Faerûn's Legends

Imoden:"Il ceppo di Zhentil Keep"

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Darkivaron
view post Posted on 22/10/2006, 18:09




Imoden

Era notte fonda quando Imoden aprì un occhio nella piccola camera della locanda sul porto. Scese di sotto e consumò un pasto leggero prima di uscire fuori.
All'esterno della locanda, sui moli, la situazione non era delle migliori.
Qualcuno sembrava parlottare dal letto e si poteva intravedere una lieve luce, come di una lanterna, venire dal cornicione.
Imoden alzò la testa cercando di intravedere qualcosa, continuava a sentir parlottare fino a che una moneta cadde dall'alto e lo prese in testa.
Il guerriero sfoderò l'arma e si mise a urlare furiosamente ''Dannati ubriaconi, venite giù!'', salì le rampe di scale che portavano al tetto e si preparò ad usare l'arma.

Illuminando il tetto della locanda, non sembrava esserci nessuno fino a che Imoden intravide la luce di una lanterna.
Sotto questa luce, una giovane ragazza sembrava dormire. Si svegliò quasi subito dopo l'arrivo di Imoden, e dopo qualche secondo, arrivò Lauro l'elfo.
La cosa iniziava a puzzare, quando c'era di mezzo quel furfante nulla andava bene, senza tenere conto che le monete, in piena notte, non cadono da sole dai cornicioni delle locande.
Per niente attenuato dalla giovine età della ragazzina, Imoden prese a fare qualche domanda su quella bizzarra situazione. La ragazzina approfittò di un momento di distrazione per fuggire giù dal tetto. Non fu molto fortunata nella fuga e fu presto raggiunta da Imoden che roteava nervosamente la mazza in pietrasangue.
Un piccolo corteo di curiosi si era radunato attorno al guerriero e alla ragazza, Lauro, Velkar, Thug e alcuni cittadini.
''Bene, adesso voi due mi spiegate cosa sta succedendo...'' tuonò Imoden.
Dietro, rispose Lauro ''Io non ne sò nulla.. sono arrivato dopo di te, hai visto, no?''.
La ragazza sembrava intimorita e pronunciò un po tentennante ''Mi ha detto di stare zitta quando uscivi tu dalla locanda...''.

La discussione fu troncata da un urlo che proveniva dal porto.
''Al ladro! Al ladro! Aiutatemi!''.
Imoden, seguito dall'ormai folto gruppetto, si gettò in direzione delle urla con l'arma ben salda in pugno.

[...]

Il furfante era accerchiato da tre persone, bloccato magicamente da una magia.
''L'ho trovato sulla mia barca mentre cercava di rubare qualcosa..'' - ''Ha provato ad accoltellarmi da dietro mentre fuggiva'' - ''Posso confermare quanto hanno detto, l'ho visto correre gettando via un sacco e l'ho bloccato con una magia...''.
Questo dicevano rispettivamente, un mercante, un sacerdote di Bane e una maga studiosa, tutti rispettabili cittadini di Zhentil Keep.
Il bandito, vestito di pelle d'orco, era bloccato dall'incantesimo e non poteva parlare.
Imoden gli gettò una corda trovata sul molo addosso, facendo attenzione a legare bene gambe e braccia.
L'incantesimo della maga fu sciolto e il furfante rimase perplesso dinanzi alla folla che si era riunita lì attorno.

[...]

Dopo non pochi discorsi, anche troppi per Imoden, si decise ciò che era giusto fare.
Imoden strattonò l'uomo tirandoselo dietro fino alla piazza davanti al palazzo governativo. Trascinò l'uomo fino al ceppo e spingendolo avanti, lo fece accomodare sul ceppo.
Una folla di cittadini si stava riunendo attorno al luogo delle esecuzioni ed Imoden impugnò la grande ascia.

Gridando parlò alla massa.
''Quest'uomo che vedete è un assassino, un traditore e un furfante!
Non solo ha tentato di derubare un rispettabile mercante di Zhentil Keep, ma ha anche provato ad accoltellare un sacerdote dell'Oscuro Signore!
Costui è un nemico di Bane e un nemico della città. Che la sua testa sia da esempio a chi si mette contro Zhentil Keep e contro le leggi che la governano...'' - La folla sembrava ora gridare con fervore ''A morte! A morte!'' . Imoden alzò l'ascia con un ampio movimento, e prima di lasciarla cadere sulla testa dell'uomo urlò a gran voce - ''Per Bane, per il Tiranno e per Zhentil Keep!''.
Con un tonfo secco, la testa sgusciò via dal corpo, colorando di rosso il ceppo su cui ora poggiava il corpo senza vita dell'assassino.

Ma nella folla astante, qualcosa sembrava non andare per il verso giusto.
Imoden non riuscì a capire molto, ma una sgualdrina, sembrava aver pronunciato una maledizione nei confronti dei tre cittadini.
Un coniglio morto giaceva ai piedi della donna, che scomparve per mezzo di un incantesimo.

[...]

''Non vedo nessun motivo di preoccuparsi, cosa potrà mai fare una maledizione a un sacerdote di Bane? Soprattutto se lanciata da una volgare sgualdrina...''.
I tre cittadini annuirono e il sacerdote sorrise. Non c'era motivo di preoccuparsi per un coniglio morto.

Giustizia era stata fatta nei confronti della città.
La testa del furfante era stata posizionata sul ceppo così che tutti potessero vedere un nemico di Bane.
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Laurelion

