Stava dormendo. Sognando, forse? Per una volta in vita sua, non era più a metà. Era... intera. Una voce orchesca le aveva parlato bruscamente nella lingua dei suoi avi. "Krast svegliati. Tuo padre ti vuole parlare." L'orca si era alzata dalle pelli animali su cui era sdraiata, guardando estraniata il suo compagno di clan. "Lo sciamano Ja'Nnar ti vuole parlare. Vai da lui"
Padre? Non aveva mai avuto un padre. E quando viveva con gli orchi venivo svegliata a calci, le poche volte in cui un orco la trovava sveglia. Eppure non era come allora. Si sentiva più forte e più sanguinaria. Non sapendo cosa aspettarsi, era andata verso la capanna dello sciamano.
Suo padre era intento a studiare alcuni ossicini divinatori. "Figlia, il momento è propizio. Gli dei hanno mandato i loro segni, Northkeep cadrà e ci riprenderemo ciò che è nostro." Krast ascoltava con molta attenzione, ormai quasi dimentica del fatto che fosse un sogno. "Re Vorbyx però non vuole attaccare. Non si fida del traditore umano. Ma se Re Vorbyx non vuole... ci serve il suo martello per trattare con il dragone dei Picchi. Il drago rispetterà solo chi impugna il suo martello. Dovrai sfidarlo e prenderglielo. Sei una femmina, ma sei la più forte della tribù. Se dovessi fallire, Re Vorbyx annienterà il resto della tribù."
Si sentiva carica di responsabilità. Lei era la figlia dello sciamano e il futuro capotribù. Avrebbe fatto quanto doveva.
E poi? Riposava nella tenda, quando il padre l'aveva fatta chiamare di nuovo.
"Cattivi presagi. L'inviato del destino è nei guai, nella terra degli gnoll. Un coboldo, vallo a cercare. Gruumsh sia con te."
A quella benedizione le si erano rizzati tutti i peli del corpo. Aveva fissato il padre, come ricordandosi per un istante chi fosse. Come se quel Dio sbagliato le avesse ricordato qualcosa... e poi era risprofondata nel sogno.
Eccolo. Quando aveva sentito quel nome, Vurdulack, aveva avuto un nuovo lampo di lucidità prima di risprofondare nel sogno.
L'aveva salvato, e riportato dal padre. Lo sciamano gli aveva spiegato quanto andava fatto, dovevano rispettare la volontà degli dei. L'orca e il coboldo erano andati a portare la loro sfida. Gli ogre di Re Vorbyx non erano riusciti a fermarli.
Davanti al gigantesco ogre magi, l'orca aveva lanciato la sua sfida rituale. Si erano sfidati davanti a tutti i capitribù, chiamati a raccolta per il rituale. Nessuno poteva intervenire, pena la morte.
Vorbyx era potente, non per niente era Re, ma Krast dalla sua aveva la rabbia e l'ira. La forza bruta contro la magia. Un colpo più profondo aveva fatto indietreggiare Vorbyx, causandone la fuga, inseguito da un incantesimo lanciato dall'altra parte della sala...
"SACRILEGIO!"
I capitribù avevano tuonato, mentre Krast raggiungeva e finiva il Re del Thar. Il coboldo, il più potente della sua razza, aveva ancora il dito puntato verso l'ogre. Tutti si erano voltati, per ultima Krast.
"Ha osato interrompere il sacro rito! A morte!"
L'intera sala si era rivoltata contro il coboldo, ma in poco i due a liberarsi degli assalitori, compiendo una strage. Solo un capotribù orco si nascondeva dietro a un pilastro.
"Il forte vive, il debole muore"
Mentre l'orca aveva alzato il martello, simbolo del Re del Thar, il capotribù orco si era inchinato, riconoscendone la superiorità. Tutto intorno, solo cadaveri. Così aveva inizio il regno del terrore di Krast.
All'alba Garos aprì gli occhi. Piano piano si rese conto di aver dormito in maniera talmente profonda che ci mise un po' prima di prendere coscienza di se.. Si sedette sul letto e fece mente locale.. Provò una strana sensazione.. Non aveva mai dormito così serenamente, da molti anni.. Per una volta la consapevolezza che nessuno avrebbe potuto accoltellarlo nel sonno, gli permise di riposare davvero. Si avvicinò alla finestra e osservò il sole sopra Phlan che sorgeva, guardando che piano piano in essa, cominciò a riflettere il suo aspetto da bimbo.. Ricordò che quello sarebbe stato un giorno importante.. Avrebbe per la prima volta viaggiato con il padre. Uscito dalla stanza, vide il padre con il bastone in mano che lo guardava sorridente..
"Sei pronto? Oggi andremo alla foresta tremolante." "Si padre sono pronto." "Vai a salutare tua madre."
Mia madre..
Entrò nella stanza da letto e quella donna si voltò.. Quella bellissima donna gli sorrise e gli diede le razioni per il viaggio.. Gli baciò la fronte e carezzò la sua guancia.
"Fate attenzione va bene? E stai vicino a tuo padre." "Si madre. A presto."
Un idea gli sfiorava la mente.. Garos pensò alle prime parole dette tra se e sua madre..
"Che ho fatto di male??" "Lo sai".
Garos lo sapeva bene e lo ricordava. La aveva uccisa.. Ma non stavolta. Eppure quest'idea continuava a bussargli il cervello.. La rivedrò?
Raggiunto, il padre gli chiese se aveva mangiato. Premura inutile.. Garos aveva usato l'incantesimo di Teletrasporto talmente tante volte che ormai era quasi come respirare.. Lo aveva usato tante volte, ma non in questa vita..
[...]
Apparirono davanti alla foresta tremolante. Il panorama davanti a se gli apriva un altro ricordo.. Qualche giorno prima era passato insieme al suo gruppo in quella foresta.. La mente cominciò a pensare quali diavolerie questo sogno avrebbe fatto vivere ai suoi compagni.. Ma questo pensiero lo fece rallentare, Sotmiras lo attendeva.. Non doveva allontanarsi da suo padre..
La foresta era fitta e rigogliosa, e il silenzio regnava su essa. Quando raggiunsero la caverna entrarono spediti.. Camminare al fianco del padre al buio non gli faceva paura.. Si sentiva protetto.. Non una protezione magica.. Una protezione paterna..
Era eccitato..
