Faerûn's Legends

Posts written by L'Ombra di Myos

view post Posted: 2/4/2020, 17:22 L'ira dell'Alce - Le leggende di Faerun

Il corpo dell'uomo era li, in terra, privo di vita.
Di certo sarebbe stata una pessima vista dalla finestra della camera.

Ora le ceneri volano, cullate dal gentile vento del Nord, per tutto il Mare della Luna.

Benvenuto a Zhentil Keep, ostile visitatore.
Benvenuto in casa Nostra.
Goditi la vuota e gelida eternità, poiché da noi, non riceverai altro.

view post Posted: 1/4/2020, 19:56 Facciamo ritorno, l'alba incombe. - Le leggende di Faerun

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Follia pura, una vita sprecata, ricercando qualcosa che prende il nome di "Ragione"
Il sacro pensiero, la mente sopra ogni cosa, la mente sul corpo, la mente sull'anima, la mente sugli affetti, la mente che mente.
Insegui pensieri che ti fan gola solo perché hai bisogno di stimoli, sfide, catapulti te stesso in oblii opprimenti dove l'entropia confonde la materia, il tempo, la vita.
Ti ritrovi in quel punto preciso, quella linea invisibile ma tracciata, come una trappola magica, un circolo di abiurazione, ma più potente, molto di più, la trama è nulla.
Catapultato contro il tuo volere, tu ci credi, lo pensi veramente, ripeti a te stesso:


"Ma come sono arrivato qui?"
"Cosa ho fatto?"
"Perché?"


Analizzi le priorità, le analizzi con quel minimo di lucidità che ti rimane, le comprendi meglio, l'oscurità e la nebbia si diradano e riesci a mettere a fuoco il quadro generale.
Questo si, questo no, questo no, questo no, questo si, questo no...e continui, continui, eliminando tutto il superfluo, rimangono poche cose, le fondamentali.
Struttura portante di ciò che sei e sarai, arma e scudo di una vita intera, forgiate nel tempo, anni ed anni, sacrifici e dolori lancinanti alternati a rari e deboli momenti di soddisfazione,
resta li, inamovibile, indistruttibile, invalicabile, la Famiglia.

Nel momento in cui muovi lo sguardo poi, tra i cadaveri sanguinanti delle cose che un tempo ritenevi stupidamente importanti, vedi quel volto, bellissimo, dallo sguardo irruento, fuoco tra i ghiacci, una pelle che ricorda la seta e mentre la sfiori riesci a percepirne il calore dirompente che a fatica si sforza di contenere.

Lei è li, in mezzo agli altri, e comprendi che non c'è più scelta alcuna per te, lo capisci, è ormai un chiaro pensiero.

Arrenditi, hai già perso.

Ti svegli, sei sereno, provi a muoverti, un impedimento, ti senti in trappola, vai nel panico, ti chiedi cosa stia succedendo, muovi lo sguardo, nervoso, a destra e a sinistra e vedi il tuo aguzzino.
Trattieni il fiato. La stessa pelle, gli occhi di fuoco, sono li, celati da palpebre ferme che vorresti strappare per comprendere, per capire, per sapere se sono veramente loro.
Il corpo quasi completamente immobile, solo una gamba si muove appena, riposa tranquilla, è viva.
E' già un passo avanti.

Il tutto in pochi attimi di confusione, non riconosci nulla di quel luogo se pur sembri così famigliare da farti girare la testa, espiri, dopo istanti che sembravano ore.
Cerchi di non far rumore, ti giri piano sul fianco, osservi quel corpo e non ti capaciti di come esso possa bloccare, con così poca forza, i tuoi movimenti.
Ragioni, sei bravo a farlo, ragioni molto, fino ad arrivare alla conclusione che nulla ti blocca dall'alzarti se non il tuo volere.

Desideri quel luogo, quel corpo, quella prospettiva. Mentre tutta la città dorme, mentre il silenzio divora anche gli uccelli che si preparano ad un'alba più mansueta.

Le guerriglie non sembrano cessare, neanche dopo il primo accordo, ma sono belle, bellissime, siete combattenti, usate armi sinistre e pericolose, ma siete combattenti.
Lanciati con ferocia l'uno contro l'altro, attendendo il momento dello scontro, sapete che uno dei due potrebbe non arrivare a fine scontro, lo sapete entrambi, entrambi così potenti.
La battaglia infuria, colpi, colpi, colpi, ancora colpi, fino allo stremo.

Le lacrime vorrebbero sgorgare oltre la vostra mera esistenza, come gocce di Stige, riversandosi nella vostra bocca, dissetandovi, per farvi dimenticare.
Ma le contrastate, le tenete salde, le tenete con voi, nessuna riga solca le vostre guance, nessuna cosa verrà dimenticata.
Non volete dimenticare.