I bambini vennero presto per assistere alla decapitazione.
Era ancora buio quando i primi tre o quattro uscirono furtivamente dai casolari, silenziosi come gatti nei loro stivali di feltro.
Uno strato di neve fresca copriva il paese come una nuova mano di colore e le loro orme furono le prime a intaccarne la superficie immacolata. Passarono tra le casupole di legno camminando sul fango ghiacciato delle viuzze e raggiunsero la pizza del Palazzo dove attendeva il patibolo.
I bambini disprezzavano tutto ciò che gli adulti tenevano in considerazione. Spregiavano la bellezza e schernivano la bontà. Ridevano fragorosamente alla vista di uno storpio e se vedevano un animale sofferente lo uccidevano a sassate. Si vantavano delle loro ferite e ostentavano le cicatrici con orgoglio, e riservavano il massimo rispetto alle mutilazioni: un ragazzetto privo di un dito poteva essere il loro re. Amavano la violenza; erano capaci di percorrere miglia e miglia per vedere il sangue, e non mancavano mai a un’impiccagione.
Uno di loro pisciò alla base del patibolo. Un altro Sali i gradini, si alzo la maglia sopra la testa e finse di accasciarsi torcendo il corpo nella macabra parodia di una decapitazione; gli altri gettarono grida di ammirazione e due cani giunsero abbaiando sulla piazza. Un bambino piuttosto piccolo cominciò a sfacciatamente a mangiare una mela, e uno dei più grandi gli diede un pugno sul naso e gli portò via il frutto. Per sfogare la rabbia, il più piccolo tirò un sasso a un cane che fuggi guaendo. Non c’era nient’altro da fare e perciò tutti si accovacciarono sul pavimento asciutto del portico della grande chiesa aspettando che succedesse qualcosa.
Le luci delle candele palpitavano dietro le imposte delle solide case di legno e pietra intorno alla piazza, dove abitavano artigiani, alchimisti, sacerdoti e bottegai benestanti: le sguattere e gli apprendisti accendevano il fuoco, scaldavano l’acqua e preparavano le vivande. Il cielo trascolorava dal nero al grigio. La gente usciva dalle case avvolta in pesanti mantelli di lana ruvida e scendeva rabbrividendo al fiume per attingere l’acqua.
Poco dopo un gruppo di giovani, inservienti, operai e apprendisti, comparve baldanzosamente sulla piazza. Scacciarono i bambini dal portico della chiesa a sberle e calci, si appoggiarono alle arcate e cominciarono a grattarsi, a sputare per terra e a parlare con studiata sicurezza della morte per decapitazione. Se è fortunato, disse uno, la lama della mannaia é lucida e ben affilata da tagliarli il collo in modo netto e con un colpo solo, e allora è una morte rapida e indolore; se no, l’ascia del boia è arrugginita e senza filo e il condannato può ricevere due, tre, quattro e forse anche più prima che la testa si staccasse del tutto. E un altro disse che per morire in quel modo poteva occorrere lo stesso tempo che impiega un uomo a percorrere un quarto di miglio; e un terzo disse che poteva andare anche peggio, perché una volta aveva visto un esecuzione dove al boia erano occorse venticinque colpi di mannaia ad una donna prima di riuscire a staccarle la testa.
E che era ancora viva quando il venticinquesimo calò su di lei.
Le vecchie formavano un gruppo a sé dalla parte opposta della piazza, lontano il più possibile dai giovani che erano capacissimi di lanciare lazzi volgari alle loro nonne. Si svegliavano sempre presto anche se non avevano più bambini di cui occuparsi ed erano le prime a spazzare i camini e ad accendere il fuoco. La più rispettata di tutte, la muscolosa vedova Brewster, le raggiunse facendo rotolare un barile di birra con la stessa facilità con cui un bambino fa rotolare un cerchio. Prima ancora che potesse togliere il coperchio aveva già intorno una piccola folla di clienti che aspettavano con secchi e brocche. A poco a poco contadini e atri artigiani che vivevano nei sobborghi cominciarono a riversarsi nella piazza. Alcuni portavano uova e latte e burro fresco da vendere, altri venivano per comprare birra e pane, e altri ancora si fermavano in mezzo alla piazza per assistere all’esecuzione.
Ogni tanto tutti giravano la testa come passeri incuriositi verso il nero palazzo. Si vedeva il fumo salire dalle cucine e dalle fucine e, ogni tanto, il bagliore di una torcia dietro le feritoie. Poi, verso l’ora in cui il sole cominciava a sorgere dietro le dense nubi grigie, i grandi battenti di legno e bronzo si aprì e uscì una processione. Per primo veniva il capo delle guardie in groppa ad uno splendido cavallo nero e chiuso in una severa armatura rosso sangue, seguito da un carro trainato da un bue che trasportava il prigioniero legato. Dietro il carro cavalcavano tre uomini, e benché i loro volti apparsero ai più come sconosciuti, gli abiti indicavano che erano un mercante, una maga e un sacerdote. Due armigeri chiudevano il corteo.
Quella stessa notte era avvenuto il crimine. Il ladro aveva cercato di rubare un sacco di grano dal deposito merci al molo del mercante, poi una volta scoperto aveva tentato di assassinarlo, il sacerdote di Bane era intervenuto, ma il folle aveva tentato di uccidere anche lui, fino a quando una maga era riuscito a bloccarlo con un incanto. Tutti avevano testimoniato contro di lui e il Capo delle Guardie lo aveva immediatamente condannato a morte.
Mentre il corteo si avvicinava al patibolo, un altro drappello di persone uscì dal palazzo e si diresse verso il centro della piazza. La folla di aprì immediatamente davanti a loro fissando incuriositi e perplessi quest’ultimo drappello. Davanti a tutti incedeva Lord Velkar, tesoriere di Zhentil Keep seguito dal becchino, due armigeri e altre tre persone che per aspetto e portamento sembravano tre avventurieri. Ma il motivo di maggiore perplessità era imputato a uno degli avventurieri, una figura robusta, chiusa e stretta in armatura color blu notte, avvolta da un mantello il cui mantello copriva un volto celato da una maschera, ma la cosa più strana è che sorreggeva sulle spalle una ragazzina di giovane età incredibilmente avvenente, ma svenuta; incosciente di quanto stava per accadere. Quando anche quest’ultimo gruppo raggiunse il patibolo, tutti i presenti si raccolsero attorno al patibolo.
Lo stato d’animo della folla da attesa mutò in sanguinaria eccitazione. Il condannato era un ladro e un assassino e tutti odiavano i ladri con l’accanimento di coloro che hanno guadagnato con grande fatica ciò che possedevano. Era come rubare un prosciutto o un coltello nuovo o una bella cintura, la cui perdita danneggiava qualcuno che aveva faticato e lavorato molto. Si sentivano insulti, fischi, urla di incitamento verso il boia e i bambini vicini al patibolo lo schernivano con feroce entusiasmo.