Non era difficile stare al passo del padre.. Camminava lento per aspettare il proprio figlio.. Arrivati in una strana radura vide qualcosa che lo sconvolse.. Centinaia di portali, contenenti altrettante creature dormienti al loro interno, contornavano Garos e Sotmiras. Compresi dei draghi neri. Camminavano lenti e il bimbo osservava le persone una a una. Sino ad arrivare su delle facce conosciute. Vide Krast Ledergraw.. Vurdulak Fraghen.. Myos Blackrose.. Arandir.. Xander Zerkreis.. Rukano.. Fzoul Chembryl.. Garos Rakastan..
Distolse lo sguardo con enorme sforzo. Il Leshai, il Saggio, era già dinnanzi a loro, e stava già parlando con Sotmiras.
"Tu puoi Fermarlo!" "Cosè questa cosa?"
Si riferiva al bimbo.
"E' mio figlio." "Un incidente?" "La vita non è mai un incidente."
Il bimbo si sentì il cuore riempirsi di orgoglio, ma quella creatura gli provocava inquietudine. L'aspetto era quello di un elfo, ma la pelle pallidissima e gli occhi completamente neri tradivano la sua provenienza. Un Leshay..
"Potrei fermarlo. Si.. Ma sai benissimo che io non posso andare oltre i limiti della foresta. E poi perché dovrei preoccuparmi di quei semplici umani?" "C'è del buono in loro" disse Sotmiras. "Ho un idea. Dimmi "Errore", Cosa saresti disposto a sacrificare?"
disse guardando il bimbo,
"cosa saresti disposto a sacrificare per salvare la vita alla tua città?"
Si spostò al centro delle colonne.. Si chinò e con un gesto fece emergere un seme dal terreno.
Un seme splendente galleggiava a pochi millimetri dal palmo della mano del Saggio.
"Se pianterete questo seme io potrò intervenire per aiutarvi in questa battaglia.. Ma dovrete darmi qualcosa in cambio." "Io... io sarei disposto a sacrificare quello che posseggo.." "Non basta. Dovrete darmi una vita."
Garos capì. Doveva dimostrare la sua bontà.. Ma c'era bontà nel suo animo? Sarebbe bastata poi per convincere quell'essere?
"Non dev'essere per forza la tua vita. Potresti donarmi la vita di qualcun'altro.. Tuo padre per esempio""NO!"
Suo padre? Mai! Proprio ora? Proprio ora che lo conosceva? Proprio ora che stava accanto a lui? No..
"Saggio, non posso sacrificare qualcosa che non mi appartiene. E io posseggo solo la mia vita!"
"Quindi?"
"Ho paura.."
Era vero.. Non sapeva che fare.. Anzi, lo sapeva ma non aveva il coraggio di farlo. Sacrificando suo padre avrebbe avuto quel seme.. Sembrava semplice.. Bastavano poche parole e una finta lacrima.. Ma non riusciva.
"Va bene. Io acconsento se mio padre lo permette."
"Acconsenti a cosa, Cosa?"
"Acconsento a donare la mia vita se mio padre me lo permette."
Sotmiras urlò "No! Io non sacrificherò la vita di mio figlio!"
Era fatta. L'estremo sacrificio non sarebbe avvenuto, perché suo padre non avrebbe acconsentito, ma la sua bontà era dimostrata! Si meritava quel seme.
"Si... Si Sotmiras.. Avevi ragione. C'è del buono in questa cosa."
Aveva superato la prova. C'era riuscito! Sarebbero tornati a casa vincenti!! La prima vittoria al fianco di suo padre!!!
"Ma tu Sotmiras.." uh?
"Tu saresti disposto a sacrificare centinaia di persone per il tuo egoismo." eh?
Un potentissimo raggio colpì Sotmiras, pietrificandolo. La statua cominciò a sgretolarsi, sino a lasciare solo Cenere. Il piede del Saggio calpestò le ceneri di ciò che rimaneva dell'elfo e diede il premio al bimbo.
"Corri ragazzo. Vai via da qui".
Garos cominciò a correre. Era scioccato. Più correva e più metabolizzava quello che era appena successo. Corse per forse un ora..due..non lo sapeva.. Sino a trovarsi fuori dalla foresta Tremolante, dove vide qualcosa che diede il colpo di grazia alla psiche del bimbo. In lontananza, proprio dove sapeva esserci Phlan, si ergeva un mastodontico fungo fatto di fumo, a testimonianza che la città bruciava. In quel momento realizzò molte cose.
Sua madre era morta.. Suo padre era morto.. So Keyr era morto.. Himir era morto..
Era solo.. Solo come lo era sempre stato.. Allora si.. Si pose di nuovo la stessa domanda che si era fatto all'inizio di tutto.
Sarebbe potuta andare diversamente?
No.
La sua voce rimbombò forte attorno a se in una risata sguaiata e sadica. Che lui uccidesse o no sua madre, comunque sarebbe morta. Che suo padre venisse a sapere o no della sua nascita comunque sarebbe sparito. Che i suoi amici gli fossero fedeli o meno, prima o poi se ne sarebbero andati. Rideva e continuava a ridere sino a piegarsi su se stesso..
Alzò lo sguardo.
Forse questa terribile esperienza vissuta lo aveva ridestato, ma non era più lo stesso di prima. Con le poche forze che gli rimanevano, se mai in quest'incubo ne avesse mai avute, cominciò con il primo dolorosissimo passo.. Poi il secondo..
Sapeva che Northkeep lo aspettava.
Così come i suoi compagni. Così come la sua missione. Così come la sua vera e terribile vita.
..Quale pacifica e solitaria esistenza ci attende oltre il confine della realtà... …Un vuoto eterno e privo di qualunque forma di vita, di calore, di luce... ..Un vuoto che penetra all'interno di ogni cosa, ogni luogo, che non più esiste ne mai è esistito... …Eppure tutto permane...
Tutto continua la sua insignificante esistenza all'interno di una mente in balia del nulla, una mente pavida che con unghie e denti, nella totale disperazione e nell'assoluto terrore, cerca di restare aggrappata a ciò che un tempo era e che mai più sarà.
Immagini, infinite come infinita è quella desolazione, si susseguono veloci e graffianti nella mente, lasciando spazio solo al rimorso ed al rimpianto, azioni fatte o non fatte, vite interrotte, tradimenti, guerre.
E mentre l'uomo sano cerca ristoro nella grazia degli Dei, il folle rivive le sue mancanze, ancora, ancora e ancora.
Dando forma alle paure più recondite e profonde, quelle paure mai dette, celate perfino a se stessi.
Prendono nome e forma, prepotentemente.
La Cosa che Aspetta
La sua voce è nulla, amalgamata a tutto ciò che lo circonda pur non esistendo, un paradosso che non comprendo.
Mi terrorizza.
