Frattaglia |
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| Appena tornata in caserma, ancora puzzolente di fango e liquami, camminava nervosamente su e giù per il piccolo ufficio. Era arrabbiata. Era molto arrabbiata. Da quando era morto Torka era passata dall'essere perennemente arrabbiata e piena di odio all'apatia quasi totale, ligia unicamente al suo dovere. Ma alle volte le vecchie sensazioni venivano fuori, come ricordi di un passato lontano. Se avesse dovuto dar sfogo a quello che sentiva, avrebbe fracassato con le sue mani il cranio di almeno metà dei suoi compagni di spedizione. Lo Sfuggente era morto, e dato che attribuiva a lui tutti i disastri avvenuti negli ultimi tempi a Zhentil, almeno era una cosa positiva. Ma la vampira che volevano fermare e interrogare, Felicia, era andata distrutta da un incanto nella concitazione, i suoi compagni continuavano a finire sulle trappole e, nella confusione, erano riusciti quasi a sterminarsi a vicenda e, dulcis in fundo, dallo Sfuggente non avevano ottenuto informazioni.
Ma adesso doveva calmarsi. Aveva degli ordini a cui obbedire, doveva fare rapporto. Forse al capitano Jenner sapere della distruzione di Felicia e dello Sfuggente, i presunti responsabili dei disordini, sarebbe bastato per chiudere le indagini là ma c'erano ancora domande a cui rispondere.
Qual era lo scopo del'esercito di non morti, e dove si trovava? L'omicidio di Irag serviva a coprire solo questo, e perché metterlo in scena così maldestramente? Cosa stava succedendo di così grosso che addirittura l'Eletto osservava le loro azioni? A Zhentil Keep tutto era un complotto e anche quello che non lo era sembrava esserlo. E lei si sentiva solo un piccolo ingranaggio di un meccanismo così tanto più grande di lei da renderle invisibile lo schema.
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