Il ladro non parlava, taceva, ma sembrava non per sua volontà. Il suo sguardo era furente e pieno d’odio, ma i movimenti del volto erano contratti e irregolari, anche per chi fosse preso da una grande furia, le labbra si muovevano come se fossero cucite assieme, la mascella si muoveva a scatti, la lingua era gonfia dallo sforzo di emettere parole articolare, tuttavia senza riuscirci. Coloro che lo guardavano da più vicino furono colti da inquietudine per quello strano comportamento. Il Capo delle Guardie scese da cavallo, apri la gabbia del prigioniero e lo portò fuori di peso, trascinandolo su per i gradini del patibolo. Un bambino prese la mira con cura e sputò contro il prigioniero centrandolo negli occhi. Il condannato ringhiò cercando di parlare ma senza risultati, cerco di divincolarsi, me le strette funi che lo legavano mani e piedi gli impedirono qualsiasi movimento. Il Capo delle Guardie, aiutato dal becchino, cercò di incatenare il giovane al ceppo e il ragazzo prese a divincolarsi. I ragazzi proruppero in applausi ed esclamazioni; sarebbero rimasti delusi se avesse conservato la calma. Girava la testa e il torso di scatto, per sfuggire alle prese delle mani de due uomini fino a quando il becchino che era un colosso, si scostò e gli tirò un feroce pugno al centro della schiena. Il condannato inarcò il busto, senza fiato e il Capo delle Guardie fisso le mani, appena liberati, e la testa al ceppo.
A questo punto c’era quasi sempre un po’ di trambusto. La madre del condannato si metteva a urlare o la moglie estraeva un coltello e accorreva per tentare di liberarlo. Sebbene queste sconsiderate fossero una sicura pazzia nella Nera Città, non mancavano di avvenire. O ancora il prigioniero invocava il perdono di Bane o scagliava agghiaccianti maledizioni contro i carnefici. Gli armigeri e gli avventurieri, pronti ad affrontare un eventuale incidente. Uno solo non si mosse. La figura ammantata e irriconoscibile chiuso nell’armatura di cuoio. Continuava a sorreggere la fanciulla svenuta e nel pugno, i più vicini si accorsero, stringeva un flauto. Teneva in mano il delicato strumento e guardava il condannato in silenzio.
Le urla della folla tacquero quando il Capo delle Guardie cominciò a urlare. “QUEST’UOMO E’ UN LADRO!!!”
La folla ruggì di incitamento
“QUEST’UOMO E’ UN SACRILEGO!!!!”
La folla si divise tra mormori di terrore e urla fanatiche.
“QUEST’UOMO HA ATTENTATO ALLA VITA DI UN SACERDOTE DI BANE!!! E ORA NE PAGHERA’ IL FIO!!!! IN QUESTA VITA E NELL’ALTRA!!!!
Le urla della folla avevano raggiunsero l’isteria. Il sacerdote di Bane che seguiva il drappello urlava feroci maledizioni tenendo alto il simbolo del Dio Oscuro.
“PER LA NERA CITTA’!!! PER L’OSCURO SIGNORE!!! PER IL TUO DELITTO BLASFEMO… IO QUI TI CONDANNO!!! MORTE!!!
Le grida degli astanti avevano raggiunto il parossismo, i volti contratti in maschere di puro odio e terrore mistico. Di tutti i presenti solo Lord Velkar rimase in silenzio, assorto nei suoi pensieri, gli occhi acuti fissi sul volto della vittima, solo Lord Velkar e l’uomo con la ragazza, ancora svenuta nonostante il frastuono, sulle spalle.
Il Capo delle Guardie alzò il braccio. La mano chiusa nel guanto d’arme rosso dello stesso colore del sangue, stringeva un enorme ascia rossa anch’essa. A quel gesto le urla della folla si spensero completamente. Il soldato rimase cosi per un tempo che parve infinito. Il sole stava ormai per sorgere e i primi raggi passarono i tetti della città, illuminando la neve che qui vi si era deposta, fino a quando il fulgido chiarore del Sole non incontrò la terrificante figura del boia. In quel momento il colore dell’armatura, da rosso sangue rappreso, colpito dalle primi luci dell’alba divenne dell’esatto colore del sangue appena versato, fino al punto che l’intera figura sembrava brillare, come se fosse stata inondata di sangue.
L’ascia calò fulminea.
La piazza intera esplose in un urlo disumano. Le grida si levavano stridule e fanatiche. Sembrava che tutti gli edifici li attorno ne risuonassero, le voci echeggiavano per i vicoli e per le stanze delle case e dei palazzi. In crescendo, urli a Bane e insulti al condannato e pure grida di fanatismo, soffocavano l’aria attorno al patibolo. Per minuti interi, senza cedimento. Il pavimento in pietra della piazza risuonava del battito di centinaia di stivali, i bambini saltavano e urlavano. Fino a quando un urlo diverso spezzò il frastuono.
Non era un urlo di rabbia, ne di ferocia, ne di fanatismo ma era un urlo di terrore. Sentito il quale gli astanti si voltarono e si zittirono fino a quando il silenzio nato da quel punto non si propago a tutti gli altri, fino a far tacere l’intera folla.
Il motivo di tanto stupore non era la donna che aveva urlato di terrore, ma la ragazza che le era accanto. Era caduta in ginocchio davanti al patibolo, con le braccia tese nella posa adottata per scagliare una maledizione. I presenti indietreggiarono impauriti. Tutti sapevano che un tale gesto era di una follia sconsiderata e assoluta nella città nera, e si allontanarono ansiosi. I bambini erano terrorizzati.
La ragazza girò due incredibili occhi dorati sui tre accusatori, il mercante, l’incantatrice e il sacerdote, quindi pronunciò la maledizione, parole terribili, dal tono squillante sentite da tutti i presenti.
“Io vi maledico perché siate colpiti dalla malattia e dalla sofferenza! La vostra casa sarà consumata dal fuoco e i vostri figli finiranno sul patibolo; i vostri nemici trionferanno su di voi e voi invecchierete nella tristezza e nel rimorso e morirete tra sozzure e tormenti…” Mentre pronunciava le ultime parole frugò tra una sacca ai suoi piedi e tirò fuori un coniglio ancora vivo. Un coltello le lampeggiò improvviso nella mano e con un taglio netto mozzo la testa dell’animale.
Mentre il sangue continuava a flottare, la ragazza scaglio il coniglio decapitato contro il sacerdote dai capelli neri. Non lo colpì ma il sangue spruzzò addosso a lui e addosso al mercante e all’incantatrice che gli stavano ai lati. I tre si scostarono con ribrezzo, ma il sangue schizzo sulle loro facce e macchiò i loro indumenti.
La ragazza si voltò e fuggi via.
La folla si aprì davanti a lei e si richiuse alle sue spalle. Per qualche istante si scatenò un pandemonio più caotico di quello dell’esecuzione. Finalmente il Capo delle Guardie riuscì ad attirare l’attenzione degli armigeri e ordinò rabbiosamente di inseguirla. I soldati e un paio di avventurieri cominciarono ad avanzare a fatica tra la folla e a incalzare uomini, donne e bambini; ma la ragazza sparì alla vista in un baleno e, anche se il Capo delle Guardie era deciso a farla cercare, sapeva già che non l’avrebbe trovata.
Velkar si voltò perplesso e disgustato verso i tre. Il mercante, la maga e il sacerdote non avevano badato alla fuga della ragazza. Fissavano un punto ai piedi del patibolo. Velkar seguì il loro sguardo. In un punto in cui miracolosamente la neve non era ancora stata calpestata, era rotolata la testa del condannato; attorno al capo, il coniglio, decapitato ma non ancora morto, correva in cerchio sulla neve insanguinata
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Khor Wolfrik