Ci fissammo a lungo, in un profano silenzio che alimentava il dubbio, come una madre amorevole alimenta il suo infante.
Era li per me, era li per indicarmi qualcosa, per indicarmi la strada.
Era li per me, e la temevo.
Mi mossi, seguendo il mio malsano destino. Ripercorsi molti dei momenti della mia vita, scalini impervi, con incisi sopra incanti e nomi, nomi di coloro che avevo ucciso, nomi di coloro che avevo tradito.
Ad ogni passo una simulata ombra accompagnava il mio incedere, precedendomi quasi, mentre dietro di me quei gradini si sgretolavano, ribadendo quanto fosse impossibile... ...Tornare indietro...
...
Non riconobbi subito quella struttura, quella piccola dimora. Non riconobbi subito la persona che all'interno di essa mi attendeva. Avevo quasi rimosso quella parte della mia vita, avevo rimosso Valmar, il mio maledetto fratello, accolto tra le braccia della follia sin da quando era un ragazzo.
Dopo quello che gli avevo fatto... Come potevo continuare a ricordare...
Quella stanza vuota, con la sua maledetta candela al centro, faceva da contorno ad un uomo vuoto, che blaterava di altrettante vuote parole
- Non siamo mai usciti, Myos... -
Mi avvicinai a lui che quasi mi ignorò, voltandosi verso quella che sembrava essere una finestra, seguendo il suo sguardo, compresi di esser ancora vivo poichè il mio cuore, nel vano tentativo di fuoriuscire dal mio petto, sussultò con forza. Un acuto e straziante dolore mi colse, quindi, quando rividi lei, seduta su un trono di pietra nel mezzo del vuoto cosmico...
La Cosa che Aspetta
E fù mentre ero ancora li, con la mano sul petto e gli occhi fermi su quella figura, che la trappola prese finalmente forma, una tela perfetta, pensai, atta a porre fine ad ogni mia ambizione e, allo stesso tempo, ad ogni mio dolore.
Chiunque tu sia, per quello che mi stai facendo, io ti odio.
Le finestre, le porte ed ogni via di fuga si sigillarono divenendo solida parete di roccia e mentre l'immagine di quello che fù mio fratello svaniva fiamme ardenti presero ad esistere muovendosi rapide, circondandomi... Il calore e il fumo, in quello spazio angusto, erano divenuti talmente elevati da rendermi impossibile respirare..
E' dunque così che sarebbe finito Myos Blackrose... Distrutto dalle stesse fiamme che molti anni prima gli avevano concesso la libertà...
Tossivo, mentre i miei polmoni si incendiavano, bruciavo dentro, mentre mi accasciavo a terra, pronto a dover affrontare le ire di tutti gli Dei che avevo deluso...
Chiunque tu sia, per quello che mi stai facendo, io, in punto di morte, ti maledico.
... Anno 400cv- Piano d'esistenza Materiale - Luogo Northkeep
Riaprii gli occhi all'interno di una stanza dall'arredo comune e poco ricercato, non ero a Zhentil Keep.
Dalla finestra entrava, senza vergogna, il fischiettare di un uomo intento ad ammassare un numero impressionante di corpi in una fossa.
Mi guardai intorno e non riconobbi nulla, non ero a Zhentil Keep.
Mi mossi cauto, controllando se il mio equipaggiamento fosse ancora con me, non comprendevo cosa fosse realmente accaduto ma sapevo ancora chi ero, sapevo cosa volevo e sapevo cosa cercavo...
Ciò che non sapevo... Era ciò che realmente avrei trovato.
Uscii dalla mia stanza e scesi al piano inferiore dove vidi un grande tavolo, circondato da bellissime poltrone fabbricate con vari tipi di ossa, sembrava un luogo per effettuare delle riunioni, la domande, però, erano:
Chi avrebbe seduto a capo tavola? Chi mi aveva salvato dalla dannazione? Faceva solo tutto parte del sogno?
Mossi i miei passi all'esterno dell'edificio e subito dopo mi bloccai, fissando quella incredibile creatura che si parava dinanzi a me... Un groviglio di corpi, carne e ossa, un anima assente così come qualsiasi forma di coscenza.
Il golem di carne mi guardò, con una superficialità disarmante, per poi tornare a fare ciò che meglio sapeva fare…eseguire gli ordini.
Ordini..ma di chi?
Decisi di andare dall'uomo fischiettante in cerca di risposte ma non ebbi neppure il tempo di porger la prima domanda che questo si inchinò reverente di fronte a me proferendo con voce servile...
<< Lord Akempus, ben ritrovato, i lavori procedono, questo pomeriggio Podel tornerà con un nuovo carico >>
Aveva visto la figura del mezzorco che una volta amava sparire nella polvere del sogno, mentre sentiva quelle scuse che le erano dovute e che non aveva mai avuto da lui.
"Addio Torka."
Gli aveva dato l'addio con uno sguardo appannato, finalmente il suo lutto era finito, finalmente era libera dalla sua ombra. Non avrebbe più cercato con lo sguardo il nonmorto con le sue sembianze al servizio del Tempio, il dolore sordo per la sua stupida morte era ormai placato.
Ora poteva andare avanti, e recuperare il martello di Vorbyx. Allearsi col dragone nero, conquistare Northkeep. Si, l'avrebbe fatto. Poi una Krast umana, molto più umana di quanto era nella realtà, l'aveva toccata. Il sogno aveva ondeggiato di nuovo, mentre la vera Krast riprendeva le sembianze da mezzorca.
"Non dimenticare chi sei. Non perdere la tua identità."
Il dragone era rimasto perplesso, ma aveva accettato il patto. L'Orda era rimasta ancora più perplessa, ma lo Stregone più potente della sua razza li aveva convinti che fosse una maledizione.
IL VERO SECONDO ATTO: GLI ULTIMI GIORNI DI NORTHKEEP
Parte quinta: Purgatori.
colonna sonora consigliata(un grazie ad Arandir per avermela fatta scoprire) Video
Un trio di mostri si agita in un deserto immaginario, il deserto delle loro anime. Giocati dalle loro menti, forse non vedono. Non vede quella di loro che, credendosi completa, affronta l'immagine sullo specchio, più vera di quel che riflette, e perde.
Un bambino troppo vecchio per il suo stesso bene va incontro al suo destino, calpestando il terreno del mondo sotto i suoi piedi come questo ha calpestato la sua innocenza e i suoi desideri.
Due uomini di fede vedono quest'ultima scomporsi e ricomporsi, interrogandosi su come essa nasce, venendo scelti senza capire per cosa.
