Faerûn's Legends

Si chiamava Theres

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Hextar
view post Posted on 19/10/2007, 16:09




[ Ombre dalla foresta ]

<... la tua pena, ex comandante, sarà assistere alla morte di tua madre sul ceppo, perderai i tuoi cari, come è stato per gli zhentilar qui presenti.>
La battaglia giungeva al termine, rimanevano solo grossi ceppi di non morti che i soldati accerchiavano e abbattevano.
L'eletto si allontanò dall'uomo che aveva abbandonato come un relitto, strinse saldo lo scettro, <vado a eliminare i nemici di Zhentil...> disse.

Si chiamava Theres, quella frase siglò la sua fine.
Nata utghardth, vissuta zhent.
Alaric non sapeva cosa pensare, gli occhi lucidi osservavano il fumo alzarsi dai lontani bastioni alle porte della città, l'aria puzzava di sangue e non morte, lui era stato tra gli artefici di questo massacro. Sentiva le ferite e il dolore riniziare a esigere il loro tributo, si lasciò abbandonare seduto vicino al ceppo.
La piazza si affollava di sopravvissuti, gli uomini parlavano, pregavano, mangiavano e scuotevano il capo, un vociare cupo iniziava a sovrapporsi ai suoni della battaglia passata, sempre più feriti convogliavano con le proprie gambe nella piazza del patibolo.
L'odore acre dei corpi bruciati arrivò fino alla piazza, seguito da Fzoul Chembryl e da qualche zhentilar. Alaric strinse i denti per le ferite, le gambe non potevano cedergli ora.
Si alzò. Fiero e solenne, si dispose di fronte al patibolo dove era diretto l'eletto.
<fzoul Chembryl...> disse <il generale dell'armata nemica, chiede di essere giustiziato. Io Alaric Gandondorf, chiedo di essere giustiziato> la voce era spezzata. Stanca ma non debole.
<morire sarebbe una liberazione...> furono queste le parole dell'eletto, prima ancora di disporsi di fronte al suo ex comandante.
<voglio che osserviate tutti.> continuò. <quale è la punizione, per i disertori di Zhentil, e di Bane.>
I fatti gli davano ragione, Alaric aprì le labbra tremanti, non pronunciò nessuna parola.
<la pena sarà assistere all'esecuzione di tua madre, ti farà capire cosa vuol dire perdere i propri cari.>
Un gruppo di zhentilar si allontanò dalla piazza, l'eletto fece un cenno a due uomini che Alaric conosceva, <tenetelo!>.
Imoden e Anthonius, ancora sporchi dal sangue e dalla battaglia si avvicinarono, fedeli afferrarono le braccia di Alaric.

Lei camminava nobile, capelli pettinati e raccolti, vestita divinamente, come se sapesse gia cosa attendere. Fzoul avanzava verso il patibolo, neve e cenere dal cielo iniziarono ad addolcire il sangue della piazza.
Quando la riconobbe un solo urlo, cupo, spezzò il silenzio: <madre!> la voce era spezzata, affranta.
Quando l'eletto ordino i due zenth che tenevano Alaric lo voltarono verso la madre, gli occhi lucidi e sgranati osservavano impietriti la scena.
"Non così" si disse, "Non così, non senza un saluto.", Fzoul terminava il suo discorso mentre si apprestava a fare la parte del giudice e del boia.
"Non senza lottare, non senza un saluto." l'eletto prendeva da una guardia un alabarda, mentre un altra spintonava la donna sul ceppo.
Le braccia si contrassero in un ultimo spasmo, fece forza su chi lo teneva, Anthonius cadde su un ginocchio mentre una gomitata sull'armatura faceva indietreggiare Imoden. Qualcuno sussultò, qualcun altro salmodiò qualche incanto per bloccarlo mentre Alaric si lanciava verso il patibolo. Gli incantesimi che arrivarono si schiantarono sulla volontà del guerriero, deciso a proseguire quello sforzo disperato.
L'eletto in persona si parò di fronte, la sua figura ormai rappresentava meno di quanto Alaric gli avesse mai attribuito, con una collata in pieno petto allontanò Fzoul dalla donna che lo diede alla luce.
Di fronte a tutti gettò le braccia al collo della madre, <oh, madre madre perdonami madre!>, la voce era flebile, spezzata, ma prima che potesse finire di pronunciare queste parole la donna aveva stretto le sue braccia attorno al figlio.
Devoti al suo stesso dio la avevano condotto al patibolo impaurita, ma tra le braccia del figlio si lasciò abbandonare un sussurro, era calmo, dolce, deciso.
<cane!> come un fendente la voce di Fzoul tuonò dietro di lui, si sentì toccare la schiena dalla sua mano, una luce nera lo fece cadere in ginocchio con un macabro boato. Fu come se l'eletto di Bane avesse pugnalato la sua anima.
I due zhent lo riafferarono e lo allontanarono di peso, mentre Fzoul, ripresa l'alabarda compiva il suo dovere.