Quando arrivò nella nera città era ancora notte e non era il caso di andare in biblioteca a quell'ora,quindi si avvio verso la locanda più vicina, dove incontro Thug, un elfo e della gentaccia ubriaca che barcollava sul porto.

Si fermo a scherzare e a parlare con Thug che dopo qualche minuto li lasciò per andare a riposare, rimasero la ragazza e l'elfo.

Si scatenò una rissa e l'elfo incitò la ragazzina a salire sul tetto della taverna, dopo un pò vide un uomo in rosso che usciva dalla porta sottostante, subito l'elfo le diceva di stare zitta, ma lei era in vena di sherzare e prese una moneta da tirare in testa alla guardia.

Elfo: <<che stai facendo? metti via quella moneta!>>
Nadia posò la moneta ma appena si girò la moneta scivolo dal borsello e cade di sotto.
Subito si sentì la guardia correre e urlare diretta verso il tetto.Nadia si guarto intorno e si gettò a terra facendo finta di dormire con la lampada che la illuminava accanto.Si svegliò quasi subito dopo l'arrivo della guardia, e dopo qualche secondo, arrivò l'elfo.
La guardia volle spiegazioni ma appena ci fu un momento di distrazione Nadia scappo di sotto anche se si fermo cadendo sotto la scala.

Appena la guardia la raggiunse volle sapere spiegazioni ma per fortuna un urlo ruppe quel momento. La ragazza si senti sollevata.

C'era un uomo legato e tanta gente attorno, Thug ,giunto un attimo prima dell'urlo, teneva sott'occhio la ragazza che quando senti le parole di Thug di ammazzare l'uomo e prendersi i piedi svenne.

Quando riaprì gli occhi si ritrovo sulle spalle dell'elfo e subito inizio a scalciare per liberarsi. Scese a terra.

Elfo: <<E' meglio se non guardi>>
Nadia <<cosa non devo guardare?>>

Nadia alzo gli occhi da terra e vide un uomo con la testa mozzata sul ceppo della piazza. Svenne nuovamente.

Quando riaprì gli occhi rimaneva sempre attaccato a l'elfo terrorizzata da quella scena e dopo qualche minuto andarono a palazzo per chiarire la vicenda della moneta.
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Velkar

Velkar si dirisse verso la locanda per un pasto veloce, era piuttosto indietro con alcune pratiche, ma aveva deciso di rilassarsi un po.
Dopo poco che ebbe iniziato, alcuni rumori provenienti dai piani superiori attirarono la sua attenzione, ma decise di non farci caso e continuare il suo pasto, dopo poco però il nuovo becchino scese di corsa dalle scale correndo verso l'ingresso, con un sospiro si decise quindi a finire velocemente per andare a vedere cosa disturbava il suo pasto.

Fuori dalla locanda c'era un gran trambusto, Imoden stava inveendo contro una ragazzina e Lauro, mentre Thug osservava da lontano, neanche il tempo di chiedere cosa stesse succedendo che dai moli una voce attiro nuovamente la loro attenzione.

Arrivati al molo un commerciante con cui aveva gia avuto a che fare aveva davanti un uomo dall'aspetto selvaggio restava immobile, attorno a lui altri due persone, erano un sacerdote di Bane e una maga. Entrambi erano testimoni oltre che vittime di tentata aggressione da parte di quell'uomo.
Raccogliendo le testimonianze venne fuori che Baneral, il commerciante, aveva visto l'uomo sulla sua barca scappare con un sacco e dopo aver chiamato aiuto il sacerdote e la maga si erano avvicinati per dare un occhiata e bloccare il ladro, il barbaro aveva provato ad accoltellare sia il sacerdote sia la maga ma prima di avere successo essa lo aveva bloccato con un potente incantesimo.

Ovviamente non c'era motivo di dubitare di quelle accuse, soprattutto della parola di un sacerdote di Bane, ma il mago più per scrupolo che per senso di giustizia fece cenno ad Imoden di legarlo affinchè la maga potesse sciogliere l'incantesimo e così interrogarlo, se aveva qualche complice o se faceva parte di una banda era meglio stroncare nuovi disordini sul nascere.

Verificato che l'uomo non aveva nessuna voglia di parlare, ed evitato agilmente uno sputo, non restava che dargli ciò che si meritava e che tutti reclamavano: la morte. Affidatolo alle "cure" di Imoden, il mago si apprestò a seguirli mentre la sua testa vagava chissà dove.
Era la prima volta che assisteva a una esecuzione.
Non che la morte di quel ladro gli dispiacesse, ma provava un po di disgusto per tutto quel teatrino montato per un misero ladruncolo incapace di gustarsi lo spettacolo come Imoden, che sembrava eccitarsi all'idea di cio che stava per compiere, o quella folla di stolti ignoranti. Prima o poi un raccolto andato male o qualche tempesta particolarmente violenta avrebbe ridotto alcuni di loro nella stessa condizione e allora sarebbe toccato a loro o a loro amici essere protagonisti di quel palco, ma si sa la massa è massa e ha bisogno di un modo per distrarsi dai propri problemi.

Mentre vagliava un elenco di persone che avrebbe preferito vedere al posto di quel ladro, qualcosa lo riportò nella realtà, poco prima di essere decapitato l'uomo si era messo a guardare freneticamente fra la folla come a cercare qualcuno e in effetti poco dopo una donna fece irruzione davanti ai tre testimoni per maledirli e poi fuggire tramite un incantesimo di invisibilità. Velkar si lanciò subito all'inseguimento, ma la folla accalcata non gli permise di seguire la sua fuga.
I tre erano non si curarono della maledizione e di cio che aveva fatto la donna, ma Velkar non sopportava l'idea di quello che la donna avrebbe potuto creare: altri disordini.
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Dark Efreet

Era stata una giornata faticosa.
Che i briganti presso la Via Nera stessero aumentando di numero non era un segreto per nessuno ma di certo Morgan non si aspettava un incremento così elevato. Era riuscito a malapena a sopravvivere allo scontro con alcuni di questi e si stava recando a ringraziare la Mano Nera di averlo graziato ancora una volta quando, riverso sul suo stesso sangue, intravide un uomo presso l'altare. Morgan si avvicinò quindi con cautela al corpo e senza chianarsi diede uno sguardo attento. L'uomo aveva conficcato in pieno petto un pugnale e nella mano stringeva ancora un simbolo sacro di Bane, indubbiamente si trattava di un sacerdote. Il volto era familiare, probabilmente l'aveva visto durante qualche cerimonia o di sfuggita al tempio ma aveva la sensazione che vi fosse dell'altro.
La morte del chierico non sembrava preoccupare tanto Morgan quanto il fatto che qualcuno fosse riuscito a compiere un tale omicidio non solo dentro le mura di Zheentil Keep ma addirittura dentro il tempio dell'Oscuro!
Preso da uno scatto d'ira il Banita afferrò il pugnale conficcato nel costato dell'uomo e con un gesto repentino lo estrasse. La lama era sporca del sangue del chierico ma non era l'unico motivo per cui era rossa, era costruita in Pietrasangue! Sicuramente l'assassino non doveva soffrire la fame pensò subito Morgan mentre si avviava ad avvisare il becchino che c'era nuovo lavoro per lui, intanto gli balenò alla mente la condanna a morte a cui aveva assistito qualche giorno prima e le tre figure che avevano contribuito alla cattura del delinquente, tra cui quella di un chierico.
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Darkivaron

Appena saputo dell'orrendo sacrilegio, Darkivaron non riuscì a trattenere la propria ira.
Uccidere un chierico di Bane era già sufficiente a meritare la morte ed eterne sofferenze a chiunque...ma davanti all'altare del templio dell'Oscuro più grande è importante di Faerun...era come sbattere la cosa in faccia al Nero Tiranno in persona e schernirlo!!
L'anima Banita del giovane Zhentilar, la cui fede e devozione erano sempre state esemplari, tanto che a molti parevano anche eccessive per qualcuno che non fosse un chierico, era in subbuglio.
Il responsabile andava preso, e torturato per il resto della sua vita, che sarebbe dovuta essere assai lunga...così soltanto la pena sarebbe stata adeguata, e Bane soddisfatto: la Morte non era sufficiente per punire quanto accaduto.