Un uomo tenta di sfuggirmi, credendo che io lo stia inseguendo. Invece un giorno verrà lui da me, come tutti.
Uomini, donne, divinità, Mondi.
So aspettare.
E mentre aspetto vedo nel mondo reale, gambe morte che si muovono in posti bui, fino a salire scale per luoghi dove i vivi si credevano al sicuro...
..Eppur in questo sogno, percepisco odori e forme più nitide di quanto ne abbia mai percepite in realtà, che beffardo questo destino...
Mi ritrovo ad incedere, con la mente annebbiata e confusa, verso quell'enorme edificio in pietra. L'odore della carne e della putrefazione interrotta di quei corpi mi pervade e eccita i miei sensi. Incedo, lasciando al mio raziocinio l'arduo onere di riordinare le idee.
Incontro lei, Thelander, la mia collega Bibliotecaria, comincio a distinguere cosa esiste e cosa è frutto del mio arrivo qui.
...Frutto...
Non siamo altro che semi, piantati in un terreno fertile al punto da far attecchire e maturare qualsiasi forma di idea, qualsiasi forma di influenza riesce a prender vita e qui, circa mille anni prima, io rivedo lei proiezione mentale dell'assistente che mi sarei aspettato di trovare, è così viva.... E' così bella... Eppur è solo nella mia mente.
...Peccato...
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Si mostra dinanzi a me in tutto il suo essere, Thagdal, Maestro della Torre delle Arti del mio Tempo Oggi, qui, parrebbe far parte di un gruppo chiamato Incantesimi Lontani E' interessante il suo atteggiamento duro ed ostile, lo ricordavo diverso... Forse non è tutta farina del mio sacco.
Reclama un ordine, mi accusa di essermi spinto oltre, parla a Lord Akempus eppur lo sento rivolgersi a me, le sue parole scavano all'interno della mia lacerata anima, entrano nel profondo, le faccio mie.
...Sono mie...
Ci lasciamo in un'elegante e pacata ostilità, devo fare attenzione, ma infondo non è il mio tempo, cosa mi importa... Devo fare assolutamente attenzione, e, tra i pensieri sconnessi tra loro... mi ritrovo ad invidiare il mio alter ego.
Scende le scale e svanisce tra le vie della mia nuova villa, un luogo incredibile, un luogo perfetto, la troverò e la farò mia, dovessi ricostruire, mattone dopo mattone, il tutto.
Recupero una bellissima staffa, con inciso "La morte è la chiave", non so a cosa serve, non percepisco magia in lei. Nella sala ci sono innumerevoli volumi necromantici e religiosi ed il mio sangue si gela nel momento in cui noto un libro, scritto da Akempus in persona che parla della figura che ho visto prima di giungere qui…
...La Cosa che Attende...
Leggo anche una dedica anonima alla mia persona, la trovo graziosa e veritiera, quell'ammiratrice timida ha decisamente buon gusto.
Ma ancora un volta, forse, non si riferiva a me. Eppure sento così tante somiglianze.
Myrkul è onnipresente qui, percepisco il suo esser vivo in questo tempo, se pur neanche lui, neanche qui, mi risponda.
...Dei bastardi e maledetti, che possiate spegnervi soli e nel profondo e totale silenzio della vostra esistenza perpetua… ...Dei gloriosi e potenti, perché non odo la vostra voce neppure qui, dove siete miei, forgiati e plasmati dalla mia mente… ...Dei silenti e sfuggenti, io vi odio.
Mi dirigo nuovamente dall'allegro uomo che si occupa di ammassare cadaveri per me, è timoroso e trema, incerto, quando gli chiedo di accompagnarmi al mio laboratorio.
Mi porta nel cimitero, dove è ben visibile il mausoleo della mia...della sua... famiglia. Il bastone si attiva e un muro si apre, l'omuncolo mi accompagna per qualche altro passo, poi fa ritorno, non facendo alcuno sforzo per celare il suo terrore.
Di fronte a me si svela, passo dopo passo, un paesaggio che suscita meraviglia tale da far sembrare la Cupa una misera bottega. Muovo i miei passi, lentamente, e più incedo più aumenta la mia invidia per quell'uomo vissuto mille anni fa.
...Akempus...meriti davvero tutto ciò? Tutto ciò potrebbe essere mio...mio...mio...e soltanto mio...
La cripta brulica di creature: zombie, ghoul, golem in fase di assemblaggio e lei...Zaza...più bella che mai, quella miserabile umana ora viveva in simbiosi con l'ambiente che la circondava, un ghoul in grado di comprendere e di parlare.
Le avevo promesso che non le sarebbe successo niente, ma Felicia mi fece mancare, forse questo era il modo che la mia mente aveva partorito per chiederle perdono.
Mi muovevo in quelle fredde, umide e solitarie stanze, scavate in una roccia pregna di malvagità e magia. Mi muovo cauto, incredulo e quasi desidero di non dovermi mai svegliare quando mi imbatto in una zona di studio, dove erano presenti alcuni tomi e composti alchemici.
Mi prendo il mio tempo, mi siedo, non ho fretta di trovare la Maga di Phlan, non ho fretta di risolvere questa situazione, no, non ora, ora non voglio distogliere le mie attenzioni da ciò che mi si para davanti.
Inganno me stesso, mi convinco che tutto sia reale, voglio che tutto sia reale, voglio che questo sogno si fonda con la realtà.
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Akempus stava lavorando a qualcosa di incredibilmente oscuro, pericoloso, bellissimo.
Si era portato molto avanti nello studio del rituale per la trasformazione in Lich, seppur nei suoi appunti vi erano ancora numerosi interrogativi, aveva spiegato discretamente bene il rituale e le componenti necessarie, tra cui la pozione che uccide, già pronta.
Passai ore a ragionare su cosa fare, la tentazione era forte, molto forte, molto più forte di qualsiasi altra avessi mai provato in vita mia, ma d'altronde…era solo un sogno...forse.
Mi ero quasi deciso di berla, scommettendo la mia vita sugli studi di qualcun altro, studi incerti, non verificabili quando un pensiero mi colse, bloccandomi totalmente.
Ripensai al volume scritto dal Necromante di NorthKeep, sempre che anch'esso non fosse frutto del mio intervento, e ripensai a colei che attende ...Lei…che non avrebbe atteso ancora per molto poichè io, contrariamente a quanto avevo scritto, non le stavo sfuggendo affatto, al contrario, bevendo questo intruglio...
...Sarei andato da lei...