Questo dolore ti fa capire quanto sia reale, quanto sia complesso ed importante.
Non potresti mai fare a meno di quel dolore, non vorresti, non lo permetteresti.

Ma c'è una terribile calma in tutto ciò.
Ti coglie di sorpresa, li nel momento in cui la vedi attaccare, iraconda, si ferma, ti guarda, per la prima volta in vita tua ti trovi dentro occhi che vogliono capire,
occhi tristi, ma che non abbandonano il pensiero definitivo che tutto ciò è immutabile.
Non c'è nulla che possa contrastare il tempo, ma possiamo affrontarlo con dignità


"Vivendo..ogni...singolo...momento..."



L'alba incombe, smettila di parlare da solo, resta a letto.



Edited by L'Ombra di Myos - 1/4/2020, 21:34
view post Posted: 29/3/2020, 04:14 Facciamo ritorno, l'alba incombe. - Le leggende di Faerun

lighthouse


La notte non è altro che un fugace momento di lucidità,
non per noi che, arroganti, ci eleviamo a uomini di pensiero,
ma per il mondo intero che resta sospeso, in bilico, tra il possibile ed il desiderabile.
E' quel lungo sguardo, doloroso, rivolto al soldato che parte,
è quel sospiro affannato dopo una giornata di duro lavoro,
è quel bacio materno prima di andare a dormire.
La notte è una coperta pesante, calda, morbida,
ci accarezza tenendoci al sicuro, ci racconta storie, tristi, allegre, di guerra.
Rivediamo, se meritevoli, vite intere nei suoi mille occhi luminosi
e gli dedichiamo ballate e canzoni come fosse un'amante, sapendo però,
che mai, lei, amerà, ballerà o canterà con noi.



Me ne vado con quel sapore in bocca, torno in quella che un tempo era casa mia,
lo gusto, ancora e ancora, resta li, persistente, mentre quel profumo inconfondibile
diviene tutt'uno con il mio, si intreccia ogni fibra dell'anima, nell'odio.

Un odio che non ha intenzione di abbandonarci, neppure nel momento in cui,
uniti, avanziamo in un terreno complesso e ostile, privo di parapetti, alto sopra scogli accuminati e viscidi.

Eppur qualcosa accende la notte, trasformandola in riflesso di gemme rosse,
come gli occhi della bestia, che feroce lascia spazio, indietreggiando famelica, a qualcosa di ancor più crudele.

Il desiderio di qualcosa di terribile, ultima frontiera, oltre la quale la rassegnazione dilaga e si confonde,
li, nell'infinità della perdita.

Ci ritroviamo ad osservare ciò che il passato mi donava, con occhi diversi, stanchi, pesanti.
Occhi che han visto quell'isola luminosa più e più volte ed ogni volta, ad essa, avevano offerto qualcosa di irrecuperabile.
Ma sfidandoti, mia Signora, io ora ti guardo e, come promesso, ti tolgo qualcosa che apparteneva, ormai, al tuo dominio.

Ma poi rido, rido come mai avevo riso prima, rido come il bambino che vorrei essere,
senza conoscenza alcuna del mondo che mi circonda, esploratore acerbo e impressionabile, rido.
Rido della situazione, ad eco di risate più liberatore, e rido di te, che non avrai mai nulla di tutto questo.
Nell'ombra che ti caratterizza, geli, lentamente, fino a divenire, te stessa, il vuoto che desideri.

Non c'è nulla di più strano, di queste anime irruente, che sfogano, sbraitano, graffiano,
trasformando candidi gesti in una lotta per la sopravvivenza,
con la stessa ferocia con cui una belva affonderebbe le zanne, noi facciamo a pezzi la ragione.

La terra, inumidita dalla brina del mattino, fa da contorno ad una battaglia tra le più belle mai combattute,
imparziale, inadeguata, indescrivibile. Il collo riporta i segni della tortura che è stata l'attesa, le unghie, artigli venefici,
si insinuano nella carne e li, dove il dolore diventa il protagonista, la possessività combatte per il centro del palco.

L'appartenenza, una sensazione mai provata prima, quel calore sul petto, impronte del destino,
marchiate a fuoco sulla maglia, combaciano perfettamente con le tue.
Mani piccole ed affusolate, che sanno afferrare più di quanto potrebbero contenere, che sanno respingere più di quanto vorrebbero.
Mani che fanno da barriera a quello che è un'avanzare dubbioso, lo arrestano, lo controllano, lo affievoliscono, lo rendono inerme.

Ma gli occhi tradiscono ciò che oltre il varco attende, quasi volesse esser liberato, furioso, avido, pronto a divorare.
Un altro attacco e quelle barriere perdono terreno, e ci ritroviamo faccia a faccia, il momento più bello di ogni battaglia.