Teneva dolcemente la testa per le tempie, mentre le sue labbra tremanti si appoggiavano sulla fronte di sua madre. Osservava l'eletto con gli occhi lucidi pieni di odio e rancore, dopo questo gesto posò la testa sugli ambiti sudici di sangue. E prima che qualcuno potesse fermarlo strappò un brandello di abito dal vestito della donna.
Neve e cenere avrebbero addolcito anche quel sangue, l'ultimo per quella notte.
Mentre la neve e la cenere cadevano molti rimasero in silenzio, per rispetto, per senso di giustizia o per i propri dubbi.
Ad Alaric. Ferito. Rimaneva una sola certezza: si chiamava Theres.
 
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Hextar
view post Posted on 21/10/2007, 16:12




<un ultima cosa... maestro d'armi.>
Dopo l'esecuzione la piazza si era svuotata, Zhentil era diversa, profondamente cambiata. Lo si avvertiva nell'aria. Al tramonto nessuno sarebbe giunto ad accendere le luci della piazza. Le poche finestre delle case, solitamente aperte, sarebbero rimaste chiuse per molto tempo.
Una giovane recluta di nome Nadia attendeva in silenzio di condurre il condannato nel luogo che gli spettava. Le prigioni.
Seduto vicino al patibolo Darkivaron osservava Alaric parlare con tono amaro. Poco prima con la dignità e l'orgoglio di pochi, con le mani lungo i fianchi il tono sommesso, aveva offerto al traditore di Zhentil le sue condoglianze.
Il maestro d'armi era silenzioso. Le battute si erano susseguite tra i due con tono cupo. Fino a che, attenendosi agli ordini, non aveva indicato alla giovane Nadia la via per le celle. Di fronte alle ultime parole di Alaric, si era limitato a sollevare lo sguardo.
<non mi dimenticherò mai Imoden, ...> le parole parevano se possibile ancora più amare delle precedenti, prima ancora di finire la frase Darkivaron intuendo aveva chinato il capo.
<... sorrideva.> disse Alaric. In una sola, ultima parola sentiva di aver riversato tutto l'odio che gli rimaneva per quella notte.
Lauro, presente anch'egli alla scena, apostrofò il capitano delle guardie in maniera poco gentile. In vece di soldato Darkivaron lo zittì.
Con garbo e rispetto la recluta Nadia, nonostante ferita, accompagnava zoppicando Alaric verso le celle.
Dentro la prigione venne legato a mani e piedi, ma non fù trattato dai presenti come un delinquente. La giovane recluta, forse presa dalla compassione, aveva avuto cura di lui. I nodi delle corde che lo tenevano erano morbidi, non inaspriti dall'odio. La rivide comparire poco dopo sulla soglia della cella. Con fare materno ma con la voce di un guerriero, posò ai piedi di Alaric delle erbe medicinali per le ferite della battaglia.
Infine, dopo la visita di Darkivaron, quella lunga notte ebbe fine.