Raccolsi il tutto e mi allontanai da quella sala, dove la statua di Myrkul mi osservava e giudicava le mie azioni e forse la mia codardia, ma a conti fatti, lui non mi rispondeva, lui non mi parlava ne sussurrava alla mia mente consigli e ordini... Perchè mai mi sarei dovuto curare di lui?
Myrkul, che tu sia maledetto.
Continuai a vagare nella cripta alla ricerca di indizi su cosa stesse architettando quest'uomo, d'altronde se mi trovavo qui un motivo doveva esserci.
Eccole, altre carte, una mappa, delle istruzioni.
Era terribile.
Erano segnati quattro portali, uno a NorthKeep, uno a Phlan, uno a Melvaunt ed uno...si...nella zona dove un giorno sarebbe sorta la nostra amata e temuta Zhentil Keep
Dovevo incontrare gli altri, dovevo informarli ed il mio animo era diviso in due, spaccato a metà mentre mi accingevo a riemergere da quella cripta per dirigermi nel mio palazzo a Villa Akempus
"Uh? Un nuovo assistente? No..aspettate..quella staffa...ma allora..." - Proferì una donna vestita di rosso "Lady Rowena, dobbiamo parlare." - aggiunse il Necromante, interrompendola.
Tre figure di diverse dimensioni si trovavano sulla torre della fortezza di Vorbyx, il Tharkul.
Sulla destra era appollaiato un giovane drago nero. Sul trono a sinistra siedeva con aria annoiata il coboldo più potente della sua specie. Il trono dorato, al centro, era riservato a Re Vorbyx. Una femmina. Una mezzoumana. Due cose che avevano fatto inorridire gran parte dell'esercito degli orchi.
Krast ora meditava la prossima mossa, consapevole di quanto fosse fragile il suo potere. Quanto vedeva, nonostante il peso della responsabilità, le piaceva. La faceva sentire potente. Il coboldo aveva parlato.
"Krast... ti ricordi perché siamo qui, spero." "Dobbiamo trovare una donna"
Si, ricordava perché era lì. Ma aveva anche capito che doveva assecondare il sogno. E assecondarlo la faceva stare bene. Si sentiva potente quanto era mai stata.
"Fraghen, non abbiamo altra scelta che seguire il destino del sogno. NorthKeep dev'essere distrutta."
Jan'Nar, suo padre, le aveva ricordato quanto fragile fosse la presa di Vorbyx sul suo popolo. E improvvisamente, una visione nel cielo era apparsa, portando una profezia.
"Popolo del Thar Sei stato prescelto dall'unico vero Dio Gli umani hanno fallito, e tu sei il futuro Morte agli umani!"
Nessuno dei tre sapeva chi aveva mandato la visione, ma era a tutti gli effetti di buon auspicio.
"Sciamano, domani entreremo nel Mare della Luna e marceremo sulla prossima città."
La mattina dopo l'esercito era in marcia. Krast aveva arringato l'esercito parlando la lingua dei suoi avi.
"Orchi, Giganti, Gnoll e Troll! Il tempo degli umani è finito! Conquisteremo quella città sulla nostra strada e berremo il loro sangue! Il Mare della Luna sarà nostro, ve lo prometto!"
Sapeva che doveva mostrarsi feroce, più dei suoi predecessori. Sperava che questo potesse bastare a far dimenticare al suo popolo della sua metà umana. Anche per questo marciava in prima linea, mietendo vittime.
Entro sera, la città era loro. Phlan era caduta. I superstiti, resi schiavi, erano rinchiusi in un recinto. Krast non ci avrebbe dato troppo peso, se non fosse stato per un Troll cuoco che aveva attirato la sua attenzione su quel recinto.
"Mio Tharkul, un bambino per il banchetto?"
Un bambino mezzelfo fissava l'armatura della mezzorca. Sosteneva lo sguardo dei suoi catturatori, mentre tutti gli altri piangevano in un angolino. Vurdulack aveva intuito qualcosa.
"Krast, quel bambino ha qualcosa di particolare. Potrebbe essere uno dei nostri."
Avevano declinato l'invito al banchetto del Troll, facendosi però consegnare il ragazzino. Il coboldo aveva visto giusto: era Rakastan. Qualche domanda li aveva convinti che era il vero Rakastan, e non un prodotto del sogno. E poi improvvisamente, un agguato aveva assaltato il Tharkul. Gli assassini erano stati sterminati tutti, tranne uno che, sottoposto a un breve interrogatorio, aveva svelato loro il complotto. Gli sciamani fedeli a Gruumsh avevano deciso la morte del Tharkul e di suo padre, lo sciamano; la maledizione del sangue umano, l'aver infranto la sfida rituale, erano stati abbastanza per decidere.
"Rukano, uccidilo."
Krast si era precipitata alla ricerca di Jen'Nar, ma di lui nessuna traccia. Era terribilmente risentita con Vurdulack per essersi intromesso a suo tempo nella sfida, dentro di sè Krast lo accusava di tutto quello successo in seguito.
"Krast, prima devo fare una cosa."
Rakastan si era diretto verso un edificio di Phlan. All'interno, una donna. La madre. Una pugnalata, e la donna era in terra. Qualcosa di già successo, nel passato del mezzelfo. Qualcosa che doveva succedere nel presente del sogno.
Una frase ripetuta come monito ai fedeli e ai viandanti , una frase evocativa per instillare nel prossimo la paura e il timore del fallimento.
Una frase che non ho mai smesso di ripetere, nemmeno quando L'unico vero Dio era cosi aleatorio da poter essere chiunque e nessuno , nemmeno quando arrivò il tempo del Dubbio e il Tradimento fecero si che i suoi sacerdoti iniziassero a massacrarsi a vicenda , mentre l'Innocente giocava con le sue bambole e con noi stessi.
Nemmeno quando arrivò il momento del tormentato Lord Benadi , di metterci alla prova.. difficile dire quando ci fosse di lui in quell'incontro e quando potere dovette impiegare per tentare di sconfiggerci. ... Ma il Tiranno ci osserva .. e noi non possiamo fallire.
E mentre cammino per quelle sale e corridoi che mai avevo visto prima di dormire, e che mai sapevo essere mie, in cerca del Grande Sognatore, il verme ritorna a strisciare, carico dell'odio represso di una vita di sottomissione involontaria e di falsa devozione.
Lo avevamo portato noi nel Sogno.. e con lui , forse l'odio per una morte che sentiva di non meritare , ma che di sicuro non pesava sulla mia coscienza.
Il Viscido divenne legione , ed in coro ripeteva..
"Io Vi Odio! .. Noi Vi Odiamo!"
Mentre ogni goccia di vita veniva risucchiata da lui con la sofferenza di chi deve porre fine a qualcuno che è gia morto ed è solo un intralcio, il viscido divenne ancora più verme.. un verme Nero.
