pochi giorni prima.
L’uomo spiegò al mezz’elfo cose di cui era all’oscuro, nuovi dubbi e alcuni chiarimenti, parti di quella storia che non conosceva, ed i due integrarono le informazioni dell’uno e dell’altro, traendo alcune supposizioni e probabilità.

“Posso fare altro per voi?”
“Salvate Alisea. Credo che ora partirò per andare verso ovest. Mi potrete trovare all’emporio, ma nel caso dovessi cercarvi io? Non so di dove siete, dove posso trovarvi?”

Garret sorrise.
“Vi cercherò io.”
“Comunicherò con voi in codice allora.”

I due si accordarono, e infine, dopo una lunga conversazione, si salutarono, ognuno, per il momento, seguendo la sua via.

Quel giorno, cosa più importante, Aelthas fornì a Garret un’ ultima, pericolosa, speranza.
 
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Darkivaron
view post Posted on 31/8/2007, 18:22




"Sarà amara Alisea" disse Velkar.

"Non ho mai preso una medicina che non lo fosse" fu la risposta della pallida donna, che si copriva il volto come infastidita dalla luce del sole.

Darkivaron rivolse un sorriso, un sorriso stentato, alla donna.
"Sono felice, che, nonostante la situazione, voi non abbiate perso il senso dell'umorismo".Poi, le porse la fiala, colma di liquido nero. Ma, il compotamento di quest'ultima fu inaspettato.
Invece di berla, la ripose insieme ad altre fiale che portava nella cintura. E urlò, impugnando la sua arma.

Darkivaron, stupefatto, balzo all'indietrò. Dai boschi vicini, dove evidentemente erano nascosti, sbucarono due cavalieri armati di spadoni, che li circondarono.
Una trappola.
Una dannata, lurida, trappola.
Non Clatus, come si aspettavano...ma pur sempre una trappola.

Il Maestro D'armi riuscì appena in tempo a riprendersi dallo shock per essere stato gabbato in quel modo, quando Alisea e uno dei due a cavallo lo caricarono senza la minima pietà.
Non vide Velkar, che si allontanò in fretta col terzo uomo alle calcagna.

I colpi dei due si susseguirono impietosi. Non poteva fuggire. Poteva solo combattere fino alla fine.
In quei pochi secondi, lo stupore, la rabbia, e la paura di essere sconfitto lo abbandonarono.
Fu il guerriero, il freddo calcolatore senz'anima che era in lui, a guidare la sua lama.
Prima, Alisea.
Sconfiggerla fu facile...ma solo molto più tardi, Velkar gli avrebbe fatto notare della stranezza del fatto che non avesse usato i suoi poteri clericali contro di lui...se lo avesse fatto, lo avrebbe potuto incenerire con un gesto. Ma non fu così.
Restarono lui, e il potente combattente a cavallo. Gravemente ferito, stava per cadere.
Poi, con abile colpo di taglio ,colpì il suo avversario, in posizione di poco sopraelevata rispetto a lui, proprio sui polsi con i quali impugnava l'arma, allentandone la presa, e agganciando con la sua lama la "Guardia" dell'altra spada, facendola cadere a terra.
La sua Opportunità.
Non poteva sprecarla.
In pochi attimi, la situazione di ribaltò completamente, cambiando a suo favore.
Se fosse caduto, con molta probabilità sarebbe diventato come Alaric: un Araldo, un Non morto, nemico di Bane, un'ombra di ciò che era, al servizio di Clatus.
Colpì il guerrierò con tutte le sue forze, che disarmato, tentò di colpirlo a mani nude: sapeva che nelle condizioni in cui era, pochi colpi sarebbero bastati.
Ma una luce nera, per pochi secondi, avvolse lo Zhentilar, come proteggendolo, rendendolo insensibile a quei colpi.
Alla fine, Darkivaron Salas era sanguinante, ridotto ai minimi termini, ma in piedi, in mezzo ai due corpi.
Ansimante, guardò Alisea.
Non aveva ancora finito.
La donna respirava.
Si avvicinò zoppicando, intenzionato a fare quel che doveva essere fatto...
Intenzionato a fare quello per cui era lì, e che gli aveva dato la forza per non soccombere.
Salvarla.
E con lei, Alaric e Zhentil.
Prese la boccetta..e le tolse il tappo.
La avvicinò alle labbra della pallida donna, intenzionato a fargliela mandare giù a tutti i costi.