Gli occhi si scambiano sguardi consapevoli, entrambi gli schieramenti consci del fatto che qualsiasi errore risulterebbe fatale
e le anime son già rivolte al domani, che sia esso glorioso od eterno.
Le barriere cedono, gli schieramenti si incontrano ed il fuoco divampa, arde, incendia tutto ciò che sfiora.
Lame arroventate viaggiano oltre i confini dell'attuabile e si scontrano, sibilano nell'aria, ringhiano sul terreno, fanno sentire al mondo la loro esistenza.

I sensi si confondono e l'odio nitido rimane ad osservare, mentre tutto il resto si spegne, svanendo alla luce del sole.
La situazione si capovolge e tutto diventa complesso, una prospettiva diversa, decisamente ingestibile, assolutamente incomprensibile.
Ma la ragione è ormai morente, esala gli ultimi respiri mentre il sorriso più semplice prende vita, mi volto, distraendomi per un istante dal mio campo di battaglia,
splendido, silenzioso, ricoperto di vite strappate. Mi volto e guardo oltre la costa, come cercassi Te, Signora, e per un attimo mi ritrovo a pensare
alla mia passata preghiera, a quanto ti avevo detto, con il cuore arido e lo sguardo cupo, ma poi torno a guardare la mia guerra
e mi rendo conto che, infondo, quel sorriso non ti appartiene.
E lo dono al mio nemico, abile guardiano, con la speranza che esso lo custodirà per sempre, in una memoria che perdura.

Le ore passano come istanti, la sabbia scorre infame ed insolente, strappandoci alla notte con una rapidità tale da non rendercene neppure conto,
con una confusione che vogliamo nascondere, sotterrare, ricoprire di cenere, rimandare a domani.
Rimandiamo ogni cosa non riguardi quel momento di assoluta assenza dalla realtà, così lontani, in terra straniera.
Rimandiamo a domani ogni domanda, ogni discorso, mettendo a tacere ogni cosa che in me vorrebbe chiedere,
conscio del fatto che, in ogni caso, non cambierebbe nulla.

Mi abbandono a quell'oblio di oscurità ed inconsapevolezza, mentre rialzo gli occhi, rivedendo le nere mura,
contorno crudele della mia vita, protettrici di ogni cosa che ho di più caro, e più ci addentriamo in quei vicoli, più tutto sembra irreale,
un contrasto assurdo, un trauma, ma resto conscio che nulla cambierebbe.
Le parole son dette lentamente, quasi non si volesse altro che lasciare il mondo dormire, per non inquinarci ancora, lasciandoci soli.
Sappiamo che il sonno porterà via con se qualcosa di questo incontro, la mente combatterà per renderlo ancor più instabile, complicato,
assordante, detestabile.
Ci sveglieremo con i dubbi che abbiamo lasciato cadere in terra, strappandoli l'uno dalle mani dell'altro, lo sappiamo, ne siamo certi, essi ci raggiungeranno approfittando
delle tenebre.
Ma che siano uno o cento, mille o milioni, i dubbi dovranno arrendersi, esattamente come noi, al fatto che non cambierà nulla.
Che sia qui o altrove, che sia stato o meno, che sarà o verrà dimenticato, nulla cambierebbe questa battaglia.



L'alba incombeva, ma eravamo troppo impegnati ad odiarci, per fare ritorno.
E così bruciammo.

view post Posted: 27/3/2020, 20:48 [GDR ON] Lettera a Myos Blackrose - Zhentil Keep
*Letta la missiva il Mago si recò alla Taverna di Tesh, in orario di pasto, per accogliere il Thayan e porgergli il proprio benvenuto nella città di Zhentil Keep*
view post Posted: 27/3/2020, 19:18 Facciamo ritorno, l'alba incombe. - Le leggende di Faerun

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L'odore forte e nauseabondo del pesce esposto al sole,
le voci, i dialetti, diversi, lontani, ricordi dimenticati di un uomo passato.
Si disperde li quel profumo unico, raro, prezioso,
mescolandosi, corrompendosi, rovinandosi quasi.
Non riesco a ricordarlo, mi sento privato di una parte di me stesso,
mentre antichi amici cercano nei miei occhi un ricordo altrettanto vecchio.


Myos? Sei tu? Davvero?

Mi ritrovo a parlare del più e del meno, di viaggi, di mogli e mariti,
come se tutta la mia vita non esistesse, come fossi uno di loro,
un uomo comune, un uomo vero.

Rido, rido e rido ancora, come non ho mai fatto prima.
Che splendida questa vita, quando la si vive con gli occhi di qualcun altro.
Ritrovo la mia pace, la mia serenità, la mia concentrazione,
tra gli sguardi amici di chi non è assolutamente interessato a chi io sia diventato,
ma solo al fatto che io sia li, ora, in quel preciso momento, a bere e mangiare insieme.
E' così strano il discorso che quasi mi trovo ad ignorare tutto il resto.

