Potere divino, potere della natura, potere, semplice e puro. I nostri occhi si posano su quell'ombra che si muove rapida, increspata come il liquame denso sulla quale si proietta per esistere. La osserviamo e forse non riusciamo neppure a giudicarla. Druidi e Sciamani, uomini di saggezza disumana, parola scelta con cura, poichè disumani dobbiamo e vogliam essere, per ciò che serve al fin di preservare quell'equilibrio di cui il frutto del furto di Selune al rovente piano necessita.
Ancora di salvezza per voi tutti, folli ed egoisti, uomini di polso dagli ideali tremanti, sistematicamente nello stato che prende il nome da ciò che difendiamo, eppur voi vacillate, oscillando come una scialuppa tra le passioni di Umberlee. Vi osserviamo e non vi giudichiamo, poichè a noi poco importa e mai importerà del fato del singolo se non per l'unico che può e farà. Ma è colui che può e farà che ora è qui, tra noi, silente e vuoto, e noi lo lasciamo entrare. Grave errore.
Lui ci guarda, ed il terrore che prova lo proviamo anche noi, diveniamo tutt'uno con quell'anima perduta. Smarrita del tutto è la via che ricerca, eppur nella solitudine e nell'oscurità il mostro incede sicuro, come se il non sapere sia pesante, in bilancia, quanto la somma di tutte le conoscenze. Guardiamo il circolo dell'Antico e ci domandiamo se la follia che lo attenaglia non sia invece barlum di lucidità e che noi tutti, seguaci e fedeli, retti ed incorruttibili, non siam, in verità, gli unici ignari del suo vero cammino.
Unicità è male solo e soltanto se non possiede un esatto ed altrettanto unico opposto. Solo così la bilancia potrà esser equilibrata. E noi forgiamo, non nel metallo od in oscure fucine, ma nella Trama del Tempo, forgiamo e diamo vita a destini gioiosi o tristi, diversi, opposti, ma dal comune tratto eccessivo. Creiamo quei pesi atti a stravolgere od equiparare un vantaggio apparentemente schiacciante, e ci vestiam da celestiali quando non siam altro che diavoli con un nome più consono alle genti che osservano. Osservano, tutti loro, come noi ora osserviamo lo specchio di notte che tra noi si muove, sfiorandoci e sussurrando verso di noi parole di aiuto, lo chiede e lo brama, confondendoci con quelle divinità che amerebbe se solo gli rispondessero.
Dicono che un Dio che non sa ascoltare sia un Dio morente, e noi che di divini capi vestiamo manteniamo i piedi a terra, saldi e resistenti, come antiche radici, e ci facciam carico di coloro che senza risposta vagano piangendo preghiere in lingue sconosciute e prive di valore. Preghiere mai ascoltate da altri se non da noi, pazzi assassini e al contempo santi, che le accogliamo e ne tessiam destino. Non c'è pace per chi deturpa la bilancia e mai ve ne sarà, questo è ciò che sappiamo, questo è ciò che vogliamo, questo è il verbo.
Errante ora avanza, l'ombra distorta del mostro che era e, più incede nel nostro dominio più essa si glorifica e si irradia di luce che altrimenti l'avrebbe distrutta. Poichè li dove non c'è alcun giudizio, è possibile che non esista alcun male. E li dove non esiste il male, non esiston mostri. Ed ora lo osserviamo, divenendo spettri lugubri di un passato volto a perdersi nei meandri del tempo. Lo osserviamo e capiamo che Lui da qui non se ne andrà presto, perchè questo luogo ora è ciò che lo rende uguale agli altri, un granello tra tanti, confondibile, irrilevante. Una fortuna che solo i più arditi esploratori dei meandri della mente riescono a guadagnare.