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Era il 23 Ches, e a Baldur's Gate l'aria era uggiosa e deprimente.
Per le strade si potevano incontrare poche persone indaffarate, e guardie armate.
Quel pomeriggio del 23 Ches, Carl lavorava al porto. Sapeva il rischio che correva, ma ultimamente al porto pagavano meglio, quindi aveva deciso di rischiare.
Nei momenti di pausa la sua mente non faceva che correre al Braccio Amico, e il timore di un semplice scaricatore di porto si tramutava in ansia e demoni.
Un attacco era stato dichiarato ma ancora non era successo alcunché, se non la presa di una Locanda ben difendibile.
L'incertezza, il dubbio, la speranza di essere fuori pericolo erano tormenti che Carl faceva fatica a tollerare: semplicemente andava avanti, inerte, per non dire solo davanti all'ignoto.
Ma come Carl, tanti altri Balduviani vivevano in una costante tensione: le persone accumulavano provviste, i pił ricchi e fortunati riuscivano a partire sperando di poter un giorno tornare.
Ma fondamentalmente il Gate non era pił la Cittą dei Duchi: era ormai la Cittą del Terrore.
Quando sarebbe arrivato quel giorno fatidico?
Sarebbe mai arrivato? Le Mura avrebbero retto?
Molti tra le mura piangevano ogni notte e pregavano Tymora per avere la fortuna di vivere un altro giorno.
Perché da quel famoso Nightal l'ignoranza e la calma si erano tramutate in una versione terribile della speranza: l'ignoranza d'essere sicuri di poter vivere un altro giorno ancora.
Lo si poteva leggere nelle braccia svogliate dei contadini.
Lo si poteva leggere negli uffici, colmi di lettere mai aperte, con funzionari paralizzati dall'ansia
Lo si poteva leggere nel Pugno, dai loro occhi cerchiati e stanchi.
Un altro giorno ancora.
Il 24 Ches, Selune č crescente.
Il freddo, l'umiditą, la nebbia rendono difficile e sconfortevole muoversi tra i vicoli balduviani... in cosa puņ trasformare una persona il terrore?
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