Nei giorni seguenti fu proprio il maestro d'armi a presentarsi più d'una volta sulla soglia della cella. In passato aveva detto di stimare quell'uomo. E adesso, vedere il mondo che gli apparteneva crollargli addosso per mano dell'eletto di Bane, pareva averlo in qualche modo "ferito".
Il maestro d'armi era una delle persone più degne di rispetto in tutta Zhentil. Gli portò del cibo e cercò di rincuorarlo.
Insieme si ritrovarono ad affrontare discorsi sulle religioni, su Zhentil, sulla fede, sull'odio e sulla vendetta.
Si chiamava Theres, rinnegando Bane in punto di morte, il suo destino sarebbe stato quello di scomparire nel muro del pianto di Kelemvor. Svanire per sempre come corpo e come anima.
Lui e Alaric erano molto simili, ma dentro quelle prigioni differivano in una cosa. Darkivaron pareva aver accettato il gesto dell'eletto, Alaric no.
Su una cosa però il maestro d'armi aveva ragione, quanto dolore simile avevano , indirettamente o direttamente, versato?
I due si ponevano domande simili, ma con risposte diverse.

Passò tre giorni. Con le mani legate teneva stretto in pugno quel lembo di tessuto strappato alla notte di Marpenoth.
Non importava null'altro, era stato trascinato in troppe battaglie e ora aveva perso la voglia di combattere. Insieme alla voglia di cercare d' essere un fiume, come diceva Darkivaron, per cercare di compiacere Bane, la sua città o se stesso.
Avrebbero potuto prenderlo da un momento all'altro. Trascinarlo fino al patibolo e giustiziarlo. Sarebbe rimasto calmo, a capo chino, rinnegando con un ultimo sussurro tutti gli dei. Sparire, svanire nell'eternità nello stesso muro del pianto.
Ricongiungersi come figlio, alla madre che aveva lasciato uccidere.
Ricevette poche visite in quei giorni. Si presentò alle celle il messaggiero di un misterioso "amico". Teneva chiuso in un cofanetto d'ebano un dono per il prigioniero.
Darkivaron era presente, chiese di fare conoscenza con l'amico di cui parlava e venne ascoltato. Ritornò da Alaric poco dopo senza nessun cofanetto. Forse preoccupato per qualunque magia avrebbe potuto ucciderlo o portarlo via.
Infine, l'ultimo giorno, si presentò Anthonius. Osservarlo in viso fu come risentire la sua stretta di tre giorni prima sul braccio sinistro. Di fronte alle sbarre comunicò un messaggio conciso, secco e solenne.
Le ferite le avrebbe guarite il tempo, perdere la fede sarebbe stato un errore. Alaric, silenzioso, lo osservò voltargli le spalle e andarsene.
Non gli rispose, non ne ebbe ne il tempo ne l'intenzione. "perchè quelle parole?" si chiese.
La risposta venne poco dopo con l'arrivo di Velkar e Imoden. Lo avrebbero liberato.

Darkivaron gli portò delle provviste e una buona spada, dai loro discorsi sapeva gia che Alaric sarebbe partito.
<questo non sarà un addio, ma se volete dirmi qualcosa ditemela ora.> Il tono dell'ex governatore rimaneva amaro, cupo.
<c'e ne sarebbero fin troppe da dire, ma per il momento. Buon viaggio.> Così i due guerrieri, compagni di tante battaglie si congedarono. Dopo un cenno ai presenti Alaric fece per allontanarsi. <che Bane vi guidi!> gli disse qualcuno.
Si fermò, la voce non era quella del maestro d'armi. Nobile e rigido nella sua postura Velkar aveva pronunciato quelle parole.
<lontano da lui!> fu la risposta secca di Alaric, prima di uscire dall'edificio.
 
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