Darkivaron era di solito un uomo molto calmo e controllato: poche cose riuscivano a suscitare la sua ira...e offendere in qualsiasivoglia modo Bane era sicuramente la principale.
Accompagnato dall'elfo che si faceva chiamare Lauro, che lo aveva informato, si diresse a grandi passi verso il Palazzo Governativo, con la ferma intenzione di chiedere al Governo il permesso di partecipare in prima persona alla cattura del colpevole, che sentiva un suo dovere verso Bane.
Al suo passaggio, era impossibile non notare la sua rabbia: la mascella serrata, con tanta forza da far emergere le vene, l'incedere imperioso, lo sguardo che sembrava quello di una bestia assetata di sangue...

Arrivato a palazzo, il duo chiese udienza a Velkar, il Tesoriere, che a quanto pareva era tornato da poco in città e non era ancora informato sull'accaduto. Fu molto stupito, ma ciò non inficiò la sua capacità di reazione: vennero prese subito delle contromisure.
Non era stato ucciso un uomo qualsiasi...ma un sacerdote dell'Oscuro...L'Eletto non ne sarebbe stato contento, e lo sarebbe stato ancor meno quando avesse saputo DOVE. Era necessario agire in fretta, e con decisione.
Entro un'ora, vennero convocati dei testimoni, e interrogati nuovamente, alla luce di quello che sembrava essere il realizzarsi di una maledizione alla quale fino al momento nessuno aveva creduto.
Vennero convocati il mercante Baneral God, un sacerdote del templio, e il becchino Thug, mentre la terza persona che aveva accusato il ladro, la maga, non fu trovata.
Il prode Capitano Imoden, li raggiunse in breve tempo, e l'interrogatorio iniziò:
fu permesso anche Lauro e a Darkivaron di partecipare, con grande sollievo di quest'ultimo.
Velkar fu molto attento nel porre domande, anche molto specifiche, ma le informazioni in possesso dei testimoni sembravano non essere sufficienti a concludere alcunchè.
Si sapeva solo che il cadavere era stato trovato nel templio di notte, proprio davanti all'altare, sdraito sulla schiena, da Morgan DarkBlade, anch'egli sacerdote, con un pugnale conficcato nel petto ( in pietrasangue, avrebbero saputo più tardi). Nessuno aveva sentito nulla, nessun urlo nè altri rumori, e non c'erano segni di lotta. La cosa scioccante era che i tentativi dei sacerdoti di riportare in vita con la magia il loro compagno, non erano funzionati.
Nè c'erano indizi sull'identità del ladro ucciso e della donna che aveva lanciato quella pittoresca maledizione, tranne che forse il ladro si era imbarcato come clandestino sulla nave del mercante, partita dal Golfo di Easting, con un carico di legno del Narfell.
L'unica cosa che potevano fare era aspettare che venissero uccisi gli altri due accusatori: e la maga non si trovava, il che faceva pensare fosse già morta ai meno ottimisti.

Darkivaron ascoltava il discorso con sguardo torvo, cercando lentamente di riguadagnare calma e lucidità. Dopo una decina di minuti, la collera del giovane non sminuì, ma, tenuta sotto controllo, "cambiò" forma: l'uomo sembrava calmo in una maniera innaturale, e non trasparivano emozioni dal suo viso, e i suoi occhi azzurri sembravano diventati due pezzi di ghiaccio.
Riguadagnato il controllo di sè stesso, chiese a Velkar il permesso di prendere la parola e porre domande. Velkar e Imoden lo fissarono con attenzione, e lo accontentarono, intuendo che aveva qualcosa in mente.

Se non avevano indizi, l'unico modo di procedere era per ipotesi...ipotesi che fossero in qualche modo rese probabili dalle poche informazioni che avevano.
Era stato appurato che il ladro era un barbaro e un incivile. Un barbaro delle terre dell'est. Forse delle regioni del Narfell.
Poi Salas si "ricordò" della strega. Probabilmente aveva uno stretto legame con l'uomo, se aveva osato tanto. Ma di solito le popolazioni barbariche disprezzavano la magia...a meno che....
Il pensiero si fissò sulla parola "Strega", che casualmente tanti avevano usato. Una Strega, anch'essa dell'est...
Darkivaron sbarrò gli occhi, come fulminato. Rashemi. Erano uno dei pochi popoli incivili che non disprezzavano le incantatrici...anzi, esse erano tenute in grande considerazione nella società. E caso strano, provenivano dall'est. Caso strano, spesso viaggiavano accompagnate da un uomo.
A quanto pare le dicerie di taverna e i racconti dei bardi che aveva sentito nel suo peregrinare iniziavano a tornargli utili...
Sentendo tale supposizione, il sacerdote di Bane presente fece notare che le Streghe Rashemi erano in effetti conosciute per usare una strana forma di magia, basata col contatto con gli Spiriti...e la maledizione lanciata era in effetti molto insolita e deviante da quelle conosciute, a detta dei testimoni. Molti la avevano definita "tribale".
I punti di incontro tra l'ipotesi frutto dell'intuizione dello Zhentilar e i pochi elementi che avevano iniziavano ad essere un pò troppi, perchè fossero solo coincidenze. Non erano certezze, ma era già qualcosa.

Restava il problema di capire chi avesse ucciso il sacerdote, usando un pugnale, che tra l'altro aveva lasciato stupidamente sul luogo del delitto. La Maledizione aveva evocato forse qualcosa?O il pugnale si era mosso da solo?
Nessuno poteva entrare nel Templio senza essere visto e fare una cosa del genere. Era il Templio più grande di Bane in tutto Faerun...sorvegliato e preotetto sia fisicamente che magicamente dalle magie di sacerdoti potentissimi. Sicuramente anche l'Eletto vi aveva contribuito...e era tutt'altro che improbabile che lo stesso Bane proteggesse il suolo sacro con la sua Mano possente. In quanto fedele, Darkivaron era convinto di ciò.
Dall'interrogatorio era emersa una stranezza: il chierico assassinato non possedeva armi tra i suoi effetti personali. Era estremamente insolito. Ma forse una ne possedeva dopotutto...forse era il pugnale usato per assassinarlo. Velkar fece notare ciò con arguzia: forse l'assassino aveva usato l'arma della vittima.
Darkivaron, partendo dalle premesse sopraelencate, andò oltre, ipotizzando che la maledizione avesse un effetto inquietante e ben preciso: spingere le sue vittime a togliersi la vita da sole, attraverso qualche tipo di suggestione magica, oppure suscitando visioni e incubi tanto terribili da rendere preferibile la morte .
Per questo non si erano sentite urla, ne vi erano segni di combattimento. E le protezioni del templio avevano funzionato alla perfezione...nessun nemico o infedele vi si era introdotto, effettivamente.
I conti tornavano, l'ipotesi venne ritenuta la più plausibile al momento, da tutti i presenti.
Per appurarla, non restava che far esaminare il pugnale e verificare se era quello usato dalla vittima. Non sarebbe stato difficile, un pugnale in pietrasangue non passava inosservato.
Il problema non era risolto, ma almeno la questione iniziava a prendere una forma...almeno avevano un punto di partenza.