Ma poi mi fermo, ragiono, rifletto.
Se dicessi loro la verità, probabilmente mi allontanerebbero, impauriti, forse disgustati,
taccio, non dico nulla, mento.
Tendo sorrisi finti, circostanziali, mi abbandono a risate sommesse, mentre il mio corpo sanguina e nessuno se ne accorge.

Mi fingo stanco, mi alzo, richiedo la mia camera.
Sposto lo specchio, voltandolo contro il muro di legno, come sempre, come in quel passato che ormai è storia.
Osservo dalla piccola finestra il porto che si spegne, illuminato ciclicamente dal grande faro.
Quanti sogni tra queste legnose mura, quanti pensieri, amori, dolori e quante paure ho consumato qui dentro.

Ho bisogno di rivedere ciò che ho perduto,
ho bisogno di capire, devo recuperare la lucidità e nulla, nulla,
riesce ad aiutarmi quanto quei sorrisi scolpiti nella pietra.

Passo in piazza, saluto un paio di amici, decisamente invecchiati peggio di me,
parlottiamo del più e del meno, ancora, non faccio altro.
Non c'è niente di utile in quello che faccio, non c'è niente di complesso,
brucio tempo, prezioso ed irrecuperabile, passo un giorno intero così, in un modo inutile,
facendo cose inutili.

Poi mi fermo, loro rincasano, tornano dai loro affetti, ma io resto.
Su quella panca circondata dalle creature sorridenti, alzo gli occhi al cielo,
e li chiudo, senza lasciarmi distrarre da una Selune che nel cielo domina,
quasi volessi a dirmi


"Te l'avevo detto"

Ma la mia pelle è spessa, le palpebre oscurano ogni cosa,
nell'oscurità attendo, la loro voce, come anni fa, quando la follia della ricerca
mi imponeva di ascoltare le loro parole, finte, immaginarie, desiderio e nient'altro.

E mi ritrovo a parlare con la Signora dell'Oscurità, nella mia mente, la sfido, sperando in un epilogo
silenzioso e rapido per mano dei suoi emissari.


Proprio qui, vengo a concederti il mio dolore.
Ora ti dono ciò che ho perduto,
strappato dalle mie mani, come tutto il resto che di importante avevo.
Non resta che materia, figlia di tua figlia.
Fuoco e acciaio, oro, platino, lance e spade,
titoli, riconoscimenti, parole al vento.
Ma resto solo, nonostante io sia circondato da persone.

Ed è a te che dono la mia perdita.
La responsabilità di tutto ciò, come un tempo,
quando ti parlavo e tu non mi ascoltavi,
quando mi hai tradito, ingannato ed infine ignorato.

Io ora so.

So che tutto ciò che ho fatto non l'ho fatto invano,
so che non hai potere su quel che più non mi appartiene.
Io lo riotterrò, e non sarà ne con la vendetta ne con l'odio.
Non vi ascolterò Dei infami e bugiardi,
egoisti, crudeli, lontani, al sicuro sui vostri troni, nei vostri piani,
lontani da ogni cosa,
lontani da noi che siamo il vostro potere.

E tu, Sorella dai capelli color notte, mi ignorasti quando avresti potuto assoggettarmi,
permettendoti di servirti a pieno, senza tutto questo,
tutto questo dolore.
Ed i tuoi emissari son sempre lontani,
troppo lontani, come le loro lame dalla mia gola.

Uccidimi, fallo ora, lascia che io m'abbandoni,
apice del tuo dogma, distruggendo tutto ciò che possiedo.
Poiché ciò che volevo, ormai non mi appartiene più.



Riscopro in me stesso quell'uomo che ero, in fuga,
incapace di combatte non per paura,
ma perchè il mio nemico era invisibile ed astratto.
Il mio nemico, infondo, ero sempre stato solamente io.

Ed attendo, in un tempo cadenzato dal canto delle cicale,
che la lama attraversi la carne, con l'intenzione di non offrirti null'altro,
neppure un lamento, neppure un singolo respiro.

Ma la mia mente mi sussurra parole,
e non son voci di roccia, ma di dolore,
le ascolto, rifletto, ancora.


"Quando vorrai realmente sapere, affrontami."

Le parole escono fuori come un sussurro dalla mia bocca,
nessuna risposta a quell'incanto in grado di avvicinare, ingannevolmente,
persone tanto distanti.

Nessuna risposta.