Ma non ne ebbe il tempo.
Qualcosa arrivò alle sue spalle, a gran velocità: il secondo cavaliere.
Non era destino che Alisea In'Gia si salvasse, quel giorno.

[....................]

Quando riprese i sensi e aprì gli occhi, la situazione che aveva davanti era surreale.
Intorno a lui, gente ferita e svenuta, di cui distingueva solo vagamente i volti...tra i quali il barbaro Aiwaz, che giunto li per caso, aveva sicuramente tentato di salvarlo ed era caduto a sua volta.

Ma qualcosa risaltava.
Clatus.
E il Necromante.
Solo vedendoli insieme che parlavano, capì di aver commesso un grosso errore.
Aveva sbagliato tutto.
In qualche maniera, era debitore della sua anima al misterioso mago.
Il Valente, si ritirò. E ancora una volta, dimostrò qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato da un essere come lui.
Paura.
Emettendo un suono acuto, il necromante ridusse in frantumi tutti gli oggetti di vetro...inclusa la tanto agognata pozione, che andò perduta.
Alisea si allontanò,stremata, inseguita dai suoi due compagni, i due cavalieri che li avevano attaccati.

Soccorso dall'adepto di Zeross, Malfurion, che aveva spiato la scena nascosto dalla sua magia, Salas fece il suo ritorno a Zhentil, dove scoprì, che Velkar era salvo.

[..............................]

L'ombra dominava la cupa atmosfera della caserma.
Malfurion e Aiwaz erano appena usciti dalla Sala delle Riunioni, dove avevano aiutato a ricostruire l'accaduto....
Ora nella stanza rimaneva solo Darkivaron e Velkar.

"E ora che siamo soli..." iniziò il mago con aria seria" dimmi, sei attratto da Alisea?"
Una domanda che di certo non si aspettava. Socchiuse gli occhi, cercando una risposta.

"Perchè mi fate una domanda del genere, Signore?" rispose perplesso.

" Diversi atteggiamenti... E il fatto che ora non mi hai risposto: No" sentenziò.

"Non nego che Lady In'Gia è affascinante come poche donne, ma non ho mai messo, e mai metterò, nulla, davanti al mio dovere, ne tantomeno, "attrazione per una donna", signore."
"Non è un'accusa. Come uomo, non ti biasimo."commentò con calma Velkar.

Il Maestro d'armi di fermò a riflettere per un secondo.
"Diversi atteggiamenti, dite?"

"Si. Per esempio, quando lei ha urlato e sguainato la spada...tu..."

Lo Zhentilar riportando la mente a quel momento, si meravigliò di se stesso. La donna aveva urlato. Aveva sguainato la spada contro di loro, in chiaro atteggiamento offensivo.
Quanto aveva atteso lui prima di sguainare l'arma a sua volta? Quanto tempo la aveva fissata come un babbeo? Quanto aveva atteso prima di reagire? Quanti secondi?Quattro? Cinque? Sei?
Troppi.
Aveva esitato.
Se si fosse trattato di una sconosciuta, si sarebbe trovata una lama infilzata nel torace prima di rendersi conto di cosa accadeva.
Ma con Alisea non era successo. Il motivo era palese.
Amicizia?Amore?
Gli veniva il voltastomaco.
Quando tempo prima, l'uomo di nome Rayhel aveva fatto insinuazioni in quel senso, aveva respinto l'idea come se fosse ridicola.
Ma anche la corazza fatta di dovere, fede, odio e rabbia aveva un varco dove i nemici potevano colpire, a quanto pareva.
Si era dimostrato un debole. E peggio ancora, senza rendersene conto, finchè non glielo aveva fatto notare il mago.

Reclamò una punizione, conscio del proprio errore.
Il suo senso di colpa, e la sua rabbia verso se stesso e verso la donna, erano grandi.

Gli occhi calmi e astuti di Velkar lo guardarono attentamente.
" Nessuna punizione può essere peggio della consapevolezza di essere stati traditi dalle persone in cui si riponeva la propria Fiducia..."

Edited by Darkivaron - 24/10/2007, 13:00
 
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view post Posted on 7/9/2007, 00:22

Decapitatore di Mind flayer

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Forse non avrebbero dovuto resistere al fiume, il blocco non ci dovrebbe essere. Forse la fonte si dovrà calmare, e spegnere.
Forse, non si dovrebbe resistere al fiume, ma lasciarlo scorrere. E se tutto ciò andasse contro il tuo credo?