Ma il Tiranno è Grande , e ci osserva.. ed io non smetto di ripeterlo.
Nemmeno quando raggiungo la tomba dal quale sono strisciato fuori al suo comando, in quelle catacombe, dove sulla nuda pietra dei loculi si distinguono i nomi dei suoi nemici, e davanti a noi il Grande Sognatore, che non dorme più.. Ma ci osserva.
Ed anche se è un sogno il Le Shai ha scavato nei nostri ricordi troppo a fondo, e nel suo minuzioso intento di riproporre il nostro Signore Eletto , ha attirato il Suo sguardo.
Bane ci osserva.. e noi lo sappiamo, ed ora sappiamo anche come andarcene, mentre il monastero Crolla e un ora di bestie del Thar si avvicina sempre di più noi pianifichiamo.
Ma ora è tempo che il Necromante sia giudicato, e mentre Bane ci osserva , Lyonsbane Attende.
Il Seme germogliava, la pianta cresceva fino a diventare albero. Due giorni, impressionante..
A turno passiamo le ore a guardia di quella che dovrebbe essere la nostra salvezza , mentre attendiamo l'inesorabile e giudizio. E non tardò ad arrivare, l'ombra di Daoran arrivò in villa, seguiamo i suoi passi, mi guardo intorno , osservo un modo e una città che non mi riconoscono, non Ti riconoscono, mio Signore, e fatico resistere.
La fine di questo incubo è vicina , se abbiamo calcolato bene, e l'unico conforto è sapere che il tuo sguardo è su di noi , seppur per poco... vivo questo tempo in pesante disagio , reprimendo tutta la violenza e l'odio che vorrei scagliare su di loro.. e aspetto.
Arriviamo al "Saggio" , una folla riunita, mormorante.. a lato del palco centrale , vedo Ladaar , L'innocente.. non mi guardo.. Podel e Felicia, e Thagdal . Tutto il rumore cessa quando fa il suo ingresso la figura , che risponde al nome di Giudice Lyonsbane.. Una Pantera Nera , fiera cammina sulle scale , raggiungendo il punto piu alto , e osserva.
Rivelandosi poi nella sua forma umanoide. incappucciato e austero.
E il Processo ebbe inizio. un susseguirsi di accuse assurdite fatte da una vecchia , di vecchi rancori , tra Thagdal e Akempus, la difesa di Rakastan reggeva bene , anche quando il mago svelò i "mostri"..
Le smorfie e il chiacchiericcio di una folla sorpresa e spaventata , mentre due uomini lasciano spazio alle figure di un Drago Nero e un Coboldo , mi strapparono un sorriso.
Inspiro, tutto sembra volgere a nostro favore. ..
Mai sperare...
Rowena lasciò l'ultima testimonianza, che pesava come un'incudine sulle altre inutili accuse. "Mi dispiace, era Necessario"
e arrivò la Sentenza. Mentre il Giudice leggeva la sentenza e lo condannava, il Mago si mise a ridere, ma Myos non ride, non di solito. e mentre quelle parole riecheggiavano nel silenzio. Tutto iniziò a crollare.
IL VERO SECONDO ATTO: GLI ULTIMI GIORNI DI NORTHKEEP
Parte settima e finale:
"Neyë"*.
*Neyë: orchesco per "vieni qui"
colonna sonora consigliata: Empire of Clouds, Iron Maiden Video
Erano stati giudicati.
Un processo surreale, terminato con un Giudizio ampiamente previsto, ma che nulla era rispetto a quello che incombeva su un numero incalcolabile di vite innocenti e non.
Un Giudizio agghiacciante, che neppure un giudice di origine divina aveva potuto sopportare, preferendo l'oblio all'atrocità di realtà e finzione, che si mischiavano come urla di dolore di persone diverse sottoposte alla medesima tortura.
Urla che si confondevano col ricordo di altre, rabbiose, fiduciose, ignare.
"Neyë".
Decine di migliaia di voci, cariche di odio e di fanatismo, avevano pronunciato quella richiesta.
Venite, Dei, mostrate la vostra forza.
Venite, fate sentire piccoli i mortali, puniteli.
Preghiere arroganti, primitive, ottuse, e tragicamente destinate ad essere esaudite.
l'Albero dorato cresciuto dal frutto del sacrificio di un bambino, fonte di speranza ma non di misericordia, si ergeva tanto imponente quanto impotente, mentre uno squarcio si apriva nel cielo.
L'Occhio Che Non Dorme Mai, ne uscì, e Vide.
Vide quello che per generazioni, nessun altro occhio avrebbe potuto mai più vedere.
La città conosciuta come Northkeep, quel giorno sprofondò negli abissi del gelido mare insieme a gran parte della costa circostante, portando con sè vittime e carnefici, senza fare distinzione.
Poiché così è il Tempo, e il suo era giunto.
Solo un amaro e distorto ricordo ne sarebbe rimasto attraverso il passaggio delle ere.
Un ricordo ora ravvivato nelle menti dei suoi ultimi, improbabili, inaspettati abitanti.
Da qualche parte nel Mare della Luna delle campane molto antiche risuonavano, malinconiche.
Era stata un'attesa lunga, ma finalmente Northkeep aveva dei sopravvissuti.
Sopravvissuti dal cuore molto pesante.
Infatti, quelli che per molti sarebbero stati solo Ricordi, eran per loro perversi Presagi...
E tu chi saresti, disse il lord orgoglioso Perché io debba chinare il capo così in basso? Solo un mostro con un manto differente Questa è la sola verità che conosco. In un manto dorato o in un manto d'ombra Un mostro ha sempre gli artigli E i miei sono lunghi e affilati, mio lord Lunghi e affilati quanto i Vostri.
E così parlò, e così parlò, Quel lord di Northkeep Ma ora le piogge lacrimano sul suo salone Senza nessuno che lo ascolti Sì, ora le piogge lacrimano sul suo salone Senza un'anima che lo ascolti
Le risate rimbombavano all'interno del Saggio, la sede del Governo di Northkeep, richieggiavano innaturali, piene, dalle molteplici sfaccettature, improprie, inadeguate, inadatte alla situazione, affilate esse squarciavano un silenzio che aveva seguito la condanna.
Il Giudice Lyonsbane, anch'esso condannato al dovere da poteri più elevati di tutti Noi, incapace di esistere in diversa forma se non in quella che ormai, come il suo lontano predecessore, cominciava, forse, a detestare, si era, infine, pronunciato.