Tuttavia, nonostante i suoi brillanti ragionamenti, Salas non smise di ragionare, continuando a cercare i punti deboli delle sue stesse argomentazioni, per quanto apparentemente brillanti, senza perdere tempo a compiacersi troppo di esse.
Di notte, mentre cercava di dormire senza successo, un altro pensiero lo colpì. Non era del tutto soddisfatto del suo ragionamento sull'identità del ladro e della strega. Si diceva il ladro non avesse armi a parte un pugnale, e i Rashemi avevano fama di possenti guerrieri...insolito. Ancor più insolito era il fatto che un Rashemi "rubasse": aveva sentito che erano sciocchi, ma onorevoli. Esistevano eccezioni, certo, ma dato che stava facendo supposizioni, era meglio non camparle troppo in aria e basarsi su fatti di comune conoscenza.
Inoltre la magia della strega era stata definita tribale...ma non era detto fosse una maga. Poteva benissimo essere una druida, e anche questo era possibile.
Pensò a quanto aveva detto il mercante:"la mia nave tornava con un carico di legname del Narfell...".
Forse, ciò giustificava l'aggressione: forse, il mercante era stato perseguitato da gente di quelle parti coinvolta in culti druidici per aver abbattuto troppi alberi. Ciò avrebbe dato risposta a una delle domande che lo tormentavano: che diavolo ci facevano quei due, Rashemi o Narfell che fossero, a Zhentil?
Gli mancava un movente e forse lo aveva trovato: il "furto" non lo aveva mai convinto.
Avrebbe dovuto chiedere a Velkar di poter parlare di nuovo con il mercante: era meglio sondare meglio anche la sua nuova ipotesi...
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The Rick

Da poco ripresosi da una brutta influenza, Anthonius girava per le vie della Nera Città, quando, nella zona del porto, incontrò Imoden e Darkivaron.

[...]

Imoden narrava la vicenda con volto cupo, seduto di fronte a Darkivaron, nella sala da pranzo di Anthonius.

Poi il giovane Salas prese la parola, esponendo le sue ipotesi.

Era una faccenda grave. Un sacerdote morto nel tempio.

"Queste sono cose che vanno represse nel sangue. Solo la fede del Tiranno può insidiare la paura nei cuori della gente. Questa.. strega con la sua maledizione.. dovrà essere presa il prima possibile. Un tale affronto non può passare inosservato.

Bisognerà chiedere aiuto ai Thayan, come diceva Darkivaron, e vedere cosa possono fare con le loro divinazioni.

Sarà anche necessario tenere sotto stretto controllo il mercante e la maga..."


Disse Anthonius. Poi Darkivaron prese di nuovo la parola, esponendo un'altra visione dei fatti, che andava contro la sua ipotesi riguardante la provenienza Rashemi dei due.

E mentre i tre continuavano a parlare, calava la sera...
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Hamelin

Il mare è un luogo selvaggio, e coloro che l'attraversano faranno bene a pagare il prezzo dell'ingresso nei domini di Umberlee.
Dogmi di Umberlee, da un manoscritto di Candlekeep


"Ero a terra mentre vedevo ciò che accadeva. Solo chi era a terra poteva sopravvivere per raccontare una tale furia.
Prima, dense nubi all'orizzonte, come se tutte le ombre e tutte le banshee si fossero radunate in un oscuro sabba nel cielo, spostandosi lentamente verso nord.
Poi la pioggia. Fitta. Pesante. Come se fossero quelle le tetre Stelle Cadute di cui il mare prende il nome.
Poi i fulmini. Spessi. Diramati come gli alberi più tetri. Come se la nube fosse un enorme Drago d'ombra intento a scagliare le sue maledizioni. Un Drago, come il golfo che stavano percorrendo.
E infine mi raggiunse il rumore assordante del tuono. Un ruggito fortissimo e terribile.

Certo, loro lo sentirono prima di me. Loro erano più vicini al fulmine. Loro erano sotto la nube.

Il mare si gonfiava, come se volesse fondersi o aggrapparsi al cielo. Era come una guerra.
Un esercito aveva migliaia di frecce che scagliava sotto forma si lunghe gocce di pioggia. Bianchi giavvellotti fatti di fulmini. E schiere infinite di fanti che non si curavano della morte, mentre si schiantavano sotto forma di onde.
L'altro esercito aveva solo uno scudo di legno. Lo scudo di legno della loro nave.
Hai mai visto uno scudo resistere a migliaia di frecce, decine di giavellotti, centinaia di fanti?

Lo scudo si ruppe. Gemendo, potrei giurarlo. Un lungo gemito orrendo. La loro nave si era spaccata a metà. Entrambe le parti si inclinarono in maniera innaturale.
E poi, i flutti vollero il loro terribile tributo. La nave venne completamente inghiottita. E con essa tutto l'equipaggio.

Una scena orrenda, come non ne avevo mai viste. Un disastro marino. Non un sopravvissuto, questo è sicuro. Il tempo era già brutto, certo, e nessuno si era messo in mare. Nessuno tranne loro. Loro sembravano avere fretta di andare.

Avevano fatto scalo qui. Erano partiti dal loro porto, nel Mare della Luna, senza quasi avere il tempo di fare le adeguate provviste. Non so come mai. E così si erano fermati qui, avevano preso viveri ed acqua, ed erano ripartiti.

Io avevo provato ad avvisarli che il tempo era brutto. Strano che non lo sapessero, perchè sembravano esperti di mare.
Ma quel tizio mi aveva guardato dritto negli occhi.

'Dammi i viveri che ti chiedo' mi disse adirato 'riceverai i tuoi soldi e partiremo oggi stesso, quanto è vero che mi chiamo Baneral God'."


Un abitante di Harrowdale.
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Imoden

Imoden e Darkivaron giravano per la città a vuoto. Davano un'occhiata nei vicoli, nei negozi e nei luoghi in cui si aspettavano di trovare qualche altra brutta sorpresa.
In una giornata avevano ripetuto la solita storia per ben tre volte.. a Morgan, ad Anthonius e ad Alaric.
I consigli di quest'ultimo si rivelarono abbastanza utili.

[...]

Darkivaron aveva appeso sulle bachece di Shadowdale e del Passo un annuncio.
Cercavano notizie sugli usi e i costumi dei Rashemi, e in particolare, cercavano un certo Namiir.