Forse, invece, si dovrà combattere contro un fantomatico nemico. Forse, invece, si dovrà allearcisi. Ma ciò che provo io, non conta?

Io non voglio.
Io lo odio.
Non riesco a capire.
Lo odio.
Lo odio.


<chi è la fonte?
Voi l'avete creato.
Devi chiederti chi è il "noi".
Come possiamo capire chi siamo?
Come posso capire cosa è la fonte?
Come posso distinguere la verità dalle menzogne?>

Fidati di te stesso.
Come hai sempre fatto.
Come sempre farai.
C'è solo uno che devi servire.
Solo lui servirai.

Ma io non capisco, non riesco a capire. Dove sbaglio? Dove non cerco? Questi eventi sono troppo intricati per riuscire a districarli. Non so da dove iniziare.


<chi è il "noi"?>
Il noi è la fonte
<cosa succede estinguendo la fonte?>
Il fiume si esaurisce.
Ma cosa vuol dire estinguere la fonte? Il "noi" siamo davvero "noi" come "noi" lo intendiamo? E se sbagliassi? E se fraintendessi tutto?

<chi è il "noi"?>
Ancora?
<e' questa la strada, Anthonius. E' questo il percorso. La fonte.>
Chi è il "noi"?
Chi è la fonte?
Cosa è "noi"?
L'odio?
No, un sentimento non si può estinguere.
L'opporsi al nemico?
Possibile.


<non ci sono certezze, l'unica certezza che hai è che non ci sono certezze.>

E allora, come trovo la via da imboccare?

<verrà da sè, tutti i pezzi si incastreranno, formando il mosaico completo.>

Ma non posso partire, senza un inizio.

<devi trovarlo tu. Amplia le tue vedute.>

Deve essere qualcosa di totalmente diverso da ciò che ho pensato fin'ora... altrimenti ci sarei già arrivato... Una strada diversa... ma quale? Non devo cercare un luogo, nè una persona. Devo ragionare, ma ragionando posso fare migliaia di pensieri.
Quale è quello giusto?
Quale?
Quale?
Quale?
Quello che comporrà il mosaico intero.


E allora, comincia a ragionare. Dormici sopra.
 
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Adry_
view post Posted on 23/9/2007, 17:34




Infine giunse il momento.
Il lungo viaggio verso Waterdeep aveva stancato entrambi, e questo era un bene, per quello che Garret aveva in mente.
Dopo un giro della città, per sbrigare alcune commissioni, i due presero una stanza all’ Eccellente Maelstrom, dove decisero di riposare.

Lei era pallida, come da troppo tempo oramai, e fredda, non solo al tocco. Il mezz’elfo sapeva che stava per avvicinarsi quel momento, e fece fatica a rimanere calmo e rilassato. Sapeva che quello che stava per fare avrebbe potuto cambiare tutto.

Le strade di sotto erano quasi deserte; il sole era calato da tempo oramai, e pochi si aggiravano per le vie principali della Splendente. Una quiete permeava l’intera stanza; un silenzio che ben presto era destinato a rompersi.
Garret si avvicinò ad Alisea, sul bordo del letto, e sedette a fianco a lei; delicatamente la fece stendere sul suo grembo, accarezzandole dolcemente il viso ed i capelli. Nemmeno in quel frangente, in quei momenti così difficili, riuscì a fare a meno di notare la sua bellezza.
Per qualche istante rimase lì, a guardarla, mentre le carezzava piano il volto; pareva quasi attendesse qualcosa, un’ ultima possibilità, o che forse quel incubo terminasse.

“Sei stanca?”

Alisea annuì.

“Ho qualcosa, per te…”

Garret estrasse una boccetta, contenente un liquido rosso scuro, e l’offrì alla sua innamorata.

“Sai che non devi farti del male per me.”


“Sai che farei di tutto per te.”

Un lieve sorriso, e Alisea trangugiò la boccetta.

Il cuore di Garret prese a battere più forte, quando raggiunse con la mano, l’altra boccetta.
Sapeva che quel che stava per fare era orribile; sapeva che stava ingannando il suo amore, che stava approfittando della sua fiducia. Ma sapeva che non poteva fare altro.

“Ne ho ancora se vuoi..."

Il giovane stappò la fiala, Alisea socchiuse gli occhi.

