| Il Cambio di Cella
Non seppe mai se era notte o giorno quando vennero a prenderlo. Nessuno si era premurato di levargli quel dannato sacco dalla testa. Riuscì solo a capire che le segrete in cui era stato rinchiuso per breve tempo erano sicuramente lontane dalle normali prigioni di Zhentil, dove lui stesso a volte aveva "scortato" diverse persone.
Erano in due gli uomini che lo accompagnavano, e dopo un pò riuscì a riconoscerli dalle voci: erano il Capitano Imoden e Ian, la recluta che era stata affidata a lui. Giunti alle prigioni, non potè fare a meno di manifestare loro il suo bisogno di mangiare. Gli buttarono davanti qualcosa, probabilmente delle ciotole di legno con dentro del cibo. Sembravano trascurare il fatto che era ancora legato e con un sacco infilato in testa. "Credo avrò qualche problema a mangiare così Signore..." disse con tono di voce ironico. Sentì Imoden sbuffare e dare ordini a Ian. Quest'ultimo entrò nella cella, e dopo aver tolto il sacco, iniziò a slegarlo, pur con molto diffidenza. "Non muovetevi signore" disse mentre lo faceva. Lo guardò increspando la bocca in un sorriso amaro "è una battuta?" Imoden sogghignò, e Ian sorrise. "Vedo che vi sentite meglio, signore...avete recuperato il senso dell'umorismo" "Si vede che soggiornare nelle segrete stimola la mia ilarità..." La voce era carica di ironia, e il capitano inarcò un sopracciglio.
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Gli venne concesso di ristorarsi, dopodichè venne interrogato sui luoghi dove si era nascosto, e sulla strada che aveva percorso per sottrarsi alle loro ricerche. Quasi vanitosamente, raccontò loro ogni particolare, sottolineando che se non fosse stato tradito, probabilmente non lo avrebbero trovato mai. Il racconto non piacque troppo al suo superiore, che disse con disprezzo "un dannato fuggiasco..." "Non fuggite mai più soldato, intesi? non scappate mai più!" Il "soldato", o quello che ne rimaneva, si guardò intornò, studiando le pareti della cella. Solida roccia, nessun punto debole. "Attualmente avrei qualche difficoltà a farlo, Signore" disse ironicamente.
" E vorrei vedere...."disse il Capo delle Guardie, quasi benevolo.
Ma nonostante la risposta,mentre accarezzava la sua spada bluastra, ogni tanto lanciava occhiate alle pareti e alle sbarre, come per cercare una via di fuga... e il suo interlocutore accorgendosene lo guardò assai male. Il discorso proseguì, questa volta sul motivo per il quale era fuggito. Che chiaramente, era proteggere la spada da loro. Quando lui accennò al Suo Dovere verso di Essa, al fatto che quello era il Volere di Bane, il capitano iniziò a ridere a crepapelle...
Non gli credevano. Dopotutto, erano dei pazzi. Lo canzonarono. "E ora? Cosa vi dice la vostra spada ora?"disse il "Rosso". Darkivaron spiegò con tono paziente, come se parlasse con un bambino: "Capitano...è una Spada, non può parlare..." Il "Rosso" sembrò quasi sollevato. Ma non aveva ancora sentito il seguito della frase. "....è una Spada, non può parlare...ma sa ASCOLTARE...io le parlo spesso..."
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Alla fine del racconto, guardò in faccia i suoi due carcerieri, e disse con tono grave e orgoglioso: "Bene, sono pronto per la mia esecuzione" Imoden socchiuse gli occhi, come se non capisse di che accidenti parlava. "Che esecuzione?" "Bè, dato il cappuccio in testa, io credevo..." Gli scoppiarono praticamente a ridere in faccia. "No, non ci sarà nessuna esecuzione soldato...non temete... ma a suo tempo pagherete, eccome se pagherete..."
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Dopo un pò Ian li lasciò soli. Darkivaron notò che il suo senso della disciplina era notevolmente migliorato in sua assenza. E si era tagliato anche quei ridicoli capelli lunghi.
Imoden lo fissò serio. "Sapete chi è quell'uomo, soldato?"chiese.
"Naturalmente Ian, la recluta che mi avevate affidato prima che "partissi" " rispose, pur avendo già capito che la domanda era retorica e il capitano aveva qualcosa in mente. "Sareste ancora in grado di addestrarlo?"
Il detenuto sorrise tra sè. Chissà dove voleva andare a parare con quel discorso, pensò. "Naturalmente. Si, sarei in grado di addestrarlo." disse con sicurezza e semplicità. "In che modo?" La domanda lo spiazzava. In risposta, iniziò un particolareggiato discorso su come avrebbe messo alla prova non solo in fisico, ma anche lo spirito di Ian, rendendolo come doveva essere secondo lui un guerriero al servizio di Bane: obbediente, disciplinato, e senza pietà.
Imoden sembrò in qualche modo soddisfatto delle sue parole. "Allora non siete completamente rimbambito, soldato...sotto quell'aspetto da selvaggio c'è ancora l'uomo che ho addestrato...è solo quando si parla di quella dannata spada che non capite più nulla!" "Sono sempre lo stesso, capitano" disse, mentre teneva stretta a sè la spada e la accarezzava quasi senza accorgersene.
Imoden fissò il gesto. "No...non lo siete ancora, soldato. Ora devo andare...spero che la nuova sistemazione sia di vostro gradimento." L'ultima frase era chiaramente una presa in giro. La cella era buia, fredda, e ossa umane facevano capolino negli angoli. L'uomo andò via ridendo, e le ultime parole di scherno furono" Volete una torcia?" Quando Darkivaron rispose, se ne era già andato, e con lui la luce. "No grazie...non ho paura del buio"
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Qualche ora dopo, venne a trovarlo la Traditrice...
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