Assassino di Briganti
Baldur's Gate, Anno 1384 del Calendario delle Valli.Torre dell'Arcimago Aoth Sideiros, Khazark dell'Enclave dei Maghi RossiEra una sera come tante nella cittadina di Baldur's Gate, e l'Ombra dell'alta torre davanti alla piazza antistanteil tribunale cittadino era di ritorno dal suo giro consueto, dopo aver toccato le sagome degli edifici vicini,complice il sole, che ormai esausto si preparava a cedere alle lusinghe della signora notte, per appartarsi conlei in luoghi dove gli occhi indiscreti dei mortali non sarebbero arrivati.L'occupante di quella torre, tutt'altro che interessato alle indecenze degli Astri, ringraziava però la calma eil silenzio che le avrebbero accompagnate, e che gli avrebbero permesso di prendersi quel che agognava da tutta lagiornata: del tempo per sè stesso.Non dell'occasionale conoscente bisognoso di aiuto o di consigli in materia arcana, non dell'importante visitatorestraniero giunto dal Mare della Luna a proporre affari, non del funzionario locale che annunciava l'ennesimodisastro accaduto in città, non del marmocchio locale che tentava di introdursi non invitato per rubaredalla sua dispensa, e nemmeno del solito mezzorco orfano di buone maniere: suo soltanto.Solo allora poteva godersi il suono delle pagine dei suoi libri mentre li sfogliava, e il loro peso gentile tra lesue mani, tanto in contrasto con il peso schiacciante del sapere che contenevano.Tanto più che il nostro "occupante" era un Arcimago, e quelli che sfogliava erano in buona parte tomi di incantesimi.Forse, fu proprio per quel peso "schiacciante" che non la udì arrivare, quando fece irruzione nella casa, defraudandolodella pace a lui cara, assassinandola senza pietà con la ferocia e l'incuranza che solo un criminale incallitoavrebbe avuto.Forse.O forse perchè le aveva dato le chiavi.Certi misteri, sono destinati a rimanere senza risposta.***************La Donna dallo sguardo vispo e acceso, che le dava l'apparenza di essere perennemente entusiasta per motiviincomprensibili alla gente comune (e anche a quella meno comune) entrò nel salone principale guardandosi attorno,alla ricerca di quello che fino ad ora abbiamo soprannominato l'Occupante, passando in rassegna quell'Ambienteesotico che era tanto in sintonia con il carattere di quest'ultimo.Se non fosse stato per la tutt'altro che sporadica opera d'arte antica recuperata da paesi lontani, o i misteriosie inquietanti manufatti arcani che la facevano da padroni, le accoglienti sale della torre si sarebbero potute definiresemplici ed essenziali, ma al di là di questo vi era un Qualcosa, che anche qualcuno con poco spirito di osservazione avrebbepercepito inconsciamente, che avrebbe dato a quella definizione un profondo senso di inadeguatezza.Questo qualcosa, era un Ordine Maniacale.Infatti, dall'arazzo più lussuoso al tavolino di legno peggio tenuto, quasi tutto sembrava suggerire alla mente deivisitatori di trovarsi dove si trovava (e non qualche millimetro più in là) per una ragione tanto inesorabile quantoimportante nell'ordine dell'universo, lasciando sottointendere che il minimo spostamento di un portacenereavrebbe potuto provocare catastrofi irreparabili su scala planetaria.Naturalmente, ciò era una palese esagerazione: al massimo chi avesse provato a trafugare i tomi di magiaprotetti da maledizioni avrebbe perso qualche arto, come era lecito aspettarsi nella dimora di un incantatore degno di questo nome,ma persisteva un'impressione capace (insieme all'aria carica di magia del posto)di creare un tacito terrore in individui superstiziosi come Samandra dell'Albero Fantasma,coraggiosa eroina delle tribù barbare, che le poche volte che si era recata li aveva ringraziato gli dei diesserne uscita viva.L'essere l'occupante un membro dei famigerati Maghi Rossi di Thay, organizzazione dalla fama assai sinistra, certonon aiutava.In compenso, vi era una un certo numero di pericolosi individui che sembrava essere immuni a questo problema.Creature portatrici di Caos e Scompiglio, Nemiche dell'ordine e della tranquillità.Ovvero gli Halfling della vicina Accademia Hin e in minor misura (difficile dire se per motivi di mera inferiorità numerica),la donna di cui parliamo, Suholy Fiamal, al secolo Bibliotecaria della città e salvatrice "non ufficiale" della città.Eppure, proprio perchè il luogo era espressione del suo proprietario, chi lo conosceva meglio aveva la possibilitàdi intuirne un altro aspetto, il lato fondante di tutto quell'ordine quasi patologico.Un desiderio di conoscenza, protezione, pace e tranquillità, per sè stesso e per i propri ospiti, nascostosotto quella scorza di Controllo Assoluto che poteva essere confuso per tirannia,ma più interiore che esteriore, e tanto sincero quanto difficile da credere.