“Ti amo…”

Avvicinò lentamente la fiala alla sua bocca, qualche lacrima già si affrettava ad uscire, dai suoi grandi occhi.

“…perdonami.”
 
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Cloud83
view post Posted on 23/9/2007, 19:46




"...perdonami."

Alisea riapri' di scatto gli occhi, ma era troppo tardi. Sentiva la sua gola e il suo ventre bruciare man mano quel liquido scendeva verso lo stomaco. Inizio' a tossire violentamente, per poi vomitare senza sosta quella sostanza mista al suo stesso sangue.
Non riusciva neanche a parlare...
Perche'? avrebbe voluto chiedere, una domanda semplice e stupida, ma non riusciva a darsi risposta
Stammi lontano, avrebbe voluto dire
Sei come tutti gli altri, una triste consapevolezza che si formava dopo ogni colpo di tosse, dopo ogni goccia di sangue e liquido nero vomitato.
Poi la tosse pian piano passo', lasciando dietro di se' una ferita profonda, una ferita ben piu' profonda di quella che si era aperta all'interno del suo corpo.
Garret le pose le mani sulle spalle, ma quando Alisea alzo' lo sguardo sul suo viso non stava guardando lui. Al posto di Garret vide tante facce, alcune di vivi, altre di morti. Una in particolare si soffermo' a guardarla.


"I tuoi nemici sono coloro che ti ostacolano e coloro che vogliono ucciderti"
Il suo tutore... lo ricordava il giorno di cinque anni prima in cui egli aveva pronunciato quella frase, pochi giorni prima che lei lo lasciasse per cercare tracce di Awenn.

Scosto' le mani di Garret, non sapeva dire come lo stesso guardando. Odio, rabbia, frustrazione, delusione, tristezza e dolore crescevano a dismisura in lei. Sentiva crescere anche il desiderio di vendetta, ma sentiva anche qualcosaltro che lo frenava.
Prese la sua spada e il suo mantello prima che fosse troppo tardi, prima che quel qualcosa si indebolisse e si alzo' a fatica per dirigersi verso la porta. Sentiva la voce di Clatus rimbombarle in testa, distingueva chiaramente le sue parole come se lo avesse di fronte.
Garret le pose nuovamente la mano sulla spalla.


"STAMMI LONTANO!"

Con le ultime forze allontano' di nuovo la mano del mezzelfo mentre cercava di non lasciare che l'ira prendesse il sopravvento. Non riusciva neanche a capire se era stato odio a muoverla, oppure desiderio di proteggerlo dalla sua stessa collera. Non riusciva neanche a capire se lo stava dicendo a lui, a se' stessa o a quei volti tanto odiati.
Si trascino' fino al cavallo legato all'esterno della locanda e sali' in groppa lasciandosi trasportare verso l'esterno della citta'.

A qualche centinaio di metri dalla citta' la nebbia la avvolse e Lui comparve. Le parole che pronuncio' erano veritierie, e i fatti appena avvenuti l'avevano dimostrato.


"E' ora che vada a far visita ad altre persone"
Clatus se ne ando' com'era giunto, nella nebbia.
Alisea riprese stancamente il cammino verso le Valli, non aveva piu' nessuno di cui fidarsi davvero, e dentro di se' sentiva un vuoto divorarla, un vuoto di gran lunga piu' grande di quello che provava da qualche mese.
 
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Darkivaron
view post Posted on 24/9/2007, 00:42




Chissà quanto mancava.
Chissà quanto tempo gli restava per prima che Clatus facesse la mossa decisiva...
Le pedine sulla scacchiera cambiavano di mano rapidamente, senza che fosse possibile predire con assoluta certezza da che parte stessero.

Incontri inaspettati, si erano verificati, con persone che in passato avrebbe definito senza dubbio "nemici"...e di cui non si sarebbe mai fidato.
Ma ora la situazione era diversa.
Avrebbe trattato con disinvoltura con il più crudele dei Diavoli dei Nove Inferni pur di averla vinta...Tutto ciò che contava era il risultato.