Le risate continuavano, poichè il Lord delle Cripte aveva ormai ricordato, lui sapeva ed io con esso. Due menti tanto distanti nello spazio tempo quanto simili, se non per piccoli e curiosi dettagli, nessuno comprendeva eccetto loro, il ricordo passato e sbiadito ed il presente confuso e smarrito.
Tutti osservavano al centro del Saggio, sopra quella colonna innalzata nella grande sala, tutti osservavano e nessuno vociferava più. Nessuno aveva più intenzione di lanciar frutta, di testimoniare, di tradire, di mentire, di combattere, limitandosi a bramare una sola cosa, cosa che non avrebbero più potuto ottenere, ne per mano degli Incantesimi Lontani, ne per mano dei Sacerdoti dell'Unico Vero Dio, ne per mano degli Dei stessi.
Desideravano vivere ma ciò non gli sarebbe stato concesso. Erano venuti a guardare, tutti loro. Erano pronti a giudicare, tutti loro.
Ed ora avevano ottenuto ciò che meritavano.
La contingenza era stata scatenata ed in un 'enorme ed assordante boato la terra, infine, inghiottì ogni cosa.
Gli occhi si riaprirono rapidi, muovendosi intorno, costretti da una prigione di carne dalla quale si sarebbero allontanati volentieri se non fosse stato per quel maledetto nervo ottico.
Intorno a lui i suoi compagni e le pareti di una cella, erano ancora vivi, nuovamente. I respiri si susseguivano aumentando la loro portata, l'aria era malsana, sapeva di chiuso, muffa e salsedine, come erano arrivati in questo luogo è tutto'ora un mistero.
La porta sembrò aprirsi e tutto cambiò, sgretolandosi in un modo che ormai erano quasi rassegnati a sopportare. Altre celle, altro luogo, uomini a terra giacevano congelati, i suoi compagni allontanati da lui, li sentiva parlare, sbattere, far rumore, e lui li rimaneva, nella penombra della cella, in un silenzio quasi reverenziale.
Quel sogno lo aveva avvicinato alla morte, lo aveva fatto sfiorare, lo aveva poi allontanato da essa ed infine gettato tra le sue adunche mani. Quel sogno aveva un potere incredibile, ed il suo creatore era un Dio tra gli Dei. Dei che al suo cospetto avrebbero dovuto chinare il capo e costringersi all'inginocchiamento. Quale artifizio, quale creatura avrebbe potuto fare tanto? Respiravamo aria che aria non era, toccavamo oggetti che erano privi di materia ed il tempo scorreva in un mondo in cui non ve ne era traccia. Tutto era finzione eppur estremamente vero, ci aveva conosciuti, meglio di chiunque altro nella nostra vita. Non v'era donna, uomo, amico, fratello, servo o compagno che ci conosceva come il Creatore. Aveva scavato nelle nostre menti, nei nostri cuori, nei nostri più profondi desideri e paure e le aveva trasformate in colori usati per adornare una tela fantastica che di tutti noi era specchio di verità e introspezione.
Ma cosa vedevo quando osservavo il mio colore prender forma, dando vita a ciò che rappresentavo, era raccapricciante ed al contempo bellissimo. Si muoveva il pennello, con gesti naturali e fluidi, e non percepivo contrasto alcuno nel seguirlo, con la mia mano, mentre la storia prendeva forma e vita. Quale venefica Magia.
Dei passi interruppero il silenzio del Necromante, ancora in dubbio sulla situazione, si avvicinavano veloci.
Era lei, la Divinatrice, colei che mi aveva tradito, colei verso il quale non provavo rancore ne desiderio di vendetta, poichè come affermato nel processo
"Fa ogni cosa serva affinchè la città venga protetta."
Era li e non era sola, la Pantera Nera la seguiva, in una rassegnazione, figlia di una consapevolezza schiacciante, che quasi mi donava piacere.
"Dite al me dell'altro lato, quando lo vedrete, che provo immensa tristezza e pena per Lui" - Disse Lyonsbane -
"Sono certo che i miei compagni glielo diranno" - Rispose il Necromante, in una risposta tanto semplice quanto colma di infiniti significati che solo uno dei suoi compagni sembrò percepire -
Ci guidarono fuori, entrambi, verso la rinascita. Ad attenderci però vi era rumore di battaglia e quei Coboldi, così noiosi, insignificanti, che cercavano di ottenere un martello ed avevano creato tanto trambusto per nulla.
Nulla. Nulla. Nulla.
Poichè nei secoli a venire nulla di loro sarebbe stato ricordato, nulla sarebbe resistito se non un amaro, persistente ed atavico fastidio nei loro confronti. Miserabili esseri, da voi mi aspetto la vostra presenza quando sarò dall'altra parte e le vostre carni avvizziranno. Il vostro disperato tentativo di trovare posto tra le pagine della Storia verrà cancellato velocemente quanto velocemente avete tentato di tradire tutti.
Li annientiamo tutti, Coboldi, Draghi, tutti. Tutti tranne quel viscido verme di Ga'Ros. L'assonanza del suo nome con quello del mio alleato mi irrita in maniera indicibile, come blasfemo ed irriverente sfregio da parte di un nemico viscido e sfuggente.
Ma io ti troverò, te lo assicuro. Troverò i tuoi resti se sei ormai stato giudicato. Troverò la tua discendenza se null'altro che polvere di te è rimasto.
Ga'Ros, chiunque tu rappresentavi, ha un destino segnato.
Torniamo nella Villa del Lord di Northkeep e lo spettacolo che ci si para dinanzi è incredibilmente agghiacciante. Il seme è cresciuto, divenendo un albero mastodontico, una creatura dorata e sensiente che vuole nutrirsi. Avido, si era spostato fino alla fossa comune dove ammassavo i corpi, banchettando delle loro carni.
Ma la città era ormai presa ed il tempo giungeva agli sgoccioli. Gli orchi invadevano i miei territori, sfondando il cancello e caricando senza pietà nel pieno della loro furia.
Cadevano, a decine, a centinaia. Cadevano per divenire cibo anch'essi di quell'albero che di morte e vita si nutriva.
E tutto avveniva sotto gli occhi di Lei, La Cosa che Aspetta, che non ci toglieva gli occhi di dosso.
"Neyë"
Non si udiva altro, come voci di un demoniaco coro, i nostri nemici invocavano la nostra, e la loro ( inconsapevole ), fine.
Non si udiva altro se non le Campane che quasi donavano ritmo a quella litania mortale.