*A seguito delle parole arcane, la panca di pietra su cui era seduto, si ritrovò nuovamente vuota,
illuminata pallidamente da una Selune arrogante, giudicatrice, ma che tutto sommato, è, come tutti noi, totalmente disinteressata*



Edited by L'Ombra di Myos - 27/3/2020, 19:58
view post Posted: 27/3/2020, 16:42 Processo a Wolfgang - Quattro chiacchiere nel Cormyr
Ma a me che sono stato sbatacchiato a destra e sinistra da un bruto non ci pensa nessuno? :look:

Maresciallo! Sporgo denunZZiaH!!!
view post Posted: 26/3/2020, 16:05 Facciamo ritorno, l'alba incombe. - Le leggende di Faerun

clessidra1


Quanto ottimismo riesco a provare nell'osservare quei granelli,
che, se pur lenti, scendono dandomi conforto.

Una notte insonne sembra volare via come uno spettro leggiadro,
rimembranza e memoria della creatura che fu, ma privata del peso della vita
e di tutto ciò che essa comporta.

Fisso quel foro, fin troppo stretto per la mia pazienza,
mi arrendo ad esso e continuo ad osservarlo,
e se pur arreso, resto con ciò che sembra più simile alla speranza, stretto tra le mani.

Ma le parole sono così complesse.
Una parola è terribile, terrorizza o incoraggia, atterra o eleva,
una parola è confusa è fraintendibile, ed è quasi certo che venga mal compresa.

E così le parole mi circondano, con tante da dirne ed altrettante da ascoltare,
sono contrastanti con le azioni, non con tutte, ma con alcune, e ciò mi destabilizza.

Mi ritrovo ad affrontare un nemico antico, che credevo mai sarebbe ritornato,
lo ferisco ed esso non sanguina, cerco di ucciderlo ma esso perdura,
mi guarda, ride, mi beffeggia e si ferma, si siede sulla poltrona accanto alla mia,
mi sfiora la gamba, mi fa capire che non c'è lotta alcuna, nessun conflitto, nulla.

Nulla che io possa vincere.

Ed è li che il dubbio antico si fa largo tra quei granelli, li dirada, li divora, li fa svanire,
non v'è più tempo, ormai, da veder scorrere, non più un granello da ammirare mentre raggiunge il suo scopo,
non v'è nulla se non quell'odore, un profumo dolce e legnoso, capace di permeare nei luoghi più oscuri dell'animo umano.
Resta li, nel vuoto che ormai lo accompagna, a ricordare cosa siamo destinati ad avere,
un ricordo sbiadito, senza nessuna nota dominante, astratto, misterioso, lasciando, li nel mezzo, spazio alla memoria.

E ancora una volta non viene compreso il perché, tra parole non dette, segretate, che devono rimanere celate.
Si giudica il modo ed in questo caso anche il fine, discutibile, delle azioni.
Ma tra così tanta miseria, chi è che non ha bisogno di quel profumo?

Una volta un uomo saggio mi aprì gli occhi e la mente, facendomi comprendere una cosa su cui mai avevo riflettuto prima
le sue parole mi elevarono dalla banalità di cui mi stavo circondando ed a cui stavo cominciando a prender parte.
Mi parlò di deboli e di forti, di uomini capaci di proteggere ciò che amano e di quelli che invece si limitano a non avere alcunché di caro.

I secondi si giustificano dicendo che ciò che ci sta a cuore ci rende fragili e deboli.
Alcuni tra i primi direbbero che invece è proprio quel calore a dargli forza.
Ma quell'uomo scelse una terza strada, un terzo pensiero:


I Forti, non hanno paura.
I Forti non temono di dover esporre un fianco o di dover portare un peso.
I Forti non rifuggono dagli affetti e dagli amori.
I Forti prendono ciò che amano e lo proteggono contro tutto e tutti.


Ed io faccio tesoro delle sue parole, nella mia presunzione d'esser forte, di saper sopportare, nel tentativo di eguagliarlo.
Mi decido di proteggere ciò che mi sta a cuore, ma conosco i miei limiti,
so oltre quale confine non ci si può spingere,
conosco questo gioco e lo conosco bene.
Cerco di districarmi tra gli ostacoli, mentre osservo il mio cuore e la mia anima inaridirsi,
sacrifico me stesso, come il più nobile dei paladini, mentre uccido coloro che minacciano chi amo.

Sacrifico me stesso, fino a divenire un vecchio cieco, che vaga nelle tenebre dei suoi stessi fantasmi.

Ma lo faccio e so, nella mia mente, che nulla, oggi, cancellerà quel profumo.
Poichè le parole che andavano dette son state dette,
le azioni che andavano fatte son state fatte.

Ci saranno altre rose, altri gelsomini ed altre aldeidi,
non qui, ma altrove, non per me, ma per altri,
ma se non il sacrificio di se stessi,
cosa può renderci più umani?