Le informazioni erano semrpe poche e frammentarie, e anche se Alaric tempo prima lo aveva definito "vicino alla verità" non se ne era mai sentito più lontano.
Una parte di lui, la parte più irruenta, che nascondeva al resto del mondo, sperava che il non morto si decidesse ad attaccare, e che il confronto e la battaglia arrivassero, dandogli modo di dare sfogo alla sua furia e al suo odio...
Ma la parte più razionale la teneva a freno, quasi deridendola.
Certo, cercare alla cieca il confronto finale, infischiandosene dell'esito e accontentandosi di morire compiendo il proprio dovere, come un bel paladino dall'armatura sfolgorante...
Un lusso che non poteva permettersi... il suo Dovere "tentare di opporsi"...il suo Dovere era Vincere. E sapeva che doveva muoversi con molta attenzione se voleva farlo.

Togliere pedine a Clatus.
Per ora, da parte sua,la riteneva la cosa pù dannosa che poteva fare nei suoi confronti...come aveva tentato di fare, inutilmente, con Alisea.
Prima il rischioso incontro con il sacerdote di Oghma, e le sue misteriose parole sull'"Antico Odio"...che sembravano coincidere con quanto detto da Anthonius circa la fonte di Clatus.
Ma Nessuno sapeva dell'Antico Odio a parte lui e il Sacerdote: l'elfo lo aveva redarguito, dal non dire a nessuno di quelle parole, che sembravano uscite da una profezia...o tutto sarebbe stato perduto.
Parole esagerate, forse menzognere..ma se si fosse sbagliato?
Il prezzo era troppo alto. Anche se non si fidava veramente di quell'elfo saccente, aveva deciso di dargli ascolto.
Aveva tenuto tutto dentro di se, sperando di capire, temendo le conseguenze di una sua mossa sbagliata.
Poteva solo, come Alaric a sua volta, guidarli sulla giusta strada... Ma non sapeva ancora per quanto.

Il Guaio più grosso era, l'aver saputo che ora Horeness era costretto da un ricatto, a quanto pareva a stare dalla parte di Clatus...e non poteva più contare sul suo improbabile alleato.
Forse una possibilità di vantaggio era rappresentato da quella seccante mezzelfa...ma chi poteva dirlo?Un altro incontro che certo non credeva di fare...sopratutto non nella Nera Città.
Ma era venuta da lui e lo aveva aiutato. E aveva promesso di aiutarlo ancora.


Rimanevano i Corvi D'argento da "illuminare"...apparentemente anche loro ingannati, e pronti a cadere nella rete di Clatus...attraverso Alisea.
O Forse pronti a tendergli un altra trappola, e già dalla parte di Clatus.
Velkar gli aveva ordinato di appurare come stessero le cose effettivamente.
Avrebbe rischiato senza battere ciglio, come sempre.
Era da questo che poteva dipendere tutto...dalla capacità di osare, e di essere imprevedibile.
Dalla sua capacità, di mostrare ad Alec Crownguard e a Nomad, l'uomo che poco tempo prima aveva tentato di ucciderlo, la Verità.
 
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Hextar
view post Posted on 24/9/2007, 15:42




Per l'ennesima volta, fissando negli occhi, aveva ucciso.
Senza opporsi aveva lasciato che lo stillicidio proseguisse, che una delle due voci diventasse più flebile, fino a svanire del tutto, portandosi dietro tutti i dubbi e le paure. Fino a che non si rese conto del suo gesto assassino, troppo tardi.
I tre entrarono nella caverna in silenzio, lo scricchiolio delle ossa sotto il loro incedere rinfrancava ogni passo la decisione presa nella sua mente. Osando guardare dentro di se Alaric avvertiva la rabbia e l'odio riaccendersi, liberi da dubbi e paure.
Fu il volto delle due dame a riaccendere sentimenti che si credeva ormai impotente di provare, senza che gliene diedero conferma aveva letto nei loro sguardi i volti di chi aveva combattuto, di chi si era trovato circondato da nemici, di chi era stato tradito ed ora era prossimo alla resa.
Era un crocevia di nemici quello in cui si trovavano, tuttavia quando furono da soli nessuno di loro manifestò l'interesse di arrendersi, sarebbero "caduti con la spada in mano", questa era la gelida consapevolezza di Alisea.
A quelle parole, dietro la sua prigione fredda e inespressiva, il guerriero di Zhentil si rese conto che fino ad allora non era stato altro che il fantasma del generale che avrebbe dovuto essere. Tuttavia una nuova rabbia ardeva dentro di lui, ed egli, come l'uomo che fu un tempo, avrebbe fatto di tutto per trasmettere quella fiamma a chi gli era accanto.
Accanto a lui Lara e Alisea erano altrettanto decise, erano state strappate da quella che chiamavano "famiglia", un duro colpo che a differenza loro Alaric non aveva subito. Tuttavia erano entrambe ferme nella loro decisione, se davvero gli eventi erano riusciti a incupire i loro volti ancora la sventura non era riuscita a fare nulla contro il bagliore degli occhi di chi è pronto alla battaglia.