Campane che rintoccavano un eco che sarebbe stato immortale. Segnando un momento di terrore che mai avrebbe abbandonato quel luogo. Ricordo persistente, intrinseco in quelle acque maligne che di male puro son specchio. E gli uomini piangeranno e fuggiranno al loro rintocco ovattato e perpetuo. Ed i mostri smetteranno di pregare per lasciar spazio al silenzio.
Non mi prenderà mai. Parte 5 Anno 400CV - Piano d'esistenza: Piano Materiale - Luogo: Confuso
Non esiste immagine che possa richiamar tanta tristezza, Non vè musica che possa allietar dolore, in un luogo che ammalia ed al contempo disprezza. reggia di chi, della vita, non percepisce il candore.
Eppur io mi volto e guardo lontano, li all'interno del mondo crudele, muovo i miei passi ed allungo la mano, verso chi cade restando fedele.
Mi immagino un mondo fatto di niente, senza ne immagini, ne quadri, ne suoni, osservo distratta tutta questa gente, scoprendoli ne forti, ne malvagi e ne buoni.
Fosca Calliope - Versetti tratti da "Poesie di un Mondo Celato" - 394 CV
Il ritmo pesante scandiva quelli che sarebbero stati gli ultimi rintocchi di un popolo, di centinaia di vite, di una infinità di pensieri. Pensieri intrecciati, come trama viva, che, son certo, in questo momento sono tutti convogliati verso quell'iride che, in alto nel cielo, osserva e giudica.
Guardo l'orda sfondare i miei cancelli, non percependo altro che un senso di violazione, mi domando come osino, mi chiedo se sappiano chi io sia, veramente. Un Lord di questa città onirica, un Mostro oltre il velo che ne delimita i confini, un Necromante ovunque io esista.
Facciamo a brandelli le loro anime, lasciando all'albero le loro carni, se ne disseta e si sfama, come avida sanguisuga che tutto ha di fascinoso se non lo scopo. Eppure continuano ad arrivare, sempre di più sempre più numerosi, essi cadono e noi rimaniamo, come è giusto che sia, saldi e fermi.
E' forse la fede che rende inamovibile il mio corpo? Che sia veramente così, che io stia cambiando? Mi specchio nei dogmi di quello che chiamano Tiranno e li sento in parte miei, non del tutto, non sempre, ma mi scopro più simile a lui di quanto credessi.
Simile a lui, quando era ancora un mortale, quando combatteva, ambiva, sperava, otteneva. E forse in queste mie blasfeme parole si cela il mio concetto di fede, lo vedo crescere in me e prender forma, assumendo la mia, il Me Stesso, il Mio Io... L'Unico Vero Dio.
Passiamo quei portali dopo che il LeShay fa la sua apparizione e mi ritrovo dinanzi la mia fine, schiacciato sotto massi che perforano il mio corpo, incapace di vivere, incapace di morire, perchè Lei mi osserva, silenziosa e immobile, statua dei mille anni ed epilogo di un'era.
Lei mi osserva ed attende che io allunghi la mia mano, tremante e terrorizzata, verso la mia unica possibilità. Lo faccio e condanno la mia anima all'eterna dannazione in un luogo che verrà dimenticato da tutti, ma non da noi, no, non da noi che lo ricordiamo oggi e lo rivivremo tra secoli.
La prendo e la porto alla bocca, gli spuntoni di roccia rendono i miei respiri difficili, mentre il sangue lentamente riempie i miei polmoni, bevo a fatica e mentre lo faccio la sento, ride, ride di gusto, ride come risi io quella volta al Saggio.
Cerco di muovere il capo per osservarla, e comprendo.
Lord Akempus aveva atteso tutto questo tempo, era potente, si muoveva in questo mondo in autonomia, sovrapponendosi a me, infettandomi, senza dover affrontare chissà quanta resistenza da parte mia. Dopo tutto, non siamo poi così dissimili, figli di ere diverse, di domini diversi e dal potere differente, noi due ci osserviamo.
Opposti della stessa medaglia, e mentre lui ride dalle mie guance cadono lacrime di sconfitta e odio.
Il mio corpo si sfalda, la carne cede il passo a qualcosa che deve rimanere nascosto, qualcosa che espone la nostra anima al mondo, non restano che ossa e brandelli di quella che era la mia pelle, e non vè più muscolo alcuno che serva a muover il mio corpo che, ora, d'energia negativa e trama è pregno.
Socchiudo gli occhi e dico, esalando l'ultimo respiro, sputando via, per sempre, l'ultimo brandello di vita che mai più recupererò:
...Finalmente....
Poi il panico, la paura, il freddo, non capisco come sia possibile fino a quando questi sintomi mi fanno comprendere la realtà delle cose, e la realtà è che tutto questo è finzione.
Non ho ottenuto nulla, non ho raggiunto il mio obiettivo, non ho sconfitto Lei. Ingannevole destino di vita mi riabbracci e mi pervadi, nuovamente, con il tuo alito di speranza, e benchè io cerchi di fuggirti, mi prendi con le tue catene e mi riporti nel mio mondo in cui son vivo e non posso far niente per tornare da Lei.
Questo è il giorno peggiore della mia vita, lo penso ma non lo dico, mentre mi ritrovo dall'altra parte del portale, insieme a tutti gli altri. Questo è il giorno peggiore della mia vita, ma nessuno lo sa, tutti sono felici di esser tornati dalla "nostra parte", di esser di nuovo loro stessi. Questo è il giorno peggiore della mia vita, e tu, lo hai creato, Akempus.
Io non potrò mai ottenere ciò che bramo e desidero e tu, che hai condiviso, come penso, parte del mio essere, così come io ho condiviso il tuo, sai. Sai che non ti lascerò avere ciò che io non ho, sai che farò ogni cosa affinchè tu non sia altro che ciò che sono io, un misero mortale, debole, timoroso, costretto ad inginocchiarsi dinanzi idoli sacri e dei, costretto a pregare altri, costretto alla dipendenza dalla vita stessa, droga infame e vile.
Quest'oggi ci siamo visti, e so che ci rivedremo tra mille anni, e quel giorno dovrai fare una scelta. Dovrai scegliere, e dovrai farlo in fretta, perchè io so già in che direzione muoverò la mia mano.
Tu sei stato Vita, Tu sei stato Morte, Tu sei stato Invidiato, Tu sei stato Ammirato, Tu sei stato Tutto.
E verrai punito per non avermi notato, per non aver riconosciuto in me quel che sono e che posso essere, per esserti preso gioco di me.
E mentre la tua fosca condanna diventa la mia io ti giuro, con parole silenziose che so udiranno solo gli Dei
Lord Akempus, io svelerò il tuo segreto e lo farò mio.