Imoden e il soldato incontrarono Alisea a Suzail, con la quale ebbero modo di discutere riguardo la cosa.

Di certo non c'era niente. Si potevano fare soltanto ipotesi e di conseguenza, seguire le piste che aprivano tali congetture.
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Darkivaron

Ormai Darkivaron non credeva più nella pista Rashemi: era convinto che la risposta di tutto probabilmente si trovasse nel luogo dove il mercante aveva prelevato il legname.
Lui e Imoden avevano parlato con tutte le loro conoscenze di Zhentil Keep, raccogliendo impressioni e consigli, che per lo più avevano condiviso la sua versione dei fatti, o almeno la avevano ritenuta probabile.
Alaric aveva dato due consigli importanti.
Il primo era stato di cercare un Rashemi che potesse illuminarli sugli usi delle sue terre, per verificare se era possibile la Strega provenisse da li.
Il secondo, fu di spedire una lettera al mago Manshoon chiedendone l'aiuto, in modo che egli trovasse la strega per loro con potenti divinazioni.
Nè Imoden, nè Darkivaron furono particolarmente entusiasti della prospettiva di chiedere aiuto al mago: aveva una pessima fama, e ciò avrebbe fatto pensare che il Governo non era in grado di sbrigarsela da solo.
Sarebbe stato un grave segnale di debolezza, fece notare Salas, ed era chiaro che l'Eletto stava già osservando con attenzione il modo in cui se la sarebbero cavata: pertanto decisero che chiedere l'aiuto di Manshoon sarebbe stata la loro ultima carta, quando proprio non ci fosse stato null'altro da fare.

Riguardo all'approfondimento delle usanze Rashemi, nonostante ormai Darkivaron ritenesse fosse inutile, non credendo più alla sua prima ipotesi, per scrupolo, e sopratutto perchè Imoden aveva insistito, affisse diversi annunci nelle bacheche delle locande tra Zhentil e Il Passo, con cui offriva ricompensa a chiunque gli avesse portato un Vero Rashemi disposto a parlargliene.
Fu un bene aver dato ascolto al Capitano Imoden.
A rispondere all'annuncio fu la donna chiamata Alisea, la ex bibliotecaria di Zhentil Keep, che incontrarono poi a Suzail: affermò di conoscere un Rashemi, che tuttavia non vedeva da tempo, ma in attesa di rintracciarlo propose di rispondere lei stessa alle loro domande, avendo qualche conoscenza in materia.
Il colloquio fu molto fruttuoso. Ella non seppe rispondere a tutte le minuziose domande che le vennero rivolte, ma rispose a quelle più importanti. In particolare, quando le sue risposte li avevano ormai convinti che i rashemi centrassero poco o nulla con la morte del sacerdote ( di cui non fecero parola con lei), Darkivaron decise di approfittare della cultura della donna comunque, per chiarire altri dubbi che aveva: sulle Maledizioni e sul loro utilizzo da parte dei druidi.
Le informazioni apprese furono molto utili, ma ciò che veramente fece sorridere di gioia i due Zhentilar, fu la notizia che nella Grande Biblioteca di Candlekeep esisteva un tomo che parlava in modo molto approfondito delle Maledizioni in generale, che li avrebbe eruditi sull'argomento ancor meglio di lei.
Darkivaron era raggiante: trattò l'affascinante e saggia donna con tutto il riguardo possibile, e pagò una somma superiore a quella pattuita per i suoi servigi.
Congedandosi dal suo Capitano, si mise immediatamente in viaggio per Candlekeep: voleva a tutti i costi leggere quel libro.

Per strada, incontrò Morgan Darkblade e Laurelion, decisero di accompagnarlo per un tratto, quando lui gli promise che li avrebbe messi al corrente delle sue ultime scoperte una volta giunto al Gate.
Ebbero modo di parlare alla Lanterna Fioca, e Laurelion espose le sue perplessità sulla ricostruzione dei fatti effettuata da Salas, preferendo ad essa un altra di sua elaborazione, molto convincente, che istigò il dubbio nella mente dello Zhentilar.
Tuttavia, egli proseguì la sua corsa verso Candlekeep, ove giunse in pochi giorni.
Dopo aver consegnato un libro scritto di proprio pugno, un trattato sull'uso dei cavalli in battaglia intitolato "Cavalli e Cavalieri", ottenne il permesso di consultare la Biblioteca.
Passò notte e giorno a consultare testi e a cercare quel maledetto tomo, ma sembrava non riuscire a trovarlo: poi quando si stava per arrendere, un titolo colpì la sua attenzione.
"Sulle Maledizioni", Volume primo, di Celion Tinomir.
Quanto apprese grazie ad esso, gli restituì fiducia nelle sue supposizioni sulla natura della maledizione.
Quando ne terminò lo studio, uscì correndo dalla Biblioteca come se avesse il diavolo alle calcagna, e,spronando il cavallo fino allo sfinimento, si diresse verso la Nera Città: Imoden e Velkar dovevano essere informati al più presto.
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Velkar

L'udienza col mercante e con il sacerdote di Bane non lo aveva soddisfatto molto, la maga per di più non si trovava il che faceva presumere che fosse gia morta lontana da Zhentil.

[...]

Il giorno seguente convocò il chierico Morgan che aveva ritrovato il corpo per farsi consegnare l'arma del delitto e magari ricavarne qualche indizio, l'arma non era magica e non possodeva caratteristiche distintive ma forse il sacerdote avrebbe potuto verificare se apparteneva al chierico morto per verificare la tesi del suicidio.

Lo stesso giorno arrivò al palazzo la lettera del mercante che annunciava di essere gia ripartito, questo fece accigliare molto il giovane mago. Il mercante aveva detto di non sapere niente su quella maga e il barbaro, ma perche allora ripartire invece che dopo una decina di giorni, dopo uno soltanto? La cosa piu ovvia era che voleva levarsi di torno le guardie affidategli, ora bisognava scoprire il perchè, forse c'era qualcosa che sapevae non voleva rivelare.
Ignaro che non avrebbe più incontrato il mercante, Velkar tornò a palazzo per delle pratiche.
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Haytram
view post Posted on 23/10/2006, 06:30




Il Capitano delle guardie ascoltava attento lo zhentilar che era tornato da poco da CandleKeep. Quanto aveva letto Darkivaron alla grande biblioteca, sembrava in un qualche modo combaciare con le ipotesi che si erano fatte a quel punto.
A quanto pareva, anche Velkar era d'accordo con quanto aveva elaborato Darkivaron, e tutti gli indizi raccolti sembravano combaciare.