"Fare sul serio", fu una frase ricorrente.
La pronunciavano sia Alaric che Alisea con la stessa inflessibilità, troppo a lungo erano stati spiati, minacciati, scherniti e sopratutto non temuti.
Fuori dalla grotta li attendeva uno spione, vestito in maniera esatta all'elfo che conoscevano bene e avevano incontrato poco prima al vecchio teschio: Laurelion.
Non erano certi della sua identità, ma gli scrupoli avevano fino a quel punto giocato un ruolo essenziale nella vicenda, a favore dei loro nemici.
Incontrarono l'elfo poco dopo vicino al ponte di Shadowdale, vestito ancora nella stessa maniera. Parlava con due corvi ella Sembia, anche loro immischiati in quel crocevia, era il momento di iniziare a dare l'esempio.
Dopo poche battute un enorme elementale sovrastò l'elfo, la cui fuga fù bloccata da un secondo incanto di Alisea, sotto gli occhi di tutti, con la spada della sacerdotessa infilzata in gola, Laurelion era stato ucciso.
Alisea ne sovrastava il corpo esanime sfilando la spada lentamente, il rumore dell'acciaio nella carne sembrò quasi un sospiro, per pochi istanti fu come se l'intera natura avesse trattenuto il fiato a quel gesto. I due sembiani assistevano attoniti alla scena, Alaric si avvicinò a loro, era ormai tempo di mettere le cose in chiaro.

[...]

Suzail, il fiore del Cormyr.
Era giunta l'ora di dare l'esempio, ma prima avrebbero dovuto trovare uomini che li affiancassero. La notizia di un futuro manipolo di Dragoni era sulle bocche di tutti, guerrieri valenti, desiderosi di servire la regina Obarsky. Sarebbero stati loro senz'altro più adatti di qualche veterano troppo legato agli ordini di un superiore. Fu così, che incontrò quel tale, Paul Greame.

"Non siamo stati creati per rimanere attaccati alla mammella di Chauntea, in quanto mortali abbiamo da guadagnarci, con diritto di spada, il potere di tracciare solchi nella storia dei reami."
La rabbia riaccesa lo aveva riportato a parlare come un generale, a organizzare una prima strategia e cercare di metterla in atto. In piedi, di fronte a lui, lo ascoltava un uomo di Suzail, un soldato degno di questo nome.
I suoi dubbi di soldato erano quelli di chi non teme per la sua sorte, ma per quella dei suoi compagni. Sembrava cosciente delle grandi forze che si stavano schierando in campo e non voleva rimanerne soggiogato.
Alaric sapeva di essersi fatto araldo di uno scopo nobile, ma sapeva anche che la maggior parte dei paladini Cormyriani, in caso avessero accettato, si sarebbero dovuti piegare senza obiezioni alle rigide regole da lui imposte.
Poteva solo lasciare a quel guerriero e ai suoi compagni il tempo di riflettere, e come ogni generale che si rispetti, doveva fare altrettanto anche lui.
 
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view post Posted on 24/9/2007, 17:39
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Decapitatore di Mind flayer

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Odore di carne bruciata. Mmh che profumino, fa venire l’acquolina in bocca…
Ma un momento…
Sono io che brucio...?

L’elfo urlava, ancora e ancora, stretto da braccia incandescenti, abbracciato nella morsa di un inferno in forma umana, fiamme alte dodici metri che lo colpivano senza pietà.
L’aria si faceva nera, la sua coscienza scivolava via, come cenere dopo un falò, lontano.
Dopo non seppe quanto tempo, riaprì gli occhi. Stai giù stupido di un elfo, non alzarti, non ora, non puoi nulla contro di loro. Già, una voce ragionevole, molto ragionevole, dovrei darle ascolto più spesso. Un dolore ossessivo e bruciante alla gola. L’elfo chiuse di nuovo gli occhi, scivolando in un sonno profondissimo, senza sogni…

…Poche ore prima…

“La questione deve essere affrontata Lara, non può continuare in questo modo…”

