Faerûn's Legends

Riportando tutto a casa.

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view post Posted on 16/2/2024, 01:40
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Squartatore di Troll

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Quando la luce sfiorò le foglie, tutto quel verdeggiare sembrò vibrare di un colore intenso per un momento, poco prima che l’ombra di una nube passeggera quietasse quel riverbero in una tonalità spenta e cupa.
ll fiume era abbastanza vicino da far sentire almeno un po’ il piacevole rumore di quell’acqua che scorreva rapida fra le pietre.
Attraverso il vetro spesso della finestra, la ragazza portava lo sguardo da un lato all’altro del vecchio ponte che sfidava la corrente del corso d’acqua con una tenacia ammirevole.
Un singolo rapace sembrava meriggiare pigro nell’aria di quella giornata luminosa, macchiata di nubi veloci che valicavano il confine tra Sembia e Cormyr fregandosene spudoratamente di ogni regola, legge o fortificazione.
Dopo dei minuti, il rapace virò verso settentrione, come richiamato da qualcosa.
Non una preda -pensò Lat Nam– giacché il volo continuava senza scendere di quota, eppure qualcosa che ne aveva attirato l’attenzione in maniera così improvvisa.
Si allontanò dalla finestra e guardò con tenera malinconia i pochi oggetti che aveva portato con sé.
L’antica veste decorata con la piccola fenice dorata era ripiegata con cura sul bordo del letto, accanto alla pregiata veste intessuta di magia che la proteggeva durante i viaggi.
La spada era nel fodero, appesa al grosso pomello della testiera del letto.
Si rannicchiò e sfiorò la veste incantata con le dita, facendo scorrere il pregiato tessuto sulla sua pelle chiarissima. Il tocco era confortante, amichevole, confortante.
Molte cose erano cambiate dagli anni della sua infanzia, ed altrettanti da quelli della sua adolescenza.
Ogni esperienza, ogni persona che avesse incontrato per la strada era stata come il sole d’un giorno lungo e piacevole. Ne aveva preso la luce, l’aveva ammirato ed infine visto tramontare con un tocco di malinconia.
E di ogni tanto incredibile vita, ne era stata testimone fedele e attenta.
Allacciò gli alamari della semplice camicia chiara e s’avviò alla scala che l’avrebbe portata al piano sottostante.
Consumava i suoi pasti in camera, come era solita fare: non amava la si vedesse in momenti così intimi come quello dei pasti o di attività così comuni e private.
Nonostante questo la sala comune aveva una grande utilità: quella di essere tutta un ricettacolo di informazioni e parole, che a stare bene attenti non era difficile reperire notizie interessanti e indizi dei movimenti delle genti in quelle terre.
Come consueto, gli uomini bevevano e si scambiavano le incredibile e quasi interamente vere avventure che avevano vissuto quel giorno.

<te lo dico io….> insisteva con veemenza uno degli avventori nei confronti di un suo compare <quelli fanno qualcosa di strano. Mi hanno trovato sul ponte, e mi avrebbero tagliato la gola se non me la fossi data a gambe. Non sono briganti, non mi ha chiesto moneta; voleva che non andassi oltre.>
L’altro uomo, comprensivo come un padre che perdona l’ennesima bugia di un figlio discolo, annuiva compiacente e rassegnato.

La ragazza prese la via della porta.
Salutò il capofamiglia Phil con un piccolo inchino e si diresse graziosa verso il sentiero di terra battuta che riportava sulla via principale, all’altezza del ponte che guardava dalla sua stanza e dove l’avventore troppo ciarliero aveva vissuto la sua disavventura.
Non era mai a caccia di guai.
Anzi, era una persona serena e tranquilla, molto diversa dai passionali avventurieri disposti a tutto pur di coprirsi di gloria.
Ma di tanto in tanto capitava che di eroi, in giro, non ve ne fossero.
Qualcuno aveva cambiato nome, abbracciando una vita più pacifica.
Altri erano spariti in un’ombra che sembrava reclamare tutti coloro che cercavano la notorietà senza riuscire a tenerla addosso.
Pensava a molte cose, rifletteva.
Il suo pensiero aveva quasi un suono, ed era il suono della sua voce.
Era già uscita dalla protettiva ombra del sentiero battuto quando un bravaccio le si parò davanti.

<torna indietro, bellezza: di qui non si passa.>

Lat Nam lo osservò.
Osservò perfino se stessa, in quel momento.
Il tempo trascorreva su ogni cosa, pensò.
Anche su di lei, che sebbene non conoscesse per davvero la propria età, era consapevole di essere intorno alla soglia della terza decade.
Solo le Parole Possenti crescevano in fame e forza, con il passare del tempo, quasi che il loro uso le rafforzasse invece che consumarle.
L’uomo si alterò quando la ragazza non rispose, restando perfettamente immobile davanti a lui.
Allungò la mano, stringendo l’aria che fino ad un istante prima era stata occupata da qualcosa di Lat Nam, ma non da Lat Nam stessa.
Un ricordo, forse. Una illusione, o una fantasia.
Di certo, una Parola Possente.
L’uomo trasalì, e Lat Nam era là accanto per vederlo.
E parlò.

<storia di mille storie, questa è la storia di un destino atroce.
Presta ora ascolto, la tua catena è questa mia voce.>

L’uomo strabuzzò gli occhi, sorpreso dalla nuova presenza così prossima a quella evanescente che non era riuscito ad afferrare. Lo sguardo di chi vede cedere ogni propria difesa.
Lat Nam gli mostrò la mano, poi la mosse verso il basso indicando il suolo.
L’uomo si rannicchiò, inginocchiandosi in modo sgraziato, e sillabò una singola, tremenda parola:

<padrona.>

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