La notte non è altro che un fugace momento di lucidità,
non per noi che, arroganti, ci eleviamo a uomini di pensiero,
ma per il mondo intero che resta sospeso, in bilico, tra il possibile ed il desiderabile.
E' quel lungo sguardo, doloroso, rivolto al soldato che parte,
è quel sospiro affannato dopo una giornata di duro lavoro,
è quel bacio materno prima di andare a dormire.
La notte è una coperta pesante, calda, morbida,
ci accarezza tenendoci al sicuro, ci racconta storie, tristi, allegre, di guerra.
Rivediamo, se meritevoli, vite intere nei suoi mille occhi luminosi
e gli dedichiamo ballate e canzoni come fosse un'amante, sapendo però,
che mai, lei, amerà, ballerà o canterà con noi.
Me ne vado con quel sapore in bocca, torno in quella che un tempo era casa mia,
lo gusto, ancora e ancora, resta li, persistente, mentre quel profumo inconfondibile
diviene tutt'uno con il mio, si intreccia ogni fibra dell'anima, nell'odio.
Un odio che non ha intenzione di abbandonarci, neppure nel momento in cui,
uniti, avanziamo in un terreno complesso e ostile, privo di parapetti, alto sopra scogli accuminati e viscidi.
Eppur qualcosa accende la notte, trasformandola in riflesso di gemme rosse,
come gli occhi della bestia, che feroce lascia spazio, indietreggiando famelica, a qualcosa di ancor più crudele.
Il desiderio di qualcosa di terribile, ultima frontiera, oltre la quale la rassegnazione dilaga e si confonde,
li, nell'infinità della perdita.
Ci ritroviamo ad osservare ciò che il passato mi donava, con occhi diversi, stanchi, pesanti.
Occhi che han visto quell'isola luminosa più e più volte ed ogni volta, ad essa, avevano offerto qualcosa di irrecuperabile.
Ma sfidandoti, mia Signora, io ora ti guardo e, come promesso, ti tolgo qualcosa che apparteneva, ormai, al tuo dominio.
Ma poi rido, rido come mai avevo riso prima, rido come il bambino che vorrei essere,
senza conoscenza alcuna del mondo che mi circonda, esploratore acerbo e impressionabile, rido.
Rido della situazione, ad eco di risate più liberatore, e rido di te, che non avrai mai nulla di tutto questo.
Nell'ombra che ti caratterizza, geli, lentamente, fino a divenire, te stessa, il vuoto che desideri.
Non c'è nulla di più strano, di queste anime irruente, che sfogano, sbraitano, graffiano,
trasformando candidi gesti in una lotta per la sopravvivenza,
con la stessa ferocia con cui una belva affonderebbe le zanne, noi facciamo a pezzi la ragione.
La terra, inumidita dalla brina del mattino, fa da contorno ad una battaglia tra le più belle mai combattute,
imparziale, inadeguata, indescrivibile. Il collo riporta i segni della tortura che è stata l'attesa, le unghie, artigli venefici,
si insinuano nella carne e li, dove il dolore diventa il protagonista, la possessività combatte per il centro del palco.
L'appartenenza, una sensazione mai provata prima, quel calore sul petto, impronte del destino,
marchiate a fuoco sulla maglia, combaciano perfettamente con le tue.
Mani piccole ed affusolate, che sanno afferrare più di quanto potrebbero contenere, che sanno respingere più di quanto vorrebbero.
Mani che fanno da barriera a quello che è un'avanzare dubbioso, lo arrestano, lo controllano, lo affievoliscono, lo rendono inerme.
Ma gli occhi tradiscono ciò che oltre il varco attende, quasi volesse esser liberato, furioso, avido, pronto a divorare.
Un altro attacco e quelle barriere perdono terreno, e ci ritroviamo faccia a faccia, il momento più bello di ogni battaglia.
Gli occhi si scambiano sguardi consapevoli, entrambi gli schieramenti consci del fatto che qualsiasi errore risulterebbe fatale
e le anime son già rivolte al domani, che sia esso glorioso od eterno.
Le barriere cedono, gli schieramenti si incontrano ed il fuoco divampa, arde, incendia tutto ciò che sfiora.
Lame arroventate viaggiano oltre i confini dell'attuabile e si scontrano, sibilano nell'aria, ringhiano sul terreno, fanno sentire al mondo la loro esistenza.
I sensi si confondono e l'odio nitido rimane ad osservare, mentre tutto il resto si spegne, svanendo alla luce del sole.
La situazione si capovolge e tutto diventa complesso, una prospettiva diversa, decisamente ingestibile, assolutamente incomprensibile.
Ma la ragione è ormai morente, esala gli ultimi respiri mentre il sorriso più semplice prende vita, mi volto, distraendomi per un istante dal mio campo di battaglia,
splendido, silenzioso, ricoperto di vite strappate. Mi volto e guardo oltre la costa, come cercassi Te, Signora, e per un attimo mi ritrovo a pensare
alla mia passata preghiera, a quanto ti avevo detto, con il cuore arido e lo sguardo cupo, ma poi torno a guardare la mia guerra
e mi rendo conto che, infondo, quel sorriso non ti appartiene.
E lo dono al mio nemico, abile guardiano, con la speranza che esso lo custodirà per sempre, in una memoria che perdura.
Le ore passano come istanti, la sabbia scorre infame ed insolente, strappandoci alla notte con una rapidità tale da non rendercene neppure conto,
con una confusione che vogliamo nascondere, sotterrare, ricoprire di cenere, rimandare a domani.
Rimandiamo ogni cosa non riguardi quel momento di assoluta assenza dalla realtà, così lontani, in terra straniera.
Rimandiamo a domani ogni domanda, ogni discorso, mettendo a tacere ogni cosa che in me vorrebbe chiedere,
conscio del fatto che, in ogni caso, non cambierebbe nulla.
Mi abbandono a quell'oblio di oscurità ed inconsapevolezza, mentre rialzo gli occhi, rivedendo le nere mura,
contorno crudele della mia vita, protettrici di ogni cosa che ho di più caro, e più ci addentriamo in quei vicoli, più tutto sembra irreale,
un contrasto assurdo, un trauma, ma resto conscio che nulla cambierebbe.
Le parole son dette lentamente, quasi non si volesse altro che lasciare il mondo dormire, per non inquinarci ancora, lasciandoci soli.
Sappiamo che il sonno porterà via con se qualcosa di questo incontro, la mente combatterà per renderlo ancor più instabile, complicato,
assordante, detestabile.
Ci sveglieremo con i dubbi che abbiamo lasciato cadere in terra, strappandoli l'uno dalle mani dell'altro, lo sappiamo, ne siamo certi, essi ci raggiungeranno approfittando
delle tenebre.
Ma che siano uno o cento, mille o milioni, i dubbi dovranno arrendersi, esattamente come noi, al fatto che non cambierà nulla.
Che sia qui o altrove, che sia stato o meno, che sarà o verrà dimenticato, nulla cambierebbe questa battaglia.
L'alba incombeva, ma eravamo troppo impegnati ad odiarci, per fare ritorno.
E così bruciammo.