La locanda del vecchio teschio era piena di avventori, contadini e popolani che si rilassavano dopo una giornata di fatiche e, grazie al clima mite, qualcuno aveva aperto le finestre del pian terreno, facendo entrare una tenue aria estiva. C’era allegria intorno ai tavoli, la fine di un inverno rigido era sempre vista con gioia, la fine delle tribolazioni dovuti al freddo e alla fame solo un brutto ricordo, c’era un’intera stagione per dimenticarsene e tutti i presenti erano del tutto impegnati a farlo. L’atmosfera mutò lievemente quando la porta dell’entrata si spalancò e una figura, completamente inguainata in una stretta corazza di pelle, entrò scrutando i presenti. Alcuni mormorarono, altri ridacchiarono, un paio tra i più paranoici portarono le mani all’elsa delle spade, ma l’elfo non vi badò, la sua attenzione era focalizzata su una coppia di persone.
Un uomo, coperto da un armatura in Pietrasangue, e una donna, entrambi dall’aspetto cadaverico parlavano con voci tese e stanche tra di loro. Lauro li riconobbe al primo sguardo, Alaric Ganandoorf e Lara, l’uno un ex-governatore della Nera Città, l’altra un membro dei Corvi d’Argento.
Cercando di farlo sembrare un gesto naturale Lauro si spostò al bancone sperando di cogliere il tema della conversazione. I volti erano testi, i toni concitati, benché un mortale pallore contraddistinguesse i due avventori, l’elfo poteva sentire con chiarezza la tensione attorno a loro. La cosa non migliorò quando una terza figura scese dalle scale.
Alisea, una chierica di grande potere, anche lei pallida come neve venne avanti con alterigia. Si rivolse senza mezze misure ad Alaric. Dovevano parlare e in fretta, Alaric annuiva, Lauro ascoltava e quando i tre uscirono dalla locanda non perse tempo.
Aspetto qualche minuto, contando lentamente, immaginando, chiari nella sua mente, i passi rapidi e ampi di Alaric, immaginando quanta strada avesse potuto percorrere; poi, soddisfatto, si alzò e li seguì.
Li seguì per il tempo sufficiente a farli uscire dal villaggio e individuarne la direzione. Quando Lauro vide Alaric inoltrarsi nella foresta, fece un muto sorriso. Sapeva dove l’uomo le stava portando. Tornò indietro, il tempo necessario per fasciare gli zoccoli del cavallo e si incammino anche lui nella foresta. Non aveva fretta, se avesse avuto ragione li avrebbe trovati, e di fatti, poco dopo la sua intuizione fu premiata. Ricordava quella grotta, glie ne aveva parlato Darkivaron, vi si era rifugiato lui stesso, tempo fa, quando venne incatenato da una maledizione, una grotta, una grotta cosparsa d’ossa; un luogo decisamente appropriato.
Scivolando tra le ombre, silenzioso come una di esse, entrò nella grotta, camminando rasente le pareti, si accovacciò sul pavimento e ascoltò.

Ascoltò tutto, ascoltò fino all’ultima parola, ascoltò frasi di ribellione, di frustrazione, di condanna.
“Un crocevia di nemici si stringe attorno a noi e io sono stanco di aspettare le loro mosse”
Parlarono tutti, parlò Lara rivelando i dubbi e i timori di un alleanza tra gli Zhentilar e i Corvi d’Argento, parlò Alisea, la voce ridotta a un sussurro, impossibile da afferrare se non quando declamava la propria frustrazione contro Alek e la sua indecisione, parlò Alaric promettendo che avrebbero comunque trovato altri mercenari per combattere per la sua causa. Soprattutto questo alimentò l’attenzione dell’elfo.

“La mia forma sta cedendo, presto diverrà insostenibile e io sono –Stanco- di questa condizione”

La discussione si protrasse per molto, vennero citati molti nomi, alcuni l’elfo li conosceva, altri no, le parole ebbero termine quando tutti concordarono che era ora di parlare chiaramente ad Alek.