Ed anche se non lo saprai mai, anche se dimenticherai ogni cosa,
l'unica verità è che ti ho salvato la vita.

Sbatto le palpebre, ridestandomi dai miei pensieri e se pur l'immaginazione
sia coerente e veritiera più della realtà,
osservo di nuovo la clessidra,
ed un altro granello raggiunge il proprio scopo.

view post Posted: 25/3/2020, 11:03 Facciamo ritorno, l'alba incombe. - Le leggende di Faerun



Si fa largo nei polmoni, li sento riempirsi, annaspo,
affannoso respiro e null'altro, rumore gorgogliante di qualcosa di estraneo,
qualcosa che non dovrebbe essere li, eppure è ormai padrona dei miei movimenti,
mi costringe a violenti spasmi e convulsioni, mi costringe a muovermi.
Agitata passa la notte e mi risveglio in un bagno di sudore.
Ho sognato?
Un incubo. Cerco di ricordare.

La foschia onirica mi fa compagnia con la sua soave voce,
mi prende la mano e mi porta al ritroso, dentro i meandri della mia mente,
mi aiuta, mi serve, ne ho bisogno.
Rivedo i volti di chi, protetto dal velo della notte, si faceva beffa di me,
cercavano di ingannarmi, ci riuscivano, li vedevo articolare parole e gesti,
graffi laceranti e carezze suadenti, invisibili, confuse, false.

Combatto contro me stesso per togliermi queste facce dalla mente,
loro combattono di più e meglio.

Restano.

Restano e sussurrano parole infami, infide, li dove non c'è altro che bisogno di silenzio.
Li nel confine, tra mostruosità ed umanità, li dove si vede meglio, proprio li,
in quel preciso punto nello spazio circoscritto dall'anima, siamo in bilico e vacilliamo,
allarghiamo le braccia, tendiamo una gamba, poi l'altra, poi ci inarchiamo, il tutto per rimanere in equilibrio
cercando di non cadere mai.

Ma come è stato detto, certe cose macchiano e lasciano il segno, vernice nera che si mescola a noi,
si lascia, volubile, assorbire dalla pelle che, ingenua, non fa la benché minima resistenza per opporsi al contagio.

E diveniamo incapaci di percepire nient'altro che ciò da cui dobbiamo guardarci le spalle.
Entriamo in un luogo e non notiamo nulla che non siano i nomi sulle liste,
le uscite, il numero di guardie, i tempi di ronda, il numero dei feriti collaterali
e non siamo neanche più in grado di vedere una donna che ci sorride.

La ignoriamo o peggio, sospettiamo di lei, del suo modo, della sua gentilezza.
Perché lo fa? Perché mi sorride? Cosa vuole? E' un inganno, una trappola, un'insidiosa seduzione.
La valutiamo, nulla di più rapido e, infine, la mettiamo in cima alla lista.

Lei, che null'altro faceva che tentare un gioco, è ora nulla, finita, terminata,
probabilmente come la nostra capacità di essere ancora umani.

E se fosse l'equilibrio il vero problema, la vera maledizione?
Se fosse questo stato di costante contrasto tra l'uomo e la bestia?
Cosa dovremmo fare, noi, dunque, per non impazzire?

Scegliere l'una o l'altra è quasi impossibile, un passo falso e tutto rischia di infrangersi,
già lo vedo, proiettandomi in avanti, sgretolarsi tra le mie mani e scivolare giù,
come quella sabbia bianca e fina che mi maledice e mi condanna.

Forse non abbiamo bisogno di nulla,
forse non abbiano neanche bisogno di esistere,
ma se non riusciamo a scorgere un sorriso quando ne vediamo uno,
forse abbiamo bisogno di esser salvati.

Nella speranza che sia ancora un inganno, al fine di condannarlo ad "Ultimo",
attendiamo di perdere ciò che siamo per cadere senza sosta negli Inferi.

La porta è sempre stata li, e sempre li resterà,
ma quella, mio malgrado, è l'unica porta in cui non puoi entrare,
se non spintonato.

view post Posted: 17/3/2020, 21:27 La Storia dei Lord Folli - Le leggende di Faerun

Ho conosciuto un vecchio
ricco, ma avaro: avaro a un punto tale
che guarda i soldi nello specchio
per veder raddoppiato il capitale.

Allora dice: - Quelli li do via
perché ci faccio la beneficenza;
ma questi me li tengo per prudenza... -
E li ripone nella scrivania.




Atto 0 - La Splendente

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La città si ergeva, dinanzi al giovane arcanista, in tutto il suo splendore. Per anni aveva sognato di poterla raggiungere, di poter varcare i suoi cancelli.
L'ordine era mantenuto con rigore e fermezza, il polso saldo e l'autorità delle guardie non lasciavano spazio al dubbio per chi entrava, e le ronde non terrorizzavano ma, al contrario, infondevano un senso di piacevole sicurezza.