**********************Suholy era quasi arrivata allo studio del mago, situato ai piani superiori, dove il profumo caratteristico deivari reagenti e delle componenti per incantesimi proprie di quella professione si faceva più intenso."Aoth!" disse con voce squillante, all'uomo dal capo rasato e ricoperto di tatuaggi rappresentanti indecifrabili simboli arcaici e geometrici."Sono passata qui per vedere se c'eri...disturbo?"Il Mago, intento a trafficare con penna e calamaio su una pagina vergine, alzò gli occhi stancati dalla continua ricerca di sapere, portandoli sulla donna.Lei, giovane, bella e formosa, dall'abbigliamento e dal portamento a volte sin troppo esuberante, accostata al quieto studioso dai modi impeccabili e misurati,spiccava come una colata lavica in un paesaggio bucolico.Nonostante l'interruzione del suo momento "privato" sorrise educatamente, replicando con estrema gentilezza "Sai che non disturbi Mai Suholy. Qui sei sempre la benvenuta".I due, così diversi l'un dall'altro, condividevano ormai da anni una specie di "gioco delle parti" in cui lei era la "seccatrice espansiva" e luiil "brontolone pignolo al quale non andava mai bene nulla ma troppo educato per dirlo apertamente"; con il tempo e con le avversità passate insieme come avventurierinei periodi più bui della loro città, il gioco probabilmente aveva perso di mordente, più o meno il giorno in cui i due si erano scambiati le chiavi delle rispettiveabitazioni, in segno di totale fiducia.Aoth era di norma sempre gentilissimo con i visitatori, persino con i mezzorchi molesti dalla dubbia igiene che si presentavano sporcandogli i tappeti di fango,ma con pochi era genuino come con la bibliotecaria.Il Fatto, era che era davvero arrivato ad apprezzare quelle interruzioni nonostante tutto: gli avevano dimostrato che anche lui poteva permettersidi essere umano (almeno in parte).Abituato a guardarsi le spalle e a trattenere le sue emozioni per proteggersi dai rivali, convinto nel considerare amicizia e amore idiozie sul piano concettuale,non aveva mai coltivato le relazioni interpersonali oltre lo stretto necessario, e Suholy era la prima persona dopo moltissimi anni della quale si erafidato quasi completamente.Questo, perchè era stata la prima persona che si era presa la briga di tentare di capirlo, e di questo gli era infinitamente grato.In fin dei conti, era abbastanza consapevole di essere un soggetto discretamente complesso.Un persona che rifiutava dichiaratamente di usare la parola "amico" limitandosi a dire che aveva solo "conoscenti" e "persone con cui aveva ottimi rapporti"per quanto fine e corretta non era certo normale e rassicurante da avere attorno.Per non parlare del malcelato fastidio davanti a tentativi di contatto fisico, quali potevano essere un innocente bacio sulla guancia o un abbraccio, in gradodi impietrirlo come fosse stato immerso nell'acqua fredda.Quindi, per usare le sue parole, i due "conoscenti in ottimi rapporti", trascorsero la serata a chiacchierare davanti a una tazza di the caldo e biscotti,come loro solito, scambiandosi pettegolezzi e confidenze, ricordi e in qualche rarissimo caso, battute.Poi ci fu quella domanda."Aoth, ti arrabbi se ti chiedo una cosa?""Tecnicamente non lo sapremo mai finchè non me lo chiedi."disse con il solito tono neutro e calmo "E comunque credo di avere un buon autocontrollo" conclusecon leggera ironia."Sei mai stato innamorato?" chiese con una fervente curiosità.Il Viso del Mago di Thay diventò rosso come le sue vesti.Inspirò, mentre la mente ricordava, come una spada potrebbe ricordare il fuoco della forgia che la aveva vista nascere.Seguì un lungo silenzio."Scusa, non volevo essere inopportuna...""No, non preoccuparti. Va bene. Tu ti sei confidata con me su molte cose. Non sarei equo se non facessi lo stesso.""Fu ai tempi dell'accademia, ero poco più che un giovinetto. E Lei era..."[OMISSIS...]***********************Alla fine del racconto, Suholy si congedò, tornando a casa.Dandogli un casto bacio sulla guancia, di cui ormai non aveva più paura.Un debole sorriso affiorò sulle labbra del mago.Chissà che fine aveva fatto, LEI.Non la aveva mai cercata, nemmeno con la sua magia.Sarebbe stato facile.Ma sarebbe stata una debolezza.Mai Rimuginare, su ciò che non è più e non è mai stato.Eppure, ciò che era la doveva anche a lei, in parte."No, non lo farò" si diceva.Anche se non lo avrebbe saputo nessuno.Legami del passato dovevano rimanere nel passato.Sarebbe stato patetico il contrario.Non lo avrebbe fattoProbabilmente.