Fu Alisea ad uscire prima dalla grotta, Lauro retrocedette lentamente, ma non aveva fatto i conti con il pavimento cosparso di ossa sotto di lui. Un piede messo su un innocuo tratto di sabbia rivelò un osso sommerso che si spezzò con un sonoro schiocco quando l’elfo vi caricò sopra il suo peso.
Il volto di Alisea si tinse di furore e Lauro si lanciò in una precipitosa fuga. Corse più velocemente che poté in mezzo agli alberi, poteva sentire il furore arcano della chierica dietro di lui, dal nulla una colonna di fuoco accecante lo investì, ma i riflessi fulminei dell’elfo gli permisero di evitarla, continuando la sua corsa. Alisea era sempre dietro di lui, ma perdeva sempre più terreno, Lauro saltò verso il ramo di un enorme albero, sfruttando lo slancio ruotò su se stesso e rimase appollaiato tra i rami, quindi silenziosamente prese a salire.
Alisea non si era accorta di nulla, credendo di aver semplicemente perso di vista l’elfo, continuò a correre per raggiungerlo, lasciandosi Lauro alle spalle.
L’elfo ridiscese e muovendosi il più silenziosamente possibile torno al villaggio, comprò una pergamena e l’occorrente per scrivere e si chiuse in una stanza. In fretta e furia, trascrisse tutta la conversazione che aveva ascoltato, la fece asciugare e la lasciò in stanza. Quindi usci nuovamente.

Non fece in tempo a lasciare la locanda che i tre che aveva seguito lo trovarono. Avevano il volto coperto, ma li riconosceva ugualmente.

Alisea non fece domande alzo il suo simbolo sacro dischiudendo quella che all’elfo sembra una porta, una porta su un mondo infernale di fuoco e fiamme da cui scaturì il più grande elementale che lui avesse mai visto.
“Lauro?” Chiese Alaric
“Se quell’affare è per lui no…” Rispose l’elfo
“Buon per lui allora” Fu la risposta glaciale della donna.
Con un gesto imperioso scagliò il gigante di fiamme contro di lui. Lauro voltò il cavallo e fece per fuggire, ma a metà della corsa senti le sue membra congelarsi, la sua mente irrigidirsi, rimase immobile muto, a malapena consapevole dell’inferno torreggiante che lo strava stringendo.

… Ucciso da un gigante fatto di fuoco alto tre piani…
... Se non altro un modo originale di morire…

Il calore e il dolore si portarono via tutto il resto…
 
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Ariel Khelek
view post Posted on 26/9/2007, 11:08




Scese le scale della locanda "Le fauci del drago" lentamente quel giorno, sul suo viso la solita espressione cupa e riflessiva.
"oh finalmente Martin" una voce proveniva dal tavolo di fronte.
Alzando lo sguardo il giovane sacerdote rispose: "salve signori, salve Paul"
"siedi con noi Martin devo chiederti un parere" disse Paul.
Martin si sedette composto come era suo solito fare, gli venne offerto uno stufato che non rifiutò; finito il pasto disse:
"Dunque? Ti ascolto Paul dimmi pure"
Così il guerriero spiegò al sacerdote una proposta che aveva ricevuto.
Martin aveva capito, ricordava le parole di clatus, era certo che c'era lui dietro a questa storia, troppi pezzi del mosaico combaciavano.
Sapeva che la corruzione avrebbe tentato di ingannare Paul in ogni modo.
"Paul non capisci" Il sacerdote formulò il suo monito al compagno, spiegò tutto quello che sapeva, ma allo stesso tempo capiva che non sarebbe bastato.
"devo trovare Eldifur e in fretta" pensò subito.

Il sacerdote uscì dalla locanda, la via per il porto era come sempre gremita di persone, si fermò un attimo sul pontile, doveva riflettere.
Il vento era ancora freddo, e un brivido scese lungo la sua schiena. Si voltò e si diresse senza esitazione alla casa di Eldifur.
Bussò due volte e la porta si aprì:
"Salve Martin vieni entra pure"
"Ti ringrazio Eldifur"
Martin aveva notato come Eldifur fosse già pronto per batterlo l'ennesima volta a schacchi, ma la sua espressione fece capire subito al padrone di casa che il motivo della visita era un altro.
Il discorso fu lungo, i due capirono che l'unica via possibile era cercare di aiutare l'amico in difficoltà. L'avrebbero ascoltato e gli avrebbero dato i loro consigli.
Martin sapeva che una scelta sbagliata di Paul sarebbe significato dover lasciare il gruppo immediatamente, tanto lavoro sarebbe andato perduto, tante speranze, ma più di tutto temeva per l'amico.
 
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94 replies since 12/6/2007, 19:36   2844 views
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