Si era trasferito li da poco, ed aveva avuto modo di conoscere diverse persone, tra cui il suo Maestro, un Innato, un Necromante.
Era stato spinto da lui ad unirsi all'Ordine Vigile dei Maghi Protettori ed aveva preso con una certa serietà quel suo, se pur banale, impegno.

Studiava come mai aveva studiato prima, passando intere giornate nelle sale di studio e nelle biblioteche, concentrato sulla via che andava seguita, con semplicità e devozione.

Un giorno quasi riuscì a prender parte ad una lezione, dal lato della cattedra, ma il tempo passò in fretta e nulla poi si fece.

I libri consunti lo spronavano ormai a viaggiare, seppur ogni meta sembrava repellerlo e le mura, tutte intorno, lo obbligavano a restare.
Non v'era altro che solitudine e incomprensione, notti in lacrime e depressione, mentre gli altri, intorno a lui, sembravano accontentarsi di cose banali e piccole vittorie.

Doveva andare e così fece, come tanti, di certo non fu il primo, a lasciar la Splendente per un bosco.



Atto 1 - Il Viaggio

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Le strade erano complesse, se pur aveva già mosso i suoi affetti questa volta era diverso.
Il suo Maestro lo seguiva, e subdolo avanzava imprese, imprese da non ripeter ne da fare, ma il giovane arcanista non poteva far altro che ascoltare le parole di colui
che avrebbe dovuto insegnargli tutto.

La noia prevale, il potere ci divora, così dice chi avanza dell'una ed è carente dell'altro, ma in ogni caso, la noia, ci rende pericolosi.

E loro si annoiavano, e per ovviare a questa condizione decisero di trasformare lo studioso in mostro, dandogli colpe che non meritava, mentendo e ingannando,
come solo un povero d'animo sa fare.

Ingigantivano azioni come fossero i crimini più efferati, senza preoccuparsi però di portar alla forca poveri briganti e uomini affamati.
E così tramavano, subdoli serpenti, in quello che sfocerà nel delirio di un Mago avido e malvagio.

Un mago che per mesi fu avvisato dei pericoli che volevano minacciarlo, o che fingevano di farlo, e che mai ascoltò.



Atto 2 - L'Inganno del Mago

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Era ormai lontano da mesi, aveva trovato la sua casa altrove, lontano.
Lontano nei modi, nei pensieri, oltre che nello spazio, il mago, lentamente, riusciva a sentirsi accettato.

Non vi era giudizio nella città tirannica, se non quello di un Dio che di certo non aveva voglia di parlare con lui.
Non vi era giudizio, se non il proprio.

Tornava nella città Splendente che lo aveva bonariamente messo da parte, di tanto in tanto, a fare le sue 20 ore di ronda obbligatoria,
ogni tanto passava all'Ordine Vigile e poi tornava a casa, senza alcuna malizia ne secondo fine.

Anche perché era uno come tanti altri, in una città che si vanta di essere il più grande porto extraplanare del multiverso, cosa poteva mai avere
di così tanto interessante un mago umano.

Ma a quanto pare si sbagliava, era decisamente importante.
A nessuno stava bene nulla.
Tutti questi combattenti per la libertà ostentavano una tirannia che neppure a Zhentil Keep aveva trovato.

"Tu! Non puoi stare con lui! Sei una druida! Visto come veste?!" - dicevano.
"Tu! Via da qui! Sei sospettoso! Cosa è quel ciondolo!" - urlavano.

Mentre poi si andavano a riparare sotto la sua tunica, come bambini spauriti, quando i mali antichi li minacciavano.

Piccoli bastardi senza futuro, malvage creature, avidi di attenzioni, si muovevano come falene attorno ad una lanterna,
cercando di toccare una luce che mai avrebbero potuto cogliere ne comprendere.

Alla fine uno lo denunciò di tentato omicidio e da li tutto ebbe inizio.

Un uomo misero che ormai è cibo per vermi, la cui parola pesava tanto quanto un granello di polvere in una tempesta, accese la miccia che poi, ci condannò tutti.

Dopo mesi di assenza il Mago convocò l'uomo e con l'inganno più infame lo portò nel deserto di Calimport.

"Qui ho ucciso molti uomini e sono sepolti sotto queste dune" - disse
"Se non lavorerai per me farai la stessa fine" - continuò

E nonostante i duri colpi arcani inflitti all'arcanista, il mago dell'est non accettò compromessi.
L'Ancora Dimensionale e le Debilitazioni lo costringevano al suo cospetto, e non poteva far altro che parlare e prender tempo.
Il potere del Mago era troppo più elevato del suo e fu con questa amara consapevolezza che decise di non accettare nessun'altra sconfitta, non sul piano morale.

