Faerûn's Legends

Si chiamava Theres

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Hextar
view post Posted on 21/10/2007, 16:12 by: Hextar




<un ultima cosa... maestro d'armi.>
Dopo l'esecuzione la piazza si era svuotata, Zhentil era diversa, profondamente cambiata. Lo si avvertiva nell'aria. Al tramonto nessuno sarebbe giunto ad accendere le luci della piazza. Le poche finestre delle case, solitamente aperte, sarebbero rimaste chiuse per molto tempo.
Una giovane recluta di nome Nadia attendeva in silenzio di condurre il condannato nel luogo che gli spettava. Le prigioni.
Seduto vicino al patibolo Darkivaron osservava Alaric parlare con tono amaro. Poco prima con la dignità e l'orgoglio di pochi, con le mani lungo i fianchi il tono sommesso, aveva offerto al traditore di Zhentil le sue condoglianze.
Il maestro d'armi era silenzioso. Le battute si erano susseguite tra i due con tono cupo. Fino a che, attenendosi agli ordini, non aveva indicato alla giovane Nadia la via per le celle. Di fronte alle ultime parole di Alaric, si era limitato a sollevare lo sguardo.
<non mi dimenticherò mai Imoden, ...> le parole parevano se possibile ancora più amare delle precedenti, prima ancora di finire la frase Darkivaron intuendo aveva chinato il capo.
<... sorrideva.> disse Alaric. In una sola, ultima parola sentiva di aver riversato tutto l'odio che gli rimaneva per quella notte.
Lauro, presente anch'egli alla scena, apostrofò il capitano delle guardie in maniera poco gentile. In vece di soldato Darkivaron lo zittì.
Con garbo e rispetto la recluta Nadia, nonostante ferita, accompagnava zoppicando Alaric verso le celle.
Dentro la prigione venne legato a mani e piedi, ma non fù trattato dai presenti come un delinquente. La giovane recluta, forse presa dalla compassione, aveva avuto cura di lui. I nodi delle corde che lo tenevano erano morbidi, non inaspriti dall'odio. La rivide comparire poco dopo sulla soglia della cella. Con fare materno ma con la voce di un guerriero, posò ai piedi di Alaric delle erbe medicinali per le ferite della battaglia.
Infine, dopo la visita di Darkivaron, quella lunga notte ebbe fine.

Nei giorni seguenti fu proprio il maestro d'armi a presentarsi più d'una volta sulla soglia della cella. In passato aveva detto di stimare quell'uomo. E adesso, vedere il mondo che gli apparteneva crollargli addosso per mano dell'eletto di Bane, pareva averlo in qualche modo "ferito".
Il maestro d'armi era una delle persone più degne di rispetto in tutta Zhentil. Gli portò del cibo e cercò di rincuorarlo.
Insieme si ritrovarono ad affrontare discorsi sulle religioni, su Zhentil, sulla fede, sull'odio e sulla vendetta.
Si chiamava Theres, rinnegando Bane in punto di morte, il suo destino sarebbe stato quello di scomparire nel muro del pianto di Kelemvor. Svanire per sempre come corpo e come anima.
Lui e Alaric erano molto simili, ma dentro quelle prigioni differivano in una cosa. Darkivaron pareva aver accettato il gesto dell'eletto, Alaric no.
Su una cosa però il maestro d'armi aveva ragione, quanto dolore simile avevano , indirettamente o direttamente, versato?
I due si ponevano domande simili, ma con risposte diverse.

Passò tre giorni. Con le mani legate teneva stretto in pugno quel lembo di tessuto strappato alla notte di Marpenoth.
Non importava null'altro, era stato trascinato in troppe battaglie e ora aveva perso la voglia di combattere. Insieme alla voglia di cercare d' essere un fiume, come diceva Darkivaron, per cercare di compiacere Bane, la sua città o se stesso.
Avrebbero potuto prenderlo da un momento all'altro. Trascinarlo fino al patibolo e giustiziarlo. Sarebbe rimasto calmo, a capo chino, rinnegando con un ultimo sussurro tutti gli dei. Sparire, svanire nell'eternità nello stesso muro del pianto.
Ricongiungersi come figlio, alla madre che aveva lasciato uccidere.
Ricevette poche visite in quei giorni. Si presentò alle celle il messaggiero di un misterioso "amico". Teneva chiuso in un cofanetto d'ebano un dono per il prigioniero.
Darkivaron era presente, chiese di fare conoscenza con l'amico di cui parlava e venne ascoltato. Ritornò da Alaric poco dopo senza nessun cofanetto. Forse preoccupato per qualunque magia avrebbe potuto ucciderlo o portarlo via.
Infine, l'ultimo giorno, si presentò Anthonius. Osservarlo in viso fu come risentire la sua stretta di tre giorni prima sul braccio sinistro. Di fronte alle sbarre comunicò un messaggio conciso, secco e solenne.
Le ferite le avrebbe guarite il tempo, perdere la fede sarebbe stato un errore. Alaric, silenzioso, lo osservò voltargli le spalle e andarsene.
Non gli rispose, non ne ebbe ne il tempo ne l'intenzione. "perchè quelle parole?" si chiese.
La risposta venne poco dopo con l'arrivo di Velkar e Imoden. Lo avrebbero liberato.

Darkivaron gli portò delle provviste e una buona spada, dai loro discorsi sapeva gia che Alaric sarebbe partito.
<questo non sarà un addio, ma se volete dirmi qualcosa ditemela ora.> Il tono dell'ex governatore rimaneva amaro, cupo.
<c'e ne sarebbero fin troppe da dire, ma per il momento. Buon viaggio.> Così i due guerrieri, compagni di tante battaglie si congedarono. Dopo un cenno ai presenti Alaric fece per allontanarsi. <che Bane vi guidi!> gli disse qualcuno.
Si fermò, la voce non era quella del maestro d'armi. Nobile e rigido nella sua postura Velkar aveva pronunciato quelle parole.
<lontano da lui!> fu la risposta secca di Alaric, prima di uscire dall'edificio.
 
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