Imoden non prese molto bene la notizia della partenza di Baneral; alcune domande dovevano ancora avere risposta dal mercante, domande che ora, erano destinate a rimanere irrisolte.
Tuttavia, si poteva recuperare ancora qualcosa. Sia Imoden che Velkar e Darkivaron erano convinti che Baneral non fosse stato del tutto sincero durante il primo interrogatorio, e a quanto si diceva, la sua partenza era stata abbastanza frettolosa.
Sembrò giusto ad Imoden, su proposta di Darkivaron, di perquisire la sua casa in cerca di qualche registro dimenticato o altri indizi e di convocare a palazzo, i membri del suo vecchio equipaggio. Forse, nella fretta, aveva dimenticato qualche uomo a terra, magari non indispensabile al viaggio che doveva affrontare.

Imoden si rivolse alla guardia a palazzo. Gli ordini furono ben chiari:

''Guardia, fate controllare i registri dell'anagrafe cittadina e ditemi dove si trova la dimora del mercante Baneral God, che risiede a Zhentil Keep da generazioni.
In secondo luogo, mandate un paio di uomini al porto; che domandino dell'equipaggio del medesimo e se ne è rimasto qualcuno a terra prima che partisse. In tal caso, li voglio convocati qui a palazzo.
Lasciatemi una missiva non appena sapete qualcosa o fatemi chiamare. Sbrigate tutto ciò il più presto possibile.''


Fece il saluto zhentilar, e uscì da palazzo.
 
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Haytram
view post Posted on 27/10/2006, 03:04




Una guardia a cavallo si era fermata davanti ad Imoden mentre era intento a parlare con Shyrniira ed Alyssa.
Il Capitano si voltò e rispose al saluto zhentilar che la guardia aveva appena eseguito.

A quanto pare portava un messaggio da parte di qualcuno. Erano dei risvolti nella questione dell'omicidio e della maledizione.
La maga continuava a non trovarsi in giro e il pugnale trovato sul corpo del sacerdote apparteneva allo stesso sacerdote, a quanto raccontava un chierico del tempio.
In più, la guardia che aveva assistito alla scena della cattura sarebbe tornata in città dal giorno seguente.
Imoden non perse tempo e fece convocare a palazzo la guardia per il giorno successivo mentre informava il soldato lì presente delle ultime disposizioni che aveva dato a palazzo e che ovviamente non avevano ancora raggiunto tutte le guardie.
 
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Darkivaron
view post Posted on 30/10/2006, 01:26




Si trovavano nel Palazzo Governativo di Zhentil Keep. Nella Sala del Governo. Velkar aveva convocato diverse persone: Courynn, Darkivaron, Morgan e Laurelion.
Comunicò loro le novità.
A quanto pareva, I tre accusatori del processo erano stati visti da una guardia provenire dalla foresta verso Zhentil Keep, inseguendo l'uomo che poi sarebbe stato giustiziato.
Era ovvio che i tre, persino il sacerdote di Bane, avevano dichiarato il falso. Avevano qualcosa da nascondere, e forse l'accusato lo aveva scoperto.
Venne organizzata una spedizione nella foresta vicino la Nera Città, nella speranza di trovare tracce, o di catturare qualche brigante che avesse avuto sentore degli strani movimenti del gruppetto...in particolare del barbaro, che era stato visto nei giorni precedenti aggirarsi attorno alla zona. Parteciparono anche Anthonius, Alyssa e Ian.
Mandati in avanscoperta, Anthonius e Laurelion trovarono una piccola barca, nascosta nella boscaglia. Ad un rapido esame risultò poter trasportare al massimo tre o quattro persone...probabilmente una scialuppa, calata dalla nave del mercante venne ipotizzato.
Mentre cercavano altre tracce una donna fece la sua comparsa per pochi istanti davanti a Laurelion, che tornò riferendo che le uniche parole che era riuscito a tirarle fuori erano "al mare..." prima che fuggisse nella boscaglia.
In conseguenza di ciò, il gruppo, dopo aver interrogato infruttuosamente un brigante caduto sotto i loro colpi, esploro la costa vicino a Zhentil Keep.
Dopo aver molto cercato, trovarono una insenatura...che scoprirono poteva essere attraversata solo grazie ad una scialuppa del tipo di quella che avevano trovato nella foresta.
Spostarono la scialuppa sin li, e perlustrarono l'insenatura, scoprendo che conduceva ad un piccolo nascondiglio, contenente un letto, qualche cassetto ed una scrivania.
Vi trovarono un libro, che Velkar esaminò con attenzione.
Ecco conteneva dei dati, dati sui membri del Governo...che sarebbero dovuti servire ad un complotto per ucciderli e sostituirli.
E del complotto facevano parte tutti e tre gli accusatori...il mercante, la maga e...il sacerdote.
Mentre ancora erano la dentro, scoprirono una donna, occultata da un incantesimo, che goffamente si fece scoprire facendo rumore. I membri del Governo, avari di informazioni, fecero accomodare gli altri fuori dalla piccola caverna, decidendo di tenerli all'oscuro del tutto.
Tornarono all'aperto molto tempo dopo, ordinando di assalire una carovana proveniente dal Vaasa...senza esplicitarne i motivi. La cosa venne puntualmente fatta, e presto tornarono tutti a Zhentil.
Pur rimanendo molti punti oscuri, la questione sembrava risolta....ma altri problemi si affacciavano alla volta di Zhentil Keep, questa volta sotto la forma di una spada dai riflessi bluastri, trovata da Lord Velkar nella caverna sotterranea e donata allo Zhentilar Darkivaron...
 
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view post Posted on 30/10/2006, 23:53

Decapitatore di Mind flayer

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Mentre in sala, Anthonius stava mostrando la sua collezione di... conchiglie ad Alyssa, qualcuno bussò alla porta.

Velkar era venuto a chiedere la compagnia di Anthonius, per una escursione fuori città. Venne anche Alyssa, e alle porte trovammo Darkivaron, un tizio strano che poi si rivelò un elfo di nome "Lauro", un certo Morgan, Courynn, e uno nuovo a quanto pareva, un certo Ian.

[...]

La barca era nascosta grossolanamente con delle felci, e non fu difficile trovarla.

[...]

Entrammo nella grotta, poche cose: pozioni, una spada, un diario.

Velkar prese il diario, leggendolo. Dopo un pò, Courynn che era vicino al letto, sentì un rumore, e l'invisibilità della donna cessò sotto l'epurare di Alyssa.

Velkar volle far uscire tutti tranne Anthonius, lui stesso, e Courynn.

[...]

Bisognava partire immediatamente, e fermare quella carovana. Fortunatamente quelle erano terre note all'affiatato gruppo, e non vi furono difficoltà.

Una volta svolto il "lavoretto", il gruppo tornò. Però a quanto pare la spada che impugnava Darkivaron era maledetta, e non poteva più lasciarla, o non voleva.
Si sarebbe dovuto trovare una soluzione alternativa.

Nel frattempo, alle celle del palazzo governativo, Velkar ed Anthonius parlottavano con la maga...

L'intento iniziale era quello di donarle la morte, ma forse non era del tutto inutile.

Sarebbe servita a ben altri scopi.
 
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4 replies since 22/10/2006, 18:09   147 views
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