"Dimentichiamoci di questa follia, ciò che hai fatto è assurdo. Ne io ne te ce ne andremo quest'oggi, noi ritorneremo." - disse il giovane mago, debole e provato.
"Se non faremo finta che tutto ciò non sia mai accaduto, scateneremo una guerra che ne io ne te vogliamo sostenere" - continuò
"Una guerra che ci distrarrà dai nostri scopi accademici in cambio di morte, morte e nient'altro" - Terminò il giovane.

"No" - Rispose il Mago

E mentre lui recitava le parole definitive, il giovano riuscì ad attivare gli oggetti magici per fuggire.
Tornando a casa sua, tornando a Zhentil Keep, tornando in una terra sana, lasciandosi alle spalle la follia di un uomo e le dolci dune di Calimport.



Atto 3 - Le Conseguenze

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Autumn, Roghar, Alice, Aranel, Bragh, Kent.

Eravamo in marcia verso Sullaspryn, ed attendevamo gli altri uomini.
La tensione era alta e per molti giorni il Necromante aveva meditato su come si sarebbe ripercossa quella situazione.

Quando una carovana scarico un gruppò di uomini e donne che, una volta scesi, si guardavano intorno spaesati, mormorando tra loro alla vista delle nere mura della fortezza.

Si identificarono, il Necromante ne conosceva più di uno, e riuscì a confermare le loro identità.
Waterduviani, della gilda dei Grifoni, tra loro Lei, la Druida, la sua Ancora, la sua fonte di umanità.

Ci fu una grave incomprensione, il gruppo si affiancava a folli e sciocchi di ogni tipo, uomini raccattati chissà dove in quella città tanto piena quanto arida.
La sentenza fu pronunciata e nulla, oltre quel momento, sarebbe stato possibile se non la guerra.

Uno dopo l'altro cadevano tutti, mentre il loro presunto capo si dava alla fuga, lasciando i suoi uomini cadere, morire, venir disintegrati o peggio.

Quella notte vincemmo,
ma io persi molto più di una persona cara,
quella notte persi parte della mia umanità.

Ma loro,
assaggiarono la paura.

Da li a poco, si sarebbero verificati eventi sempre più crudeli, che l'infido burattinaio programmava per le sue marionette, mandandole oltre le mura splendenti,
come pecore in mezzo ai lupi.






[continua]



Edited by L'Ombra di Myos - 17/3/2020, 22:29
view post Posted: 16/3/2020, 01:06 [GDR ON] Pellegrinaggio - Zhentil Keep

*Una pergamena viene fatta recapitare al tempio all'attenzione del Fratello Vigile Xander Zerkreis*

Fratello Vigile Xander Zerkreis,
la Cupa di impegna ad offrirvi il supporto necessario per il ritorno e, con piacere,
vi accompagnerà durante il pellegrinaggio.

Fatemi sapere quanti aderiranno.

Possa Bane dominarci tutti.

Myos Blackrose

view post Posted: 15/3/2020, 22:30 I Sette Volti di Zhentil Keep - Zhentil Keep

*Una pergamena di alta qualità, affissa sulle bacheche cittadine, in piazza della Vittoria, nelle locande, negli uffici governativi, in arena e all'Accademia Cupa di Zhentil Keep*

Figli di Zhentil Keep, l'Accademia Cupa, con il benestare della chiesa Nera di Bane ed il consenso del Governo nostro
indìce una settimana di giubilo, conoscenza e forza, ed invita la popolazione tutta a

"I Sette Volti di Zhentil Keep"

Sette volti per sette giorni, in cui verranno testate e premiate le capacità dei migliori di voi, dal giovane al vecchio dal ricco al povero
tutti voi siete invitati a prendere parte alle attività, ai giochi e alle scommesse,
il nostro Grande esercito si premurerà che la sicurezza sia come sempre garantita
al fine che i cittadini siano tutelati e possano concentrarsi a godere ciò che le giornate di festività hanno da offrire.

Per Bane.
Per il Tiranno.
Per Zhentil Keep

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*Nel frattempo il Necromante e l'Adepto Letale si apprestano a scrivere la prima pergamena e a confezionare il primo pacco
che verrà poi replicato dagli allievi della Cupa e dai novizi del Tempio per esser consegnato da diversi Zhentilar alle famiglie censite nei quartieri poveri*


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*Le monete sono state coniate appositamente per la Fiera, non rappresentano un conio valido o registrato, al fine di scoraggiarne l'utilizzo ai fini della fuga dalla città*

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[continua]
[NOTA OFF: La prima serata sarà il 23 del corrente mese - seguirà un doodle che sostituirà questo testo]

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